Dorino Piras

La Salute, l'Ambiente, il Lavoro

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Mario Pirani: i 35 anni malportati del Servizio sanitario nazionale

Mario Pirani  invita Matteo Renzi a confrontarsi con un banco di prova del nuovo riformismo:

sappia mettersi all’ascolto di questa particolare specie di “rottamati”, all’ascolto dei paria della società che si accalcano nelle corsie, i poveri, gli anziani, i malati privi di cure, i rifugiati del pronto soccorso, i non autosufficienti dimenticati”.

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Gli inquinanti atmosferici sono classificati cancerogeni secondo lo Iarc

Solo pochi anni orsono, molti lo negavano. Ancora più sottilmente si accusava la “scienza” di non essere d’accordo con se stessa e di non arrivare a conclusioni certe. Ora il quadro è cambiato perchè lo Iarc (agenzia internazionale di ricerca sul cancro) ha annunciato l’inserimento degli inquinanti atmosferici nel gruppo dei sicuri cancerogeni. Un potente cancerogeno soprattutto per ciò che riguarda la sua produzione attraverso il trasporto su strada, le emissioni da riscaldamento, l’industria. A corredo la EEA (Agenzia Europea per l’ambiente) nel suo rapporto 2013 sulla qualità dell’aria in Europa, afferma che circa il 90% delle persone che vivono in Europa è esposto a livelli di inquinamento atmosferico che l’OMS (Organizzazione mondiale della Sanità) ritiene certamente nocivi. In sostanza l’analisi di circa un migliaio di studi effettuati in ogni parte del mondo, ha correlato 223 mila morti con l’inquinamento atmosferico. “Classificare l’inquinamento dell’aria esterna come cancerogena per l’uomo è un passo in avanti importante- ha sottolineato Christopher Selvaggio, direttore dello Iarc- Ci sono modi efficaci per ridurre l’inquinamento atmosferico e, data l’entità della esposizione che colpisce persone in tutto il mondo, questa relazione deve inviare un segnale forte alla comunità internazionale che deve agire senza ulteriori ritardi”. Questo è quanto dovevo a tutti coloro che hanno in questi anni messo in dubbio le ragioni del nostro impegno

Tagli sanità: 20 mila posti letto in meno in 3 anni

Gli effetti dei tagli alla sanità cominciano a farsi sentire. A farne le spese i posti letto negli ospedali italiani che sono diminuiti i misura esponenziale. Nell’arco di tre anni, dal 2009 al 2012, si è infatti registrata una ulteriore riduzione di 20.685 posti letto ospedalieri pubblici e privati del nostro Sistema sanitario nazionale – sia per pazienti acuti e non – con un ridimensionamento che è destinato a proseguire, per raggiungere gli standard numerici fissati dalla legge di Spending Review. Si è passati dai 251.023 del 2009 ai 230.338 del 2012, con una riduzione dell’8,3%. Un taglio che si somma a quello già effettuato tra il 2000 e il 2009, pari ad un totale di 45.000 posti letto.  Ma non basta: la media nazionale per posti letto ospedalieri è infatti al 3,9 per 1000 abitanti, vicina cioè al 3,7 previsto dalla spending review del governo Monti. Tuttavia, per raggiungere lo standard fissato servirà un’ulteriore riduzione di 7mila posti. Per rispettare i parametri infatti, e considerando la popolazione Istat al 1 gennaio 2012 pari a 59.394.207 residenti ”occorrerà tagliare, come annunciato dall’ex ministro Balduzzi, circa 14 mila letti per acuti e incrementare di circa 6.600 i letti dedicati ai non acuti, con un saldo in ogni caso negativo di oltre 7mila posti letto da tagliare ”.  In percentuale, i maggiori decrementi di posti letto ospedalieri si registrano in Molise (-21,7%), Valle d’Aosta (-15,4%) e Lazio (-13,6%). Tagli ingenti anche in Puglia (-13,5%), Sicilia (-13,3%) e Calabria (-13%). In Lombardia, i posti letto sono diminuiti di 3.602 unità (-8,4%). Dai dati sviluppati da Quotidiano Sanità emerge inoltre che l’unica Regione a non aver tagliato posti letto sia l’Emilia Romagna, con un +1,7%.  Mette in guardia dalle conseguenze che tale taglio determinerà a carico dei cittadini il segretario nazionale Fp-Cgil Medici, Massimo Cozza: ”Il taglio dei posti letto, accompagnato dal taglio delle risorse per la sanità pubblica, che per la prima volta nel 2013 sono state ridotte anche in valore assoluto per circa 1 mld, rappresenta – afferma – una miscela esplosiva in assenza di un potenziamento dei servizi territoriali e di una riqualificazione della rete ospedaliera ”. Infatti, ”senza strutture territoriali aperte 24 ore su 24, in grado di dare risposte alternative a chi non avrebbe bisogno di prestazioni ospedaliere – avverte il leader sindacale – la drastica riduzione dei letti rischia di allungare le attese ai pronto soccorso e di peggiorare l’assistenza per i cittadini e le condizioni di lavoro dei medici e degli operatori sanitari”.  La questione, conclude Cozza, ”sarà tra quelle che verranno affrontate nell’ambito dei prossimi incontri tra governo e Regioni per la definizione del nuovo Patto per la salute ”.

Fonte: Quotidiano sanità, ministero della Salute, Cgil

9 settembre: si decide sui piccoli ospedali

Mentre tutti gli occhi saranno puntati sulla Commissione del Senato che deciderà sulla decadenza di Berlusconi, lunedì 9 si giocherà una importantissima partita sulla sanità. Infatti riparte il tavolo tra Governo e Regioni per la definizione del nuovo patto della salute 2013-2015 che conterrà, tra le altre cose, la rideterminazione dei fabbisogni sanitari con la risistemazione delle strutture ospedaliere. Oltre quindi ai ticket, si discuterà, ad esempio, la riconversione delle strutture ospedaliere medie e piccole che potranno essere dedicate alle cosiddette cure di media e bassa intensità, riducendo lo standard dei posti letto ospedalieri ance al di sotto del 3,5 x mille abitanti e l’assegnazione dello 0,5 x mille abitanti alle cure riabilitative. In sostanza l’attesa che molte strutture ospedaliere nelle diverse regioni stanno vivendo – cioè la chiusura o meno – verranno sostanzialmente chiarite con l’indicazione del loro futuro, chiusura o mantenimento a seconda del numero magico che l’accordo conterrà. In sostanza si potranno comprendere gli interventi che le diverse Regioni dovranno mettere in atto con il calcolo dei fattori che saranno contenuti nel nuovo Patto per la Salute.

La ricerca medica produce economia?

Quale può essere il ritorno economico di imprese scientifiche come ad esempio il sequenziamento del DNA? Sull’edizione italiana dello Scientific American sono riportati i dati di un rapporto pubblicato a giugno dal Battelle Memorial Institute di Columbus sui benefici economici per gli Stati Uniti riconducibili al Progetto Genoma. Si scopre così che dalla data di inizio del progetto, il 1988, il beneficio ammonta a circa 1000 miliardi di dollari: per ogni dollaro pubblico investito in questo progetto, sono stati immessi nell’economia statunitensi 178 dollari.

Le droghe in Italia: Relazione al Parlamento 2013

Al pari di quanto succede in Europa e come riferito il mese scorso dall’Osservatorio Europeo di Lisbona, prosegue anche quest’anno il trend del calo dei consumi di sostanze stupefacenti nel nostro Paese. L’analisi generale dell’andamento dei consumatori negli ultimi 12 mesi, riferiti alla popolazione generale 15-64 anni, conferma la tendenza alla contrazione del numero di consumatori, già osservata nel 2010 per le sostanze quali eroina, cocaina, allucinogeni, stimolanti e cannabis. Questo il dato generale che emerge dalle indagini campionarie sulla popolazione e dalle analisi delle acque reflue eseguite dal DPA, contenute nell’ultima Relazione al Parlamento 2013 sull’uso di sostanze stupefacenti e tossicodipendenze in Italia, elaborata dal Dipartimento Politiche Antidroga. I dati evidenziano che il 95,04 % della popolazione, tra i 15 e i 64 anni, non ha assunto alcuna sostanza stupefacente negli ultimi 12 mesi. Il confronto del trend dei consumi di stupefacenti negli ultimi 11 anni evidenzia un’iniziale e progressiva contrazione della prevalenza dei consumatori di cannabis caratterizzata da una certa variabilità fino al 2008, da una sostanziale stabilità nel biennio successivo 2010-2012, e una tendenza all’aumento nell’ultimo anno. (Dalla presentazione della Relazione)

Qui è possibile scaricare il Rapporto in pdf

Lorenzin firma la sperimentazione Stamina senza sapere cosa sia

La speranza è che la notizia sia quantomeno falsa. Pare infatti che il neo Ministro della Sanità, Batrice Lorenzin, abbia firmato questa mattina il decreto per l’avvio della sperimentazione del cosiddetto metodo “Stamina” che si avvale dell’infusione di cellule staminali per la cura di diverse – e non meglio specificate – patologie. Sennonchè l’inventore del metodo, il Dr. Davide Vannoni, ha commentato stupito (come riportato dal Corriere.it): «Mi sembra molto strano. Ancora non ci è stato chiesto di consegnare il nostro protocollo, né è stata fissata la data del primo incontro». «Ci fa piacere che il ministro della Salute abbia firmato il decreto – aggiunge -, perché questo è indice della volontà di andare avanti con la sperimentazione, ma mi pare molto strano il fatto che Stamina non sia stata ancora convocata per un incontro». La data del primo luglio per l’avvio della sperimentazione, ha rilevato Vannoni, «è molto vicina e da parte nostra c’è la piena disponibilità a incontrarci per capire le caratteristiche che la sperimentazione avrà». Al momento però, ha aggiunto, «non sappiamo nulla: né quanti pazienti saranno coinvolti, né quale cell-factory produrrà le cellule staminali, né su quali patologie verrà avviata la sperimentazione con il nostro metodo». Prescindendo quindi dai giudizi di merito e dalla discussione sul perchè esistono dubbi di natura scientifica e non sull’avvio di questa vicenda, è quantomeno preoccupante che un Ministro firmi l’avvio di una sperimentazione senza che nessuno, nemmeno chi implicitamente la propone senza averne presentato prima il protocollo, sappia in che cosa consista.  Davvero preoccupante.

Il 5° Rapporto sulla condizione assistenziale dei malati oncologici

Una malattia divenuta tristemente un fenomeno sociale, dunque un’emergenza che non può essere relegata nel privato di chi ne è vittima, perché il cancro è una patologia che riguarda l’intera collettività sia sul piano della prevenzione che della cura.
Una malattia che troppo spesso ne genera un’altra: la solitudine di chi deve affrontare questa realtà delicata e complessa che scompensa gli equilibri relazionali, che apre scenari dove non è sempre facile trovare soluzioni, risposte.

Mille nuovi casi al giorno nel 2012, 4 milioni di persone (famigliari e caregiver) che si prendono cura dei malati, con il 33% di disabilità e inabilità complessivamente riconosciute dall’INPS e con il 4% della popolazione che ha avuto una diagnosi di tumore: questo è il cancro. Con un impatto socio-economico, in termini di spese sanitarie e perdita di produttività, pari allo 0,6 % del PIL, con un costo complessivo che supera 8 miliardi di Euro (pari a circa 25.800 euro l’anno per paziente).

I Rapporti dell’Osservatorio offrono uno spaccato realistico sul fenomeno di questa patologia. Attraverso un lavoro di documentazione che mette insieme i molteplici aspetti del problema da quello sanitario a quello socio- assistenziale, da quello previdenziale a quello economico, da quello della ricerca a quello del volontariato. Sono infatti questi aspetti alla base delle rivendicazioni presso le istituzioni locali, regionali, ministeriali e parlamentari che di fronte al fenomeno devono essere in grado di offrire strumenti di supporto e risposte per assicurare il più universale dei diritti: quello umano.

Qui il link per scaricare il Rapporto

Il Piemonte non sa curare la Sanità

Il Ministero della Sanità ha pubblicato il 29 maggio le due audizioni (Massicci e Bevere) che descrivono la situazione delle Regioni che sono sottoposte al cosiddetto “Piano di rientro” del Sistema Sanitario Regionale tra cui figura il Piemonte insieme a Abruzzo, Calabria, Campania, Lazio, Molise, Puglia e Sicilia. nella sostanza vengono illustrati gli andamenti dei Piani, la descrizione dell’erogazione dei Livelli di assistenza, lo stato degli adempimenti di competenza e un quadro riassuntivo degli aspetti positivi e dei punti di attenzione

Dalla lettura del prospetto si evidenzia come la maggior parte degli indicatori di assistenza ospedaliera, ivi comprese le misure di appropriatezza ed efficienza prese in considerazione, presenti valori compresi all’interno degli intervalli di riferimento. Costituisce eccezione la dotazione totale di posti letto, in modesta diminuzione a partire dal 2009, e pari a 4,2 posti letto per 1.000 residenti al 1° gennaio 2013, superiori ai valori di riferimento riportato dall’articolo 15, comma 13, lettera c) del D.L. 95-2012, sia per l’assistenza per acuzie che per post-acuzie.
Per quanto riguarda la situazione relativa all’erogazione di assistenza territoriale, l’ultimo aggiornamento disponibile degli indicatori evidenzia una quota di anziani assistiti a domicilio inferiore all’atteso, come da valore definito adeguato dal Comitato LEA, oltre ad una dotazione insufficiente di posti letto presso strutture di tipo hospice.
Cosa succede in Piemonte? In sostanza l’ultima puntata non vede ancora l’attuazione di tutto ciò che il Ministero continua a richiedere, tenendo ancora sulla corda l’Amministrazione regionale subalpina che non risulta ancora “virtuosa” nella sistemazione delle carenze segnalate da diverso tempo e tale da non permettere ancora la chiusura del Piano di rientro stesso. Il documento nello specifico segnala:

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La sanità privata degli onorevoli e i giusti principi

Un principio giusto può essere affermato con strumenti ingiusti? La domanda nasce da una notizia fresca fresca che ci informa della possibilità di estensione dell’assistenza sanitaria integrativa dei parlamentari a partner dello stesso sesso. Il diavolo è però nei dettagli: perchè chi legifera anche sul Sistema Sanitario Nazionale deve avere un’assistenza sanitaria integrativa pagata dai contribuenti? Perchè in sostanza chi decide quali ticket e quali prezzi deve pagare il cittadino medio viene di fatto esentato dagli stessi? Proprio a pochi giorni, poi, in cui uno studio presentato dell’Agenzia Nazionale per i Servizi Sanitari Regionali conclude che il costo dei ticket sanitari incide sulle famiglie italiane più dell’Imu e provoca una diminuzione dannosa delle prestazioni specialistiche. Due pesi e due misure, insomma. Oltre al fatto che ciò che vale per i parlamentari, non vale ad esempio per il trattamento dei rapporti tra due conviventi dello stesso sesso quando uno è ospedalizzato e in pericolo di vita, essendo esclusa ogni possibilità di intervento e di informazione per il partner. Il problema è però che non si capisce perchè il trattamento sanitario del legislatore possa avere percorsi diversi rispetto ai normali cittadini. Un principio giusto (la parità di fronte alla legge dei cittadini omosessuali) applicato ad uno strumento sbagliato (la possibilità di una mutua integrativa privata) non porta certamente ad un miglioramento delle condizioni economiche e di cittadinanza delle persone che vivono nel nostro Paese; anzi possono rappresentare un momento di regressione attraverso cui giusti principi possono essere depotenziati se applicati a misure ingiuste.