Ha ragione Massimo Salvadori quando nell’articolo comparso oggi su “La Repubblica” a pag 29, dissente dalle conclusioni di Giuseppe Berta sulla capacità dell’attuale centrosinistra, leggi Partito Democratico, di sostituire il riformismo socialdemocratico europeo nell’impresa di ricostituire “l’economia sociale di mercato” fondata sulla creazione di un forte quadro giuridico e normativo per l’impresa privata, sull’impegno di garantire un minimo sociale a tutti i cittadini.Sulle premesse i due studiosi sono d’accordo: la socialdemocrazia è entrata in crisi quando ha, nei fatti, aderito plasticamente ai caratteri del nuovo capitalismo, abbandonando al pretesa di trasformarli.Ma la lezione che Salvadori trae è diversa da quella di Berta. Il centrosinistra attuale, pur con grandi ambizioni, non è stato altro in passato che un’alleanza debole di diversi partiti privi di omogeneità, senza neppure un sufficiente colante e all’interno del quale non manca che subisce il richiamo di altri “centri”. Ma è da dubitare che l’attuale centrosinistra di marca PD sia in grado di emergere, anzi potrebbe aprire la strada ad un rafforzamento della destra e del centro ed ad una residuale presenza di sinistra minoritaria, emarginata, protestataria e impotente. Da manuale il contenuto della “lezione” che Salvadori trae e che merita di essere riportata: “che oggi ci troviamo nel pieno della crisi congiunta del turbo capitalismo e del socialismo europeo. Che la crisi del secondo è una conseguenza del suo essersi adagiato sul primo, nella convinzione, massima nel laburismo inglese, che questa rappresentasse tout court l’economia dell’avvenire e perciò occorresse favorirlo. Che la crisi scoppiata rivela palesemente che l’insufficiente difesa delle condizioni di vita degli strati inferiori a cui si chiedeva di trovare una strada che non hanno affatto trovato nel mondo dell’iniziativa individuale e delle opportunità create da uno sviluppo sfociato nella grande depressione, ha avuto come risultato di causare il sempre maggiore arricchimento dei pochi e impoverimento dei molti. Che la crisi dimostra che si è riprodotta la perversione per cui i plutocrati incontrastati hanno dato con successo l’assalto ai governi, sicché è ora necessario che i potere pubblico ristabilisca regole in grado di impedire un ritorno al turbo capitalismo, che si ricostituisca una rete di protezione a favore degli strati rimasti vittime delle oligarchie dominanti, che si torni a rendere efficace il welfare, anche grazie al rilancio del ruolo dei sindacati”. Credo sia oggi giusto parlare di eclisse della socialdemocrazia. Ma le eclissi durano poco…
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