Per Newsweek pare che l’Italia si classifichi al 23° posto tra diverse nazioni per la qualità di vita. Non granchè per l’orgoglio nazionale, soprattutto tenendo conto che siamo dietro anche al Belgio ed all’Irlanda, ma tant’è. La classifica è stilata tenendo conto di 5 indicatori. Il fatto da rimarcare è che l’indicatore che ci tira un po’ su è quello del sistema sanitario, mentre glialtri sono scarsetti. Non lamentiamoci quindi troppo sui nostri ospedali perchè, almeno da questo punto di vista gli altri stanno peggio. Un poco di orgoglio personale perchè, malgrado tutto, i medici e gli infermieri italiani continuano a fare miracoli malgrando i governi cerchino, pervicacemente, di distruggere il nostro sistema sanitario nazionale. Neanche questa volta ci sono riusciti. Sulla prossima non possiamo garantire nulla…
Dorino Piras
La Salute, l'Ambiente, il Lavoro
Browsing the archives for the Salute 2.0 category.
(via repubblica.it) di Antonello Caporale
(…) Giuseppe è pediatra oncologo, vive e lavora a Perugia: “Arrivo a circa 52 mila euro scarsi l’anno, ho 36 anni, ho due figli e moglie a carico. E sono precario. Sono specialista in oncologia, lavoro come pediatra oncologo, ho un dottorato di ricerca in ematologia e diversi altri post-it nel mio curriculum. Perché dico questo? Perché della smania e della voglia di essere “medico” non me ne resta più traccia. Della passione iniziale adesso solo routine. In reparto siamo in quattro e facciamo turni massacranti, un week end libero al mese. Non abbiamo diritto a ferie scientifiche o di aggiornamento. Non ci viene pagato lo straordinario che facciamo e ci viene imposto di ridurre le ore di accesso notturno. L’assistenza ai malati del nostro reparto è lasciata al nostro buon cuore e al rimorso che un giorno in più di ferie possa essere troppo per loro. Ed oggi leggo di illustri colleghi che prendono fino a 600 mila l’euro l’anno. Io che non ho tempo per me ed i miei figli, che devo pregare la banca per un fido di 3000 euro, cos’altro devo aspettarmi da questa Italietta? E loro come fanno ad arrivare a tali retribuzioni? Che tristezza ed amarezza”. (…)
Non è inimmaginabile pensare che presto si accenderanno discussioni a non finire anche sulla pillola dei 5 giorni dopo, che viene già commercializzata nella gran parte dei paesi europei con i nomi commerciali di EllaOne o Levonelle e il cui principio attivo si chiama Ulipristal acetato. Per i più curiosi, non solo quelli che leggono tutti i “bugiardini” dei farmaci, o comunque per tutti coloro che si sentiranno in dovere di disquisire su questo farmaco, può essere utile leggere il riassunto delle caratteristiche del prodotto fornite dall’Emea. Almeno per il fatto che sono in italiano. Anche in questo caso comunque il meccanismo d’azione non è abortivo ma ritardante l’ovulazione e non può essere usato come un comune contraccettivo. Dal 14 agosto il farmaco ha ricevuto il via libera anche dalla Food and Drug Administration americana.
Se non ve ne eravate accorti, la pandemia influenzale H1N1 è terminata. L’Organizzazione Mondiale della Sanità, attraverso la Direttrice Generale Margaret Chan, ha ufficialmente comunicato la fine della pandemia, anche se alcuni focolai potranno ancora riaccendersi e risulta possibile una trasformazione del virus stesso che potrà avere un andamento stagionale, cioè come i normali virus influenzali con cui combattiamo ogni inverno.
Più importante invece è stata la pubblicazione della lista dei 16 membri del Comitato d’Urgenza e la dichiarazione d’interessi fatta da 6 di loro. L’OMS ha comunque stimato che i sei membri non sono incorsi in conflitti d’interesse tali da doversi astenere dal partecipare ai lavori del Comitato. L’argomento è certamente molto spinoso e riaccende le polemiche sulla corretta gestione dei rapporti tra industria e Autorità che devono vigilare e disciplinare le azioni sanitarie a livello internazionale. Per capire di cosa stiamo parlando basterà ricordare che – come ricordato oggi da Le Monde – il dossier del Professor Arnold Monto dell’Università del Michigan contiene una dichiarazione di attività di consulente presso i laboratori della GSK, Novartis, Roche, Baxter e Sanofi che sono tra i principali produttori di vaccini ma anche di prodotti antivirali. Non ci scandalizzano questi consulti, ma certamente è da tenere ben distinta l’attività a favore dei centri di ricerca industriali con quella ad esempio dell’Organizzazione Mondiale della Sanità. Ci sembra utile che le collaborazioni non si intreccino in ruoli di responsabilità pubblica.
Il sito del New York Times ci informa che il governo degli Stati Uniti, tramite la FDA, ha dato il via a test clinici sull’uso di cellule staminali embrionali sull’uomo. La sperimentazione di fase 1 sarà condotta iniettando questo tipo di cellule su malati con lesioni gravi al midollo spinale toracico nel tentativo di ripristinare la connessione interrotta tra le cellule. Nello specifico le cellule sarebbero precursori degli oligodendrociti, le cellule che avvolgono, formando un guaina, i prolungamenti delle cellule nervose. Le informazioni che si spera di raccogliere riguardano in questa prima fase soprattutto la sicurezza dell’impiego di queste cellule, oltre ovviamente l’efficacia che comunque in questa prima fase ha un ruolo di secondo piano. Rimangono però ancora oscuri i dettagli della tecnica che, in queste ricerche, sono fondamentali per un commento qualificato da parte della comunità dei ricercatori. Uno dei timori espressi dagli esperti di questa branca è che l’eventuale comparsa di eventi avversi potrebbe diventare controproducente per le successive ricerche. Anche se è da rimarcare come il via libera alla sperimentazione superi un importante blocco che non potrà che essere positivo anche per i futuri sviluppi.
La prossima frontiera ambientale che verrà lanciata sarà quella dell’inquinamento acustico. Personalmente me ne sono occupato durante il mio mandato provinciale con risultati importanti essendo la Provincia di Torino all’avanguardia sul panorama nazionale riguardo questo tema. Comunque a sostegno dell’attenzione al problema con l’intenzione di arrivare ad una sua regolamentazione è attesa per questo autunno l’introduzione dell’obbligo di possesso della certificazione acustica accanto a quella energetica per chi vorrà vendere o acquistare casa. In realtà la norma esiste già in via teorica: l’UNI 11367. Per saperne qualcosa di più è possibile consultare il sito www.uni.com. In sostanza gli immobili (ad eccezione per ora di quelli industriali, di sede di lavorazioni artigiane, agricoli) saranno classificati in diverse classi, prevedibilmente quattro partendo dalla 1 più silenziosa alla 4 più rumorosa. A differenza di quella energetica sostanzialmente basata su calcoli, la certificazione acustica sarà misurata direttamente all’interno dell’immobile mediante appropriati strumenti e terrà conto di diversi criteri quali ad esempio il livello di rumorosità degli impianti, l’isolamento della facciata, quello delle diverse unità rispetto a quelle abitate da vicini.
Avere una forza lavoro ben pagata, con un più alto livello di benessere fisico ed un maggior livello di istruzione, rende i lavoratori più produttivi e il paese più ricco. Insomma, mentre i responsabili della politica economica europea si concentrano esclusivamente sui tagli alla spesa pubblica, ignorando gli effetti depressivi che questi in generale hanno sulla domanda aggregata, l’esperienza cinese degli ultimi decenni ci insegna che è particolarmente importante sostenere il settore dell’istruzione e della sanità (…).
Si potrà o meno essere d’accordo con la modalità di protesta che il 19 luglio i medici del Servizio Sanitario Nazionale attueranno per 24 ore: lo sciopero generale della categoria. Ma sicuramente non si potrà non essere d’accordo con i motivi che hanno portato a questa forma di agitazione a fronte del testo della manovra finanziaria recentemente approvata:
- nessuna risposta sul blocco del turnover che determinerà nei prossimi 4 anni una carenza di circa 30.000 medici e dirigenti sanitari necessari al funzionamento degli Ospedali e dei Servizi Territoriali, anche a fronte del licenziamento della metà dei precari in settori fondamentali quali il pronto soccorso e i trapianti;
- nessuna risposta sulla precarizzazione di tutti gli incarichi professionali, non rinnovabili a prescindere da merito e competenze, che spalanca le porte alla invadenza della politica; – nessuna risposta sul congelamento della progressione economica prevista e finanziata dal CCNL e non dalla spesa pubblica, e sulla mancata retribuzione dei turni notturni e festivi;
- nessuna risposta alla richiesta di attenzione per i giovani medici esageratamente penalizzati nel trattamento economico e nelle prospettive di carriera.
Qui il testo completo del comunicato stampa congiunto delle organizzazioni sindacali mediche
L’8 luglio è stato presentato il nuovo Rapporto sull’uso dei farmaci in Italia nel 2009 dell’Osmed (consultabile qui). In sintesi
• Nel 2009 il mercato farmaceutico totale, comprensivo della prescrizione territoriale e di quel- la erogata attraverso le strutture pubbliche (ASL, Aziende Ospedaliere, Policlinici Universita- ri, ecc.) è stato di oltre 25 miliardi di euro, di cui il 75% a carico del Servizio Sanitario Nazionale. In media, per ogni cittadino italiano, la spesa per farmaci è stata di 420 euro.
• La spesa farmaceutica territoriale complessiva, pubblica e privata, è in leggera crescita ri- spetto all’anno precedente (+1,4%), mentre quella a carico del SSN diminuisce dell’1,7%, questo andamento è spiegabile in larga misura da un aumento delle compartecipazioni da parte dei cittadini (ticket +33,3%), dello sconto (+25,6%) e da una diminuzione dei prezzi (-3,2%). Nella valutazione di questa riduzione bisogna tener conto che una quota della pre- scrizione è stata erogata tramite forme diverse di distribuzione quali la diretta e la per con- to. Questa modalità di distribuzione incide mediamente nelle Regioni in cui viene adottata per circa il 22%, con livelli superiori al 30% in Emilia-Romagna e Toscana.
• Come già osservato nel 2008 la Regione con il valore più elevato di spesa pubblica per far- maci di classe A-SSN è la Calabria con 275 euro pro capite, mentre il valore più basso si ri- scontra nella Provincia Autonoma di Bolzano (circa 149 euro).
• La sostanza più prescritta è risultata, nel 2009, il ramipril con 47 DDD/1000 abitanti die. Altre sostanze rilevanti per consumo sono l’acido acetilsalicilico usato come antiaggregan- te piastrinico (42 DDD) e l’amlodipina (27 DDD). Alti livelli di esposizione nella popolazio- ne si osservano per l’associazione amoxicillina+acido clavulanico, per l’acido acetilsalicili- co e per il lansoprazolo con una prevalenza d’uso rispettivamente del 16,6%, 8,2% e 6,3%.
• I farmaci equivalenti rappresentano quasi la metà del consumo territoriale e circa il 28% della spesa, anche se la maggiore prescrizione si concentra ancora sui prodotti branded. Nel 2009 hanno perso il brevetto alcuni principi attivi molto prescritti come il pantoprazolo e il perindopril.
• Dall’analisi condotta nella popolazione a disposizione dell’OsMed si rileva nel complesso una prevalenza d’uso del 76%, con una differenza tra uomini e donne (71% e 81% rispet- tivamente). I maggiori livelli di consumo nelle donne riguardano i farmaci del sistema ner- voso centrale (e specificamente gli antidepressivi), i farmaci del sangue (soprattutto gli an- tianemici) e i farmaci del sistema muscolo-scheletrico (i bifosfonati). Alti valori di esposi- zione si osservano nei bambini e negli anziani: circa 8 bambini su 10 ricevono in un anno almeno una prescrizione (in particolare di antibiotici e antiasmatici).
• La spesa media di un assistibile di età superiore a 75 anni è di oltre 12 volte maggiore a quella di una persona di età compresa fra 25 e 34 anni (la differenza diventa di 17 volte in termini di dosi). La popolazione con più di 65 anni assorbe circa il 60% della spesa e delle DDD; al contrario, nella popolazione pediatrica fino a 14 anni, a fronte di elevati li- velli di prevalenza, si consuma meno del 3% delle dosi e della spesa.
Si continua a parlare di “prezzi” e di sprechi nella sanità fornendo diverse ricette su come affrontarli, non senza un certa dose di di velleitarismo e dilettantismo. Ma cosa sta dietro alla famosa siringa che costa 1€ ad Acquapozzillo e 10€ a Fresconaccio di Sotto? Non solo le normali variabili “di mercato” come le differenze tra consegna e tempi di pagamento o le diverse quantità per cui più ne prendi meno paghi, tenendo comunque conto che esistono norme dettate dalla Comunità Europea sugli acquisti di forniture che si rifanno al prodotto più vantaggioso economicamente. Negli acquisti sanitari – come probabilmente anche in altri settori – esistono variabili da tenere in conto dettate dalle diverse condizioni che gli ospedali, ad esempio, richiedono. Così la possibilità di avere una più veloce ed affidabile assistenza dopo la vendita, la possibilità di stoccare non nel luogo di consumo i dispositivi, l’offerta di garanzie più estese o il training – cioè l’insegnamento – di come usare il prodotto, possono variare di molto la spesa. In sostanza i diversi criteri di scelta e di risultati attesi possono far variare i prezzi in maniera significativa. E proprio qui si innesta il discorso sulla cosiddetta “centralizzazione” degli acquisti, cioè sui risparmi attesi dal fatto che il responsabile della spesa sanitaria di un’area vasta – come ad esempio una Regione – compri direttamente il materiale e successivamente lo distribuisca lle divere aziende. Come infatti acutamente riportano Attilio Gugiatti e Francesco Longo su www.lavoce.info la centralizzazione adottata in diverse esperienze non porta automaticamente ad un risparmio. Il vantaggo più rilevante e significativa è infatti “il processo di governo clinico che si innesta, che obbliga i professionisti a uniformare le scelte tecnologiche, esplicitando i criteri si selezione, in base a logiche di costo-efficacia”. Un discorso che si lega anche alla valutazione della miglior efficacia, che dovrebbe essere una guida negli acquisti sanitari di importanza almeno pari – personalmente credo anche maggiore – al costo. Se il beneficio sulle persone curate, e quindi su una comunità, è maggiore dopo l’introduzione di una tecnologia con standard più alti, risulterà anche giustificato un prezzo unitario maggiore di un prodotto con minore efficacia. Semplice ma non sempre condiviso. La proposta è quindi quella di valutare, nella spesa sanitaria, più variabili rispetto al solo “prezzo” come l’efficacia clinica e gli impatti che l’impiego dei dispositivi provoca in una comunità. Oltre al fatto che sarebbe necessario costruire ciò che già il Piano Sanitario 2003-2005 prevedeva tra gli obbiettivi strategici: “promuovere la conoscenza e l’impatto clinico, tecnico ed economico dell’uso delle tecnologie; sviluppare banche dati sui dispositivi medici e sulle procedure diagnostico-terapeutiche associate con i relativi costi creando bencmarking”.