Dorino Piras

La Salute, l'Ambiente, il Lavoro

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Con la crisi peggiora lo stato di salute in Italia

 Roma, 6 dic. (Adnkronos Salute) – Più poveri e ‘malaticci’. La crisi economica sta facendo sentire i suoi effetti anche sullo stato di salute psicofisica degli italiani che, rispetto al periodo pre-crisi, stanno peggio. E’ quanto emerge da un’indagine del Centro studi della Fimmg (Federazione italiana medici medicina generale) che ha esplorato gli effetti della crisi economica sulla salute delle persone attraverso gli occhi attenti dei medici di famiglia che, con oltre un milione di contatti giornalieri, costituiscono un monitor efficace sui fenomeni che riguardano la popolazione.

La ricerca completa – condotta su un campione di 1.050 medici – sarà presentata mercoledì prossimo a Roma, in occasione dell’incontro ‘Fare i conti con la salute. Le conseguenze della crisi sul benessere psicofisico della popolazione’, organizzato dalla Fimmg. Analizzando le tabelle dello studio balza agli occhi un dato significativo: per il 50% dei camici bianchi, con la crisi economica, lo stato di salute degli italiani è peggiorato rispetto a qualche anno fa. Una percentuale che cresce al Sud e nelle Isole (57%) e nelle zone dove è diminuita l’occupazione (63%). Per il 48% è invece stazionario, mentre solo l’1,4% ritiene che sia migliorato. Il 64% dei camici bianchi nota inoltre che i pazienti, sempre a causa della crisi economica, trascurano il proprio stato di salute.

Dall’indagine emerge chiara la correlazione tra disagio socio-economico e salute psicofisica: l’89% dei medici di famiglia riferisce che i pazienti, a causa della crisi economica, sono più stressati. “Un aspetto – spiega Paolo Misericordia, responsabile del Centro studi Fimmg – che si registra soprattutto nei territori con più disoccupazione, criminalità e malessere sociale”.

Sanità: ciò che Monti non sa

Il primo Ministro Mario Monti lancia un allarme sulla situazione della sanità pubblica ingiustificato per gli esperti del sistema. Il sistema, infatti, non dà nessun segno di preoccupazione per la finanza pubblica, la spesa farmaceutica è in diminuzione e spendiamo complessivamente 2,3 punti di Pil in meno di Germania e Francia. La stessa ragioneria delle Stato indica che nel 2060 continueremo a spendere meno dei due più orti paesi europei e gli stessi risultati di salute saranno migliori di quelli francesi e tedeschi. Il dato più significativo, per gli esperti, è il numero di morti evitabili, dove l’Italia si posiziona dietro Islanda e Francia a livello europeo. E allora dove nasce questo svarione del Presidente Monti? Per capire di più  consiglio la lettura di questo articolo di Nerina Dirindin apparso su Lavoce.info, tra i più lucidi ed esaurienti di questo periodo.

La sanità italiana non costa quello che pensa Monti

Il Presidente Monti ricalibra il tiro sul sistema sanitario italiano rispetto alle recenti dichiarazioni sulla sua insostenibilità. In realtà pone sul piatto un argomento molto complesso e dibattuto riguardante l’innalzamento dell’età della popolazione. Non funziona proprio così e mi riprometto di riparlarne in futuro. Ciò che è utile ricordare al Prof. Monti è che il Sistema Sanitario Nazionale ha costi contenuti rispetto agli altri ed è in media con quelli dell’OECD o OCSE. Ricordiamocelo quando si tratterà di smantellarlo.

Il decreto Balduzzi sui farmaci fa risparmiare lo Stato? Sembra di no.

La recente norma sulla prescrizione dei farmaci generici rappresenta un risparmio per il Sistema Sanitario Nazionale? Un paper dell’Istituto Bruno Leoni a cura di Serena Sileoni, sottolinea le molte ombre della novella legislativa che in realtà sposta la decisione dal medico al farmacista e non provoca risparmi per lo Stato. Si configurerebbe, anzi, un’azione di politica industriale da parte dello Stato che avvantaggerebbe una parte della filiera produttiva a discapito di quella che in realtà continua a fare ricerca. Nel paper vengono inoltre chiarite diverse perplessità che i medici continuano ad avere sui cosiddetti generici, in realtà sottratti ad una completa sperimentazione.

Qui puoi leggere la ricerca

Ilva, Clini e la grande politica

Questa sera ho visto un pezzo di grande politica, quella vera per cui vale la pena perdere tempo, discutere, anche dividersi. E’ stato il momento in cui il Ministro Corrado Clini è intervenuto (bene) alla trasmissione di Michele Santoro sul caso dell’Ilva. Dentro c’era tutto: un tema drammatico e serio, la tensione del confronto con le persone colpite da mali sottili, la serietà dei dati e del metodo scientifico, il rendere conto della complessità degli argomenti, lo scontro di poteri dello Stato. Ognuno può pensarla come vuole ed è legittimato a farlo, ma questa è l’unica strada per venire a capo dei problemi veri. L’Ilva di Taranto, lo smantellamento del sistema sanitario, la difficoltà di armonizzare diversi poteri dello Stato che non devono prevalere l’uno sull’altro sono temi seri che mettono a nudo la capacità e la preparazione delle persone. E’ grande politica che riesce ad annichilire i piccoli politici impreparati facendoli sbiadire nella loro povertà di mezzi intellettuali e conoscitivi. Una società complessa – con problemi complessi – come la nostra merita davvero altra serietà, altri politici veri che non ripetono sciocchezze sulla rottamazione, sul nuovo, sul vecchio. Regaliamo loro non gli scranni decisionali, ma le semplici parole di Antonio Gramsci: studiate, studiate, studiate…

Tagli alla sanità: primum non nocere.

Mentre infuria la polemica sulle parole del Presidente del Consiglio Mario Monti sulla sostenibilità del sistema sanitario nazionale, giunge la conferma di una sentenza di condanna impartita all’ex Assessore alla Sanità della Regione siciliana per una campagna definita “inutile ed ingiustificata” contro l’influenza aviaria. Dove sta l’importanza di questa notizia? Chi si occupa da tempo di materie legate alla sanità ha ormai consolidato l’opinione, rafforzata da diverse sentenze dei Tribunali Amministrativi Regionali, che il nodo del problema si annida negli sprechi causati, molto spesso, da scarsa capacità nella gestione delle offerte e da iniziative inappropriate. Se da un lato Istituti come il Censis registrano come nel 2012, per la prima volta da circa 20 anni, la spesa sanitaria subisca una riduzione nelle voci nominali, si moltiplicano le segnalazioni di appalti e servizi forniti da parti terze private che non rispettano criteri di efficienza economica, senza contare l’efficacia. In sostanza il problema sanitario può – e deve – risolversi attraverso innanzitutto la riduzione di tutto ciò che non è appropriato o spreco, toccando questi costi prima di di ridurre i servizi che, al netto della spesa non congrua, rimarrebbero ancora sostenibili.

Attacco alla sanità pubblica

I mezzi di informazione stanno dando conto, per chi non se ne fosse accorto, dello scacco portato alla sanità pubblica sia a livello locale che nazionale. Il tutto è brevemente riassunto dalla dichiarazione del Presidente del Consiglio Monti: “Potremmo non riuscire più a garantirlo se non si trovano nuove forme di finanziamento”. A livello piemontese c’è persino sorpresa sul fatto che il Governo stia scavalcando in tagli lineari quanto già ventilato proprio dall’Assessorato in materia, mantenendo un rigoroso silenzio sulla possibile apertura verso modelli privati. Chi mastica un po’ di queste cose è ben conscio del fatto che le uniche “manovre” messe in campo per far fronte alla spesa sanitaria, sono state quelle, appunto, dei tagli lineari, senza tentare di percorrere altre strade. In sostanza, per far tornare i conti, la logica è stata quella di tagliare su scala nazionale/regionale una quota fissa: se ne esistono 100 ne taglio 10. Il sistema sanitario è, come tutti i sistemi moderni e altamenti tecnologizzati, estremamente complesso e possiede meccanismi che sono al limite della controintuitività. Ha certamente delle falle molto grandi a cui nessuno continua a mettere mano, ma nel complesso continua a dare risposte buone. Chi conosce il sistema sanitario anche negli snodi più nascosti ha comunque una certezza: ne potremo venire fuori solo se faremo ciò che è necessario in maniera diversa e non facendo le stesse cose ma di meno. Oggi assistiamo solo all’ansia dei tagli, continuando a non chiedere a chi ci lavora come si dovrebbe organizzare il sistema, come si potrebbero fare in maniera diversa le procedure necessarie. Nessuno, inoltre, sa bene di cosa si stia discutendo: non esistono dati certi e sicuri, omogenei su costi delle prestazioni e persino sul loro numero. Anche a livello di chi ci lavora in sanità. Mi ha stupito, molto recentemente, assistere durante un corso su nuove procedure di diagnosi e cura nel mio settore, alla scena muta dei relatori alla domanda dei costi di queste procedure. Questa è una mancanza della mia categoria che oggi non possiamo più permettere. Non perchè la somministrazione di tali cure debbano dipendere dal semplice costo, ma perchè è necessario costruire il “valore” di quella procedura. In caso contrario applichiamo la stessa logica che oggi stiamo criticando. Ma il problema rimane e fa una certa rabbia sapere che con tagli o nuove tasse il sistema continuerà a non essere nè efficace nè efficiente. Soprattutto se continueremo a dare in mani davvero inesperte la gestione economica della nostra salute.

Medici esperti spendono meno

Roma, 5 nov. (Adnkronos Salute) – Inesperienza e incertezze dei medici ‘nemiche’ della spending review. Secondo uno studio pubblicato su ‘Health Affairs’, infatti, le caratteristiche del medico influiscono direttamente sulle spese sanitarie. Infatti i camici bianchi con meno esperienza tendono a spendere molto più denaro nel trattamento dei pazienti, rispetto ai colleghi più navigati, spiegano i ricercatori della Rand Corporation e dell’Università di Pittsburgh.

Secondo gli studiosi questi risultati potrebbero avere implicazioni significative per i decisori in tempo di crisi, al momento di ‘disegnare’ reti di specialisti o di mettere in piedi programmi che premiano gli operatori sanitari che forniscono cure di qualità a un costo inferiore. “Questi risultati sono provocatori, e occorrono ulteriori esami” su questo tema, spiega Ateev Mehrotra, associato presso l’Università di Pittsburgh School e ricercatore della Rand Corporation, istituto di ricerca senza scopo di lucro. “Ma è possibile che un elemento guida dei costi sanitari stia nel fatto che i medici appena formati tendono a praticare una medicina più costosa”. In pratica, prescrivendo più esami diagnostici, o medicinali più cari, magari proprio perché meno esperti e sicuri rispetto ai colleghi che hanno alle spalle più anni di pratica.

Per disegnare l’identikit del medico più costoso per il servizio sanitario, i ricercatori hanno utilizzato i dati relativi a oltre un milione di persone residenti nel Massachusetts dal 2004 al 2005, costruendo i profili di ‘spesa sanitaria’ dei pazienti di oltre 12.000 medici dello stato americano. I costi sono stati valutati attraverso 600 tipi di “episodi di cura”, includendo la patologia di una paziente, la sua gravità e le procedure eseguite. Ebbene, la forbice più ampia nei costi si ha paragonando i dati dei ‘novellini’ con gli operatori con la maggiore anzianità di servizio. Si è visto che i medici che avevano meno di 10 anni di esperienza hanno costi complessivamente superiori del 13,2% rispetto ai colleghi con 40 o più anni di servizio.

Invece gli operatori con 10-19 anni di lavoro alle spalle hanno profili di costo più alti del 10% (rispetto ai colleghi più maturi), percentuale che per i medici con 20-29 anni di esperienza scende al +6,5% e per quelli con 30-39 anni del +2,5%.

Nessuna associazione è stata trovata, invece, tra i costi e le altre caratteristiche dei medici, come ad esempio una segnalazione per negligenza o azioni disciplinari, o ancora le dimensioni della struttura in cui un medico ha lavorato. I ricercatori sostengono che la differenza rilevata dallo studio non suggerisce che i medici meno esperti, spendendo di più, finiscano per fornire una migliore assistenza medica. Anzi, sembrerebbe proprio che le cose non stiano così. “I nostri risultati non possono essere considerati definitivi, ma si sottolineano la necessità di comprendere meglio gli approcci della pratica medica e che cosa influenza questo comportamento,” dice Mehrotra.

Secondo gli studiosi sono diversi i fattori che possono spiegare i risultati ottenuti dalla ricerca. I medici appena formati possono avere più familiarità con nuove modalità di trattamento, più costose e high tech, rispetto ai vecchi medici. Inoltre, è possibile che la mancanza di esperienza e le incertezze dei ‘novellini’ si traducano in un approccio più aggressivo nella cura, fino a sfociare a volte nella medicina difensiva. Infine non è detto che, via via che i medici acquistano esperienza, il loro atteggiamento cambi: è possibile che le differenze rilevate dallo studio restino tali per tutta la carriera dei medici più giovani, dicono i ricercatori, convinti che nella formazione dei camici bianchi non possano più mancare elementi per renderli coscienti della responsabilità di essere anche buoni amministratori delle risorse sanitarie.

Diritto alla cura, diritto a curare

Dopo avere evidenziato a più riprese allarme e preoccupazione, riteniamo giunto il momento dell’assunzione diretta di responsabilità individuali e collettive partecipando attivamente ad una civile e forte protesta per la difesa del Servizio Sanitario Nazionale e, al suo interno, della nostra professione, della sua autonomia e dei suoi legittimi interessi. Non si salva il sistema delle cure senza o contro chi quelle cure è chiamato a garantire, anzi la valorizzazione del personale del Servizio Sanitario Nazionale, a partire dall’area della dipendenza e della medicina convenzionata, è condizione imprescindibile per salvaguardare la sanità pubblica.”

QUI il documento con le ragioni della manifestazione degli operatori sanitari del 27 ottobre 2012 a Roma

Nobel: riprogrammare cellule e politica

Il Nobel per la Medicina è andato quest’anno a John B. Gurdon e Shinya Yamanaka per le loro ricerche sulla possibilità di riprogrammare cellule adulte in cellule staminali pluripotenti. In soldoni è come far ritornare le cellule “bambine”. Ognuno potrà vederci quello che vuole in questa scelta e la scienza non si è mai sottratta alle discussioni, basta che siano basate su argomenti validi, basati su fatti e riproducibili. Quello che vorrei segnalare è che la scelta di questo Nobel deve segnalare una frontiera della ricerca a cui la “politica” non ha dato ancora risposte chiare. Almeno nel nostro Paese, dove la discussione vede accapigliarsi strani figuri che in realtà bloccano ogni progresso sulla questione. Ecco, questa è una delle sfide che il mondo contemporaneo sta ponendo agli uomini che governano i destini delle persone attraverso le leggi, una questione complessa che richiede studio serio, una solida preparazione bioetica, una capacità di raccogliere i segni di un futuro prossimo che sarà regolato da meccanismi diversi da quelli che abbiamo conosciuto finora. In tutto questo continuiamo invece a ricevere puntuali informazioni sul nulla…