Dorino Piras

La Salute, l'Ambiente, il Lavoro

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Elezioni: le novità di Zapatero e gli apprendisti italiani

 Spero di poter ritornare presto su Zapatero e su ciò che rappresenta: oggi a sinistra sembriamo tutti “Zapateri” (come prima sembravamo tutti “Blairani”) senza sapere da dove nasce quel tipo di ragionamento politico ed in quali condizioni è nata. Se infatti oggi parlassi della teoria del “repubblicanesimo”, ripresa e rilanciata dal Bambi spagnolo attraverso le tesi di Philip Petitt (vedi il suo libro Repubblicanesimo. Una teoria della libertà e del governo; Feltrinelli, 2000) a cui si dichiara debitore lo stesso Zapatero nella sua intervista-libro (Zapatero. Il socialismo dei cittadini; Feltrinelli, 2006), molti dei nostri politici non saprebbero di cosa stiamo discutendo. Oppure della chiara visione da cui parte la riflessione dei socialisti spagnoli dopo la batosta elettorale del 2000 diventata programma di governo: rovesciare il “neoliberalismo” (in Italia chiamato neoliberismo). Ma anche sapere cos’è il “Quarto Pilastro” dello stato sociale su cui Zapatero insiste con forza dopo aver enunciato gli altri 3 su cui fondare lo Stato: sanità, istruzione e pensioni. Ma tutta questa grazia di Dio sarà motivo di tedio di prossimi post. Oggi mi colpiscono un paio di incroci sulla qualità delle strategie comunicative italiane e spagnole. Mentre infatti in Italia il candidato premier della Destra, Silvio Berlusconi, scherza su un tema serio come la disoccupazione proponendo ad una ragazza di cercarsi come marito il figlio di qualche Calearo, e la candidata del Partito Democratico invita a non comportarsi come il biblico Onan disperdendo il seme del voto a favore dei 7 nani (magari con cent’anni di fatiche delle classi più umili), ma eventualmente a votare per la Destra berlusconiana, gli spagnoli leggono alcune novità della comunicazione provenienti dagli Stati Uniti, e le mettono in pratica nella più elegante forma di messaggio degli ultimi anni. La novità della strategia è porsi in maniera intelligente uno dei problemi importanti dell’elettorato moderno: il non voto. Crollate le grandi ideologie, crescendo l’antipolitica e soprattutto con scarse differenze numeriche tra grandi forze, si cerca di intercettare appunto l’astensione mediante un appello alla partecipazione se vogliamo d’effetto. Negli USA la modalità si chiama GOTV, che sta per “Get Out The Vote”. Ovvero: “Tira Fuori il voto” ed indica quella modalità di comunicazione tesa a far muovere la gente da casa il giorno del voto. Gli esperti di comunicazione pensano che tale modalità riesca effettivamente a smuovere parti significative di astensione a favore di chi lancia il messaggio. Nel video spagnolo la scena è semplice. Il giorno delle elezioni un ragazzo, di chiara fede socialista, va a prendere in auto la madre anziana tornata a vivere al paese, distante circa 300 Km., per portarla a votare. “Il voto è sacro”, dice il protagonista, ma il tutto con un finale particolare. Il protagonista dice chiaramente che la madre voterà per il Partito Popolare, l’avversario maggiore del Partito Socialista Spagnolo ed il video termina con un gustoso scambio di battute in cui la madre chiede al figlio se per caso ha cambiato idea, cercando di fargli cambiare idea senza risultato.
La differenza con il tentativo presente nel nostro Paese di spostare preferenze elettorali mediante l’appello al “voto utile” è sottile, ma a mio avviso molto significativa. Il calcolo è che il bacino di non-voto oggi sempre più convinto dal messaggio antipolitico, non si conquista con una proposta politica poco differenziata dall’avversario, ma con un appello alla partecipazione anche un poco ironico, che si differenzia dallo stile più drammatico americano. Porre in maniera intelligente nell’agenda politica il tema della partecipazione al voto, dovrebbe comportare una maggiore attenzione da parte dei partiti italiani, visto che l’area del non voto sembra in rapida crescita. Il sonno della ragione fa crescere domande su quali parti politiche si avvantaggeranno o vedranno sottrarre i propri consensi dallo spettro dell’antipolitica.
Dimenticavo: il Quarto Pilastro di Zapatero sono i “cittadini a reddito più basso che devono vedere soddisfatto il diritto ad una vita dignitosa senza dipendere da altri”.

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GOTV


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Piano per il teleriscaldamento a Torino

Nell’ambito delle nostre attività di programmazione energetica come come Assessorato alla Qualità dell’Aria, Energia, Risorse Idriche della Provincia di Torino, abbiamo intrapreso uno studio sul teleriscaldamento finalizzato a:
-definire un quadro conoscitivo dei sistemi di teleriscaldamento esistenti e previsti;
-fornire dati e metodi per la valutazione del potenziale di ulteriore espansione;
-realizzare uno strumento di gestione delle informazioni relative al teleriscaldamento in Provincia di Torino.
I dati elaborati indicano in circa 81 milioni di m3 la volumetria potenzialmente allacciabile nell’intera Provincia, di cui 62 milioni di m3 solo all’interno della Città di Torino. Circa la metà del potenziale è già servito da reti esistenti, facendo di Torino la Città più teleriscaldata d’Italia e della Provincia di Torino uno dei territori che hanno sviluppato maggiormente questa tecnologia in Europa. Il bagaglio informativo acquisito rappresenta uno strumento estremamente potente a disposizione degli enti pubblici e degli operatori del settore, per la pianificazione energetica territoriale, le procedure autorizzative di impianti energetici o per la progettazione e l’affidamento di servizi pubblici locali.
Una relazione finale dello studio è resa pubblica attraverso il sito web della Provincia di Torino.
A fronte della notevole espansione delle reti di teleriscaldamento attualmente in corso a Torino e nei Comuni limitrofi, nonché della realizzazione di nuovi impianti di cogenerazione e delle prescrizioni previste dalle relative pronunce di compatibilità ambientale, abbiamo deciso di avviare con i gestori delle reti di teleriscaldamento e delle centrali esistenti o in progetto nell’area metropolitana torinese un piano-processo condiviso e sostenibile di razionalizzazione delle reti. In altre parole, sarà predisposto un Piano regolatore di area metropolitana che riguarda il territorio della Città di Torino e i Comuni della prima e seconda cintura.
Avvertiamo la necessità di utilizzare nel modo più efficace possibile la capacità termica degli impianti di cogenerazione presenti e di costruire una rete quanto più interconnessa ed efficiente su ambito intercomunale, limitando il più possibile i punti di emissione dislocati nell’area metropolitana. E’ un percorso complesso che deve trovare il punto di accordo di diversi operatori economici, di vincoli tecnici ed economici, di diversi impianti esistenti e in programma.
Il problema della qualità dell’aria è evidente a tutti e sul versante del riscaldamento in questi ultimi anni si è fatto molto a Torino e nella prima cintura con l’espansione delle reti di teleriscaldamento. L’idea è di completare il percorso e promuovere l’estensione del sistema anche in quelle aree in cui oggi la rete non arriva, ma in cui sono evidenti le potenzialità di espansione. Il teleriscaldamento non è però un’opzione ad inquinamento zero e sono numerosi i punti emissivi delle centrali di cogenerazione che sono al servizio delle reti. Future espansioni quindi non devono pregiudicare o aumentare le emissioni complessive. Il surplus di produzione, i problemi di qualità dell’aria, la congestione della rete e l’uso razionale dell’energia portano a porre un freno a nuove proposte e richieste di autorizzazione a meno che sia evidente il miglioramento ambientale rispetto alla situazione di partenza. L’Obiettivo che si ritiene auspicabile con il Piano Regolatore della Provincia è di raggiungere la massima estensione possibile delle reti di TLR in Torino e comuni limitrofi a condizioni tali da garantire che tale tecnologia costituisca un reale beneficio relativamente a consumi energetici e qualità dell’aria. Ci si riferisce in particolare:
1) all’effettivo impiego di tutto il calore reso disponibile da impianti già esistenti o in progetto da considerarsi prioritario rispetto alla realizzazione di nuove centrali;
2) alla copertura di ulteriori quote di richiesta termica tramite caldaie di integrazione e riserva, evitando l’installazione di ulteriori impianti termoelettrici;
3) alla realizzazione delle interconnessioni tra le reti di comuni confinanti per ottimizzare l’utilizzo e la distribuzione del calore e accrescere la sicurezza del sistema, riducendo al minimo la potenza degli impianti di produzione e delle caldaie di integrazione e riserva.
4) alla valutazione di adozione di ulteriori soluzioni, (esempio il teleraffrescamento, la fornitura di utenze industriali o la riduzione dei carichi di punta mediante sistemi di accumulo e interventi tariffari), finalizzate a massimizzare l’impiego del calore prodotto in cogenerazione da impianti attivi tutto l’anno.
5) alla valutazione di impiego ambientalmente vantaggioso di fonti rinnovabili, non solo in sostituzione di combustibili fossili, ma anche e soprattutto riguardo alle tecnologie più innovative, quali lo scambio geotermico a bassa temperatura, che può costituire un’interessante alternativa al teleriscaldamento, in particolare in caso di utenze medio piccole o non facilmente allacciabili alle reti.

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Inquinamento: il coraggio delle decisioni

Bogotà, asse viario di grande comunicazioneRicevendo il recente numero della rivista “Protecta” (numero 12/1 – dicembre ‘07/gennaio ’08) su inquinamento e trasporti, dove compare anche un articolo sulla nostra esperienza torinese in tema a firma mia e di Paola Villani (che è il vero esperto della materia e senza la cui opera l’articolo non sarebbe stato né concepito né pubblicato), mi sono imbattuto in un interessante articolo di Fabio Casiroli, visiting professor DPA del Politecnico di Milano, dal titolo “il coraggio delle decisioni”.
L’interesse sta in alcune premesse e suggerimenti indicati. Partendo infatti dalla recente discussione tutta milanese dell’Ecopass, l’autore richiama giustamente la “via del coraggio delle decisioni, che compete a chi regge la res publica, coraggio che nasce dalla condivisione di una premessa evidente: “il capitale ereditato dal passato, quale l’aria respirabile che offre a noi stessi e ai nostri cari la speranza di aumentare gli anni di vita, è in via di esaurimento… chi di dovere sarà presto obbligato ad assumere decisioni drastiche come ad esempio bloccare spesso la circolazione anche nei giorni feriali. Prima che ciò accada è opportuno che il coraggio si manifesti con alcune decisioni “draconiane” accettabili per i cittadini purché accompagnatela chiare spiegazioni e sostenute da misure capaci di offrire alternative all’auto”.
L’autore individua in almeno quattro queste misure immediatamente fattibili: 1) moltiplicare le corsie riservate ai mezzi pubblici, non solo in ambito urbano, ma anche sulle direttrici di ingresso delle città; 2) investire “fuori mura”, ribaltando la logica di chiusura verso i Comuni di corona (esplicitata nel caso milanese dall’ingresso oneroso); 3) disegnare una rete di spazi ciclabili, non necessariamente strutturati, ma capaci di costruire rete; 4) imporre le targhe alterne ogni giorno, fino a quando l’inquinamento non sarà stabilmente sotto soglia e i servizi ferroviari e di metropolitana non offriranno frequenze, qualità e copertura adeguate.

1) E’ dimostrato come i confini funzionali della città cambino in relazione all’ora del giorno ed al modo di trasporto utilizzato.
Un caso studiato è quello di Bogotà, una delle 12 megalopoli studiate, dove rinunciando per mancanza di risorse a costruire linee di metropolitana ed investendo in un sistema di autobus articolati con sede riservata, si sono rapidamente ottenuti risultati importanti.
Il sistema, conosciuto come “transmilenio”, trasporta da solo il 25% dei passeggeri, ha diminuito di 1/3 i tempi di percorrenza, del 40% le emissioni, del 90% gli incidenti lungo le strade che percorre. Il sistema è stato seguito anche da altre città ed è all’attenzione delle metropoli occidentali (la denominazione tecnica è BRT, Bus Rapid Transit).
Il ragionamento è semplice: disponendo di poche risorse nell’immediato per nuove linee metro (e dati anche i tempi di costruzione delle stesse) e similmente per il sistema ferroviario regionale, se il tempo per ridurre l’inquinamento e la congestione sta scadendo, la soluzione di potenziare e proteggere il servizio di autobus appare inevitabile. “Proteggere” – scrive Casiroli – “è la parola magica che ribalta abitudini e offre speranza.
Sostenere che non sia possibile diffondere le corsie riservate per la larghezza limitata della rete stradale, è tecnicamente vero solo se si ritiene impossibile sottrarre spazio alle auto; ma se questo tabù viene rimosso, decidendo di offrire un servizio pubblico competitivo da subito, e si legge attentamente la città, si scopre che lo spazio esiste.
Come esiste lungo le strade che entrano in città, basta usare diversamente lo spazio da subito. Disporre di corsie dedicate e controllate aumenta la velocità commerciale dei bus, regolarizza il servizio, attrae utenza. (…) Occorre rimuovere la convinzione che le aziende di trasporto siano da considerare come qualsiasi altra impresa commerciale, dunque obbligate all’equilibrio economico.
Se la mobilità è un diritto, se la salute ha un valore inestimabile, allora le risorse investite nei sistemi di trasporto rientrano in una logica di “costo sociale” e di buon uso del denaro pubblico”.

2) Investire anche al di fuori della cerchia delle città metropolitane crea un vantaggio anche per le grandi città stesse.
Gli scambi tra i grandi centri e il resto del territorio comporta fenomeni di mobilità potenti.
A Milano entrano circa 680 mila veicoli al giorno: di questi circa 450 mila sono residenti all’esterno del comune (86% delle vetture) e altri 230 mila da cittadini milanesi che rientrano a casa.
Ne consegue che è interesse della città modificare la ripartizione modale in origine, contribuendo alla costruzione anche nella prima corona di parcheggi di interscambio dove potrebbero transitare autobus espressi da inserire nelle corsie riservate.

3) Disegnare una rete di spazi ciclabili, non necessariamente strutturati ma capaci di costruire rete è misura semplice e a costi limitatissimi come dimostrano esperienze di città con climi sicuramente più inclementi rispetto al nostro.

4)“Se l’uso occasionale delle targhe alterne – continua l’autore – “non produce benefici, l’uso costante ha effetti positivi sia sotto il profilo ambientale, sia della capacità stradale, ridotta dalla presenza delle corsie riservate.
E’ misura impopolare? Solo se non si spiega che l’aternativa è lo sperpero del residuo patrimonio di aria respirabile, a cui non potrano che seguire misure ben più radicali”.
Indispensabile nel frattempo con le risorse disponibili potenziare i sistemi di cui sopra, tentando dove possibile di trasformare il sistema ferroviario in un “Servizio Ferroviario Metropolitano” sul modello della RER parigina (un treno ogni 10 minuti. “Misura molto più efficace del prolungare eccessivamente le linee di metro nel territorio”.

E’ sempre un po’ stucchevole e di scarso interesse sentirsi ripetere l’elenco delle azioni che andrebbero intraprese, ma è giusto ricordare che urge una strategia integrata e di ampio respiro, con ambiziosi obiettivi in prospettiva, ma con misure applicabili da subito.

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Boselli ha ragione. Vogliamo Fausto con Uolter

Enrico Boselli, segretario del Partito Socialist e candidato premier, ha abbandonato “Porta Porta” di Bruno Vespa.
“Questa è una campagna che si svolge con regole truccate e voglio esprimere ai telespettatori la mia protesta”.
Boselli, che ha ringraziato comunque Bruno Vespa per averlo invitato, ha sottolineato come quella di oggi fosse la prima trasmissione politica a cui era invitato dopo 2 mesi: “I socialisti sono stati cancellati dalla campagna elettorale”.
Credo che Boselli abbia ragione ed abbia fatto bene a fare quel che ha fatto.
Non è certo il confronto con la Santanchè, i cui elettori sono lontani anni luce dalle ragioni della sinistra, che poteva portare nuove argomentazioni agli elettori ancora indecisi.
Tutto ciò in linea con la trasmissione della sera prima, quando lo stesso concetto era stato espresso da Fausto Bertinotti, candidato premier per la Sinistra – L’Arcobaleno, nel confronto con l’on. Casini.
Da una parte rimane l’amarezza per come le ragioni della Sinistra siano sostanzialmente oscurate, in una campagna elettorale sicuramente difficile a cui si aggiunge un atteggiamento da parte delle due maggiori forze sulla carta, non solamente snobistico, ma forse irrispettoso nei confronti anche di forze politiche, e di idee, che rappresentano comunque più di cent’anni di storia italiana e del movimento operaio del nostro Paese.
Il problema nasce soprattutto dalla volontà dei due candidati premier dei maggiori raggruppamenti, di sottrarsi a confronti diretti, soprattutto con forze politiche che si richiamano a collocazioni attigue, dal cui confronto potrebbe derivare una certa perdita di voti.
Diverse volte abbiamo anche criticato il sistema americano per alcuni suoi aspetti (quali ad esempio la forte personalizzazione e l’impegno finanziario spropositato) ma su alcune questioni gli Stati Uniti dimostrano ben altra capacità democratica rispetto al nostro Paese ed elementi di innovazione che in Italia possiamo beatamente sognarci.
Immaginatevi infatti cosa sarebbe successo ad un candidato alla Casa Bianca nel momento in cui rifiutasse un confronto diretto con gli avversari.
A detta di tutti i commentatori politici sarebbe stato immediatamente cancellato dal panorama radiotelevisivo americano.
Non è per questo servizio che paghiamo il canone: non credo di essere il solo ad essere poco interessato a vedere un inutile duello tra ex presidenti della Camera.
Vogliamo vedere Fausto Bertinotti e Uolter Veltroni.
Possibilmente con veri giornalisti… (e per divertirci anche Storace con Berlusconi e Fini).

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Elezioni: candidati via blog?

Se ne sente il chiacchiericcio ma non “quaglia”: i blogger non sembrano appetibili per le candidature in Parlamento.
Se è pur vero che ad oggi non conosciamo la composizione delle liste dei partiti, non mi sembra che ci sia un gran fermento o comunque un’attenzione particolare del mondo politico per proporre personalità che hanno individuato nella blogosfera una nuova modalità dell’agire politico.
Eppure, come molti di noi sanno, il web è sempre più ricco di sollecitazioni e contenuti politici di un certo rilievo, oltre al fatto che è ormai l’arena più libera e completa per approfondire e condividere, al livello che ognuno ritiene più consono, proposte, idee, forme di associazione e quant’altro.
Lo stesso Adinolfi, portato come esempio di personaggio blogger più a livello di carta stampata che dagli utenti stessi della blogosfera, non sembra riscuotere particolare attenzione come esempio di personalità di sfondamento del web nella politica.
Unica proposta di attenzione a questo mondo ed avanzata con un certo rilievo è stata quella della Sinistra Arcobaleno soprattutto sui diritti di copyright
che registriamo positivamente.
Cosa può banalmente significare tutto ciò?
Se uniamo questo dato con la discussione presente a livello locale riguardante il potere delle segreterie nazionali di far calare sul territorio candidature esterne a quelle realtà, se ne può dedurre una certa “apprensione” da parte di alcuni partiti nel considerare la blogosfera come un luogo difficilmente controllabile nel quale non solo le idee corrono liberamente, ma dove il controllo da parte di semplici persone (che a dire la verità visto lo strumento usato hanno comunque una certa formazione e manifestano una volontà attiva alla partecipazione) delle decisioni dei partiti e della loro capacità di porsi in discussione senza particolari mediatori possa portare a risultati poco piacevoli.
È chiaro che la condivisione mediante gli strumenti telematici risulta essere quanto di più vicino al concetto puro di democrazia, rimanendo quindi il dubbio che alcune formazioni politiche siano più impaurite che interessate da questa modalità.

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Elezioni e Pigou club

I programmi politici attualmente noti continuano a gonfiarsi di strali contro le tasse, facendone, tramite presunte loro riduzioni, lo specchietto per allodole per “incauti” elettori.
Tutti però si guardano bene dal rendere noto lo stato di pervasività della tassazione, cioè rendono noto ad esempio tutte le occasioni che in una giornata, vedono il cittadino affrontare più o meno consapevolmente il sistema fiscale: il sapere questo potrebbe produrre un boomerang lanciato a forte velocità che costringerebbe ad esempio ad una azione di riduzione pressochè generale che parte da un conto corrente postale o bancario, all’acquisto di una bottiglia di latte.
Credo che le tasse non siano il male assoluto, ma che servano persino a quelle categorie che ne invocano con più veemenza l’abolizione come ad esempio industriali e affini.
Einaudi aveva condensato il problema dicendo che anche per il funzionamento del mercato, quello che queste categorie invocano come la risoluzione di molti mali, le tasse, sotto forma di funzionamento dello Stato, svolgono un’azione imprescindibile permettendo lo stessodiritto di proprietà o l’azione della coppia di carabinieri che sorveglia il piccolo mercato rionale permettendone il funzionamento.
Il problema allora potrebbe inquadrarsi in termini diversi. Le tasse devono essere eque, ma soprattutto devono svolgere in maniera corretta, efficiente ed efficace la propria funzione ed il caso delle politiche fiscali sull’ambiente è un esempio classico.
A questo riguardo abbiamo già da tempo rimarcato il convincimento che strumenti dell’economia ambientale quali la
Carbon Tax abbiano maggior efficacia rispetto alle politiche comando e controllo o cap & trade per diversi motivi, tra cui la non distorsività dal punto di vista economico sulla tassazione generale, i migliori effetti prevedibili, l’equità ecc.
Non a caso segnaliamo inoltre da tempo, tra i nostri link preferiti, quello di
Greg Mankiw, che ha rilanciato il cosiddetto PIGOU CLUB, dal nome dell’economista che ha teorizzato in maniera compiuta l’azione economica come contributo al problema ambientale. Non ripercorrerò i precedenti contributi già comparsi in questo blog, rimandando come collegamento a chi fosse interessato.
Ritengo però utile riprendere alcune considerazioni di carattere più politico che provengono dalle conclusioni di un interessante documento pubblicato sul sito dell’Istituto Bruno Leoni che invito a leggere.
La considerazione è quella che essendo uno strumento economico, in soldoni una tassa, possiede una minore fattibilità politica in quanto ha maggiori difficoltà nel raccogliere consenso (anche tenendo conto della necessità di ridisegnare il sistema fiscale).
In questo modo vi sarebbe la garanzia che non solo il provvedimento verrà adottato solo quando una consistente maggioranza della popolazione è apertamente disposta a pagare per ottenere un vantaggio ambientale.
Per la stessa ragione sarà più semplice abolire la tassazione (mossa meno difficile rispetto alla cancellazione di regolazioni ricche di interessi hobbistici e sconosciute alla maggioranza dei cittadini) quando eventualmente emergerà che la strategia non sia sostenibile e che il riscaldamento globale è un problema con confini e tempistiche diverse da quelle che oggi si intravedono.

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Manifesto Progetto Galileo

Una informazione scientifica d’alta qualità direttamente dalla fonte, cioè dai ricercatori-autori, una reazione all’impoverimento culturale del Paese ed alla scarsa propensione scientifica tutta italiana venata da tecnofobismo condito da sensazionalismo giornalistico: così inizia il Manifesto del Progetto Galileo che si presenta in interessante forma Blog e che invito visitare e segnalare per la più ampia diffusione.
“Un approccio – come spiegano gli stessi estensori – con un discreto vantaggio rispetto a tutte le altre fonti di notizie che trovate nei media: Progetto Galileo non ha filtri, non ci sono agenzie di stampa, né giornalisti, né ordini politici o di lobbies che cercano di piegare le notizie a proprio vantaggio.
Gli autori di Progetto Galileo quindi cercheranno in tutti i modi di smascherare le false notizie, le bufale e la disinformazione da cui siamo bombardati ogni giorno, anche con l’aiuto di segnalazioni, commenti e proposte dei lettori.
In un mondo in cui le tecnologie avanzate, con tutte le implicazioni etiche e sociali che investono la società, crescono di giorno in giorno, e i cui effetti benefici per le nostre vite possiamo vedere intorno a noi, non possiamo più permetterci scelte dettate da ignoranza o paure ancestrali.
L’informazione scientifica deve essere ad alti standard e disponibile per tutti: la battaglia contro la disinformazione scientifica deve essere combattuta in prima linea giorno dopo giorno”.
Spero nella fortuna di questo progetto che, per ciò che ho letto finora, è tra i più interessanti dell’ultimo periodo.

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Elezioni: Bloomberg, l’America e casa nostra

Le elezioni americane non sono solo Obama, Clinton e Mc Cain. Una delle figure da molti invocata per la presidenza è Michael Bloomberg, Sindaco di New York con una popolarità molto alta dovuta sostanzialmente ad importanti risultati nell’amministrazione della sua città.
Gli stessi osservatori hanno sempre accreditato una sua eventuale candidatura di ottime probabilità di successo, ma Bloomberg continua a rifiutare una sua discesa in campo.
Credo, al di là delle opinioni di ognuno, il suo rappresenti un importante punto di vista, utile non soltanto per capire di più gli USA, ma con richiami che non sfigurano certamente anche nella attuale discussione politica in Italia.
Ho quindi ritenuto interessante riproporre un suo articolo tratto dal New York Times.

“Seguendo al campagna presidenziale del 2008, si ha a volte l’impressione che i candidati ne sappiano più di quanto danno a vedere. Devono sapere che non possiamo pensare di risollevare la situazione economica e creare posti di lavoro isolando l’America dagli scambi globali; che non bastano le misure di sicurezza alle frontiere per risolvere il problema dell’immigrazione; che i problemi della scuola non si affrontano senza responsabilizzare gli insegnanti, i presidi e i genitori; che la lotta contro il riscaldamento globale non si fa a costo zero e che è impossibile impedire ai criminali di procurarsi armi illegali senza una stretta di vite sul loro commercio. Queste cose la stragrande maggioranza degli americani le sa benissimo. Ma la politica è quella che è, per cui sembra che i candidati non trovino il coraggio di affrontare queste questioni a viso aperto. Lo scorso anno mi sono impegnato a sollevare una serie di questioni di grande rilievo sia per i cittadini di New York che per tutti gli americani e ho proposto una serie di soluzioni di buon senso, nei termini più semplici ed accessibili. Alcune di queste misure sono tradizionalmente considerate di segno repubblicano, altre sono assimilate al partito democratico. Quanto a me, da uomo di affari non ho mai creduto che un dato partito abbia il monopolio delle risposte giuste e la mia esperienza di sindaco mi ha confortato in questa convinzione. In tutte le città che ho visitato il messaggio di un approccio indipendente e della necessità di una nuova agenda per le realtà urbane ha avuto una forte risonanza. Ormai più del 65% degli americani vive nelle aree urbane, che sono il motore economico della nostra nazione. Ma di questo i candidati non parlano. In un periodo in cui la nostra economia ha il fiato corto, per usare un termine blando, cos si sta facendo per aumentare i posti di lavoro, per ridare vitalità a città che non si sono mai risollevare dal declino industriale degli ultimi decenni? Ritengo che una posizione indipendente nell’affrontare questi problemi sia essenziale per governare la nostra nazione; che un indipendente possa vincere la corsa alla presidenza. Ho ascoltato con molta attenzione chi mi ha incoraggiato a entrare in lizza, ma non sono e non sarò un candidato alla Casa Bianca. Ho seguito lo sviluppo di questa campagna, e spero che i concorrenti sappiano portare la sfida ad un livello più elevato, proponendosi come leader realmente indipendenti. (…) Continuerò ad dorarmi affinché il dibattito sia meno fazioso e più unitario, cercando di condurlo dall’ideologia al buon senso, dalla magniloquenza alla sostanza. Se come ho detto non sono incorsa per la presidenza, penso che la gara sia troppo importante per starmene in panchina. Perciò ho cambiato idea su un punto: se uno dei candidati si orienterà verso una posizione indipendente e non di parte, optando per soluzioni pratiche, non condizionate dall’ortodossia di partito, sarò pronto a schierarmi con chi lo sosterrà. I cambiamenti di cui questo Paese ha bisogno sono davvero molti, ma c’è sempre una ragione di parte per scegliere la via più facile, che quella di eluderli. C’è sempre qualche interesse particolare, contrario a ogni tentativo di cambiare lo status quo. E c’è sempre chi si preoccupa più di essere eletto che delle condizioni di salute del nostro Paese. Le forze che ostacolano qualunque progresso significativo sono molto potenti, e si trovano in entrambi i partiti. Ma a mio parere la vittoria andrà a al candidato pronto a riconoscere che la festa è finita, e a mobilitarci tutti per rimettere a posto le cose”.

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Il Progetto Mobilityamoci raddoppia

Il progetto MOBILITYAMOCI raddoppia: le agevolazioni per i dipendenti della Provincia di Torino che potranno acquistare abbonamenti annuali scontati per i mezzi pubblici della rete urbana, suburbana e le connessioni ferroviarie, viene riproposta per il secondo anno dopo il buon successo di gradimento e di adesione del 2007.
Inoltre attraverso una possibile implementazione da risorse regionali, siamo in dirittura d’arrivo per portare lo sconto dal 35 % al 53%.
L’ultima legge finanziaria, inoltre, consente un’ulteriore detrazione nella misura del 19% della spesa sostenuta per l’acquisto degli abbonamenti ai servizi di trasporto pubblico locale, per un importo delle spese non superiore a 250 euro.
Attraverso il sito della
Provincia di Torino è possibile ricavare tutte le informazioni sul progetto oltre ai risultati ed all’indagine compiuta sulla mobilità dei dipendenti della Provincia.
Un ringraziamento va inoltre a
Ecoblog.it, Mondomotori blog ed Help Consumatori per aver segnalato ed evidenziato come buona pratica da riproporre il nostro progetto.

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