Una scoperta dei ricercatori francesi dell’Istituto Pasteur di Parigi apre uno scenario interessante sulle possibilità di cura delle malattie neurovegetative. Mediante flash luminosi, i ricercatori sono stati in grado di notare una stimolazione dei nuovi neuroni prodotti a livello del bulbo olfattivo del cervelllo adulto. Dopo aver introdotto delle proteine fotosensibili nelle cellule in via di sviluppo, questa stimolazione ha prodotto un aumento nel numero di contatti delle cellule più giovani con la creazione di sinapsi – contatti – anche nei mesi successivi. La possibilità futura sembrerebbe legata all’utilizzazione di cellule staminali per “riparare” tessuto cerebrale danneggiato.
Dorino Piras
La Salute, l'Ambiente, il Lavoro
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Da gennaio circa 4 mila medici precari del SSN potrebbero ritrovarsi senza lavoro. Questo l’allarme lanciato dal Segretario della CGIL Medici Crozza nel momento in cui entra nell’operatività una norma contenuta nelle norme sul pubblico impiego varate l’estate scorsa che blocca tra l’altro i rinnovi contrattuali e congela per tre anni la retribuzione dei dipendenti pubblici. Il provvedimento impone alle amministrazioni di dimezzare nel 2011 la spesa per tutte le forme di lavoro flessibile, in cui rientra anche quella per i medici precari che prestano servizio nel SSN e che ammonterebbe ad un primo conteggio a circa 8 mila camici bianchi. Importante soprattutto la tipologia dei precari medici in sanità che svolgono attività soprattutto nel settore dell’emergenza (leggi Pronto Soccorso), di età per la maggior parte compresa tra i 35 ed i 45 anni e nel 60% donne. Inutile prevedere che ci potranno essere “disguidi” proprio in questi settori delicatissimi e il blocco di questi settori potrebbe riflettersi sulle garanzie di cura delle persone. Buon Anno
Per diminuire gli errori in sala operatoria esistono diverse possibilità. Una di queste che si potrebbe adottare a costo zero è la Check-List prodotta dal 2008 dall’Organizzazione Mondiale della Sanità divisa in tre fasi: “Sign In” prima di effettuare l’anestesia, “Time Out” prima di incidere e “Sign Out” prima di terminare l’intervento. Nei Paesi in cui è stata adottata questa procedura si è assistito ad una contrazione dei decessi intorno al 50% mentre le complicazioni post-operatorie sono passate dall’11 al 7% (fonte ricavata da Il sole 24 Ore sanità). In Italia le Regioni che hanno adottato la versione italiana della check list presentata nel 2009 sarebbero 10 e comunque circa l’87% delle aziende Sanitarie adotterebbero un sistema simile. Potrebbe essere utile capire come anche nella nostra Regione, il Piemonte, siano state recepite queste indicazioni e quante aziende sanitarie e dipartimenti chirurgici seguano tali linee guida. L’Assessorato alla Sanità dovrebbe, in caso di inadempienza, promuoverne l’applicazione in maniera scrupolosa e capillare. Anche perchè in questo caso ha ragione il Ministro della Salute Fazio quando afferma che: “Bisogna imparare a individuare le cause dell’errore medico e imparare da questo per garantire la sicurezza del paziente, ma è necessario soprattutto mettere in atto azioni preventive e procedure adeguate per ridurre il rischio clinico e la cosiddetta “malasanità” – ha detto il minstro della Salute Ferurccio Fazio, alla presentazione dei risutlati – È inaccettabile qualsiasi atto medico svolto in modo improprio con dolo, perché si antepone il proprio interesse a quello della comunità. Diverso è l’errore umano compiuto in buona fede, dovuto però molto spesso a trascuratezza e mancanza di procedure di controllo».
La Regione Piemonte, nella persona del Direttore Generale Paolo Monferino, ha nella sostanza bloccato la possbilità per le Aziende sanitarie piemontesi, di coprire i primariati vacanti, nominare i capi di partimento e assumere personale infermieristico. Questo attraverso due circolari pubblicati nel sito del Sindacato Anaao-Assomed di cui l’ultima datata 9 dicembre. Il tutto almeno fino a quando non sarà a regime la nuova organizzazione sanitaria con i diversi assetti territoriali già precedentemente annunciata ma di cui non si hanno notizie più precise. L’Anaao-Assomed lancia un allarme concreto sulla insostenibilità di tale provvedimento che produrrà effetti disastrosi se non si provvederà allo sblocco del provvedimento entro un paio di mesi. Secondo la Cisl medici non sarebbe da escludere l’intenzione velata, più che di accorpare, di chiudere diverse strutture.
Da Gennaio 2011 sarà obbligatorio per tutti i datori di lavoro pubblici e privati la valutazione del rischio da stress lavoro correlato per i propri dipendenti. Questo è il risultato della commissione consultiva permanente per la salute nei luoghi di lavoro istituita dal Ministero del Welfare che ha emanato linee guida specifiche a riguardo. Non è una legge nuova riferendosi il tutto al Dlgs n° 81/08, ma le istruzioni della commissione rappresentano una sorta di decreto attuativo rivolto direttamente al datore di lavoro e, solo in via indiretta, al Responsabile del servizio di prevenzione e protezione (rssp) o ai medici competenti. L’analisi segue la traccia dell’accordo europeo che data dall’ottobre 2004 e deve essere applicata ad ogni funzione presente in azienda dal dirigente al ruolo impiegatizio o manifatturiero. Per le modalità viene stabilito che la valutazione dovrà essere svolta su gruppi di lavoratori e non su singoli.
L’epidemia di colera in corso ad Haiti, malattia sconosciuta in quel paese da più di cent’anni, sarebbe stata importata dal contingente di caschi blu nepalesi attraverso lo sversamento di loro escrementi in un fiume, contaminando le acque utilizzate dalle popolazioni locali. La notizia riportata da Le Monde si baserebbe su un rapporto redatto dal Prof. Renaud Piarroux, specialista della materia ed inviato dal governo francese. L’informazione sarebbe stata tenuta nascosta per non turbare le recenti elezioni ad Haiti. L’ipotesi avrebbe inoltre trovato conforto in un articolo pubblicato il 9 dicembre dal New England Journal of Medicine che avrebbe confermato l’origine asiatica del vibrione del colera, denominato “El Tor 01, apparso per la prima volta nel 1961 in Indonesia. La scoperta si è giovata dell’analisi della sequenza genetica ed avrebbe escluso un’origine diversa dalle fonti di colera endemiche nell’America del Sud. Altre analisi avrebbero inoltre determinato che l’epidemia è stata provocata da una fonte unica e poco verosimilmente da evenienze climatiche. L’articolo del NEJM si domanda inoltre quali potranno essere le conseguenze di una tale forma di colera che caratteristicamente è più adattabile a quelle condizioni e possiede una maggiore resistenza agli antibiotici di altre.
L’aria che si respira nella metropolitana di Milano è fino a dieci volte più inquinata che all’esterno. Il milione e più di utenti che ogni giorno viaggiano nelle tre linee possono essere esposti anche a un valore di Pm10 (polveri sottili) di 327 microgrammi per metro cubo di aria, mentre nel pieno del traffico del centro la media non supera i 32-37. A rivelarlo è uno studio, il primo in Italia, fatto dall’Agenzia per l’ambiente della Lombardia per conto della procura di Milano.
Se la normativa europea sull’inquinamento da Pm10 valesse anche per i luoghi chiusi come le metropolitane, probabilmente verrebbe chiusa ogni anno agli inizi di febbraio. La legge, infatti, stabilisce che se in superficie viene superato il limite di 50 microgrammi per più di 35 giorni in un anno bisogna intervenire con misure a tutela della salute umana, come il blocco delle auto.
I picchi di smog si raggiungono nelle ore diurne quando c’è il maggiore passaggio di treni. Dalle analisi è emerso che il Pm10 della metropolitana è composto principalmente da metalli e da ossidi di metalli provenienti dall’usura dei freni dei treni, delle rotaie e dei fili elettricità, ma sono state trovate anche tracce dei detergenti usati per le pulizie. Tra le possibili soluzioni individuate dai tecnici ci sono freni elettrici e ruote di gomma e condizionatori d’aria nelle stazioni, anche se è da valutare se questi interventi siano economicamente e tecnicamente convenienti.
A Hong Kong e Città del Messico il Pm10 indoor è inferiore a quello esterno, invece a Berlino, Boston, Helsinki, Londra, New York, Parigi, Stoccolma, Shangai e Il Cairo i numeri ricalcano quelli dell’Arpa.
Fonte: Corriere della sera
Sicuramente la crisi economica colpirà la maggioranza delle famiglie con una riorganizzazione – nei fatti una riduzione – dei propri consumi e investimenti. Ma esisterà una fascia di popolazione che si troveranno in una situazione molto critica in cui si riveleranno consistenti problemi di salute immediati. In sostanza per una parte della popolazione la crisi non produrrà conseguenze immediate sulla salute, per un’altra invece saranno immediate perchè la crisi non colpirà in modo omogeneo e scaricherà gran parte dei costi e degli effetti su una certa fetta della popolazione che già in precedenza aveva meno beneficiato dello sviluppo economico. Qui si lega un’obbiettivo ben presente a chi opera sul sistema sanitario dal punto di vista progressista e cioè la necessità di evitare quanto più possibile danni o morti dove sia possibile.
Non sono certamente nuove le indagini che documentano con solide evidenze come situazioni socio-economiche svantaggiate favoriscono disturbi mentali, cardiovascolari fino all’aumento del numero dei suicidi. Improvvise contrazioni di reddito causano cambiamenti significativi negli stili di vita con maggior propensione verso il rischio (alimentazione di scarsa qualità, maggiore assunzione di bevande alcooliche e sostanze stupefacenti ecc.): in sostanza la crisi peggiora la capacità individuale a tutelare la propria salute. Questi effetti non possono essere solamente lasciati al gioco economico, ma necessitano che il sistema sanitario venga attrezzato per queste nuove esigenze, anche per tentare di mitigare questi effetti. Che fare quindi?
Esiste una volontà a livello della Regione Piemonte, di porre mano ad una profonda riorganizzazione del sistema sanitario. Ad oggi, in verità, non se ne comprendono le linee di sviluppo se non una generica volontà di ridurre il fronte della spesa, con la speranza che una razionalizzazione possa portare as un sistema sanitario che sappia meglio rispondere alla domanda di salute. Ciò ha una sua razionalità, ma sicuramente non solo non è suffciente, ma può portare ad un rovesciamento di ciò che crediamo: il bilancio non può essere un fine, ma al limite un vincolo rispetto al quale costruire le giuste risposte. E le giuste risposte, a mio modesto avviso devono svilupparsi tenendo conto che siamo in un momento in cui è necessaria una “medicina per i tempi di crisi” che possegga delle linee strategiche precise, come già segnalava Giovanni Fattore nel suo “crisi economica, salute e sistema sanitario”.
Innanzitutto bisogna capire come è fatta la domanda di salute e come cambia nelle diverse situazioni socio-economiche. Con uno sforzo davvero modesto devono essere resi leggibili e resi immediatamente disponibili i flussi di informazioni riguardo ai fenomeni su cui la crisi esercita effetti rilevanti. Sicuramente il monitoraggio della salute e della domanda di servizi, ma sopratutto porre particolare attenzione a patologie strettamente legate a situazioni di povertà – come ad es. quelle legate all’alimentazione o alle condizioni abitative -. Necessario sarebbe quindi creare attenzione a tutti quegli eventi sentinella facilemnte ottenibile dalla rete già esistente di medici di medicina generale ecc.
Bisogna quindi porre particolare attenzione nell’organizzare la risposta sanitaria a tutti quei servizi “sensibili” la cui maggior richiesta potrebbe creare delle “strettorie” che colpiscano in mnaiera privilegiata chi chiede aiuto nel momento di crisi. La crisi infatti non colpisce, come già detto, in modo omogeneo, ma può determinare dei “picchi” o differenze di richiesta in aree diverse.
Qui si lega la diminuita capacità di accesso ai servizi al momento non coperti in maniera sufficiente dal Sistema Sanitario. Questi servizi esistono e basterebbe citare settori quali le cure odontoiatriche, riabilitative, oculistiche, dove la spesa privata delle famiglie è forte e che rappresentano comunque aree di servizio essenziale. Necessario quindi monitorare il flusso di domanda che riguarda il settore privato il quale non copre solo prestazioni secondarie, ma appunto essenziali. Questa stretta osservazione può consentire iniziative mirate tempestive e permettere la dismissione di altre aree non necessarie ma al momento coperte dal Sistema Sanitario.
La sanità è un sistema cosiddetto labour intensive che appartiene ad una fascia di attività che moltiplica i propri effetti positivi sul sistema economico nazionale ma sopratutto locale. La crisi può essere un’opportunità per interventi in grado di migliorare i livelli di efficienza, ma questi interventi dovrebbero mirare ad aumentare i livelli di attività date le risorse, piuttosto che ridurre le risorse a parità di livelli di attività.
In sostanza esiste davvero una sanità dei tempi di crisi e attrezzare il nostro sistema di cure per alleviare l’impatto dell’impoverimento della popolazione deve restare un punto fermo della nostra politica sanitaria, soprattutto in sistema locale
Tranquilli: i camici bianchi non sono sicuramente nel panico per le mosse del Presidente Cota che, secondo fonti informate tipo Lospiffero.com, si appresta a mandare a casa i direttori generali delle aziende sanitarie e a commissariare le stesse. Per noi non cambia nulla e continueremo a curare le persone come abbiamo fatto in passato quando si sono succeduti piani sanitari regionali, piani sanitari nazionali, riforme, deleghe, cambi assessorili e quant’altro. Dalla gente che lavora in sanità, tutto ciò viene semplicemente visto come un giro di valzer che non porta a nessun vero cambiamento nei luoghi di cura. Ben altre sono le ambasce e il risparmio di qualche direttore generale non potrà permettere l’acquisto di nuovi strumenti o la sistemazione delle piante organiche. La vera “ciccia” della faccenda saranno invece le “missioni” che i nuovi commissari o direttori riceveranno dagli uffici regionali: migliorare lo stato di salute della popolazione in Piemonte o semplicemente grattare il fondo del barile per far quadrare qualche bilancio? Forse commissariare le attuali ASL ha il risultato che per un po’ di tempo nessuno prenderà vere decisioni, essendo per sua stessa natura limitato il ruolo degli stessi commissari. Poco importa, inoltre, la battaglia che si sta combattendo in Regione: l’assessore sempre più emarginato a cui viene sottratto il vero controllo del governo sanitario dal Direttore Generale di fresca nomina di cui non si conoscono i rapporti con il kingmaker a capo dell’Aress che sembra ampliare le sue prerogative anche in campi di altra natura da quelli dell’Agenzia che a sua volta ha il suo riferimento presso un altro Assessorato non sanitario. E nel disordine sovrano i medici, come sempre, continuano a fare quello che hanno sempre fatto a dispetto di chi dovrebbe indirizzarli verso nuovi obbiettivi di salute: ricucire le storie di salute delle persone.
Un medico verrà denunciato con l’accusa di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina per aver prestato soccorso ad un immigrato che sabato è sceso dalla torre dell’ex Carlo Erba a causa delle gravi condizioni di salute. La persona è stata dimessa nella prima mattina di oggi dal personale medico dell’Ospedale S.Paolo. Il fatto è gravissimo, perchè un medico è tenuto comunque a prestare soccorso a ogni persona e fare in modo che possa accedere alle migliori cure disponibili senza il ricatto di essere denunciato. In sostanza si deve fare in modo che le persone con gravi problemi di salute non debbano essere limitate nell’accedere alle cure dal presunto rischio di essere denunciate e incarcerate, riconfermando in questo modo che la salute di ogni individuo è la prima preoccupazione a cui si deve dare risposta. Questo succede da centinaia di anni ed è un preciso valore che i medici si tramandano da sempre, oltre al fatto di essere tutelati dalle stesse norme dello Stato. Io stesso non mi sarei comportato in maniera diversa dal collega che verrà denunciato. Denunciateci quindi tutti, perchè abbiamo fatto o faremo le stesse cose.