Dorino Piras

La Salute, l'Ambiente, il Lavoro

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8 mosse tecnologiche contro il debito pubblico

Livio Zoffoli, ex Presidente del Centro Nazionale per l’Informatica Nella Pubblica Amministrazione (CNIPA) propone otto azioni per la riduzione del debito pubblico attraverso l’adozione di tecnologie già ampiamente disponibili

Negli ultimi anni le pubbliche amministrazioni hanno subito tagli lineari delle loro risorse per effetto delle manovre economiche che si sono succedute. Non vi è stato, peraltro, nessun intervento di razionalizzazione come sarebbe stato logico attendersi e non si è intervenuti sull’organizzazione né sulla ottimizzazione delle risorse tecnologiche.

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Sanità. Togliere il ticket e introdurre la franchigia: pagare meno, ma tutti!

Bisognerà valutarla nel suo testo finale, ma l’addio al ticket sanitario a favore di una franchigia potrebbe risultare interessante soprattutto per chi usfruisce dei servizi sanitari. Il sistema prevederebbe di abolire esenzioni e ticket così come li abbiamo conosciuti per far posto ad un altro tipo di compartecipazione che prevede ogni anno una spesa massima individuata a seconda del reddito e non più della patologia. Poniamo come esempio quello di due cittadini che guadagnano rispettivamente 40mila e 120mila euro all’anno. La quota i compartecipazione stabilita si aggirerebbe al 3 per mille sul reddito. Il primo pagherebbe in un anno, se fruisce di qualsiasi prestazione che costa di più, 30 euro mentre il secondo fino a 300 euro. Le successive prestazioni oltre quel valore non si pagano. Il sistema sarebbe poi ulteriormente corretto modulando la quota in funzione al numero dei componenti della famiglia e alla presenza di anziani e disabili, oltre alla possibiità di scalare anche le spese verso al sanità privata per evitare la fuga dei redditi più alti verso le strutture non pubbliche e lasciando inveriati i costi di quelle pubbliche. Il sistema effettivamente contiene elementi di equità e omogeneità, tenendo conto del dato attuale dove alla fine un italiano su due non paga ticket e l’esenzione del pagamento per patologia avvantaggia non poco chi ha redditi alti. Semplificando forse in maniera eccessiva si potrebbe dire “pagare meno per pagare tutti”! Tenendo infatti fermo il sistema attuale del ticket che viene pagato ogni volta da chi non è esente, chi ha bisogno di sanità può arrivare a sborsare tra i 500 e i 1000 € l’anno, sistema che non permette certamente un ulteriore aggravio dei ticket così come stabilito, tra l’altro, dalla legge a partire dal 2014. Non da ultimo bisogna sottolineare un certo guadagno in trasparenza dove oggi esistono zone davvero oscure nel capire chi paga e cosa paga. Le prese di posizione contrarie sono certamente da tenere in considerazione e da ascoltare attentamente, anche se sembrano gravate da ideologismo e poco efficienti ed efficaci sia dal punto di vista della pubblica amministrazione, sia dal punto di vista di cosa e quanto pagano i cittadini: lasciando le cose come sono la perdita di equità e l’aggravio per i cittadini sono garantiti.

Italia Futura: riforma del sistema elettorale alla francese

Oggi spaventano i risultati delle elezioni legislative greche e di quelle amministrative italiane, ma la storia, con la IV Repubblica Francese e Weimar, ci ha già fornito esempi di come cattive regole e cattive istituzioni possono essere pagate a un prezzo molto alto. Auguriamoci che i nostri politici non vogliano essere ricordati come coloro che hanno liquidato definitivamente il futuro dell’Italia.
Un presidente eletto direttamente dal popolo con importanti poteri di governo e un esecutivo responsabile di fronte alla camera bassa – e il sistema elettorale maggioritario a doppio turno (un sistema per tanti versi simile, quello australiano, a un turno, ma che consente un ordinamento delle preferenze dei candidati di collegio, avrebbe risultati analoghi) in Francia hanno innescato quelle dinamiche che sarebbero molto salutari per il nostro Paese e tanto indispensabili nella loro radicalità quanto è paludoso e irriformabile il nostro gioco politico allo stato attuale delle cose.
Leggi la proposta sul sito di Italia Futura

Emergenza casa a Torino: mai più sfitti

Esiste a Torino un’emergenza di cui si sente poco parlare, soprattuto a livello mediatico: la casa. In sostanza, in tempi di recessione, sono aumentate in numero “drammatico” le ingiunzioni di sfratto: circa il 30% in più negli ultimi quattro anni. Dal 2008 i procedimenti emessi sono stati circa 12 mila e la causa prevalente è quella della morosità, facendi di Torino la terza città italiana per numero di sfratti. La Caritas diocesana focalizza il problema come quello di un ceto medio in crisi e di famiglie che se perdono la casa per morosità, non potranno più rientrare nelle graduatorie dell’edilizia popolare. Ed i Presidente della Caritas diocesana, Dovis, parla chiaro: ”molti problemi si sarebbero potuti evitare agendo con prontezza. Mentre la politica ha sempre minimizzato la crisi così le famiglie si sono trovate impreparate”. Il paradosso è che nel capoluogo sabaudo esistono circa 50 mila appartamenti sfitti. Da questi numeri emerge però un nuovo tentativo di welfare che trova alleati la Diocesi ed il Comune con la campagna “Mai più sfitti”. L’idea è in fondo semplice. Da una parte si cerca di mettere in contatto le famiglie con i proprietari di appartameneti sfitti attraverso un ufficio costituito ad hoc. Dall’altra l’amministrazione si rende disponibile a destinare fondi per sostenere le spese di trasloco e concedere agevolazioni per i proprietari che decidono di affitare alle famiglie in difficoltà, come ad esempio abbattimento dell’Irpef fino al 30%. A corredo di tutto un fondo di garanzia che tutela da eventuli perdite dovute alla morosità.

Un’idea di welfare certamente con elementi nuovi. Ma soprattutto con protagonisti ed alleanze nuove.

Una giornata di solidarietà contro i suicidi dell’economia

Un bella provocazione di Dario di Vico pubblicata sul Corriere della Sera del 6 maggio 2012

“(…) La deriva psicologica che sta investendo la parte più debole dei ceti produttivi, dei pensionati e dei disoccupati necessita, qui e subito, di un’azione di contrasto. Senza dividersi tra filo e anti Monti. Bisogna mandare agli uomini soli e dimenticati un messaggio di speranza. “ Ce la puoi fare e noi siamo qui per aiutarti”. Rinunciamo pure ad uno o due dei nostri tanticonvegni autoreferenziali e dedichiamo lo stesso tempo all’ascolto della società fragile. Non sarebbe una cattiva idea che ciò avvenisse persino nella forma di una giornata nazionale di mobilitazione e solidarietà che schierasse nei luoghi del dissagio le organizzazioni di rappresentanza dei lavoratori e delle imprese, il volontariato e il mondo del non profit, la cooperazione, gli psicologi, la Chiesa. Qua e là nei territori iniziative di questo tipo si sono già tenute o sono in preparazione. L’importante è che queste assemblee non si trasformino in tournée oratorie di sindaci, assessori, segretari di qualcosa, esperti improvvisati tutt pronti a sfoggiare una dotta citazione di Emile Durkheim. Piuttosto facciamo parlare chi finora è stato zitto, diamo il microfono agli invisibili. Per troppo tempo abbiamo confuso la coesione sociale con il tavolo della concertazione e poi abbiamo scoperto che non erano la stessa cosa.”

Stigliz sussurra a Monti: l’austerità non basta

In tempi di prove elettorali è passato in sordina l’incontro alla Fondazione Italiani Europei tra il premio Nobel Joseph Stigliz ed il Presidente del Consiglio italiano Mario Monti organizzato da Massimo D’alema. Ma le bordate di Stigliz dovrebbero certamente entrare nel dibattito politico italiano ed europeo con maggior forza adesso che spira in Europa un vento, se non contrario, certamente proveniente da altre direzioni. Perchè il Nobel continua ostinatamente a ripetere che la politica di austerity europea non funziona e non funzionerà nemmeno in futuro, anzi ci condurrà a crisi più profonde. Perchè anche dal punto di vista dei rientri del debito pubblico non sta dando i risultati sperati, cioè l’agognato pareggio. Ed allora la proposta di politica fiscale espansiva senza maggiore deficit pubblico: aumenti della tassazione, certamente, ma i cui proventi devono essere destinati a pagare spesa pubblica e non debito. Oppure tagli agli sprechi che non devono comunque generare maggiore austerità ma maggiore domanda. Perchè poi, alla fine, senza toccare il deficit, il Pil sale facendo scendere anche i rapporti deficit e debito su Pil. Ed anche  tasse e spesa pubblica che devono ridurre le diseguaglianze che in questa fase economica distruggono la crescita. Monti non ha opposto molto. Ma l’aspetto che mi è piaciuto maggiormente del bombardamento di marca Stigliz è quello su un aspetto dello “spreco” che dovremmo meglio mettere a fuoco: quello delle risorse naturali, materiale ed umane, che avevamo in passato e che non stiamo più utilizzando causa crisi. Sarebbe per Stigliz l’austerità che tiene vivi questi sprechi. E tutti i giovani che oggi non lavorano e che lo troveranno tra molti anni a salari più compressi perchè avranno disimparato a fare e avranno perso l’orgoglio e la voglia di emergere. Ecco gli sprechi che davvero anche noi vorremmo tagliare.

Montezemolo boccia Berlusconi e Casini: progetti poco seri

Ci hanno provato. Chi ha masticato un po’ di politica sa bene che Silvio Berlusconi, e in sedicesimi Casini, hanno tentato un’operazione di puro marketing politico depotenziando l’ingombrante Luca di Montezemolo cercando di farlo apparire meno autonomo e pronto a raccogliere l’eredità politica dell’uomo di Arcore. La lotta per la conquista dello spazio politico rappresentato dall’elettorato – di destra come di sinistra – ormai completamente sfiduciato rispetto alla capacità dei partiti politici di rimettere in sesto il nostro Paese. Berlusconi e Casini hanno semplicemente tentato di riprendersi il “centro” della scena politica cercando di restringere l’immagine di Montezemolo come quella di politico per nulla autonomo e pronto a stringere patti d’acciaio con il centro destra. La risposta di Itlaia Futura non si è fatta attendere e la sottolineatura più gentile è stata quella della poca serietà ed inconcludenza dei progetti del duo Berlusconi/Casini.

Per approfondire di prima mano la risposta di Italia Futura:

Oltre il marketing serve il prodotto. L’agitazione inconcludente dei partiti dell’area moderata

Montezemolo boccia i due progetti moderati: inconcludenti e poco seri.  Corriere della Sera

Il presidente della Ferrari pensa alle elezioni: una lista civica per pescare tra i moderati Repubblica

Le nostalgie francesi di La Russa

Giusto per farsi un’idea di come va il mondo, pare che Ignazio La Russa si sia sperticato in lodi a favore di Marine Le Pen, la leader del Fronte National erede della Destra più a destra dei neogollisti sarkozisti. Se il Pdl sembra felice della vittoria al primo turno del leader socialista Hollande – sic! – non fa certamente una piega che la destra italiana accolta nella grande pancia del Popolo della Libertà continui a dimostrare la propria ammirazione verso forze notoriamente xenofobe e post Vichy – post fasciste tradotto in italiano -. Non so se Alfano, che sogna l’approdo completo al Partito Popolare Europeo, sia felice dell’esternazione del suo ex Ministro. Comunque non pare che l’epoca degli schieramenti ideologici destra/sinistra si stia davvero avviando ad una soluzione moderna e La Russa incarna perfettamente questa Italia che pensa di affrontare i “cento metri” del futuro facendo concorrere atleti ideologici centenari, dignitosi in altre epoche ma chiaramente inadeguati soprattutto in un’Europa che sta cambiando le proprie forme economiche e politiche.

Finanziamento partiti: la proposta di Nicola Rossi

Il superamento del sistema attuale di finanziamento dei partiti è nelle cose. È la conseguenza delle ragioni che condussero all’approvazione della legge del ’99: un’arrogante risposta non solo e non tanto al referendum abrogativo del ’93 quanto alla legge del ’97 sulla contribuzione volontaria dei cittadini per il finanziamento della politica.
Il Paese è in grado di riprendere il cammino interrotto. Ma la soluzione al problema dei finanziamenti non può essere il mercato. La strada è associare libertà di scelta dei singoli e presenza di un contributo pubblico. La proposta di legge presentata da chi scrive al Senato e alla Camera segue questa impostazione.
Il cuore della proposta è semplice: lo Stato riconosce ai cittadini un credito d’imposta pari al 50% dei contributi che essi versano a movimenti o partiti, con un tetto di 5.000 euro. Andare oltre il 50% deresponsabilizzerebbe i cittadini (aprendo la strada a evidenti abusi).
Il credito d’imposta è attribuibile alle sole persone fisiche, mentre i contributi sono erogabili a movimenti o partiti già presenti o che intendano candidarsi, in maniera non episodica, per elezioni nazionali o regionali. Insomma, a chi fa politica o intende farla, non a chi la ispira o fiancheggia (associazioni e fondazioni).
Partiti o movimenti che ricevono i contributi volontari sono iscritti in un elenco nazionale e sottoposti a controlli e limiti stringenti. Il controllo ex post è attribuito alla Corte dei Conti. Irregolarità contabili o violazioni di legge sono punite anche con la sospensione dall’elenco.
Visto che si vota fra un anno per le Politiche e fra due per le Regionali, il periodo transitorio è di due anni (in cui il sistema vigente è gradualmente sostituito da quello futuro). Ciò per non rischiare di finanziare partiti scomparsi.
La proposta offre un contributo alla spending review. È infatti formulata sul presupposto di una riduzione degli oneri per il finanziamento pubblico dei partiti a carico dello Stato (in parte già nel 2012) e prevede un limite al totale dei contributi verso i partiti, oltre il quale viene rivista la componente pubblica del finanziamento.
I minori oneri per la finanza pubblica sono destinati al Fondo per la riduzione strutturale della pressione fiscale, introdotto (con buona pace del governo) nella legislazione vigente dalla manovra di settembre e operativo dal 2014.
Perdere l’opportunità per restituire ai cittadini la libertà di scelta e alla politica la dignità sarebbe, questo sì, un «errore drammatico».

La proposta è firmata da Nicola Rossi, Mario Baldassarri, Marco Follini, Maria Pia Garavaglia, Pietro Ichino, Maria Leddi, Roberto Antonione, Fabio Gava, Stefano Graziano, Giustina Mistrello Destro, Angelo Santori, Luciano Sardelli

Tagli agli stipendi dei parlamentari: un botto di referendum

Una cosetta semplice, segno dei tempi. Un gruppo di cittadini si incontra e costruisce su internet attraverso un sito (comitato del sole) e una pagina Facebook una raccolta firme per tagliare gli stipendi dei parlamentari. E fanno il botto collezionando 1.200.000 “mi piace” e circa 80.00 aderenti. Dietro, almeno fino a prova contraria, nessun partito, nessun politico, nessun giornale. E così il 23 aprile andranno a depositare un quesito referenderario per abrogare parzialmente la legge che determina l’indennità spettante ai parlamentari. Semplice e abbondante.