Dorino Piras

La Salute, l'Ambiente, il Lavoro

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Una domanda a Ignazio Marino

Più che quello che sta succedendo dentro il Partito Democratico, è interessante quello che sta scatenando fuori la candidatura di Ignazio Marino. Posso testimoniare l’innegabile successo che sta riscuotendo fuori dalle mura di quel partito, soprattutto nella ormai esausta galassia della sinistra frammentata e sospettosa soprattutto verso i leader che vorrebbero rappresentarla.  Se pubblicamente molti non si sentono di fare un completo endorsement, la simpatia cresce e sempre più persone si stanno chiedendo che fare. La domanda non si rivolge comunque ad un’eventuale adesione al Partito Democratico, per diverse ragioni che sarebbe lungo spiegare, ma soprattutto su come, eventualmente aiutare la figura di Ignazio Marino ad emergere nell’attuale dibattito apertosi non solo all’interno del PD. A questo punto potrebbe essere interessante capire se lo stesso Marino ed i suoi collaboratori, si siano posti il problema di come aiutare e farsi aiutare da questa nebulosa, di come far fruttare questo capitale che non è sicuramente trascurabile e può diventare una leva interessante per far lievitare in qualità un dibattito politico che non si è ancora pubblicamente acceso, ma che cova sotto la cenere…
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Nuova Ecologia Politica: l’ipotesi di Fitoussi e Laurent

pozzo-petrolioChi si occupa di economia ambientale (e di come uscire dall’attuale crisi attraverso l’industria verde) vede spesso ridursi la discussione a due semplici parti che si contrappongono senza mai incontrarsi. Il primo argomento è sensibile alla decrescita ed alla rinuncia, di fatto al progresso; riduce il problema ecologico a quello economico e propone, alla fine, di congelare le diseguaglianze nel loro stato attuale attraverso il rifiuto dello sviluppo. Il secondo aderisce alla semplice idea che basti coniugare mercato e innovazione tecnica per superare le attuali difficoltà; riducendo il problema alla semplice tecnologia.
Jean-Paul Fitoussi e Eloi Laurent immaginano, invece, un nuovo percorso, una ecologia politica che tenta di concepire in maniera diversa l’economia, la politica e l’ecologia uscendo dai due termini della decrescita rassegnata e l’imprevidenza ecologica.
Per saperne di più, il consiglio è di leggere “La nuova ecologia politica” di Jean-Paul Fitoussi e Eloi Laurent edito da Feltrinelli, su cui spero di ritornare presto.

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Elezioni europee: combattere le diseguaglianze di salute

chirurghiPurtroppo nessuno ne parla, ma nella nostra Europa aumentano le diseguaglianze nella salute dei cittadini sia “tra” i Paesi che” nei Paesi. La stessa qualità della salute sta variando. Il mondo “piatto”, la velocità negli spostamenti, stanno facendo emergere ciò che è già successo con l’inquinamento: non è possibile affrontare il problema soltanto attraverso gli strumenti degli Stati nazionali. Gli stessi sistemi sanitari iniziano a non poter affrontare singolarmente le problematiche, non tanto per mancanza di strumenti, quanto perché non ragionano in rete, su scala sovranazionale. Ma, ripetendoci, nessuno parla di questo aspetto del vivere europeo. La mia personale esperienza mi porta a credere che le diseguaglianze di salute non siano una condanna inappellabile, ma una caratteristica della nostra società che può essere modificata. A chi crede che questi problemi siano prioritari nell’agenda politica dell’Europea, io chiedo di sostenermi con il suo voto per uscire da questo silenzio e per rispondere alla domanda di tutti quei cittadini che non possono permettersi, ad esempio, di compiere i viaggi della speranza per guarire in altri Paesi europei ed extraeuropei. L’Europa Può diventare un sistema solidale all’interno siano presenti tutte le eccellenze disponibili e raggiungibili da tutti.

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Elezioni Europee: il Lavoro.

cartolina_2L’ambiente cresce anche in momenti di crisi. Perché non uscire dalla crisi attraverso lo sviluppo dell’ambiente? L’industria verde crea più lavoro specializzato e tecnologia avanzata con minori rischi di disoccupazione: siamo convinti che la lotta al cambiamento climatico possa trasformare l’economia europea e creare nuova crescita, posti di lavoro e prosperità. L’Unione Europea deve diventare la punta avanzata di questo nuovo sviluppo sostenibile. Con una priorità: la riconversione ai nuovi lavori verdi per chi perde il proprio impiego.

Dobbiamo rafforzare i diritti dei lavoratori per il contratto collettivo di lavoro, creando una base legale per la contrattazione oltreconfine.

Proponiamo il Patto Europeo per il Futuro dell’Occupazione. Tutti i programmi europei devono essere analizzati per vedere quante opportunità di occupazione possono essere create e salvaguardate.

Il Fondo Sociale Europeo è una possibilità concreta per integrare la disoccupazione nel mercato del lavoro. Buoni posti di lavoro necessitano di attivare gli investimenti per l’educazione: proponiamo di stabilire un Programma per l’accrescimento di competenze per fare formare lavoratori in tutta Europa, con maggior slancio verso i lavoro “verdi” del futuro più stabili e meno soggetti alla disoccupazione.

Proponiamo un patto europeo sui salari, garantendo che la paga equivalga al lavoro svolto e stabilisca la necessità di un salario minimo ragionevole in tutti gli Stati membri.

Rilanciando l’idea del “doppio dividendo”: trasferimento delle tasse ambientali prelevate a chi inquina alleggerendo le imposte che gravano sul costo lavoro: meno inquinamento, più lavoro nel settore verde a minor costo, restituzione delle imposte ai lavoratori.

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Fitoussi: Achille, la tartaruga e le diseguaglianze di reddito

Segnalo un bellissimo intervento di Jean-Paul Fitoussi comparso sul Sole 24 Ore dell’8 maggio in cui il Professore dell’Istitut d’etudes politiques di Parigi sostiene che non solo i guai dell’economia reale, ma anche la crisi finanziaria dipendono dall’eccessiva diseguaglianza di reddito e ricchezza. “Più in generale – afferma fitoussi – penso che lo scandalo etico del nostro tempo stia nella globalizzazione della povertà, diffusa ormai anche nei paesi ricchi e ancor di più nell’accettazione di un grado insostenibile di perequazione nei paesi democratici”. Gli stessi dati del FMI indicano che le diseguaglianze interne ai paesi sono relativamente importanti e risultano in aumento a partire dal 1990. “Se poi consideriamo le ineguaglianze nello sviluppo umano tra i paesi più ricchi ed i paesi più poveri – continua Fitoussi – vediamo che da tre decenni domina l’inerzia. Le diseguaglianze nello sviluppo umano fra ricchi e poveri ricordano le posizioni di Achille e della tartaruga nel paradosso di Zenone: la distanza che li separa resta incolmabile”. L’unica domanda che mi faccio veramente è il perché devo trovare queste analisi sul Sole 24 Ore, notorio organo di stampa bolscevico, e non come dichiarazione di qualche candidato, ad esempio, del PD. Meglio i socialisti europei.


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Quale socialismo per il XXI secolo?

logo_psePer chi voglia comprendere come può declinarsi e svilupparsi  l’idea di socialismo nel XXI secolo, segnalo un bellissimo scritto del Prof. Nicolò Bellanca, Professore Associato di Economia applicata all’Università di Firenze, dal titolo “La libertà eguale come politica della sinistra” comparso sul sito “economiaepolitica“. L’articolo prende spunto da una tesi di John Roemer secondo cui “l’ideale della libertà uguale è formulabile nei termini dell’eguaglianza delle opportunità, la quale si afferma quando sono eliminate le ineguaglianze non scelte e le conseguenze della cruda sorte, affinché il successo di ciascuno dipenda soltanto dalle caratteristiche che egli può modificare”. Qui il link all’articolo

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La politica ha paura della scienza?

ricerca1Esiste oggi una “paura” della politica nei confronti della scienza? Gilberto Corbellini, nel suo recente “Perchè gli scienziati non sono pericolosi” (Longanesi editore), stimola la discussione in maniera sicuramente efficace quando si chiede perchè, nel nostro Paese, influenti politici sostengono che la società stessa è minacciata dal potere degli scienziati. Il ragionamento è, chiaramente, molto più articolato, ma annoto un fatto che io stesso, nella mia piccola attività amministrativa, ho spesso avuto modo di verificare. Premettendo che non sembra la scienza in quanto tale da ritenenrsi pericolosa (quanto eventualmente le sue manifestazioni pratiche), è verosimile che “chi ha paura della scienza  in realtà abbia paura di qualcosa che lo fa sentire intellettualmente limitato, perchè si accorge che gli mancano le capacità di spiegare e modificare il corso delle cose di cui dispongono gli scienziati” dice Corbellini. La paura risiederebbe nella “eventualità che gli scienziati, pur essendo una sparuta minoranza, siano riconosciuti più efficaci ed efficienti, e quindi anche in grado di far funzionare meglio la società?”. Probabilmente sì, anche se questa possibilità ” non rappresenta necessariamente una minaccia per la democrazia, ma di certo costituisce un rischio costante per un sistema politico-economico che non valorizzi per tradizione la competenza o non aggiorni continuamente i criteri selettivi per migliorare il funzionamento istituzionale dello Stato.”
Sempre che si rispetti ciò che Jacques Monod scriveva circa quarant’anni orsono per cui la conoscenza scientifica è fondata su un impegno morale del ricercatore a rispettare il postulato dell’oggettività, cioè a non imbrogliare o falsificare i dati empirici portati a dimostrazione delle proprie spiegazioni o a confutazione di quelle altrui. Ma anche qui Corbellini viene in soccorso con una semplice e “simpatica” osservazione: se si cercano i dati, si trova il risultato che praticare la scienza non rappresenta un fattore di rischio  per ciò che riguarda un aumento del tasso di condanne penali e civili o di detenzioni in carcere. Pare infatti che gli scienziati delinquano meno rispetto ad altri attori sociali. Anche se – continua Corbellini – oggi appare quasi eversivo, agli occhi di numerosi intellettuali italiani, difendere la scienza.

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Veronesi: testamento biologico e pericoli della legge

Una formidabile lettera di Umberto Veronesi sul tema del testamento biologico apparsa sul Corriere della Sera del 26 gennaio a pagina 18. Dal caso di Eluana Englaro ai pericoli della legge attualmente in discussione al Parlamento, Umberto Veronesi ci conforta con una vera e propria lezione magistrale da Maestro di Bioetica e Medicina. (Leggi in pdf)

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Proposta su trasparenza politica e affari

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Obama e Gaza: quale diplomazia USA in medioriente?

Da dove partirà la politica di Barack Obama per il Medio Oriente? Antonio Carlucci dalle pagine dell’Espresso, sintetizza alcuni punti su cui convergono diversi analisti di politica internazionale e che rappresentano il possibile approccio del nuovo Presidente USA attualmente mascherato dietro la consueta posizione “Gli Stati Uniti hanno un solo Presidente alla volta”. Bisogna inoltre tener conto del memorandum “Rinnovare la diplomazia in Medio Oriente” che è stato reso pubblico il 5 gennaio scorso e che rappresenta la summa di consigli elaborati dal think tank di Washington diretto da Martin Indyk, già ambasciatore di Clinton in Israele, considerato il centro di elaborazione della politica estera di Obama.

Le linee di azione sembrano comunque potersi riassumere nei seguenti punti:

* Terra in cambio di pace. Questo tipo di diplomazia sembra la sola che negli ultimi decenni abbia conosciuto qualche risultato. Tenendo inoltre conto che fu uno dei cavalli di battaglia di Bill Clinton e che Hillary Clinton sarà il suo “ascoltato” Segretario di Stato”, non ci vuole molta fantasia nel pensare che questo tipo di politica, che segnerebbe inoltre una forte discontinuità rispetto alla Presidenza Bush, sarà uno degli assi strategici seguiti dagli Stati uniti

*Riforme guidate da leader locali ed aiutate dall’esterno. Gli Stati Uniti quindi dovranno costruire nuovi rapporti con l’emergente elite araba a cui affidare in prima persona il cambiamento e la responsabilità in prima persona delle nuove politiche di sviluppo e di pace.

*Assumere i regimi arabi come partner paritari nella politica di cambiamento. Non solo quindi leadership dei vari attori che si muovono nel quadro mondiale (ONU, Unione Europea, eccetera) ma nuovo ruolo anche delle aggregazioni di forze presenti sul terreno mediorientale (Lega Araba?)

*Politica dei piccoli passi. Sicuramente sembra trasparire un’azione che si snoderà sul medio/lungo termine con la necessità di sfumare scenari che possono portare le parti in causa a rapidi movimenti che possono arrivare al limite delconflitto così come oggi accaduto.

*Rigetto dell’autosufficienza deli USA nel risolvere le politiche mediorientali. Probabilmente sarà possibile disegnare nuovi ruoli anche per le stesse Nazioni Unite oltre che per gruppi di pressione continentali come quello dell’Unione Europea.

Il tutto comunque tenendo fede alla storica amicizia degli Usa con Israele.

 

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