Quando si parla di energia o di sviluppo energetico nei programmi delle diverse forze politiche per le prossime elezioni a tutti i livelli, non si può che notare una certa “normalizzazione”, apparentemente interrotta dal tema dell’energia nucleare. La discussione è in fondo oggi orientata nel contare chi è a favore o contro della costruzione di questo tipo di centrali. A mio avviso il punto vero, la capacità innovativa di una nuova politica non è contenuta in questa cornice. Una vera politica innovativa, socialista e di sinistra, deve infatti confrontarsi principalmente con altri tipi di sviluppo energetico. Tetzlaff, esperto in questo settore, ha chiarito molto bene dove sta il nocciolo del problema quando indica nella “cogenerazione distribuita” un nuovo modello di sviluppo in grado di generare un incremento molto forte dell’efficienza energetica complessiva come ci ha spiegato il Prof. Vittorio Prodi, parlamentare europeo italiano del gruppo del Partito Socialista Europeo, qualche giorno orsono durante la presentazione del sesto rapporto energia della Provincia di Torino. In sostanza l’organizzazione della produzione di energia elettrica deve uscire dalle grandi centrali per sviluparsi capillarmente sul territorio, consentendo quindi di utilizzare anche gli scarti di prodotto per produrre calore e raffrescamento. Il risultato sarà una crescita dell’efficienza ed una diffusa responsabilizzazione sociale nell’impiego dell’energia in tutte le sue forme. La partita politica quindi si dovrebbe giocare nell’inserire nei programmi delle formazioni socialiste questo tipo di approccio, non solo innovativo, macruciale per uno sviluppo energetico equo e sostenibile.
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