Perché le politiche ambientali, più di altre, trovano sempre ampi settori di contrapposizione? Tra i vari motivi vorrei sottolinearne uno di particolare forza: la distribuzione dei costi e dei benefici associata a queste ha spesso caratteristiche particolari per cui i benefici sono molto dispersi, mentre i costi sono concentrati.
Mi spiego. Se una politica vuole essere efficiente il suo risultato deve prevedere benefici superiori ai costi totali. A loro volta se questi costi e benefici fossero distribuiti in parti eguali, tutti ne trarrebbero un vantaggio e dunque verrebbe accettata. Nella realtà è difficile che si verifichi ciò e sembra che per la matrice ambientale questo risulti quasi impossibile.
Risulta esperienza comune che i miglioramenti dell’ambiente recano benefici a moltissime persone, mentre i costi, obbiettivamente subito visibili, ricadono per lo più su un gruppo ristretto, ad esempio sulle imprese come anche su alcuni tipi di consumatori.
Il problema centrale è quindi di natura distributiva. Teniamo conto che la natura del problema può ingenerare danni o esternalità supplementari, come avviene in altri campi come quello ad esempio sanitario. Potrebbe semplicemente verificarsi il caso mistero che forze economiche organizzate possano esercitare azioni di lobbing “investendo” risorse in quantità direttamente proporzionale ai costi che si vorrebbero evitare. Ciò può provocare almeno due fattori negativi: il blocco di politiche ambientali maggiormente rispondenti al criterio dell’efficienza e la sottrazione di risorse ad attività in grado di aumentare il benessere sociale.
Sia chiaro che la corretta rappresentazione degli interessi in campo è legittima e positiva. Il problema rimane il corretto governo di tutti gli interessi e la costruzione di criteri di valutazione dell’interesse generale, che per inciso a livello secco di economia è il cosiddetto benessere sociale.
Ancora una volta risulta difficile lasciare alle sole forze del mercato la risoluzione del problema. Solamente lo sviluppo dell’azione pubblica, e non il suo ridimensionamento, può comporre tali problemi di natura distributiva.
Mi spiego. Se una politica vuole essere efficiente il suo risultato deve prevedere benefici superiori ai costi totali. A loro volta se questi costi e benefici fossero distribuiti in parti eguali, tutti ne trarrebbero un vantaggio e dunque verrebbe accettata. Nella realtà è difficile che si verifichi ciò e sembra che per la matrice ambientale questo risulti quasi impossibile.
Risulta esperienza comune che i miglioramenti dell’ambiente recano benefici a moltissime persone, mentre i costi, obbiettivamente subito visibili, ricadono per lo più su un gruppo ristretto, ad esempio sulle imprese come anche su alcuni tipi di consumatori.
Il problema centrale è quindi di natura distributiva. Teniamo conto che la natura del problema può ingenerare danni o esternalità supplementari, come avviene in altri campi come quello ad esempio sanitario. Potrebbe semplicemente verificarsi il caso mistero che forze economiche organizzate possano esercitare azioni di lobbing “investendo” risorse in quantità direttamente proporzionale ai costi che si vorrebbero evitare. Ciò può provocare almeno due fattori negativi: il blocco di politiche ambientali maggiormente rispondenti al criterio dell’efficienza e la sottrazione di risorse ad attività in grado di aumentare il benessere sociale.
Sia chiaro che la corretta rappresentazione degli interessi in campo è legittima e positiva. Il problema rimane il corretto governo di tutti gli interessi e la costruzione di criteri di valutazione dell’interesse generale, che per inciso a livello secco di economia è il cosiddetto benessere sociale.
Ancora una volta risulta difficile lasciare alle sole forze del mercato la risoluzione del problema. Solamente lo sviluppo dell’azione pubblica, e non il suo ridimensionamento, può comporre tali problemi di natura distributiva.
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