Dorino Piras

La Salute, l'Ambiente, il Lavoro

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Le disugliaglianze nella speranza di vita

A quasi tutte le età, le speranze di vita, ovvero il numero di anni che mediamente ci si può attendere di vivere ancora, sono estremamente diseguali: sono divari giustificabili? Da cosa dipendono? Esistono interventi per ridurli? Le risposte a queste domande non sono tra loro indipendenti: l’accettabilità di un divario, così come la possibilità di ridurlo, dipende spesso dalle sue determinanti. Differenze riconducibili al patrimonio genetico sono forse più accettabili e meno influenzabili dalle politiche di quanto non lo siano quelle riconducibili al patrimonio finanziario. (Qui il pdf)

Ampi divari nella speranza di vita si riscontrano sia nel tempo sia, all’interno di popolazioni più omogenee, lungo molte dimensioni socio-economiche. Questo lavoro illustra le evidenze disponibili per l’Italia sul livello e l’evoluzione di tali divari e discute in particolare la forza e le possibili determinanti della relazione tra speranza di vita e livello di istruzione.

Costi della politica: modello tedesco

Il sistema dei conributi statali ai partiti in Germania è abbastanza complesso. Una norma comunque mi sembra interessante: lo Stato corrisponde 0.38 € per ogni euro che il partito incamera dal proprio tesseramento. In un momento in cui le formazioni politiche si stanno trasformando fondamentalmente in comitati elettorali e la partecipazione dei propri iscritti, per molte ragioni, è in declino, fare in modo che i Partiti si diano da fare per fidelizzare, portare al proprio interno e far partecipare gli aderenti alla vita democratica interna, alle decisioni non solo politiche ma anche sulla gestione degli affari dei partiti potrebbe essere una strada, un indirizzo positivo dalle conseguenze inaspettate. Chiaramente questa non è la panacea e le possibilità di aggirare la norma è sempre dietro l’angolo. Ma l’idea non è male.

Cota si prepara ai fischi leghisti e il Piemonte politico traballa

Non sarà una semplice annotazione politica capire come verrà accolto Roberto Cota alla manifestazione leghista di questa sera. Dietro l’angolo sembra infatti profilarsi una delegittimazione politica che certamente non verrà sottaciuta dai suoi alleati politici in Regione Piemonte, ad una parte dei quali potrebbe non bastare un semplice rimpasto di Giunta per rasserenare il clima. Se non tutto è stato sanato al recente Congresso del Pdl, inizia adesso l’ora dei lunghi coltelli verdi, dove l’equazione “Sansone = Filistei” non è ipotesi da scartare. La tentazione di rimettere in gioco tutto è infatti passata da qualche ora dal campo del Presidente, desideroso di riconquistare visibilità e ruolo nazionale, agli ex Barbari Sognanti solidali con una base che sta mandando giù anche a livello locale bocconi amari, di cui l’ultimo rappresentato dal piano sanitario. Una fase di instabilità politica in Piemonte sembra quindi essere all’orizzonte senza grandi sbocchi e con il rischio di barattare la posizione di potere attuale con un logoramento che nel lungo periodo potrebbe venir pagata molto pesantemente. Paradossalmente il solito aiutino potrebbe venire proprio dall’opposizione che non ci sembra abbia messo il turbo per giocarsi una spallata temeraria, dato il basso gradimento che i partiti della foto di Vasto raccoglierebbero nei sondaggi e non in grado di assicurarsi maggioranze stabili nel tempo. L’avviso è quindi lanciato a tutti coloro che stanno costruendo nuove offerte politiche che potrebbero raccogliere consensi importanti se saranno in grado di strutturare una proposta seria, lontano dalla facile antipolitica e che individui da subito i punti importanti su cui lavorare per far ripartire il Piemonte nella sfida globale nazionale ed europea. Estote Parati.

Oscar Giannino deluso da Monti: perchè meno spese per meno tasse

Un Oscar Giannino in grande forma discute e  commenta favorevolmente il voto contrario di Nicola Rossi, Presidente dell’Istituto Bruno Leoni e vicino a Italia Futura, alla riforma del lavoro di Monti, dimostrando la necessità di tagli di spesa, l’inadeguatezza del sussidio alla disoccupazione e altre cosette al grido di “meno spese per meno tasse”

Ho appena appreso con soddisfazione che domani il senatore Nicola Rossi, presidente dell’Istituto Bruno Leoni, annuncerà motivando in un’intervista al Sole il suo no alla riforma del mercato del lavoro. Per come essa ha preso forma definitiva ieri, io non la voterei. Resta tutto il giro di vite alla flessibilità in entrata, mentre il giudice con la sua piena discrezionalità domina in ogni forma di licenziamento. Il finanziamento al sussidio universale di disoccupazione resta largamente inadeguato a renderlo appunto universale. I contributi salgono, invece di scendere per il lavoro e per l’impresa. In più, sui aggiunge come pessima trovata dell’ultimora la nuova sberla di due euro di tassa aggiuntiva per ogni passeggero aereo, e di dieci punti in più per i proprietari di casa che non affittino a cedolare secca: nuove sberle fiscali per prendere dove si può, uno schifo ve-ro!  Non credo che ne verrà più occupazione, e spero di sbagliarmi perché Dio solo sa se ce ne sarebbe bisogno. I toni di Monti anche stamane mi sembrano sempre più enfaticamente simili a quelli berlusconiani. Questo in sintesi il mio giudizio. (Continua qui)

Ricchezza e Disuguaglianza in Italia: il paper di Bankitalia

La politica, se vuole essere politica, ha bisogno di confrontarsi sempre con dati certi. L’occasione ci viene data dalla pubblicazione del “paper” di Giovanni D’alessio per la serie “Questioni di Economia e Finanza” della Banca d’Italia (Qui in formato pdf)

Il lavoro, dopo aver illustrato l’andamento della ricchezza complessiva delle famiglie in Italia dal 1965 al 2010, esamina come i livelli di disuguaglianza della ricchezza si siano evoluti nel corso del tempo. Secondo la ricostruzione effettuata, la disuguaglianza nella ricchezza avrebbe interrotto il suo trend decrescente all’inizio degli anni novanta, per poi risalire su livelli più elevati alla fine del secolo, mantenendosi poi stabile negli anni a seguire. Nel panorama internazionale, l’Italia non sembra caratterizzata da una disuguaglianza particolarmente elevata della ricchezza (a differenza di quanto invece si riscontra per il reddito). Il lavoro fornisce inoltre evidenza di come la distribuzione della ricchezza si sia modificata nel corso del tempo a favore delle famiglie composte da anziani e a sfavore di quelle composte da giovani. Il capitolo esamina infine il tema dell’origine della ricchezza (risparmio, doni ed eredità, e variazioni di valore dei beni posseduti); le evidenze disponibili sono discusse anche in relazione alle opinioni rilevate presso i cittadini con specifiche indagini statistiche.

Rajan: terremoti finanziari

Un libro davvero fondamentale “Terremoti Finanziari” di Raghuram G. Rajan – ed. Einaudi – per capire cosa sta succedendo, quali sono le fratture, le “faglie” ancora nascoste che è necessario comprendere per non ricadere, qual è il ruolo dei governi, perchè è fondamentale investire nella formazione e nella costruzione di un cittadino forte e sano, al di là di ideologie che non riescono più a farci leggere la realtà.

” (…) Dobbiamo anche riconoscere che una buona economia non può essere separata da una buona politica – e questa, forse, è la ragione per cui un tempo la teoria economica era nota come economia politica. L’errore degli economisti è stato credere che, una volta sviluppato un forte telaio di istituzioni all’interno di un Paese, le influenze politiche al suo interno si sarebbero stemperate e il Paese si sarebbe emancipato per sempre da una condizione “in via di sviluppo”. Ma dovremmo ora ammettere che istituzioni quali i regolamentatori hanno influenza soltanto finché la politica è ragionevolmente ben bilanciata. L’esistenza di squilibri profondi, come per esempio la disuguaglianza, può provocare ondate politiche in grado di superare i vincoli di qualsiasi istituzione. E, se comincia ad applicare politiche squilibrate, un Paese può tornare a condizioni in via di sviluppo indipendentemente dal grado di progresso delle sue istituzioni (…)”

Sostiene Clini: sbaglia chi vuole tagliare le rinnovabili

Questa volta è il Governo, attraverso il suo Ministro per l’Ambiente Corrado Clini, a difendere le energie rinnovabili contro gli attacchi dei difensori della produzione elettrica tradizionale. Un cambio di passo davvero straordinario se si pensa che solo un anno orsono il Governo presieduto da Silvio Berlusconi dichiarava a gran voce di voler investire decine di miliardi di euro per costruire almeno dieci centrali nucleari. Le parole di Corrado Clini sembrano in questo caso valere almeno il doppio, visto anche il suo profilo di tecnico ed esperto conoscitore della materia ambientale “dal di dentro”. E gli argomenti non sono certo banali, come d’altra parte il peso degli attacchi provenienti da Eni, Enel fino all’Autorità per l’Energia che mette in contrapposizione la riduzione della bolletta energetica ed il sostegno alle fonti rinnovabili. Innanzitutto per diminuire le bollette energetiche bisognerebbe semplicemente pulirle da diverse incrostazioni che si sono depositate nel tempo nella tariffe togliendo i contributi caricati a favore del famigerato Cip 6 (gli inceneritori per dirla semplice) che non c’entrano molto con la politica energetica, passando per quello che stiamo ancora pagando per il nucleare per finire con gli sconti concessi nel tempo alle aziende maggiormente energivore come le acciaierie; tutte cose che paghiamo ogni mese in bolletta e poco efficaci ricordando anche solo come sta finendo la vicenda Alcoa in Sardegna. E come spiegare poi all’Europa Comunitaria che ha licenziato precise norme e finanziamenti a riguardo che no, è meglio tornare indietro, che ci eravamo sbagliati. Per non parlare, in tempi di primato del mercato, delle tendenze in atto su scala internazionale che nel 2011 ha investito nelle fonti rinnovabili 260 miliardi di dollari: vogliamo davvero uscire da un mercato in espansione? Come anche sarebbe davvero suicida rinunciare ai benefici delle nostre casse pubbliche che stanno intascando importanti tagliandi sotto forma di maggiore gettito fiscale oltre alla crescita esponenziale di occupazione che rinfranca il nostro welfare asfittico. E poi vogliamo davvero continuare a martoriare la nostra bilancia commerciale che ormai ha superato i 60 miliardi di euro l’anno per l’acquisto di combustibili fossili, contro gli studi della stessa Bocconi che valutano in alcune decine di miliardi i vantaggi che le rinnovabili porteranno dal 2030? Già, perchè se era sfuggito a qualcuno già oggi l’energia pulita è arrivata a produrre il 26,6 % dei consumi elettrici complessivi italiani e il 14% dei consumi energetici finali. “Il sistema degli incentivi – sostiene Clini – dovrebbe essere collegato al vantaggio prodotto in termini di miglioramento della bilancia commerciale. Inoltre nello schema di riforma fiscale messo a punto dal Governo c’è una Carbon Tax, cioè un’imposta sulle emissioni di anidride carbonica, in un percorso che serve ad alleggerire il carico di tasse sul lavoro e che servirà a dare ossigeno all’economia”.

Forse, chi si lamenta delle rinnovabili sta patendo altri problemi che vorrebbe scaricare sul pubblico erario come il fatto che si stia passando da un sistema prima composto da poche grandi centrali ad uno molto articolato che alimenta le reti intelligenti e le “smart city”. O probabilmente, molto più prosaicamente, chi si alimenta paga errori di programmazione per i quali oggi esiste un eccesso di produzione di energia elettrica: sono state concesse troppe autorizzazioni per centrali convenzionali e la crisi ha amplificato una diminuzione della domanda già in atto da tempo grazie alle, ancora timide per la verità, politiche rivolte ad una maggiore efficienza energetica. Il mercato è saturo per raccontarla semplice. Siamo un po’ troppo verdi secondo i produttori tradizionali e la mossa conseguente è il tentativo di azzoppare l’innovazione delle rinnovabili tagliando incentivi in questo settore. Magari sarebbe molto più razionale rimodulare la costruzione di grandi centrali, chiudere quelle vecchie ed inquinanti o semplicemente scommettere veramente ed investire, sviluppare ed innovare in questo nuovo settore da parte dei vecchi dinosauri energetici.

Chiaro, pulito, sostenibile: grazie Ministro Clini.

Riportare il cittadino al centro della vita pubblica della nazione

Ieri si è tenuta a Torino, organizzata da Italia Futura, la presentazione del Rapporto sulla Sussidiarietà 2012 con Giorgio Vittadini, la Prof. Paola Garrone e moderato da Luigi La Spina de “La Stampa”.

Un estratto dell’intervento di Luca Cordero di Montezemolo è stato pubblicato a cura di Italia Futura (Qui il testo completo)

La sussidiarietà può apparire un tema astratto, un argomento lontano dalla vita e dagli interessi di un imprenditore. In realtà i mondi dell’impresa e della sussidiarietà condividono una volontà comune: affrontare le difficoltà con un fortissimo spirito di fiducia nelle capacità degli uomini e delle donne di fare del proprio meglio sempre e comunque. La volontà di scommettere sui giacimenti di talento, determinazione, passione civile e spirito di iniziativa che esistono nella nostra nazione.
Oggi più che mai abbiamo bisogno di credere nella nostra nazione e nelle sue capacità. Perché oggi l’Italia è minacciata dal pericolo della disillusione e del cinismo, da un senso di malessere generale e dalla percezione di essere diventata un paese marginale e senza futuro. Esistono pregiudizi contro cui è indispensabile mobilitarci. Il pregiudizio secondo il quale l’Italia è forte più per i propri vizi che per le proprie virtù. Il pregiudizio che vuole l’Italia condannata al declino e alla scomparsa delle passioni pubbliche.

La politica corre sulle app

La politica corre attraverso le nuove tecnologie. Anche se nel nostro Paese sembrerebbe un fenomeno ancora “confinato” – e in realtà non lo è – all’estero lo spolvero che hanno avuto movimenti come Occupy Wall Street è stata la conseguenza di un uso sapiente dei nuovi strumenti di comunicazione digitale. Oggi si sta andando anche oltre gli stessi Facebook e Twitter attraverso applicazioni tipo Sneakermesh, Sukey o Sonar che aggirano anche le connessioni in rete usando il wifi a livello locale non permettendo alle reti stessi l’oscuramento. Queste app sono in grado infatti di creare delle strutture locali che raccolgono messaggi, amplificano le dirette multimediali, collegano utenti in prossimità coordinando le iniziative in tempo reale e immediato. In Italia arriva oggi l’app dell’iniziativa “Se non ora quando” che promette attraverso gli smatphone di connettere la comunità che si era mobilitata a suo tempo con successo. E dire che tutto era cominciato proprio a Zuccotti Park con il cosiddetto “microfono umano”, facendo ripetere alla folla le parole di chi parlava durante l’occupazione  aggirando in questa maniera il divieto di usare megafoni. Geniale!

I BRICS si riuniscono a New Delhi nell’indifferenza europea

Nell’indifferenza degli organi di informazione italiani, oggi si sono riuniti in un vertice a New Delhi i Paesi del cosiddetto BRICS (Brasile, Russia, India, Cina, Sudafrica), ossie quelle cinque economie emergenti che rappresenteranno verosimilmente il futuro del nostro pianeta. Tra le altre cose si è parlato anche della creazione di una Banca internazionale – di fatto alternativa alla Banca Mondiale – dedicata al finanziamento di nuove infrastrutture nei Paesi in via di sviluppo. Il silenzio su questo incontro da parte degli analisti italiani, dovrebbe davvero farci riflettere sulla pochezza della politica di casa nostra sempre pronta a stigmatizzare le delocalizzazioni in quelle economie ma incapace di leggere, e di faci comprendere, cosa davvero stia succedendo in quelle parti del pianeta che si stanno attrezzando per emergere dal punto di vista economico, demografico e politico. La globalizzazione, sia quella buona che quella cattiva, deve essere davvero argomento di analisi politica più attenta, visto che già oggi le nostre imprese e il nostro lavoro si stanno confrontando con queste economie. E non stiamo certamente vincendo…