A qualcuno di noi sicuramente è capitato di farsi una domanda indecente: che prezzo ha la natura? La domanda però può non risultare dannosa o inutile, soprattutto se può arginare la frustrazione di chi si occupa a tutti i livelli di ambiente nel vedere come l’opinione pubblica continui a non comprendere le implicazioni economiche dei servizi resi dall’ambiente. Per cercare di attirare l’attenzione su questo problema, le due pubblicazioni sicuramente più autorevoli sono state il volume Nature’s Services di Gretchen Daily nel 1994 e il documento collettivo curato da Robert Costanza nel maggio 1997 e pubblicato sul prestigioso “Nature”dal titolo The value of the world’s Ecosystem Service and natural capital. Questi studi hanno attribuito un “prezzo” annuo a 17 servizi forniti dall’ecosistema: considerando il dollaro del 1998 tale “prezzo” è stato quantificato in 36.000 miliardi di $ (con un massimo di 58.000 miliardi). Tenendo conto che il PIL mondiale, sempre nel 1998, era di 39.000 miliardi di dollari, tale paradosso fece notizia. Nello specifico le diverse “matrici” erano così state valutate in miliardi di dollari: 1300 la regolazione atmosferica dei gas; 2300 l’assimilazione e trasformazione dei rifiuti; 17000 i flussi di nutrienti; 2800 la conservazione e depurazione delle acque. I sistemi marini ricevettero la valutazione maggiore con 20.900 mentre quelli terrestri 12.300 (4.700 alle foreste e 4.700 alle zone umide). Il valore medio dei sistemi terrestri era di circa 1.200 $ per ettaro, mentre quelli marini venivano valutati di quasi 600. Il valore assoluto più alto era quello degli estuari: quasi 23.000 $ per ettaro, non per il loro valore di produzione di alimenti ma in quanto garanti del ciclo dei nutrienti per 40.000 miliardi dimetri cubi annui di acqua dei fiumi. Presumendo un reddito annuo di 36.000 miliardi di $ in termini di servizi ecosistemici e calcolandone la capitalizzazione sul tasso utilizzato dal Tesoro Usa, si ottiene un valore complessivo della natura poco maggiore di 500.000 miliardi di dollari (cifra assurdamente bassa che corrisponde a circa 13 anni di prodotto economico).
L’utilità di attribuire comunque dei prezzi rende capaci di esprimere con chiarezza il problema. Anche se può sembrare appunto rasentare l’assurdità, dare comunque un valore agli stock ed ai flussi di capitale naturale, come se avessero dei prezzi, può rappresentare un passo verso l’incorporazione di tali valori nella pianificazione delle politiche e dei comportamenti pubblici. Anche se rimane valido l’adagio che conosciamo il prezzo delle cose senza saperne il valore. (dati tratti da: P. Hawken, A. e L Lovins; Capitalismo naturale, 2007)