Non credo che i canadesi siano un popolo irresponsabile. Eppure sembra che abbiano riconsiderato la loro partecipazione al programma di costruzione degli aerei militari F35. L’abbandono segue la sospensione già assunta da Australia e Norvegia e il ritiro degli ordini dei Paesi Bassi. L’Italia, o meglio il Ministro della Difesa Ammiraglio Di Paola, continua invece a investire risorse nel programma destinando i risparmi ottenuti dal taglio del personale civile che passerà da 33 a 20 mila unità e da quello militare che sscenderà da 183 a 150 mila. In sostanza la riforma prevede la discesa della spesa in stipendi dal 70 al 50% del budget riequilibrando il resto con un 25 % di spese correnti per il funzionamento e 25% per i nuovi sistemi d’arma. Meno personale, insomma, e più armamentario disponibile. E un piccolo parallelo ci viene irrefrenabilmente a galla: ma in fondo, le guerre del Canada non sono uguali alle nostre? Forse un caso di Ministro tecnico da sorvolare…
Dorino Piras
La Salute, l'Ambiente, il Lavoro
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Roma, 6 dic. (Adnkronos Salute) – Più poveri e ‘malaticci’. La crisi economica sta facendo sentire i suoi effetti anche sullo stato di salute psicofisica degli italiani che, rispetto al periodo pre-crisi, stanno peggio. E’ quanto emerge da un’indagine del Centro studi della Fimmg (Federazione italiana medici medicina generale) che ha esplorato gli effetti della crisi economica sulla salute delle persone attraverso gli occhi attenti dei medici di famiglia che, con oltre un milione di contatti giornalieri, costituiscono un monitor efficace sui fenomeni che riguardano la popolazione.
La ricerca completa – condotta su un campione di 1.050 medici – sarà presentata mercoledì prossimo a Roma, in occasione dell’incontro ‘Fare i conti con la salute. Le conseguenze della crisi sul benessere psicofisico della popolazione’, organizzato dalla Fimmg. Analizzando le tabelle dello studio balza agli occhi un dato significativo: per il 50% dei camici bianchi, con la crisi economica, lo stato di salute degli italiani è peggiorato rispetto a qualche anno fa. Una percentuale che cresce al Sud e nelle Isole (57%) e nelle zone dove è diminuita l’occupazione (63%). Per il 48% è invece stazionario, mentre solo l’1,4% ritiene che sia migliorato. Il 64% dei camici bianchi nota inoltre che i pazienti, sempre a causa della crisi economica, trascurano il proprio stato di salute.
Dall’indagine emerge chiara la correlazione tra disagio socio-economico e salute psicofisica: l’89% dei medici di famiglia riferisce che i pazienti, a causa della crisi economica, sono più stressati. “Un aspetto – spiega Paolo Misericordia, responsabile del Centro studi Fimmg – che si registra soprattutto nei territori con più disoccupazione, criminalità e malessere sociale”.
Il primo Ministro Mario Monti lancia un allarme sulla situazione della sanità pubblica ingiustificato per gli esperti del sistema. Il sistema, infatti, non dà nessun segno di preoccupazione per la finanza pubblica, la spesa farmaceutica è in diminuzione e spendiamo complessivamente 2,3 punti di Pil in meno di Germania e Francia. La stessa ragioneria delle Stato indica che nel 2060 continueremo a spendere meno dei due più orti paesi europei e gli stessi risultati di salute saranno migliori di quelli francesi e tedeschi. Il dato più significativo, per gli esperti, è il numero di morti evitabili, dove l’Italia si posiziona dietro Islanda e Francia a livello europeo. E allora dove nasce questo svarione del Presidente Monti? Per capire di più consiglio la lettura di questo articolo di Nerina Dirindin apparso su Lavoce.info, tra i più lucidi ed esaurienti di questo periodo.
Il Presidente Monti ricalibra il tiro sul sistema sanitario italiano rispetto alle recenti dichiarazioni sulla sua insostenibilità. In realtà pone sul piatto un argomento molto complesso e dibattuto riguardante l’innalzamento dell’età della popolazione. Non funziona proprio così e mi riprometto di riparlarne in futuro. Ciò che è utile ricordare al Prof. Monti è che il Sistema Sanitario Nazionale ha costi contenuti rispetto agli altri ed è in media con quelli dell’OECD o OCSE. Ricordiamocelo quando si tratterà di smantellarlo.
La recente norma sulla prescrizione dei farmaci generici rappresenta un risparmio per il Sistema Sanitario Nazionale? Un paper dell’Istituto Bruno Leoni a cura di Serena Sileoni, sottolinea le molte ombre della novella legislativa che in realtà sposta la decisione dal medico al farmacista e non provoca risparmi per lo Stato. Si configurerebbe, anzi, un’azione di politica industriale da parte dello Stato che avvantaggerebbe una parte della filiera produttiva a discapito di quella che in realtà continua a fare ricerca. Nel paper vengono inoltre chiarite diverse perplessità che i medici continuano ad avere sui cosiddetti generici, in realtà sottratti ad una completa sperimentazione.
Questa sera ho visto un pezzo di grande politica, quella vera per cui vale la pena perdere tempo, discutere, anche dividersi. E’ stato il momento in cui il Ministro Corrado Clini è intervenuto (bene) alla trasmissione di Michele Santoro sul caso dell’Ilva. Dentro c’era tutto: un tema drammatico e serio, la tensione del confronto con le persone colpite da mali sottili, la serietà dei dati e del metodo scientifico, il rendere conto della complessità degli argomenti, lo scontro di poteri dello Stato. Ognuno può pensarla come vuole ed è legittimato a farlo, ma questa è l’unica strada per venire a capo dei problemi veri. L’Ilva di Taranto, lo smantellamento del sistema sanitario, la difficoltà di armonizzare diversi poteri dello Stato che non devono prevalere l’uno sull’altro sono temi seri che mettono a nudo la capacità e la preparazione delle persone. E’ grande politica che riesce ad annichilire i piccoli politici impreparati facendoli sbiadire nella loro povertà di mezzi intellettuali e conoscitivi. Una società complessa – con problemi complessi – come la nostra merita davvero altra serietà, altri politici veri che non ripetono sciocchezze sulla rottamazione, sul nuovo, sul vecchio. Regaliamo loro non gli scranni decisionali, ma le semplici parole di Antonio Gramsci: studiate, studiate, studiate…
Mentre infuria la polemica sulle parole del Presidente del Consiglio Mario Monti sulla sostenibilità del sistema sanitario nazionale, giunge la conferma di una sentenza di condanna impartita all’ex Assessore alla Sanità della Regione siciliana per una campagna definita “inutile ed ingiustificata” contro l’influenza aviaria. Dove sta l’importanza di questa notizia? Chi si occupa da tempo di materie legate alla sanità ha ormai consolidato l’opinione, rafforzata da diverse sentenze dei Tribunali Amministrativi Regionali, che il nodo del problema si annida negli sprechi causati, molto spesso, da scarsa capacità nella gestione delle offerte e da iniziative inappropriate. Se da un lato Istituti come il Censis registrano come nel 2012, per la prima volta da circa 20 anni, la spesa sanitaria subisca una riduzione nelle voci nominali, si moltiplicano le segnalazioni di appalti e servizi forniti da parti terze private che non rispettano criteri di efficienza economica, senza contare l’efficacia. In sostanza il problema sanitario può – e deve – risolversi attraverso innanzitutto la riduzione di tutto ciò che non è appropriato o spreco, toccando questi costi prima di di ridurre i servizi che, al netto della spesa non congrua, rimarrebbero ancora sostenibili.
I candidati alle primarie del centrosinistra hanno risposto a sei domande riguardanti le politiche della scienza e della ricerca proposte da un gruppo di blogger, giornalisti, cittadini e ricercatori. Le risposte su fecondazione assistita, ogm, energia e altro ancora, possono essere lette sul sito de “Le Scienze” cliccando qui
Roma, 5 nov. (Adnkronos Salute) – Inesperienza e incertezze dei medici ‘nemiche’ della spending review. Secondo uno studio pubblicato su ‘Health Affairs’, infatti, le caratteristiche del medico influiscono direttamente sulle spese sanitarie. Infatti i camici bianchi con meno esperienza tendono a spendere molto più denaro nel trattamento dei pazienti, rispetto ai colleghi più navigati, spiegano i ricercatori della Rand Corporation e dell’Università di Pittsburgh.
Secondo gli studiosi questi risultati potrebbero avere implicazioni significative per i decisori in tempo di crisi, al momento di ‘disegnare’ reti di specialisti o di mettere in piedi programmi che premiano gli operatori sanitari che forniscono cure di qualità a un costo inferiore. “Questi risultati sono provocatori, e occorrono ulteriori esami” su questo tema, spiega Ateev Mehrotra, associato presso l’Università di Pittsburgh School e ricercatore della Rand Corporation, istituto di ricerca senza scopo di lucro. “Ma è possibile che un elemento guida dei costi sanitari stia nel fatto che i medici appena formati tendono a praticare una medicina più costosa”. In pratica, prescrivendo più esami diagnostici, o medicinali più cari, magari proprio perché meno esperti e sicuri rispetto ai colleghi che hanno alle spalle più anni di pratica.
Per disegnare l’identikit del medico più costoso per il servizio sanitario, i ricercatori hanno utilizzato i dati relativi a oltre un milione di persone residenti nel Massachusetts dal 2004 al 2005, costruendo i profili di ‘spesa sanitaria’ dei pazienti di oltre 12.000 medici dello stato americano. I costi sono stati valutati attraverso 600 tipi di “episodi di cura”, includendo la patologia di una paziente, la sua gravità e le procedure eseguite. Ebbene, la forbice più ampia nei costi si ha paragonando i dati dei ‘novellini’ con gli operatori con la maggiore anzianità di servizio. Si è visto che i medici che avevano meno di 10 anni di esperienza hanno costi complessivamente superiori del 13,2% rispetto ai colleghi con 40 o più anni di servizio.
Invece gli operatori con 10-19 anni di lavoro alle spalle hanno profili di costo più alti del 10% (rispetto ai colleghi più maturi), percentuale che per i medici con 20-29 anni di esperienza scende al +6,5% e per quelli con 30-39 anni del +2,5%.
Nessuna associazione è stata trovata, invece, tra i costi e le altre caratteristiche dei medici, come ad esempio una segnalazione per negligenza o azioni disciplinari, o ancora le dimensioni della struttura in cui un medico ha lavorato. I ricercatori sostengono che la differenza rilevata dallo studio non suggerisce che i medici meno esperti, spendendo di più, finiscano per fornire una migliore assistenza medica. Anzi, sembrerebbe proprio che le cose non stiano così. “I nostri risultati non possono essere considerati definitivi, ma si sottolineano la necessità di comprendere meglio gli approcci della pratica medica e che cosa influenza questo comportamento,” dice Mehrotra.
Secondo gli studiosi sono diversi i fattori che possono spiegare i risultati ottenuti dalla ricerca. I medici appena formati possono avere più familiarità con nuove modalità di trattamento, più costose e high tech, rispetto ai vecchi medici. Inoltre, è possibile che la mancanza di esperienza e le incertezze dei ‘novellini’ si traducano in un approccio più aggressivo nella cura, fino a sfociare a volte nella medicina difensiva. Infine non è detto che, via via che i medici acquistano esperienza, il loro atteggiamento cambi: è possibile che le differenze rilevate dallo studio restino tali per tutta la carriera dei medici più giovani, dicono i ricercatori, convinti che nella formazione dei camici bianchi non possano più mancare elementi per renderli coscienti della responsabilità di essere anche buoni amministratori delle risorse sanitarie.