Dorino Piras

La Salute, l'Ambiente, il Lavoro

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Scienza, bufale e Ogm

Marco Cattaneo sul suo blog di “Le Scienze”, racconta la storia della ricerca di Séralini che ha rilanciato il legame tra gli organismi geneticamente modificati (Ogm) e l’insorgenza di tumori. Non solo una bufala, ma un costume ormai largamente presente nel costume nazionale in cui si parla di scienza senza leggere i dati (e gli articoli, anche pseudoscientifici)

(…) Non appena il lavoro di Séralini e colleghi è stato disponibile alla comunità scientifica, però, si sono scatenate enormi polemiche. La quasi totalità degli esperti si è detta scettica sul design dell’esperimento, sul ceppo di topi scelto per l’esperimento, sulla durata dello stesso, sui metodi di analisi dei risultati, persino sulla selezione delle fotografie pubblicate (ci sono le foto dei topi trattati che hanno sviluppato tumori ma non di quelli di controllo…), sul metodo di analisi statistica, sul cherrypicking, ovvero la scelta accurata dei dati ritenuti rilevanti ai fini di dimostrare ciò che si vuole dimostrare. Insomma, secondo la comunità scientifica l’articolo di Séralini e colleghi non ha le caratteristiche della “buona scienza”, e secondo alcuni non dimostra proprio nulla. Alcune reazioni rilevanti le trovate sul sito del Science Media Centre britannico (sì, lì hanno un Science Media Centre, giusto per segnalare l’abissale distanza che ci separa dai paesi civili e avanzati…). E una discussione davvero ricca dei dettagli dello studio, delle critiche e delle controreazioni è in corso sul forum biofortified.org. Altre critiche sul fronte dell’analisi statistica piovono su Stats Chat. (Se vi fate un giro in rete ne trovate ormai a centinaia, di critiche pesantissime e articolatissime nel merito scientifico allo studio in oggetto.) (…)

(Leggi sul blog di “Le Scienze”)

Ripensare gli ospedali per diminuire i costi del welfare

Il Ministro della Salute, Renato Balduzzi, fa’ quel che può e si accinge a varare una miniriforma contente medicinali monouso, regole con maggiore tracciabilità sull’attività privata dei medici, multe a chi vende sigarette ai minori, lotta alla medicina difensiva e altro che si vedrà. Il Ministro sa però bene che norme di questo genere potranno raschiare un po’ meglio il barile ma null’altro. D’altra parte in un governo “tecnico” e ormai avviato a scadenza naturale, non si può sperare in molto di più. Tutto ciò, comunque, non permetterà una inversione significativa sulla spesa sanitaria che solamente una vera e propria innovazione potrà sanare. E innovazione anche in questo caso non significa fare in maniera più veloce o diversa le cose, ma fare altre cose. Di ricette veloci non ne ha nessuno, ma è chiaro che esistono nodi che devono essere sciolti. Uno dovrà essere quello dell’organizzazione dei nostri luoghi di cura, ancora fermi ad una concezione veramente novecentesca che la medicina più avanzata sta abbandonando. E ripensare le nostre strutture, soprattutto quelle ospedaliere, significa ragionare per intensità di cure, differenziando gli spazi stessi e i momenti di cura. L’ospedale moderno, infatti, è un ambiente ad alta intensità di cura, dove ad un primo momento tecnologicamente e assistenzialmente impegnativo ne subentra un altro dove, in un normale decorso, diminuiscono le necessità della persona. In diversi Paesi si sta adottando un sistema praticamente separato anche dal punto di vista fisico, con articolazioni degli ospedali diversi. Oggi si guardano più le giornate di degenza in uno stesso letto o Reparto per calcolare il risparmio – quando non la necessità di spendere meno trattando casi meno complessi -. Il futuro sarà una corretta valutazione delle necessità delle persone ricoverate, trovando in ogni momento della cura il più corretto impiego dei mezzi umani e strumentali a disposizione in spazi diversi. Oggi continueremo a pagare il lavoro delle diverse professionalità sanitarie in maniera poco intelligente ed appropriata, sottraendo, ad esempio, il lavoro vero di un chirurgo facendogli compilare per diverse ore carta inutile che non abbatterà gli errori o i costi. Sì, avete capito bene: per diverse ore al giorno paghiamo lo stipendio di un chirurgo per un lavoro da impiegato amministrativo. E’ chiaro che così non ne verremo fuori…

Rapporto Osservasalute 2011: la salute italiana in pericolo

È in pericolo la salute degli italiani. Mentre aumentano i fattori di rischio, diminuisce infatti la risposta dei servizi pubblici e le Regioni risparmiano sulla prevenzione. A lanciare l’allarme è il “Rapporto Osservasalute 2011” del Policlinico Gemelli.

La salute degli italiani, infatti, si trova ora più che mai sotto il fuoco incrociato della crisi economica e, sebbene gli effetti di questa congiuntura negativa si rendano manifesti con una certa latenza di tempo, salta già agli occhi come gli italiani, pressati dalle restrizioni economiche, comincino a risparmiare su azioni preventive di base quali una sana alimentazione e lo sport. Si rinuncia per esempio a frutta e verdura, che diventa un lusso per pochi (per la prima volta dal 2005, si registra un calo del numero di porzioni consumate/giorno – 4,8% contro il 5,7%, dato che era rimasto grosso modo stabile fino al 2008; a mangiarne di più sono coloro che spesso consumano i pasti a mensa che si conferma come luogo maggiormente associato al consumo di verdure, frutta e ortaggi).

Sanità. Togliere il ticket e introdurre la franchigia: pagare meno, ma tutti!

Bisognerà valutarla nel suo testo finale, ma l’addio al ticket sanitario a favore di una franchigia potrebbe risultare interessante soprattutto per chi usfruisce dei servizi sanitari. Il sistema prevederebbe di abolire esenzioni e ticket così come li abbiamo conosciuti per far posto ad un altro tipo di compartecipazione che prevede ogni anno una spesa massima individuata a seconda del reddito e non più della patologia. Poniamo come esempio quello di due cittadini che guadagnano rispettivamente 40mila e 120mila euro all’anno. La quota i compartecipazione stabilita si aggirerebbe al 3 per mille sul reddito. Il primo pagherebbe in un anno, se fruisce di qualsiasi prestazione che costa di più, 30 euro mentre il secondo fino a 300 euro. Le successive prestazioni oltre quel valore non si pagano. Il sistema sarebbe poi ulteriormente corretto modulando la quota in funzione al numero dei componenti della famiglia e alla presenza di anziani e disabili, oltre alla possibiità di scalare anche le spese verso al sanità privata per evitare la fuga dei redditi più alti verso le strutture non pubbliche e lasciando inveriati i costi di quelle pubbliche. Il sistema effettivamente contiene elementi di equità e omogeneità, tenendo conto del dato attuale dove alla fine un italiano su due non paga ticket e l’esenzione del pagamento per patologia avvantaggia non poco chi ha redditi alti. Semplificando forse in maniera eccessiva si potrebbe dire “pagare meno per pagare tutti”! Tenendo infatti fermo il sistema attuale del ticket che viene pagato ogni volta da chi non è esente, chi ha bisogno di sanità può arrivare a sborsare tra i 500 e i 1000 € l’anno, sistema che non permette certamente un ulteriore aggravio dei ticket così come stabilito, tra l’altro, dalla legge a partire dal 2014. Non da ultimo bisogna sottolineare un certo guadagno in trasparenza dove oggi esistono zone davvero oscure nel capire chi paga e cosa paga. Le prese di posizione contrarie sono certamente da tenere in considerazione e da ascoltare attentamente, anche se sembrano gravate da ideologismo e poco efficienti ed efficaci sia dal punto di vista della pubblica amministrazione, sia dal punto di vista di cosa e quanto pagano i cittadini: lasciando le cose come sono la perdita di equità e l’aggravio per i cittadini sono garantiti.

Le disugliaglianze nella speranza di vita

A quasi tutte le età, le speranze di vita, ovvero il numero di anni che mediamente ci si può attendere di vivere ancora, sono estremamente diseguali: sono divari giustificabili? Da cosa dipendono? Esistono interventi per ridurli? Le risposte a queste domande non sono tra loro indipendenti: l’accettabilità di un divario, così come la possibilità di ridurlo, dipende spesso dalle sue determinanti. Differenze riconducibili al patrimonio genetico sono forse più accettabili e meno influenzabili dalle politiche di quanto non lo siano quelle riconducibili al patrimonio finanziario. (Qui il pdf)

Ampi divari nella speranza di vita si riscontrano sia nel tempo sia, all’interno di popolazioni più omogenee, lungo molte dimensioni socio-economiche. Questo lavoro illustra le evidenze disponibili per l’Italia sul livello e l’evoluzione di tali divari e discute in particolare la forza e le possibili determinanti della relazione tra speranza di vita e livello di istruzione.

Strasburgo: biciclette gratis ai malati

Sicuramente una delle più belle degli ultimi tempi. Il sindaco di Strasburgo, Roland Ries, ha proposto di offrire un abbonamento gratuito al Bike sharing su prescrizione medica. Il progetto è far prescrivere da una cinquantina di Medici di famiglia l’attività sportiva mediante uso della bicicletta a un centinaio di pazienti affetti da malattie come il diabete, l’ipertensione, l’obesità e via discorrendo. Muniti della prescrizione i malati avranno diritto ad un abbonamento di un anno per l’uso di biciclette pubbliche in libero servizio. L’operazione dovrebbe partire dal prossimo settembre con l’idea di allargare ad altri medici la sperimentazione. Formidabile!

Quando manca il pudore negli Assessorati alla Sanità

Come segnalato da Marco Belpoliti su “La Stampa” di oggi, la Regione Lombardia ha iniziato a consegnare alle persone dimesse dall’ospedale, una nota con la seguente frase: Egregio Signore/a, 3.681,84 € rappresenta il rimborso corrisposto mediamente agli ospedali della Lombardia per il costo sostenuto per tipologie di attività e di prestazioni simili a quelle da Lei usufruite nel corso del Suo ricovero”. Non entro in discussioni sull’etica di questo tipo di iniziative, sul perchè esiste un sistema sanitario nazionale basato sull’universalità, sul perchè chi ha scritto la nostra Costituzione ha sancito quello della salute come un diritto ed altre amenità del genere. Se mi capiterà di essere ricoverato e, spero, dimesso sarà però mia cura inoltrare alla Direzione Generale un messaggio di risposta in cui chiederò a quanto ammonta la cifra che la Regione riceve dai cittadini per tali prestazioni; per quanti anni ho finanziato con il mio lavoro – e quindi con le tasse – il Sistema Sanitario Nazionale; quanto incide il costo degli stipendi da centinaia di migliaia di euro del Direttore Generale, Sanitario ed Amministrativo eccetera eccetera. Solo per far recuperare a queste strutture un po’ di pudore verso i malati che cura.

Piemonte: la sanità partorisce un topolino

Tanto rumore per nulla. La riformetta della sanità varata oggi dalla Regione Piemonte si conclude con un nulla di fatto e completamente svuotata dai proclami che il Presidente Cota aveva tuonato dalla campagna elettorale in poi. Nella sostanza vengono istituite le sei Federazioni sanitarie anch’esse svuotate dagli iniziali compiti annunciati e configurandosi, in realtà, come sei nuovi posti, immaginiamo profumatamente remunerati, che aumenterenno i “commis” regionali e di cui non si sentiva la mancanza: un nuovo livello intermedio in un’epoca in cui l’amministrazione tenta invece di semplificarsi. Staremo a vedere cosa succederà con il nuovo piano sanitario, ma non ci aspettiamo grandi modificazioni dell’attuale assetto sanitario. Vedremo.

Abolire i concorsi per i medici?

Milano, 23 mar. (Adnkronos Salute) – “I concorsi per i medici sono uno strumento logoro che ha fatto il suo tempo. L’alternativa? Non mi scandalizzerei se si passasse alla ‘chiamata diretta’ anche nel pubblico, metodo che rende responsabile il dirigente della qualità del professionista scelto. Ma questo sistema funzionerebbe solo a condizioni precise: su tutte, che gli Ordini professionali si facciano garanti dei curricula dei medici iscritti, pubblicandoli”. Comincia da una provocazione il ragionamento di Roberto Carlo Rossi, presidente dell’Ordine dei medici di Milano: “Credo si debba avere il coraggio di abolire i concorsi. Quando un sistema non funziona come si deve e permette di far vincere sempre i raccomandati, va cambiato”, spiega. Ma non si ferma qui. Perché Rossi avrebbe anche una ricetta per costruire un’alternativa. (altro…)

L’Ospedale che acquista su Internet: un morto

Non è difficile capire le implicazioni del fatto successo a Barletta: una clinica compra un farmaco su Internet la cui somministrazione provoca un morto e altre due persone avvertono sintomi da shock anafilattico. E’ un caso che in economia si potrebbe chiamare “fallimento di mercato”, cioè le modalità di impiego delle risorse non è nè efficiente nè efficace così come accade in altri settori – leggi ambiente -. In medicina si chiama in altre maniere un po’ più crude, ma immaginiamo che gli organi deputati a chiarire il caso siano già in moto. Quello che rimane è la considerazione che la semplice corsa al mercato per approvvigionarsi di beni di una certa complessità e delicatezza di impiego non è praticabile, avendosi in questo senso l’immediata risposta alla domanda ” a cosa serve lo Stato?” Senza scomodare ideologie particolari, la questione ci ricorda il commento di Luigi Einaudi che affermava come un mercato diventava efficiente quando si vedevano passeggiare tra i banchi i pennacchi dei carabinieri che vigilavano. Anche per noi che crediamo che lo Stato debba rtirarsi da alcuni compiti che non gli spettano a favore della fiducia nella capacità di intrapresa dei singoli, non passa certo per la testa l’idea che il mercato possa autoregolarsi e autosorvegliarsi in splendida solitudine. Oltre al fatto che il continuo affamamento di risorse in settori così delicati non può che creare il famoso “uomo ladro”. Tantopiù che il problema della scarsa sicurezza dei farmaci acquistabili senza i dovuti controlli su internet è una un problema sempre più dibattuto nei congressi medici di ogni specialità e quindi non definibile come sconosciuto.  Est modus in rebus…