Una bella riflessione di Michele Mezza dopo le ultime elezioni
E’ davvero incredibile con quale atteggiamento grave e pensoso, si dicano banalità. Oggi su repubblica Giovanni Valentini, con il tono di rivelare tutti i segreti di Fatima contemporaneamente, ci spiega, all’alba del 2010, che internet non è un mezzo ma è un sistema relazionale che rende la politica più efficacie. E lo fa, richiamandosi all’incursione di Berlusconi su Facebook.
Il dato drammatico è che questa banalità non appare in nessun frammento delle discussioni nel PD. In quel profluvio di dischiarazioni e balletti retorici di dirigenti in cerca di luce accanto al cadavere,nessuno in queste ore ha avuto l’idea di richiamare questo dato: gli unici fenomeni che emergono dal voto sono-Lega e Grillo- i due soggetti che si modellano su un network: territoriale la Lega, virtuale Grillo.Non è un problema di stile o moda: si tratta di un’idea nuova del mondo, e sopratutto una lucidissima strategia rispetto alla propria base sociale. Network significa sistema relazionale orizzontale, e non organizzazione gerarchia verticale. Il primo è oggi l’unico linguaggio politica praticabile, il secondo è un retaggio del ’900 senza interlocutori vivi.
Ora il fatto che nel dibattito a sinistra ancora non sia presente questa riflessione mi convince che siamo ancora lontani dal fondo del pozzo.Oggi siamo a learning by doing, ossia all’imparare praticando. Se non si sta nel fieme non ci si bagna.E non si colgono i fenomeni innovativi.
La mancanza di una lettura dei processi sociali ci impedirà ancora di trasformarci e di essere adeguati al modernoi.
Senza rete non si coglie il senso comune. Senza senso comune non si capisce dove andare e sopratutto con chi andare.E’ esattamente quello che sta accadendo da anni: pigliamo schiaffi in una stanza buia e l’unica cosa che facciamo e cambiare la faccia che viene colpita.
Mi rendo conto che la crociata sul TG1 sia più elettrizzante. Peccato che ci porta esattamente in una direzione opposta: centralità della TV di massa, importanza simbolica dei volti e dei messaggi delle news televisive, pooliticizzazione di ruoli professionali.Nel merito è una battaglia tecnicamente sbagliata: dopo tre decenni forse un conduttore può anche cambiare. Non è la prima volta. Altri direttori, in maniera più accorta, hanno modificato gerarchie e valori redazionali e nessuno si è stracciato le vesti. E’ inoltre sbagliato politicamente: la Rai diventa sempre la sostituzione della politica: il TG1 è il governo da abbattere, l’audience di Santoro è il consenso conquistato. Poi ci svegliamo e scopriamo che siamo su scherzi a parte.
La comunciazione oggi è sistema di produzione, e dunque va interpretato come uno spazio dove figure professionali e linguaggi crewano bisogni e conflitti materiali. Non come un’edicola dove vendere il proprio messaggio.
La scelta della rete, Obama insegna, non è una scelta tecnica, è politica allo stato puro: vuoldire scegliere come interesse prioritario la competitività degli individui, e non la protezione di masse inesistenti.
Trovo illuminante anche la vicenda della pillola RU 486. I governatori leghisti sono partiti lancia in resta, mettendo sul tavolo la propria sovranità sul territorio. Poi, grazie ad una reale immersione nel territorio, hanno percepito che la propria base sociale non è sintonizzata sulla ruffianata fatta al Vaticano e ora si fa marcia indietro. Non è una battuta a vuoto, è una straordinaria capacità di rappresentare, in real time, il mondo che si organizza.
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