Dorino Piras

La Salute, l'Ambiente, il Lavoro

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Appello per la laicità, valore costituzionale

Una recente sentenza della Corte costituzionale ha definito la laicità il principio supremo dell’ordinamento della nostra Repubblica, perché racchiude in sé tutti gli altri valori fondamentali, quali la libertà e l’uguaglianza dei cittadini , la democrazia e la solidarietà sociale.
La laicità è assunta dalla nostra Costituzione come strumento di emancipazione da qualsiasi condizionamento ideologico, morale e religioso ed è modo per affermare una propria autonoma tavola dei valori cui ispirare le regole della convivenza civile.
Questi valori rappresentano la conquista piu’ significativa perseguita nel corso della lotta di Resistenza contro la dittatura fascista e la sua pretesa totalitaria di imporre una religione di Stato, concepita come strumento di potere, di captazione e di gestione del consenso.
Contro la laicità dello Stato è oggi in atto una offensiva senza precedenti.
Ne sono protagoniste tutte le forze conservatrici e reazionarie del Paese.
E, purtroppo, non solo queste. Sotto attacco sono, la scuola pubblica, il diritto alla procreazione assistita, la libertà della scienza e il suo ruolo nella società, le unioni civili e, in particolare, la legge 194.
Pur di fronte all’evidenza incontestabile di una legge che è stata in grado di ridurre considerevolmente il numero degli aborti e di eliminare gli aborti clandestini, la legge 194 torna ad essere aggredita perché si tenta ancora una volta di negare il diritto all’autodeterminazione della donna e il rapporto inscindibile tra questo diritto e l’inizio della vita.
Del pari, si tenta, aggredendo la libertà della scienza, di colpire il pensiero critico e dubitativo che la modernità ci ha consegnato e sul quale si fonda la secolarizzazione della società.
In questione, insomma, è l’idea stessa della libertà, premessa per lo sviluppo umano, la crescita della società, la diffusione della conoscenza e del sapere.Alla Sinistra anzitutto compete la responsabilità storica di affermare, nel futuro Parlamento, con una azione unitaria delle forze democratiche, il valore della laicità.
Valerio Pocar, Silvia Buzzelli, Carlo Flamigni, Margherita Hack, Maria Pellegatta, Carlo Bernardini, Piergiorgio Odifreddi, Marcello Cini, Roberto Fieschi, Rina Gagliardi, Daniela Polenghi, Domenico Chiesa, Vito Francesco Polcaro, Gianni Bonazzi, Bruno Moretto, Corrado Mauceri, Piergiorgio Bergonzi, Alba Sasso, Giuseppe Musolino, Luciano Di Ienno, Jole Garuti, Irene Campari, Donatella Albini.

 

Per aderire inviare una email a silvia.buzzelli@unimib.it

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Centrali ad energia solare: via libera

Finalmente è stato approvato un importante decreto legislativo dalla Conferenza unificata Stato-Regioni che permette, come oggi avviene per i pannelli solari domestici, di usufruire delle tariffe incentivate anche per grandi centrali elettriche ad energia solare.
In sostanza potranno essere convogliati importanti capitali nelle tecnologie alternative al petrolio anche per progetti su grande scala nazionale.
Anche le centrali solari potranno usufruire delle agevolazioni del “conto energia” già in atto per gli impianti “domestici” con pannelli fotovoltaici con priorità nell’immissione di energia elettrica nella rete rispetto a quella prodotta con fonti non rinnovabili, pagate al produttore “verde” con un sovrapprezzo tra i 22 e i 28 centesimi a Kwh in aggiunta a quello definito dal mercato per l’elettricità già in uso.
Il sovrapprezzo sarà inferiore se l’elettricità prodotta sarà prodotta mediante impianti “misti” con fonti tradizionali.
La tecnologia considerata più appetibile ed interessante per le aziende sembra essere quela “ibrida” costituita da solare + gas: se produrrà più dell’85% dell’energia tramite il solare otterrà l’incentivo massimo di 0.28 € a Kwh, scendendo a 0.25 € se la quota è al 50% e 0.22 € per le restanti soluzioni.
Il decreto pone anche vincoli contro falsi interventi: la parte solare deve produrre almeno il 15% dell’intera elettricità e la superficie minima di pannelli installati dovrà essere di 25 mila metri quadri contro i 2500 degli impianti solari “puri”.
Per superare il problema dell’intermittenza che si verifica per l’utilizzo della fonte solare, le centrali dovranno accumulare e rilasciare la produzione con un ritardo di 4 ore.
L’ammissibilità agli incentivi e l’esame delle proposte sarà a cura del Gestore del mercato elettrico, mentre la definizione delle tariffe ed i requisiti dell’allaccio saranno definiti dall’Autorità per l’Energia.
Il costo di questa operazione sarà finanziato in bolletto tramite la voce “A3” come già in atto per fonti rinnovabili.

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Sartori: il mercato non salva la Terra

 Più viva che mai, la discussione riguardante i rapporti tra democrazia e mercato, si arricchisce di un contributo particolare di Giovanni Sartori dagli insospettabili esiti. Ripreso dalle pagine del Corriere della Sera odierno con il titolo “Il mercato non salverà la Terra”, l’anticipazione di un capitolo del nuovo libro dello stesso Sartori –La democrazia in trenta lezioni, ed. Mondadori – conforta diversi argomenti già comparsi nelle pagine di questo blog, con il chiaro noto spessore del politologo. Isolando solo qualche argomento, è sicuramente degno di nota quanto viene scritto sul rapporto tra democrazia e mercato. Se infatti è assodato che una democrazia senza mercato è poco vitale, altrettanto chiaro è che il mercato può esistere senza democrazia. Oltre al fatto che non è assolutamente vero che la democrazia produca sempre benessere, in quanto può avvenire che induca a consumare più di quello che si produce e guadagna. Irrompe quindi un’altra questione che è il rapporto tra la democrazia e lo sviluppo. Un vecchio paradigma argomentava che il benessere promuove la democrazia e da altra angolazione che il denaro corrompe la democrazia stessa comprandola. Succedeva quindi che lo Stato, in varia maniera, interferiva e regolava il mercato stesso. Oggi però la globalizzazione ha portato ad uno “sviluppismo”, ad un vortice che nessuno Stato riesce più a disciplinare. Non esisterebbero problemi se le risorse fossero infinite, ma, come ormai tutti sappiamo non è così e lo sviluppo guidato dal mercato com’è oggi è chiaramente insostenibile. Il fatto negativo è che i nostri economisti non sembrano accorgersi di questa realtà, ripetendo che a tutti i problemi dello sviluppo provvederà il mercato. Perché questo atteggiamento è censurabile? Intanto mercato e sistema economico non sono termini coincidenti: il mercato non mette nel conto tantissime cose (es. i beni collettivi) che nessuno direttamente paga e che vengono pagati dalle tasse. Poi ci sono le “externalities”, gli effetti esterni: chi inquina produce danni che il “danneggiante” non paga e che il mercato non registra. In sostanza la crescita e prosperità sono crescite in deficit pagate da un collasso ecologico su scala mondiale.
Ancora più interessante è il limite costituito dalla “lentezza” del mercato: questo non sbroglia i problemi in tempo ed affrontano i nuovi problemi in ritardo. Non solo: spesso li accelera e li aggrava innescando uno sviluppismo cieco destinato all’implosione. E qui si arriva all’esito insospettabile ed al paradosso: il sistema di mercato ha per duecento anni promosso la liberaldemocrazia, mentre ora la minaccia con una accelerazione fuori controllo, la cui implosione può travolgere la democrazia stessa che aveva alimentato.
L’analisi, per forza di cose solo annotata per grandi linee, risulta estremamente interessante proprio perché condotta da chi è estraneo in questo momento ai giochi elettorali ed appartenenze di partito. L’interesse è anche dovuto ad una impostazione diversa, in cui il problema non sono la Cina o la finanza globale, ma la prossima scarsità delle risorse idriche, la sovrappopolazione e i mutamenti climatici. Fattori non “esterni” e lontani, ma responsabilità di tutti noi nell’uso delle risorse senza prospettare vie d’uscita retoriche come il recupero del buon tempo andato. “Chapeau “ Prof. Sartori. E buona lettura a tutti noi.

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Elezioni: la politica abbandona la ricerca

Questa campagna elettorale ci sta consegnando un dato molto chiaro: la ricerca, l’innovazione, lo sviluppo tecnologico sono definitivamente spariti dall’agenda politica in Italia. Mentre infatti nella scorsa tornata elettorale qualcosa si era balbettato in proposito, oggi non se ne occupa nessuno. Eppure i motivi per interessarsene ci sarebbero. L’economia e l’industria si reggono infatti proprio sull’innovazione e la ricerca ed il problema redistributivo non può nemmeno essere posto se non c’è nulla da distribuire. Ma i legami tra economia e ricerca sembra che nessuno l’abbia ancora compreso. Politicamente è come se presentassimo una bellissima spider – rossa, verde o blu decidete voi – senza preoccuparsi di avere la benzina per farla andare. Forse bisognerebbe anche porsi il problema che una certa parte del nostro precariato è costituito proprio da ricercatori, universitari post-laurea che a questo punto non possono trovare sbocchi perché nel nostro Paese la ricerca non sembra servire a molto, non viene considerata come un vero e proprio propellente di sviluppo. Persino chi auspica la decrescita felice è comunque convinto che questa possibilità non possa attuarsi senza un serio sviluppo tecnologico e di ricerca che possano permetterci di razionalizzare, rendere maggiormente efficienti i nostri consumi limitando l’uso – improprio – di risorse. Nei prossimi anni avremo la possibilità di applicare idee che ci faranno superare problemi che ci portiamo a spasso da secoli e a loro volta queste idee introdurranno qualche nuovo problema. Ma una cosa è essere all’interno di questo sviluppo, capirlo fin dall’inizio per sapersi porre in maniera corretta queste nuove domande, altra cosa è restare indietro senza padroneggiare questi nuovi sviluppi ed aspettando che altri, dall’esterno, sfruttino tutto il vantaggio competitivo sia economico che politico-morale lasciandoci agitare nel sottosviluppo o nel problema di dover localizzare all’estero produzioni a basso contenuto innovativo e tecnologico. Bisogna fare molta attenzione a questi problemi e cercare di non cadere nella trappola di Shopenhauer quando dice: “Tutti prendono i limiti della loro visione per i limiti del mondo”. Staremo a vedere…

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Guida pratica del blogger e cyberdissidente

Reporters sans frontières, associazione di giornalisti che in tutto il mondo si batte da diversi anni per difendere i diritti dei cronisti perseguitati e per la libertà di stampa.
Segnalo una iniziativa molto importante e cioè la pubblicazione della
Guida pratica del blogger e del cyberdissidente, un manuale che spiega come creare un blog, aggiornarlo e soprattutto fare in modo che non cada sotto la scure della censura.
Il testo è stato pubblicizzato il 12 marzo, in occasione della Giornata internazionale contro la cybercensura.
La cosa più importante è che il link al manuale di Reporters sans frontières arrivi, attraverso i tanti canali della rete, a chi ne ha bisogno.
Qui
il link anche via “la Repubblica”

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Pensiamo al 15 aprile

Dibattito: Al di là delle responsabilità del mancato accordo tra PS e SA , è ora di lavorare alla riduzione del danno nel dopo-elezioni. Una sinistra nuova, unita, larga e plurale… Un interessante articolo di Felice Besostri, con relativa discussione allegata sul sito di Aprileonline.
Segnalo anche sullo stesso aprileonline
Bertinotti, la Sinistra oltre il governo

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Elezioni: in Francia ritorna la sinistra: tutta insieme

 In Francia netta vittoria della Sinistra già agli exit polls. Socialisti, Comunisti e Verdi uniti travolgono l’UMP di Sarkò dopo la disfatta dele elezioni presidenziali. Alta l’astensione. Le maggiori città sopra i 30.000 abitanti si colorano di rosso, mentre il anche il centrista Bayrou deve cedere al candidato Socialista la città di Pau per meno di 500 voti. Incerto il risultato a Marsiglia dove sembrerebbe comuqnue prevalere ancora il centrodestra sarkozista. La conferma è che in Francia, ancor più che in Spagna, le forze di sinistra sono in grado di invertire il vento di destra europeo, sopratutto quando si presentano unite e con chiare connotazioni di sinistra. Senza tante storie e distinguo. In Italia invece ci avviamo a confronti tutti giocati al centro e dove, verosimilmente, vincerà uno dei due partiti di centro: di osservanza berlusconiana o veltronista. Contenti noi…

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Aldo Moro: il significato del compromesso

Oggi ricorre l’anniversario dell’uccisione di cinque uomini e del rapimento di Aldo Moro.
Come un po’ tutti anch’io mi ricordo dov’ero quando ho sentito la notizia, ma non è questo l’importante.
L’importante è ricordare che Moro fu l’uomo politico che disse chiaramente ai suoi compagni politici che l’autosufficienza della Democrazia Cristiana era terminata e tradusse le conseguenze di questa idea aprendo il quadro politico prima ai Socialisti e quindi al Partito Comunista.
Proprio il giorno del rapimento questa apertura avrebbe trovata la sua declinazione.
Anche se lontano dalle mie idee, ritengo sia corretto ricordare il sacrificio della sua scorta e il suo rapimento.
Anche attraverso un suo appunto che lessi molti anni dopo quei fatti nei suoi scritti.
Il senso era che la politica non è convenienza, ma fondamentalmente passione.
La politica è l’arte del compromesso possibile.
Ed il compromesso, quello alto, significa promettere insieme.

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Quadrio Curzio: avviso dell’economia alla politica

La dichiarazione odierna più significativa mi appare quella fatta dal Prof. Alberto Quadrio Curzio, passata in mezzo al TG 2 delle 13.00. Parlando di recessione americana ed Europa il concetto espresso era molto chiaro: il mercato ha mostrato di non farcela da solo ed è lo Stato che sta correndo in soccorso delle banche. La politica, chiaramente, ha estrema difficoltà a commentare dichiarazioni come queste che diventano pesanti nel momento in cui i leader dei diversi partiti tentano di comunicare il loro disegno di società. Assistere a quello che viene dichiaratamente espresso dagli economisti come “fallimento del mercato” oltre al salvataggio mediante gli accantonamenti pubblici degli errori dei gestori finanziari – e non solo – dovrebbe fare riflettere non tanto i candidati, ma almeno gli elettori. L’abbandono dello Stato e del suo intervento in economia non mi sembra una ricetta conveniente soprattutto per chi da una parte disprezza questo ruolo della cosa pubblica e dall’altra, ormai da anni, attinge a piene mani alle casse pubbliche per rimediare i propri errori. Per parte nostra continuiamo a pensare che il pensiero socialista e la presenza di una Sinistra forte che alloca le risorse in modo efficiente, efficace e si prende carico delle malattie del mercato, dato che altri non lo fanno, sia l’unica possibilità per il nostro Paese di uscirne vivi. E soprattutto non solo per le classi sociali compresse dalla precarietà e dalla sperequazione sociale, ma a questo punto anche per tutto il tessuto produttivo sano. Non è la maggior presenza degli industriali nelle liste elettorali che può salvare il Paese, soprattutto quelli che fanno “fallire“ il mercato…

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Internet e politica: langue il livello locale?

Continuo a credere che il web blog sia una forma di comunicazione politica più completa rispetto ai media tradizionali. La ragione si potrebbe condensare nella sua interattività a tutti i livelli con tutto ciò che ne consegue e che non sto a ripetere. Lo strumento certamente si presta al contatto su larga scala, soprattutto territoriale, e le discussioni sulle prossime elezioni politiche ne sono un perfetto esempio. Una funzione non ancora molto sviluppata, almeno dal mio punto di vista ma posso sbagliarmi, è quella di reti aperte con maggiore attenzione al livello locale. Ad esempio, se è pur vero che alle prossime elezioni le liste sono bloccate e quindi è inutile spingere per il singolo candidato, langue la discussione su quali proposte i candidati, che verosimilmente saranno comunque eletti, porteranno a livello centrale sulla scorta delle esperienze ed esigenze nate dal proprio territorio. Chiaramente non in chiave localistica, in quanto il Parlamento deve “pensare” a livello generale, ma sicuramente come rappresentare problematiche o soluzioni innovative che nascono dalla propria esperienza. Questo problema infatti viene sfiorato dalle esperienze presenti in rete quali ad esempio la costruzione di liste o l’inserimento di personaggi provenienti dalla blogosfera o la stessa iniziativa delle “10 domande” ai candidati. Forse si potrebbe pensare di far nascere una piattaforma di discussione più “locale” che affianchi le considerazioni politiche general-nazionali; almeno personalmente ne sentirei l’esigenza per aree come quella di Torino e del Piemonte.

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