Dorino Piras

La Salute, l'Ambiente, il Lavoro

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Non distruggete la ricerca: un appello

Martedì 12 giugno inizierà la dismissione dei campi sperimentali dell’Università della Tuscia in cui erano coltivati alberi di olivo e di ciliegio, e alcuni filari di kiwi transgenici. Le piante verranno fatte seccare con appositi prodotti chimici, e conseguentemente distrutte. Gli esperimenti, iniziati in campo aperto nel 1998 da una ricerca pubblica avviata nel lontano 1982, potrebbero consentire di selezionare varietà resistenti a diversi agenti patogeni, come funghi e batteri. La riduzione dell’uso dei pesticidi in agricoltura, che tutti auspichiamo, passa anche attraverso lo sviluppo della ricerca scientifica in questo settore. Purtroppo gli esperimenti non hanno ancora dato risultati apprezzabili, dato che le piante arboree hanno bisogno di molto tempo per crescere. Anche per questa ragione pensiamo che la distruzione delle piante vada assolutamente evitata: non è possibile interrompere un esperimento del genere e riprenderlo, magari tra qualche anno, dal punto in cui lo si è lasciato. Fermarsi ora significa, letteralmente, buttare al vento decenni di ricerca pubblica finanziata con i soldi dei contribuenti italiani. Una prospettiva a nostro avviso sconvolgente.

Ricordiamo che gli allarmi, apparsi sulla stampa, di possibili rischi di contaminazione per le colture circostanti, sono completamente infondati. La ricerca si svolge seguendo un rigido protocollo, a suo tempo approvato dalle autorità competenti, che prevede misure di sicurezza molto rigide per quanto riguarda la possibile diffusione del polline: ad esempio, ogni anno vengono rimossi manualmente i fiori da ogni pianta di kiwi, e sterilizzati in autoclave. I ricercatori dell’Università della Tuscia, che hanno condotto le sperimentazioni, sono disponibili a fornire ulteriori informazioni e dettagli a chiunque voglia saperne di più, su qualsiasi aspetto della ricerca, coerentemente con quanto avvenuto per la sperimentazione sul grano in corso a Rothamsted in Inghilterra. La scienza dimostra di non aver paura di confrontarsi e dialogare con la società civile. Anche con coloro che vorrebbero distruggerla.

Come ricercatori e studenti di biotecnologie, siamo convinti che la ricerca, non solo quella sugli OGM, non possa che fondarsi su di una attenta valutazione del rischio che nasca da una seria sperimentazione. Per queste ragioni, facciamo appello alle autorità competenti, a cominciare dal Ministro dell’Ambiente Corrado Clini e delle Politiche Agricole Mario Catania, perché non si disperda irreparabilmente quanto raccolto finora da questa esperienza, anche in termini di capitale umano e competenze, e affinché recedano da questa decisione. Per favore, non distruggete il nostro lavoro. Non distruggete la ricerca. Non distruggete il futuro del Paese.

ANBI – Associazione Nazionale Biotecnologi Italiani

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Grillo è un termometro?

Ricolfi ha ragione. Grillo è come lo spread: è un misuratore. In sostanza è un termometro dell’indignazione – ed altro ancora – che le persone rivolgono allo Stato. Non entro in giudizi di merito, perchè è un dato di fatto, ma il problema è che dopo aver misurato la febbre bisognerà decidersi a curarla. Un po’ come quei medici che di fronte al paziente con una gamba mozzata, un occhio fuori dalla testa e i denti rotti, gli fanno la ramanzina che no, non dovevano fare come hanno fatto, che dovevano stare attenti, che certe cose non si fanno. Magari il compito di quel medico dovrebbe essere semplicemente quello di curare il paziente, di tiralo fuori dal guaio per quello che è possibile, di fargli portare a casa la pelle. E su questo ho qualche dubbio che basti liquidare l’Italia in toto per stare meglio. O meglio che le ricette di Beppe Grillo non credo che funzionino. Poi magari ha ragione lui. Ma non credo

L’Italia non si laurea

In tempi di dibattito sul come uscire dalla crisi e sul partito del lavoro ai giovani – chez Mentana – stride il dato italiano sulla percentuale dei laureati nella fascia tra i 30 e 34 anni. Mentre in Europa la media è del 34,6 %, in Italia solamente il 20.3 % degli under 34 possiede un titolo di Laurea. Il dato appare ancora più sconfortante se paragonato a Germania (30.7%), Spagna (40.6%), Francia (43.4%) e Gran Bretagna (45.8%). Conseguentemente lo stesso obbiettivo europeo per il 2020, che è del 40%, appare fuori da ogni sogno per il nostro Paese che punta al massimo al 27%. Questo dato rappresenta una preoccupazione importante per la Commissione Europea che considera questa come una debolezza “strutturale” del nostro Paese, accompagnata dal problema connesso degli abbandoni scolastici. Se dunque può avere un senso riconoscere il merito a chi lo possiede, il problema più ampio, da aggredire immediatamente e con forza, rimane quello di preparare il futuro di chi sarà domani il cittadino italiano fornendo una preparazione diffusa migliore e di qualità “almeno” europea. Non basta quindi crogiolarsi nel falso dato che gli italiani di oggi non sono mai stati tanto istruiti rispetto al passato, perchè gli assi cartesiani devono parametrarsi con ciò che accade negli Stati con cui condividiamo un’area economica, culturale e – ancora non completamente – politica tra le più sviluppate nel mondo. Questo significa essere davvero europei

Il territorio è una piattaforma?

(…) Se il territorio è rete esistono territori-rete aperti, che rischiano la concorrenza dei free rider (che ne sfruttano la capacità di generare conoscenza senza restituire altrettanto) e territori-rete densi che rischiano la chiusura. Nel quadro della globalizzazione i territori competono sulla base della loro unicità, ma la precondizione è la connessione. Si formano, con ogni probabilità, diverse missioni – implicite o esplicite – nei diversi territori. E le relazioni che intrattengono con il resto del mondo sono fondate su quelle missioni, mentre i risultati che ottengono sono fondati sulla loro capacità di collegarsi, attrarre risorse, coltivare risorse, esportare. È chiaro che i territori con una missione di hub sono decisivi per una geografia molto ampia e i rischi che corrono si trasmettono ad altri territori che dipendono da loro per la connessione al resto del mondo. (…) Continua a leggere sul sito di Luca De Biase

Terremoto e politica: hic Rhodus, hic salta

Si sente dapperttutto che le persone sono ancora disposte ad aderire a una proposta politica nuova con altre classi dirigenti rinnovate. Personalmente mi piacerebbe una proposta politica che sapesse aggredire davvero i problemi del Paese come ad esempio l’ultimo, ma non nuovo, del terremoto. Sarei davvero in sintonia con quei partiti che riunissero le loro forze vive, le chiudessero in qualche stanza e ponessero all’attenzione dei cittadini del nostro Paese proposte per intervenire presto e produttivamente nel problema finanziario, amministrativo, industriale e quant’altro caduti come una trave non solo in Emilia, perchè il sisma è di tutta la nazione. Per rimettere in moto un distretto importante come quello colpito in Emilia – ma come non ricordare l’Irpinia, l’Umbria, l’Abruzzo…- c’è bisogno di tutte le forze materiale e di conoscenza di cui disponiamo, lasciando perdere sciocchezze come la parata del 2 giugno che non risolvono nemmeno in parte il problema. Non mi sembra di chiedere alla politica qualcosa che le sia estranea

Bisogna ascoltarli, gli emiliani

Bisogna ascoltarli, gli emiliani. Noi abbiamo ancora la bocca aperta dallo sconcerto per il terremoto e loro sono già avanti, sono già al giorno dopo. Dicono, a tutti noi che non abbiamo il sisma in casa, che questo evento potrebbe diventare un’opportunità per tutti. Parlano, e fanno proposte senza tanti se o ma. Dicono che più che alla pioggia di soldi, hanno bisogno di impiegare subito tutte le forze a disposizione per rimettersi a produrre; magari lo Stato potrebbe contribuire pagando gli oneri o i contributi di questi lavoratori per far ripartire le attività di eccellenza che lì lavorano. Hanno bisogno di una mano che lavori non al posto, ma al fianco loro. Sono gente pratica e non si sentono invettive contro la parata del 2 giugno perchè sanno che non risolverebbe nessun problema ed è solo un fatto parapolitico, “ammuina” insomma. Non ho sentito, inoltre, tutta questa voglia di rifiutare lo Stato; semmai la voglia che lo Stato faccia le cose giuste ponendosi in loro ascolto, appunto. Perchè la terra, dicono gli emiliani, trema per tutti: il terremoto è avvenuto in Italia, non solo in Emilia. Chapeau!

Nicola Rossi non vota: dum romae consulitur…

Mi ha lasciato un po’ d’amaro in bocca il fatto che Nicola Rossi, Senatore della Repubblica attualmente nel gruppo misto ed esponente di punta di Italia Futura – padre sostanzialmente del Cantiere 2013 – non abbia partecipato al voto di fiducia ed al voto finale del provvedimento sulla riforma del lavoro. Se sono ampiamente condivisibili le ragioni di questa scelta, meno affascinante, dal mio punto di vista, è la scelta del non-voto: è vecchia politica e non serve a nessuno. Per chi non se ne fosse accorto siamo entrati in una nuova era politica in cui le mezze misure, il dico e non dico, non hanno più nessun valore e sono giustamente viste con fastidio dai normali cittadini, che invece sono ogni giorno costretti a scelte precise e non rimandabili. Se una cosa non convince bisogna essere conseguenti e coraggiosi, perchè gli italiani nella loro quotidianità in momenti di crisi sono costretti a tirare fuori tutto il loro coraggio. Se si è in Parlamento si è stati votati per votare, per decidere, non per prendere tempo e iscriversi al filone del “benaltrismo”. Non vorrei essere in presenza di epigoni della prima Repubblica che scrivono sull’universo mondo  su come sistemarlo ma che non trovano il coraggio di incidere i bubboni che hanno davanti. Questo è il tempo della chirurgia, non delle pezze calde! E non bisogna essere certo Tito Livio per dire “dum romae consulitur, Saguntum expugnatur”…

Spending rewiew: i risparmi di Monti

L’Europa scommette sulla Tobin Tax

Il miglior messaggio della giornata mi è arrivato da Gianluca Susta, europarlamentare, che mi informava che era passata, con larghissima maggioranza, al Parlamento Europeo la risoluzione per l’istituzione di una tassa per le transazioni finanziarie. In sostanza attraverso un’imposizione dello 0,1% per azioni e titoli e dello 0,01% per i derivati si stima la possibilità di raccogliere circa 55 miliardi di € da destinare ad azioni di crescita economica, alla creazione di nuovi posti di lavoro, alla lotta contro i cambiamenti climatici ed altro ancora. Il concetto guida che sottoscrivo è la necessità di far pagare, certamente solo in parte, il costo della crisi a chi fondamentalmente l’ha provocata attraverso meccanismi speculativi, ignorando la necessità di investimenti sull’economia reale rappresentata dal lavoro e dalle attività di produzione. Un aspetto meno conosciuto è la coraggiosa possibilità di procedere con quella che è conosciuta come Tobin Tax, anche in assenza dell’unanimità tra i 27 paesi dell’Unione ma consentendo ad un minimo di 9 paesi di sperimentarla. Allo stesso tempo il Parlamento europeo sollecita comunque i Governi all’adozione del provvedimento proprio per evitare effetti distorsivi sui mercati interni e incoraggiare un accordo più ampio a livello mondiale. Vedremo, a questo punto, la capacità dei Governi europei di raccogliere questa sfida attraverso nuovi strumenti che trovano il consenso di sempre maggiori aree della pubblica opinione a livello continentale.

Factchecking: verifica le notizie

Fact checking è un’espressione inglese che significa verifica dei fatti. Leggendo un articolo o seguendo un servizio televisivo puoi sicuramente notare un’informazione che ti risulta falsa o sospetta. La piattaforma fact checking sviluppata da Fondazione <ahref consente di avere una risposta ai tuoi dubbi attivando un processo di collaborazione civica.

<ahref concepisce il fact checking come un ’attività critica cooperativa, un esempio di media civico, capace di contribuire all’informazione e di rafforzare l’essere comunità.

Collabora con altre persone per verificare la veridicità dei dati e delle notizie che vengono messe in circolazione. Per dimostrare o confutare una notizia usa le tue fonti (video, testi, podcast, ecc.) ma fallo in modo responsabile, valutando con attenzione ciò che segnali, utilizzando fonti attendibili e segnalandone eventuali limiti e contro indicazioni.

Non è difficile: rispetta i quattro principi per la qualità dell’informazione proposti da <ahref: accuratezza, imparzialità, indipendenza, legalità. Accresci la tua autorevolezza all’interno della comunità di fact checkers e migliora l’informazione italiana.