Irritante. Almeno per me. Pare che esistano una serie di “golden sherpa” del Pd che stanno trattando con Monti e Casini sul post elezioni. Per carità, la politica è fatta anche di questo ma è innegabile che le solite trame, accordi, inciuci della solita politica con le solite “personalità” rimanga un fatto irritante. Perchè non si esce dal solito schema della trama, della zona grigia inconfessabile e inconfessata, del fare la politica in maniera nascosta quando basterebbe che tutto questo venisse fatto alla luce del sole, argomentandolo in maniera chiara, politica, senza sotterfugi, spiegando il perchè e il percome di questa “realpolitik”. I cittadini, sono sicuro, riuscirebbero anche a comprenderlo, forse anche a giustificarlo. Ma in questo modo no: non è corretto, non è moderno, non è coerente, non è democratico. Insomma, irritante.
Dorino Piras
La Salute, l'Ambiente, il Lavoro
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Come scegliere i nostri politici alle prossime elezioni? Una buona traccia ci è fornita da Maurizio Viroli attraverso il suo nuovo “libello”: Scegliere il Principe – i consigli di Machiavelli al cittadino elettore – Ed. Laterza” che, riprendendo la nostra tradizione politica ormai quasi sconosciuta, ci guida anche per il presente. Non solo Machiavelli, certamente, ma anche Guicciardini, Cicerone, Castiglione e altri ancora ci ricordano cosa è utile tenere a mente quando compiamo le nostre scelte politiche, peraltro al giorno d’oggi davvero distratte e fatte controvoglia come conseguenza di anni di decadenza non solo del pensiero politico italiano, ma anche e soprattutto dei comportamenti della nostra classe dirigente. Una lettura che rappresenta un vero toccasana di questi tempi…
Dove e come deve vincere il centrosinistra per ottenere la maggioranza in Senato? Claudio Cerasa ci propone un’interessante tabella degli analisti della Barclays dove si dimostra che la perdita della Lombardia e di una regione a scelta tra Veneto e Sicilia sarebbe esiziale. Interessante è anche la stima accurata dei seggi nelle diverse regioni.
La sostanza politica di questi giorni è triste. Monti stringe la sua area politica, lasciandosi zavorrare da Casini-Fini-Montezemolo e regalandosi un ruolo certamente da comprimario non destinato a crescere nel cuore degli italiani. Da “Riserva” nazionale a tappodi sughero a cui si aggrappa il trio “sciagura”. Berlusconi tenta di fare la forca alla Lega – sempre più indebolita dalla pulsione “ladrona a Roma” – agitando lo spauracchio della caduta delle giunte regionali in Piemonte e Veneto. Dal tentativo di prendersi amministrativamente tutto il Nord alla disfatta dell’accordo con il Cavaliere che certamente verrà punito dagli stessi elettori della Lega. Bersani, dopo l’iniezione di carnitina ricevuta dalle primarie nazionali, scivola un po’ sulla parlamentarie e inizia a combinare un pasticciaccio sulla composizione delle liste per le prossime elezioni. Se continua così verrà fuori un minestrone indigesto allo stesso popolo del Pd ed ancor più alla platea più allargata degli elettori, non appena verranno fuori i nomi. Riusciranno i nostri eroi a mangiarsi ancora una volta il vantaggio accumulato? Vendola ripete in sedicesimi gli stessi errori. Ingroia non mette nemmeno piede in campo che viene cortesemente giustiziato dagli stessi che l’avevano sostenuto: se la novità – hanno sentenziato i professori – è la candidatura dei segretari – o loro fiduciari – di Rifondazione, Verdi, Comunisti Italiani e via discorrendo, se la può tenere. E forse è meglio stare un giro fuori. Grillo combina anche lui qualche pasticcio e non riesce a trovare la quadra tra rete e democrazia. Il totale è una flessione di consenso che dovrebbe correggere con qualche proposta seria, più che continuare a brandire il martello del distruttore e isolarsi così come aveva fatto il Pci a suo tempo congelando una gran quantità di voti inutilizzati per tentare qualche cambiamento. Non so, ma annusando l’aria in giro sembra di essere tornati alla nausea di qualche mese fa…
Se lo dice Pietro Forestieri, Past President del Collegio italiano dei Chirurghi, c’è da crederci. La spending review, con il taglio nel settore della sanità del 20 % delle risorse, ha come risultato una minore affidabilità dei dispositivi medici con marchi meno conosciuti e che vengono acquistati a prezzi stracciati. Forestieri fa un semplice esempio: ” Due auto uguali. La prima, di una nota casa automobilistica, costa 100 mentre la seconda, di un nuovo marchio prodotta all’Est o in Cina, costa 50. Entrambe vi porteranno da Milano a Roma, ma con la seconda sarà più facile rimanere a piedi e il meccanico non la potrà riparare perchè mancano i pezzi di ricambio.” Il dispositivo medico fabbricato in Cina costerà certamente meno e farà pure risparmiare, ma la qualità è quasi sempre minore e la casa madre non ne garantisce l’assistenza. E questo vale su vasta sscala: dalle siringhe ai macchinari più complessi. Auguri!
Il sito Dibattito Scienza nasce da un gruppo Facebook con lo stesso nome che, partito pochi giorni prima delle primarie del centro sinistra, è riuscito ad aggregare oltre mille tra ricercatori, insegnanti, giornalisti, docenti universitari, blogger e semplici cittadini, accomunati da un forte interesse per l’interazione tra scienza e politica nel senso più nobile del termine. Dalla collaborazione di queste persone sono nate sei domande su temi scientifici che sono state sottoposte ai cinque candidati, i quali hanno tutti risposto, dimostrando che la sensibilità verso questi temi incomincia a crescere anche da noi e trova spazio nell’agenda politica. Il sito – come il gruppo – vuole replicare in Italia l’esperienza di Science Debate, l’iniziativa americana che da anni invita i candidati alla Presidenza degli Stati Uniti a esprimere il proprio punto di vista su temi legati alla scienza, alla tecnologia e alle politiche della ricerca. Dal cambiamento climatico alle politiche sanitarie, dalle questioni di bioetica alle mappe sismiche, fino ai piani energetici, negli anni a venire la politica dovrà elaborare programmi per affrontare problemi che richiedono solide competenze scientifiche e capacità di adottare decisioni razionali e competenti, non dettate dalla convenienza personale o dalla ricerca del consenso. Il fine ultimo della nostra iniziativa è dunque far entrare nel dibattito politico l’approccio razionale alla risoluzione di alcuni problemi, tipico della ricerca scientifica, attraverso domande mirate e specifiche ai candidati delle prossime elezioni politiche ed eventualmente delle primarie, per quei partiti o movimenti che le adotteranno. Le domande saranno formulate da tutti coloro che vogliono contribuire al dibattito, e tratteranno i temi propri della scienza.
Dibattito Scienza rimarrà in attività anche dopo le elezioni, come “sentinella delle promesse” o delle dichiarazioni dei politici, in modo da aggregare i ricercatori, i comunicatori e chiunque voglia intervenire, e dare loro strumenti per l’interpretazione della realtà politica lontani dal chiacchiericcio quotidiano.
Vuoi partecipare? Iscriviti e inizia a offrire il tuo contributo. Dibattito Scienza ha bisogno anche di te!
” Chi deve realizzare le reti? Ha senso che ci sia un intervento del pubblico? Se la rete in banda larga e in prospettiva le NGN sono una infrastruttura critica per il paese, credo sia indubbio che il pubblico debba accertarsi che esse vengano sviluppate. Se tale sviluppo non potesse essere portato avanti dal mercato in forma totalmente autonoma, proprio perché le reti sono una infrastruttura vitale per il paese, il pubblico dovrebbe intervenire. In quale modo?”
Alfonso Fuggetta, espero in Tlc, racconta lo sviluppo della banda larga nel nosro Paese in questo articolo su “Agenda Digitale”
Ognuno di noi maturerà un’idea su quest’anno di governo tecnico presieduto da Mario Monti e certamente non mancheranno autorevoli commenti ed analisi che chiariranno ancora meglio cosa sia accaduto e perché. Una lezione sembra però farsi strada analizzando questo strano anno: più che tecnico, questo esecutivo è sembrato tecnocratico. In sostanza, i veri giocatori in campo sono stati i veri depositari dell’esperienza e delle informazioni ministeriali: i diversi alti funzionari con carriere ormai “a vita” e monopolizzatori di una struttura politica apparsa in diversi momenti succube. Le diverse prove di questo stile “tecnocratico” si possono evidenziare in diversi passaggi a cui abbiamo assistito con un lieve sconcerto. Ad esempio la mancanza dei dati sugli “esodati” – successivamente diffusa all’insaputa del ministro “competente” – passando per i decreti sui farmaci che non hanno portato a nessun tipo di risparmio per lo Stato ricalcando leggi già esistenti fino al taglio sull’Irpef comunicato all’italico popolo in trasmissione televisiva dal solerte Sottosegretario all’economia. Senza parlare di tentativi sotterranei di introduzione di giochi contabili, come quello dei ricongiungimenti onerosi pensionistici nel tentativo di produrre un risparmio contabile a corto raggio che si sarebbe ribaltato in modo iniquo successivamente. Questa puntualizzazione dovrà servire ai prossimi governi per mettere mano alla riforma delle carriere degli alti burocrati statali, incontrastati “dominus” non sottoponibili al giudizio del gioco democratico ma nei fatti monopolisti in grado di segnare le linee d’intervento di ogni governo di marca tecnica o politica del futuro. Un governo tecnocratico nascosto che, per forza di cose, continuerà a difendere e non contraddire scelte legislative già fatte in passato di cui sono stati gli effettivi estensori e che nessun politico riuscirà a ribaltare, soprattutto dopo che abbiamo toccato con mano che nemmeno i “tecnici” riescono a farlo. E che sarà ancora più forte quanto saranno deboli le maggioranze politiche presenti. Ecco quindi una delle prime riforme che in realtà la politica dovrà compiere: un ricambio ragionato di queste figure che non potrà avvenire in maniera burrascosa e con tempi eccessivamente stretti, ma che dovrà favorire la crescita di figure in formazione pronte a subentrare in tempi ragionevoli e quindi con la necessità di affinare le proprie competenze e conoscenze in attesa di ricoprire nuove competenze. Non è un caso, a guardar bene, che nella cosiddetta agenda Monti non sia mai esistita una riforma della Pubblica Amministrazione in tal senso, arrivandosi persino alla nomina del Ministro della Funzione Pubblica in un secondo tempo. Crediamo che questo punto rimanga di nodale importanza per i prossimi governi, pena un significativo blocco della capacità “riformista” dei prossimi esecutivi e il perdurare dell’impasse del nostro Paese. Ricordiamocelo
Sempre più spesso leggiamo infuocati articoli sulla necessità di ricorrere a regimi privati per ciò che attiene alla gestione della nostra Sanità. Ultimamente è di moda suggerire la fuoriuscita dal sistema di protezione sanitaria dei cittadini ad alto reddito, in modo tale da ottenere risparmi per le casse pubbliche e lasciare ad un sistema di sanità parallelo chi può permetterselo. Ma è davvero conveniente tutto ciò? Pare davvero di no, soprattutto comparando esperienze anche europee che in questi anni hanno tentato di giocare questa carta. In questo articolo di Grazia Labate - già sottosegretario alla sanità - per Quotidiano Sanità, vengono analizzati i risultati di chi, soprattutto Germania ed Olanda, hanno permesso la fuoriuscita della popolazione benestante dal sistema sanitario senza ottenere benefici per le casse pubbliche e per i medesimi cittadini. Tutto ciò non significa che il sistema debba essere lasciato nelle condizioni odierne, ma scorciatoie populistiche di sapore liberistico non raggiungono, conti alla mano, traguardi utili per nessuno. Un po’ di serietà, quindi…