Dorino Piras

La Salute, l'Ambiente, il Lavoro

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Vinto il premio Enti Locali per Kyoto

Chiudiamo l’anno ricordando con piacere, malgrado il totale silenzio della stampa, l’assegnazione del Premio Enti Locali per Kyoto al nostro progetto – come Assessorato Risorse Idriche Qualità dell’Aria, Energia, Attività Estrattive della Provincia di Torino – per la realizzazione di edifici “Fossil Free” mediante l’installazione di impianti integrati biomassa-solare (b-s).
Il riconoscimento promosso da Ecomondo ha l’obbiettivo di premiare le amministrazioni locali che hanno realizzato le migliori azioni innovative in campo ambientale per ridurre l’effetto serra e migliorare l’efficienza d’uso delle risorse e conta del patrocinio del Ministero dell’Ambiente e la collaborazione di Anci, Legambiente, Kyoto Club.
Il nostro progetto ha dimostrato, attraverso l’installazione di un buon numero di impianti con soluzioni tecnologiche diverse tra loro e un’azione di diffusione dei risultati, che gli impianti integrati b-s sono un’ottima soluzione per alimentare in modo ecologico ed economico edifici civili. In particolare l’abbinamento b-s consente di: – annullare la dipendenza delle fonti fossili;- azzerare le emissioni climalteranti per la climatizzazione degli ambienti; – ridurre la spesa energetica annua; – dare un contributo alla diffusione delle fonti rinnovabili di energia. Gli impianti realizzati hanno rispettato precise prescrizioni tecniche appositamente elaborate con relativo monitoraggio.
Le utenze sono state selezionate mediante un bando ad evidenza pubblica e sono insediate in tutte le aree extraurbane del territorio provinciale. Il monitoraggio indagherà anche i risparmi sulla spesa storica, nel caso di sostituzione di impianti, la soddisfazione del sistema adottato; l’eventuale esistenza di problemi tecnici o gestionali; i consumi medi di energia primaria (biomassa) e le modalità di approvvigionamento.
La fase di diffusione e di informazione – fondamentale per l’efficacia dell’iniziativa – sarà agevolata grazie alla costituzione di una rete di sportelli informativi per l’energia decentrati sul territorio provinciale. In fase di valutazione anche la promozione di un corso di formazione specifico sugli impianti integrati legna-solare in collaborazione con le associazioni di categoria locali.
Un risultato concreto raggiunto con questa iniziativa dell’Assessorato è stata la diffusione dell’accumulo termico negli impianti a legna, che fino a qualche anno fa venivano installati senza un’idonea capacità di accumulo, limitandone il rendimento energetico e peggiorando sensibilmente la qualità di emissioni di polveri.
A oggi la Provincia di Torino ha supportato con un contributo finanziario la realizzazione di 55 impianti integrati legna-solare su altrettante strutture edilizie del settore civile. E’ stata stimata una riduzione di 536 t/anno di emissioni climalteranti, di cui 451 t da biomassa e 85 da solare. Complessivamente sono stati stimati circa 202 tep/anno risparmiati, di cui 174,5 tep come contributo della biomassa e 27,7 tep come contributo del solare. Il progetto permette il ricorso a risorse locali per la produzione di energia: la diffusione di questo tipo di impianto insieme a politiche di consorziamento delle proprietà può garantire lo sviluppo di filiere forestali locali.
La nostra Provincia ha un patrimonio forestale consistente, ma prevalentemente costituito da ceduo e da essenze difficilmente utilizzabili come legno da opera, pertanto la filiera legno-energia diventa uno degli sbocchi per la valorizzazione economica e sostenibile dei boschi.
L’abbinamento solare-biomassa è una soluzione tecnologica diffusa in alcuni paesi esteri, ma poco conosciuta e promossa in Italia; l’obbligo di installazione di accumuli termici ben dimensionati ha consentito di anticipare la normativa vigente in Regione e ottimizzare il funzionamento degli impianti realizzati.
I vantaggi gestionali e di funzionamento di questi impianti hanno aiutato il mercato locale a indirizzarsi verso questo tipo di soluzione come una prassi consolidata che dall’anno in corso (2007) è stata inserita come requisito obbligatorio anche nel Piano stralcio della Regione Piemonte sul condizionamento invernale.
L’iniziativa è replicabile da qualsiasi Amministrazione Locale desideri promuovere questo tipo di tecnologia e di integrazione. A tal fine l’Assessorato renderà disponibile sul sito web tutta la documentazione tecnica ed informativa predisposta per il progetto.

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Mobilità sostenibile e inquinamento

Segnalo l’uscita dell’importante studio sulla mobilità sostenibile redatto dal Kyoto Club e da Euromobility riguardante 50 città. I centri monitorati sono i 20 capoluoghi di Regione, i due capoluoghi delle Province autonome e le città con una popolazione superiore ai 100.000 abitanti. Gli indicatori usati per stilare la classifica hanno considerato in particolare le innovazioni introdotte per la gestione della mobilità (car sharing, bike sharing, taxi collettivi, le piattaforme logistiche per le merci, i mobility manager, car pooling, ecc); lo stato di salute delle città in relazione alla presenza di auto di nuova generazione o alimentate a combustibili alternativi (Gpl, metano); l’offerta di trasporto pubblico, le piste ciclabili, le ZTL, le corsie preferenziali; l’adozione di strumenti di gestione e di pianificazione del traffico. “La ricerca – ha concluso Carlo Iacovini, Presidente di Euromobility – rappresenta un primo passo per un monitoraggio costante delle politiche di mobilità che Euromobility e Kyoto Club intendono avviare sistematicamente per promuovere buone pratiche e soprattutto diffondere l’innovazione nelle pubbliche amministrazioni. Dai risultati si evidenzia un’Italia a due velocità, con città intraprendenti che investono nella mobilità sostenibile, ritenendolo un settore strategico per lo sviluppo del territorio (e non a caso questo avviene soprattutto nel nord). Dall’altra parte molte amministrazioni sono invece alle prese con problematiche economiche e sociali ancor più rilevanti e quindi obbligate a investire le ridotte risorse in altri settori (soprattutto al sud) “. Lo studio risulta inoltre importante proprio nel momento in cui si segnalano, come nel caso di Torino, situazioni critiche della qualità dell’aria nel periodo delle festività natalizie come riportato dagli organi di stampa. Per chi volesse approfondire il problema “mobilità – inquinamento” segnalo inoltre due recenti pubblicazioni molto scorrevoli e scientificamente valide:
G. Panella, A. Zatti: “Città: per uscire dal labirinto” ed. Carocci, 2007
L. Davico, L. Staricco: “Trasporti e società”, ed. Carocci, 2006

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Acqua e leggi di mercato

Una tesi continua ad aggirarsi tra le pieghe della discussione sulle gestioni idriche: l’acqua sta diventando un bene scarso e quindi il miglior modo di ripartirla, di fare in modo che la sua distribuzione sia efficiente, è quello di affidarla alle leggi del mercato, lasciare cioè che la domanda e l’offerta regolino al meglio questo tipo di bene. Questo passaggio non è strano. L’economia notoriamente si occupa di ripartire fra usi alternativi risorse che soffrono di scarsità possedute dalla società. Beni ambientali come l’acqua non sono stati finora molto considerati dall’analisi economica perché ritenuti disponibili in quantità illimitate, non costituenti oggetto di scambio sul mercato, appunto in quanto ritenute illimitate e, pertanto, privi di prezzo. Ma il quadro cambia e finalmente anche questi beni possono entrare a pieno titolo nella contrattazione domanda/offerta che potrà determinarne un prezzo. Possiamo accettare questa nuova sistemazione del problema con le sue conseguenze? Sicuramente no. L’acqua è fondamentale per la vita e tocca all’umanità assicurarne la gestione collettiva.Servono uso, conservazione e protezione nel rispetto del diritto alla vita per tutti gli esseri umani e le altre specie viventi. L’acqua è un bene essenziale, da garantire a chiunque, indipendentemente dal reddito, in quanto parte della dotazione minima indispensabile di chi fa parte della comunità. Oltre allo stretto legame con un altro bene essenziale quale la salute. Ma anche tralasciando valori non meno importanti ai fini dell’uso delle risorse quali quelli etici, ambientali, sociali, proprio sul campo economico il sistema di mercato, come riportato dagli studiosi, «fallisce» nei confronti delle risorse ambientali: esso non è in grado di funzionare e di determinare prezzi utili per ripartire le risorse in modo efficiente fra usi alternativi.Anche se il mercato fosse in grado di ripartire le risorse idriche fra i vari usi, di fatto esistono molte imperfezioni che non permettono di farlo in modo efficiente. E in una logica di mercato la gestione delle risorse idriche si confonde con quello della gestione dei servizi idrici. Nessuno nega che sia necessario un aumento di efficienza tecnologica, che è l’unica che deve rappresentare un costo, ma non confondiamo il costo del progresso di questa con l’attribuire un prezzo alla risorsa in se stessa che è di tutti ed a tutti deve essere resa disponibile senza la cosiddetta prova del mercato (o meglio delle tasche di tutti noi). Si scambia la causa per l’effetto: i diamanti non sono pochi perché costano tanto, ma costano tanto perché sono pochi e aumentarne o diminuirne il prezzo non ne cambierà il numero. Occorre porre dei vincoli preventivi all’utilizzo delle risorse in modo da proteggere le funzioni dell’ambiente e assicurare le basi potenziali per uno sviluppo sostenibile. Si tratta in questo caso di considerare la preservazione dell’ambiente come un bene pubblico dove il volume totale del bene è definito a livello politico e non dalle azioni individuali che avvengono nel mercato.

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Nuovo Conto Energia

Nuovo Conto energia: una guida dal Gse per realizzare l’impianto fotovoltaico
È disponibile sul sito del Gse, all’indirizzo www.gsel.it la Guida al nuovo conto energia.
La guida si articola in due parti. Nella prima sono presentate le innovazioni introdotte dal decreto del 19 febbraio 2007, le indicazioni generali per la realizzazione e la connessione dell’impianto alla rete e le modalità di accesso agli incentivi. Nella seconda sono approfonditi alcuni aspetti generali e specifici. Infine, in appendice, è riportato un sintetico glossario
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Riportato da: Solareblog

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Eolico per la Gran Bretagna

Nuova strategia in Gran Bretagna per le fonti rinnovabili. Il Premier Gordon Brown e il Ministro per l’Energia, John Hutton, hanno annunciato l’intenzione di installare almeno 350 grandi centrali eoliche con 7 mila turbine a vento per produrre un equivalente di elettricità in grado di alimentare tutte le case inglesi. Attualmente la Gran Bretagna produce almeno 2 Gigawatt dall’eolico con un prossimo sviluppo per altri 8 GW entro il 2016. Un GW alimenta circa 750 mila abitzioni e quindi se l’obbiettivo delle nuove centrali da 25 gW sarà raggiunto, potranno essere soddisfatte le esigenze di circa 19 milioni di abitazioni. Queste fabbriche del vento saranno costruite in mare ad una distanza dalle coste di circa 5-6 Km per ridurre gli impatti ambientali. Tra i progetti già approvati quello di London Array all’estuario del Tamigi con 271 turbine che dovrebbero produrre nel 2014 1 GW di energia. Critica sulla possibilità di produzione delle turbine la British Wind Energy Association, che indica come realistica la produzione di 10 GW dall’eolico per il 2020. Le turbine marine hanno comunque dei vantaggi rispetto a quelle in terraferma: possono avere dimensioni maggiori e possono giovarsi del maggior vento presente in mare. Dal punto di vista della spesa il concetto si rovescerebbe: le turbini marine costerebbero 1,6 milioni di sterline a megawatt rispetto ad 1 milione per quelle a terra. Anche i costi operativi per la manutenzione sarebbero maggiori per quelle offshore. Interessante però rimane il volume d’affari sviluppato dal mercato delle energie rinnovabili per ridurre la CO2 che secondo stime industriali ammonterebbe a circa un trilione di sterline nei prossimi cinque anni. La chiosa del direttore di confindustria britannica, Richard Lambert è comunque illuminante: “E’ chiaro che la formula business as usual di fronte al riscaldamento terrestre non è un’opzione ed è una faccenda che riguarda tutti, non solo il Governo, perché calcoliamo che il costo per la conversione a energie rinnovabili entro il 2030 sarà di circa 100 sterline (150 €) l’anno per famiglia, l’1% del PIL britannico”

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Economia

Capire la macroeconomia al dispenser dei chewing gum un interessante articolo di Andrea Franzoni.
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Intesa europea gas serra

Dal Corriere della Sera Economia:
Entro il 2020 l’Italia e gli altri partner dovranno ridurre del 20% le emissioni di gas a effetto serra rispetto ai livelli del 1990. L’impegno è stato sottoscritto dai 27 Capi di Stato e di Governo, in seguito alle indicazioni del gruppo consultivo ad alto livello per l’energia. L’obiettivo era guardare oltre il 2012, prima scadenza del Protocollo di Kyoto, che fissa i limiti di emissione di anidride carbonica. Il Presidente della Commissione Barroso si è detto pronto ad andare verso una riduzione del 30% se ci sarà l’accordo a livello mondiale.

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Biocarburanti: due ipotesi

Novità contrastanti dal fronte del biocarburante. Il campo più interessante è quello dei biofuel di seconda generazione che invece di essere prodotti direttamente da materie prime di origine agricola, originano dagli scarti della cellulosa. L’idea è quella di sfruttare uno degli zuccheri, lo xilosio, presenti negli scarti. Attraverso l’introduzione di un enzima si riesce a produrre etanolo portando il rendimento dal 22 al 36%. I vantaggi sono nell’ordine utilizzare biomasse “povere” ottenute da scarti al posto di materie prime agricole, da destinare all’alimentazione, e rendere possibile un processo di bioraffineria con la produzione di altri derivati. Tenendo conto che in Italia vengono prodotti 100 milioni di tonnellate di rifiuti, di cui 40milioni urbani, e stimando che il 35% sono cellulosici (carta, cartone, legnami) non riciclabili si possono trattare circa 14 milioni di tonnellate. Il ricavo potrebbe aggirarsi in circa 4.8 miliardi di litri di etanolo, cioè il 30% del fabbisogno nazionale dato che in Italia si consumano annualmente circa 16 miliardi di litri di benzina. L’investimento non è elevato: la realizzazione di un impianto da 50 mila tonnellate di capacità impegnerebbe circa 20 milioni di Euro con un ritorno dell’investimento stesso in circa tre anni. Di opposto tenore mi sembra l’altra notizia che annuncia per l’anno prossimo la vendita negli Usa di una semente geneticamente modificata (ogm) che contiene al suo interno un enzima, l’amilasi, che potrebbe produrre etanolo senza bisogno di aggiunte successive. Secondo i produttori con questo seme si eliminerebbero gli scarti che attualmente rappresentano circa il 35% delle attuali coltivazioni. Il problema è che la presenza all’interno della pianta di amilasi, che ne accelera la fermentazione e la cui dannosità per l’organismo umano è altamente probabile, potrebbe contaminare anche le altre coltivazioni data l’ampia dimostrazione dell’incapacità di controllare l’immissione di sementi nel territorio.

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Nuove Energie in Piemonte

La Presidente della Regione Piemonte Mercedes Bresso ha dichiarato di voler investire circa 300 milioni di € in un grande progetto di energie rinnovabili. “Partiremo in quarta” – ha affermato – “non con iniziative sperimentali, ma a tappeto. Tutti gli edifici pubblici produrranno energia solare, geotermica o dalle biomasse”. Sicuramente ottimo. Ciò che personalmente mi convince di più è forse la seconda parte della dichiarazione. “Vogliamo attrarre imprese e finanziare studi. Useremo il patrimonio pubblico per avviare un programma di attrazione di investimenti e aziende. Vogliamo che si trasferiscano in Piemonte per produrre beni strumentali e tecnologie per le nuove fonti di energia”. Spero comunque che la Presidente Bresso possa mettere a frutto in maniera ottimale i suoi stessi insegnamenti di economia ecologica a cui, almeno una parte di noi, deve la novità di non poter più considerare l’ambiente avulso dall’analisi economica, schiacciando l’acceleratore anche su altre parti che al momento sembrano solo accennate ma che sono, probabilmente, assolutamente ineludibili. Uno strumento di accompagnamento potrebbe essere un forte e stringente miglioramento della domanda pubblica, per cui l’istituzione pone condizioni specifiche “spinte” nella richiesta dei prodotti che utilizza. Ciò rappresenta non solo uno stimolo globale, ma supera anche il metodo di sostegno diretto alle fasi del processo di innovazione. Tale condizione deve avere un esteso arco temporale, dimensione adeguata, concentrata appunto in settori ad “alto contenuto di conoscenza”. Attraverso quindi contratti riguardanti beni acquistati, l’operatore pubblico controllerebbe l’accesso alla ricerca evitando duplicazioni di costi. Credo inoltre sia necessario anche un chiarimento su come la convenienza all’introduzione delle tecnologie “pulite” debba essere determinata dal confronto tra i costi ed i benefici sociali, e non solo privati. E’ necessario prendere in considerazione come il privato per sua natura trascuri costi e benefici esterni o i vantaggi per la collettività. La mano pubblica non può in questo caso estraniarsi dal problema, ma forse deve assumere nuove caratteristiche e nuovi obbiettivi. Un compito può essere quello di cercare di minimizzare il costo del raggiungimento dell’obbiettivo fissato di controllo dell’inquinamento, comprendendo tra i costi quelli relativi agli strumenti e abbattendo quindi la divergenza tra il valore sociale e quello privato dell’attività innovativa. Con una sorveglianza politica ancora più stretta, abbandonando finanziamenti a pioggia in settori non consoni all’azione pubblica e soprattutto, dato che parliamo di impiego di ricchezza sociale, concentrazione degli interventi su obiettivi di naturale produttività pubblica.

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Effetti collaterali della società del rischio

Qual è la vera posta in gioco nella discussione che si è accesa (per quanto ancora?) intorno alla strage dei lavoratori di Torino? Il riconoscimento da parte della società del rischio dei rischi a cui essa stessa è esposta può contenere una inedita esplosività politica: ciò che sembrava non far parte della politica, cioè la semplice eliminazione delle cause di pericolo nei processi di industrializzazione, entra a far parte in maniera forte, pesante della politica, ri-diventa politica. Ecco che l’opinione pubblica e la politica stessa vogliono capire, avere la possibilità di estendere la propria sovranità, entrare a pieno titolo nella discussione di come si ottengono i prodotti, su come sono fatti, dei cicli di lavorazione. Si estende cioè a tutta la società ciò che in realtà è già patrimonio di richieste dei lavoratori stessi. Non solo più “semplici” conseguenze per la salute della natura e dell’uomo, ma anche effetti collaterali sociali, economici e politici. In questo modo nasce nella “società del rischio” la presa di coscienza e la necessità di proteggersi da questi rischi. Ma gestire tutto questo può comportare una richiesta che è attualmente inconcepibile per l’attuale sistema: la richiesta di una riorganizzazione di poteri e di competenze. Questo dibattito, divenuto pubblico, richiede alla politica di poter influire sulla trasformazione tecnico-economica, superando le limitate capacità di controllo e di intervento dello Stato sui protagonisti della modernizzazione nell’industria e nella ricerca. Con una modalità, se vogliamo nuova: evitare la fissazione dell’argomento sul sistema politico come centro esclusivo della politica.

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