Poniamo il caso di essere in recessione. Tra le cose fondamentali per far ripartire il Paese è innegabile che sia necessario abbassare i costi degli strumenti che permettono la produzione dei prodotti. Parimenti necessario è aumentare la capacità, la disponibilità economica delle famiglie. L’energia rappresenta, in entrambi i casi, un “costo” di cui è quasi impossibile fare a meno: per le industrie per produrre, per le famiglie per vivere. Bene. Ma è possibile diminuire il costo dell’energia, contribuendo quindi a combattere la recessione abbassando la bolletta energetica? pensano di sì, e lo dicono attraverso la voce di Antonio Costato, vicepresidente di Confindustria con delega all’energia e mercato. Più precisamente il ragionamento riguarda l’elettricità. Come se non bastasse bisognerebbe agire sui “certificati verdi”. Non tutti, chiaramente. Ma sicuramente è ragionevole togliere incentivi dello Stato pagati attraverso le bollette dei consumatori, alle iniziative nel campo delle energie rinnovabili che hanno ben poco di ecologico, come ad esempio chi chiede certificati verdi per impianti costruiti all’estero. La sostanza è che dovrebbero essere tolti gli aiuti ed i sussidi e magari dare un obiettivo di efficienza a Terna. Il mercato è inoltre “drogato”: ci sono margini “alti” nel settore elettrico frutto di una cattiva allocazione (diciamo assegnazione o distribuzione) dei capitali. “Se l’elettricità avesse un prezzo più basso e margini (di guadagno N.D.) più ragionevoli, le società elettriche farebbero piani di investimento più aggressivi sul fronte dei costi di produzione. Le grandi utility hanno fatto profitti lauti in un segmento poco innovatore e a basso rischio grazie al quadro di regole fatte dal legislatore”.

In sostanza Confindustria accusa il settore di servirsi di privilegi che non portano all’interesse generale del Paese, ma di particolari singole imprese. Il problema è che bisognava dirlo a tempo debito, anche quando chi si occupa di ambiente faceva rilevare che in diverse zone del Paese la produzione di energia elettrica è già sufficiente e che l’applicazione di semplici fondamentali dell’economia ambientale avrebbe già risolto diverso tempo fa il problema. Meglio tardi che mai. Ma questa è un’altra storia.

In sostanza Confindustria accusa il settore di servirsi di privilegi che non portano all’interesse generale del Paese, ma di particolari singole imprese. Il problema è che bisognava dirlo a tempo debito, anche quando chi si occupa di ambiente faceva rilevare che in diverse zone del Paese la produzione di energia elettrica è già sufficiente e che l’applicazione di semplici fondamentali dell’economia ambientale avrebbe già risolto diverso tempo fa il problema. Meglio tardi che mai. Ma questa è un’altra storia.