L’ampio spazio che il tema dell’ambiente si è guadagnato anche nei media tradizionali non sembra convincerci del fatto che siamo vicini ad una soluzione del problema. Al contrario analisi discordanti e ricette varie forse complicano le nostre sensazioni e ci restituiscono al nostro precedente senso di incapacità, impotenza. Nella stessa comunicazione iniziano a manifestarsi falle pericolose che vanno dalle solite contrapposizioni tra esperti sui dati alla produzione di un’apatia diffusa come reazione al catastrofismo.
Chi si occupa d’ambiente registra, sempre più, una strana anomalia. Pur facendo la parte del leone in quasi tutte le nostre attività, l’economia o meglio gli economisti rappresentano la voce più flebile. Ciò potrebbe indurci in sospetto, visto che gli stessi spesso ammettono che l’ambiente rappresenta uno dei “fallimenti del mercato” dove il liberismo non trova spazio di manovra. Personalmente credo che la scarsa conoscenza del livello economico applicato all’ambiente sia invece una grave mancanza, una linea di sviluppo necessaria e imprescindibile. E non sto solo parlando di “semplici” applicazioni come le analisi costo-beneficio, ma dell’economia più profonda. Per intenderci quella che ci fa riflettere sul come ripartire tra usi alternativi le risorse che una società possiede e che ci mostra le possibili cause che determinano l’attuale situazione di scarsa efficienza nel loro impiego, oltre ai danni dei costi nascosti che tutti noi paghiamo senza accorgercene.
Un’economia dell’ambiente che ci spiegherebbe perché proprio quella parte dell’industria che accusa la politica di non possedere una visione economico-aziendalistica, preferisca l’attuale sistema di “comando-controllo” con limiti di emissione e scarse sanzioni, che sbraita contro l’uso da parte dell’Amministrazione di veri e propri strumenti economici che le indurrebbe a cambiare approccio nella produzione dell’inquinamento. Come anche mettere alla frusta ipotesi poco fattibili e fantasiose che non tengono conto dello stato attuale delle cose e che ci farebbero magari risvegliare in un mondo dove la mobilità è solo animale o in una eco-dittatura insostenibile.
Questa è solo una parte del problema, ma ne è un passaggio ineliminabile. Anche nel momento in cui abbozzassimo una forma di mondo a noi gradito, la traduzione di questo non può saltare l’economia. Le stesse politiche dovranno sempre più confrontarsi ed usare strumenti economici, ma questa volta che non scambino i valori con i costi. L’economia ambientale, quella equa e solidale, è uno dei campi veri su cui si giocheranno anche le nuove capacità amministrative che tra pochi giorni dovremo scegliere.
Dorino Piras
La Salute, l'Ambiente, il Lavoro
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