Dorino Piras
La Salute, l'Ambiente, il Lavoro
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(…) È dunque urgente attivare risorse e pensiero contro la visione penitenziale e declinista del nostro presente e del nostro futuro che si va affermando in un paese dove da troppo tempo la politica ha smesso di mobilitare le passioni e le idee. Contro il pregiudizio, altrettanto triste e cupo, che vuole il nostro paese sia forte dei propri vizi più che delle proprie virtù. Contro l’idea che compito della politica sia raddrizzare “il legno storto” degli italiani invece dello Stato con le sue mille anomalie.
Per ricostruire un rapporto di reciproco rispetto tra Stato e cittadini, che è la premessa necessaria per ritrovare il coraggio, è indispensabile smettere di subire le grandi correnti di cambiamento che attraversano il mondo e riportare l’Italia finalmente a giocare in attacco.
Questa è la sfida che attende le forze politiche e le associazioni della società civile che condividono l’idea che l’Italia non sia condannata solo a difendersi dalle incognite del futuro ma possa e debba valorizzare le proprie potenzialità tanto e più degli altri grandi paesi europei.
Per proporre un progetto vincente e credibile, quelle forze dovranno costruire, in un clima nuovo di reciproco rispetto e apertura, un messaggio e un programma convincente, capace di raccogliere consensi oltre gli steccati tradizionali degli schieramenti della seconda Repubblica e le nostalgie delle Prima.
Leggi l’editoriale completo di Calenda, Romano e Rossi
Umberto Bossi non è politicamente uno sprovveduto. In mezzo ad altre cose di dubbia eleganza e solidità, ci fa intravvedere una delle ragioni per le quali viene considerato portatore di fiuto politico. Il Corriere della Sera dopo aver sottolineato come Umberto Bossi da tempo lavori al programma elettorale per le prossime politiche, chiede: ”Ma perché ora? Perché così presto?” E Bossi non si tira indietro: «Perché se noi presentiamo un programma forte, anche gli altri dovranno farlo». Dovranno rispondere a tono e spiegare i loro progetti per il dopo: «E quando i programmi elettorali ci saranno, Monti cade e si va alle urne». Il concetto non è nuovo e si accompagna a quello di altri analisti secondo cui anche il – primo?- Governo Monti sarebbe agli sgoccioli e non potrà andare oltre le prossime riforme imminenti. Il dopo si configurerà come una semplice preparazione a nuove elezioni, con tutte le scomposizioni del caso ma senza riforme di alto spessore. Ma la mossa di Bossi potrebbe davvero rappresentare un buon colpo, costringendo anche gli eventuali rimescolamenti a dichiarare i temi attorno ai quali unire le disperse forze sul campo. Nel campo che guarda a sinistra i movimenti ci sono, ma non sembrano potersi coagulare dietro un’ipotesi vantaggiosa dal punto di vista elettorale e dove l’unica novità potrebbe essere la ricostituzione dell’Ulivo, momento forte che ha permesso di battere l’ala destra e che sta rifiorendo in diverse aree locali tra cui l’ultima in Piemonte a Cuneo. A destra si lavora sottotraccia, ma sembra ancora il momento del “rompete le righe” con i maggiorenti che tentano di esplorare ed accreditarsi verso nuove aggregazioni che vogliono superare lo schema destra/sinistra. Aspettiamo presto nuove sorprese…
Come vengono selezionati i candidati alle elezioni dai laburisti inglesi? Lazzaro Pietragnoli è riuscito a superare la selezione e ci racconta su “Europa” come funziona.
Al Labour party, infatti, non basta la buona volontà e la disponibilità individuale, anche perché il sistema elettorale (collegi uninominali col maggioritario secco: vince chi prende un voto più degli altri, per capirsi) crea una simbiosi fortissima tra il candidato e il partito che lo propone (senza sottovalutare l’enorme impegno finanziario che il secondo sosterrà a favore del primo). Per questo motivo una speciale commissione del partito viene chiamata a vagliare preventivamente tutte le candidature e a considerare aspetti formali (iscrizione al Labour da almeno un anno, sussistenza del diritto di elettorato passivo, assenza di elementi di incompatibilità ed ineleggibilità, irreprensibilità dei comportamenti) e politici (coinvolgimento attivo nella vita del partito, capacità di fare campagna elettorale, disponibilità di tempo e reali abilità nello svolgere le funzioni elettive cui ci si candida). Continua a leggere su Europa
Il politico come “creatore sociale” dovrà avere con i propri elettori una relazione diversa da quella basata sugli interessi materiali e focalizzata invece sulla comunicazione e la mobilitazione attorno a valori condivisi. (…) Ciò che legittimerà questo nuovo tipo di politico sarà la sua abilità nel definire nuovi confini e nuovi interessi comuni attorno a cui creare un proprio elettorato… La sua capacità sarà non tanto quella di evangelizzare un’ideologia recuperata dai filosofi, quanto quella di creare una composizione tra principi etici di derivazione pragmatica, esperienze concrete e idee innovative.
Geoff Mulgan – Politics in an Antipolitical Age ( da The Boy di Andrea Romano)
Il dibattito sulla riforma del lavoro è stato a lungo caratterizzato da una netta biforcazione tra la sostanza politica della discussione e la realtà economica del tema in questione. Facciamo il punto con Pietro Ichino sulle determinanti economiche e normative alla base dei fenomeni che osserviamo all’interno del sistema-lavoro.
Il ‘modello danese’ è applicabile ma va prima ridefinito cos’è il lavoro dipendente, per non lasciare nessuno fuori dal diritto del lavoro; e ridisegnato l’intero sistema degli ammortizzatori sociali, implementando un sostegno al reddito efficace e mirato alla ricollocazione di chi ha perso il posto.
Leggi l’intervista a Pietro Ichino sul sito di Italia Futura
Dietro la passività delle strutture economiche e politiche di questo paese sembra emergere una nuova ondata di creatività e energia, particolarmente fra le generazioni più giovani, quelli sotto i quarant’anni. Molti di questi sono cresciuti nel nuovo ambiente informatico di cui internet e i social media diventano parte integrante della vita quotidiana, e sono perciò abituati a nuovi modi di trovare informazioni, di mettersi in contatto con altri e collaborare. Molti hanno vissuto a lungo all’ estero, per scelta o necessità, e sono stati in contatto con quelle nuove forme di socialità che si sviluppano in centri creativi come Londra, New York o San Francisco. Sono coloro i quali hanno vissuto la fine delle grandi ideologie, dei movimenti sociali, e della politica di scontro; e hanno sviluppato un approccio più pragmatico all’azione politica, enfatizzando l’intervento concreto e contingente. Molti hanno passato qualche anno nel mondo corporativo, inseguendo una carriera manageriale, e si sono rotti le scatole scoprendo la natura di quel mondo e le scarse possibilità che offre, non solo in termini di autorealizzazione, ma anche etici, e cioè riguardanti la possibilità di dare un contributo positivo al mondo che ci circonda. Queste generazioni concepiscono l’innovazione sociale come un nuovo modo di fare impresa nel senso classico/umanistico del termine, e cioè di intraprendere un progetto che fa la differenza.
Esiste un limite alla decenza? Ognuno può pensarla come vuole (ed io personalmente non la penso come Luca Abbà) ma il rispetto che si deve a una vita che lotta contro la propria morte dovrebbe farci davvero abbassare i toni. Qualunque vita, sia quella dei poliziotti sia quella di chi manifesta in direzione anche contraria alla nostra. Libero è davvero uno degli ultimi lembi sporchi di quel berlusconismo per cui ognuno può dire tutto quello che vuole, quando vuole e come vuole; per cui nani e ballerine possono modificare scelte politiche che coinvolgono milioni di persone senza un minimo di sale in zucca. Oggi non mi interessa più di tanto come la pensa Abbà, mi interessa semplicemente che quella vita non vada “dispersa”.
“Un modello di sviluppo basato sulla riduzione delle emissioni solleva questioni di giustizia, sicurezza e prosperità. E’ uno dei dossier più sensibili e difficili da affrontare nel sistema multilaterale”.
David Milliband, già leader del Labour inglese, interviene sulle conclusioni della Conferenza sul clima di Copenhagen