E dire che non sono nemmeno partito prevenuto. Partire, nel governo della salute, da presupposti diversi poteva anche diventare un momento di confronto e di crescita, il momento in cui diversi modi di vedere si confrontavano e potevano misurarsi, a volte anche compenetrarsi, mescolarsi e magari arrivare ad una buona sintesi. Ma purtroppo ci ha pensato la dura realtà a riportarmi indietro. E la dura realtà è il documento “Il cittadino al centro della sanità” che è stato recentemente presentato dal Pesidente della Regione Piemonte, dal suo Assessore alla Sanità ed altri. Un vero bagno di nulla, ma con accenti pericolosi, dove la salute è stata dimenticata non si sa dove e si tenta di fare i nipotini di Peter Drucker senza però avere lo stesso acume del fondatore del management moderno. Chiaramente la questione merita ben altra analisi che mi riprometto di fare, spero, nel momento in cui sarà un po’ meglio chiarito cos effettivamente vogliono fare del sistema Sanitario piemontese. Ma una cosa mi ha davvero colpito all stomaco e non me la posso tenere. Anzi due. La prima è una semplice constatazione che chiunque si occupi di economia sanitaria non può dimenticare. Quando si costruiscono sistemi del genere indicato nel documento in questione bisogna fare una semplice cosa: l’individuazione del “modo” deve essere sempre associata ad obbiettivi sanitari chiari. In sostanza ti dico cosa faccio perchè voglio raggiungere questi risultati di salute. Risultati di salute mai indicati chiaramente nel documento. Perchè il modo di raggiungere l’equità sanitaria o la cura dei diabetici o dei malati oncologici o quant’altro cambia ed è diverso. Altra cosa è invece il semplice raggiungimento di una diversa spesa sanitaria. Detto per esperti si chiama orientamento all’output e agli obbiettivi. La stessa equità che si vuole raggingere qual è? di accesso? di cura? di risultati?
Ma soprattutto mi sarei aspettato qualcosa di veramente moderno. Io mi ritengo un progressista ed ho imparato, dopo diversi anni, che un sistema come quello sanitario debba uscire dalla precedente fase in cui il paternalismo medico era una semplice appendice del paternalismo dello Stato. In sostanza lo stato e il medico erano il padre che ti dicevano cosa fare, quando farlo ed in definitiva di cosa avevi bisogno. Non è più così e non deve essere più così – anche se come medico che usa la chirurgia mi farebbe spesso molto comodo -. Ci sono alcuni tipi di preferenze della società che devono costituire gli elementi che permettono di scegliere tra diversi sistemi. Le persone non vogliono semplicemente scegliere se andare in una struttura pubblica o nello studio privato di un medico, ma hanno delle preferenze su cosa si intende per equità e sulle alternative da adottare. Ad esempio una di queste è l’assunzione del rischio. Stranamente le persone vogliono scegliere, nel loro contatto con chi fornisce una prestazione sanitaria, il livello di rischio a cui sottoporsi, decidendo anche se sia un rischio sostenibile o meno. Da ciò, almeno in parte, nasce la necessità di personalizzare sempre più le cure e offrire prestazioni in cui è la persona che decide qual è il livello accetabile di preservazione della propria vita. Questo tra l’altro influisce sulle modalità di spesa e si ritorna al primo punto: non è indifferente sul come spendi l’obbiettivo di salute che vuoi raggiungere. E di quanto è lontano il desiderio di affrontare questi problemi un segno ce ne ha lasciato lo stesso Presidente Cota in un recente passaggio televisivo in cui ha affermato che “ il sistema sanitario è vissuto fino ad ora al di sopra delle proprie possibilità”. Lascio a voi il commento di cosa risulta stonato in una frase del genere e nella filosofia sottostante.
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