Dorino Piras

La Salute, l'Ambiente, il Lavoro

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Bertinotti: il ritardo di Kyoto costa 2 mld di € l’anno

Fausto Bertinotti, candidato premier Sinistra Arcobaleno

(AGI) – Roma, 5 aprile.
Fausto Bertinotti (Sinistra Arcobaleno) stigmatizza il ritardo dell’Italia rispetto all’Europa su tutti i terreni strategici e in particolare sui temi di energia ed ambiente.
La soluzione proposta e’ nelle energie rinnovabili e nella riduzione delle emissioni di CO2.
Per il candidato della Sinistra Arcobaleno l’Italia sconta anni di veti e inefficienze sul tema del risparmio energetico ed il ritardo nell’applicazione dei protocolli di Kyoto in materia di riduzione delle emissioni costa circa due miliardi di euro l’anno.
In una intervista all’Ingegnere Italiano, l’house organ del Consiglio Nazionale degli Ingegneri, Bertinotti dichiara:

“l’Italia è in ritardo rispetto all’Europa. Lo è su tutti i terreni strategici, dalla riduzione delle emissioni di CO2, allo sviluppo delle energie rinnovabili, al risparmio ed efficienza degli impianti. I ritardi sono sostanzialmente riassumibili in due responsabilità: da un lato l’apparato industriale che ha frenato sulla efficienza energetica e sulla riduzione delle emissioni, dall’altro lo scandaloso sperpero di risorse pubbliche – i contributi CIP6 – che invece di premiare la produzione di energia da fonti rinnovabili ha foraggiato le cosiddette ‘assimilate alle rinnovabili’ e cioé scarti della raffinazione del petrolio e incenerimento dei rifiuti. Circa 50 miliardi di euro sono stati il costo di questa che – sostiene Bertinotti - è stata definita nelle commissioni parlamentari come una truffa legalizzata”.

Il leader della Sinistra Arcobaleno ribadisce il suo “no a nucleare, no a carbone e fuoriuscita dalle fonti fossili usando il gas naturale per la transizione alle rinnovabili”. AGI - Red/Mal

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Martin Luther King: sono stato sulla cima della montagna

Quarant’anni orsono, moriva Martin Luther King.

Non c’è solamente “I have a dream” nella sua storia. La sera prima della morte pronunciò un discorso altrettanto bello ed importante conosciuto come “sono stato sulla cima della montagna” che si concludeva così:


“…Poi sono arrivato a Memphis. E alcuni hanno cominciato a riferire le minacce, o a parlare delle minacce che erano state fatte là fuori, o a dire quel che mi sarebbe potuto accadere per mano di qualche nostro fratello bianco malato. Ebbene, non so cosa accadrà d’ora in poi; ci aspettano giornate difficili. Ma davvero, per me non ha importanza ora, perché sono stato sulla cima della montagna. E non mi importa. Come chiunque, mi piacerebbe vivere a lungo: la longevità ha i suo lati positivi. Ma non mi preoccupo di questo adesso. Voglio solo fare la volontà di Dio. E Lui mi ha concesso di salire sulla montagna, fino alla vetta. Ho guardato al di là e ho visto la terra promessa. Forse non ci arriverò insieme a voi. Ma stasera voglio che sappiate che noi, come popolo, arriveremo alla terra promessa. Sono così felice stasera; non ho paura di nulla; non temo nessun uomo. I miei occhi hanno visto la gloria della venuta del Signore”.

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Rispunta Al Gore come candidato democratico

Al Gore, premio Nobel per la pace(Clandestinoweb) Per uscire dall’impasse politica determinata dal testa a testa tra Hillary Clinton e Barak Obama, il partito democratico potrebbe tentare una mossa a sorpresa: candidare l’ex vicepresidente e premio Nobel per la pace Al Gore.
A sostenerlo, riportando voci degli ambienti che contano di Washington, è il settimanale Time, al quale gli stessi più stretti di collaboratori di Al Gore non hanno escluso l’eventualità. 
Negli ambienti che contano a Washington, scrive il settimanale Time, circola con sempre maggiore insistenza questa voce. L’articolo è a cura di Joe Klein il quale cita gli stessi più stretti di collaboratori di al Gore.
In parecchi sostengono che alla resa dei conti, se si candidasse Gore sarebbe in grado di raccogliere più consensi dei due attuali contendenti e ai piani alti del partito si sta studiando la possibilità di come tecnicamente offrire la candidatura a Gore che finora è rimasto al di fuori dalla corsa.
Un altro segnale significativo in tal senso viene dalle dichiarazioni rilasciate dalla Presidente della Camera americana, Nancy Pelosi, che rivolgendosi al partito ha invitato a chiudere in fretta la partita della nomination per non lasciare eccessivo vantaggio a McCain, già ‘nominato’ da tempo dai repubblicani.
Quanto ad Al Gore, l’ex vicepresidente, ha presentato il suo ‘programma’ per il futuro, un nuovo ambizioso piano triennale per la riduzione delle emissioni ad effetto serra, considerate la principale causa del surriscaldamento dell’atmosfera terrestre.
La campagna si chiamerà “We” e sarà costituita da spot pubblicitari su Internet e da varie iniziative di informazione con gruppi ambientalisti.
L’obiettivo è sensibilizzare l’opinione pubblica sui pericoli dell’effetto serra e chiedere al governo e al Congresso di trovare soluzioni.
Il piano sarà lanciato mercoledì dalla Alliance for Climate Protection, l’associazione fondata da Gore nel 2006 per promuovere la sua causa contro il surriscaldamento. (Tgcom)

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Professionisti fotovoltaici: il sonno dell’Università e della politica

Christian Benna, su Affari & Finanza, li definisce i manager del futuro.
Giacca, cravatta e raggi solari, i professionisti del fotovoltaico sono apprezzatissimi – e spesso strapagati – in Germania, Spagna, Stati Uniti.
Ma anche in Italia, grazie agli incentivi del nuovo Conto Energia (più di 8000 impianti in esercizio per 83 Megawatt prodotti e 18 milioni di euro di finanziamenti) saremmo agli albori di una rivoluzione: secondo il rapporto della Commissione nazionale per l’energia solare (Cnes) nel 2020 nel nostro Paese, l’industria del fotovoltaico impiegherà non meno di 120.000 persone.
Solamente in Germania nel settore del solare sarebbero già oggi impiegate circa 300.000 addetti.
Ad oggi stime per l’Italia parlano di un numero di addetti a vario titolo nel comparto di circa 60 mila unità che nel giro di pochi anni potrebbero arrivare comodamente a 250 mila e fatta oltre che di manager di tecnici, periti oltre ad un numero imprecisato di operai ed artigiani specializzati.
Tornando ai manager, l’identikit di questa nuova figura unisce alla competenza tecnica, conoscenze di marketing per essere in grado di analizzare il mercato, lanciare nuovi prodotti, dare consulenze sugli aspetti legislativi e supportare le reti di vendita.
Oltre ai rapporti con le banche che stanno proponendo finanziamenti ad hoc ed alle assicurazioni che stanno creando un interessante sistema di prodotti per gli “ecofurti”.
Non da oggi continuiamo a segnalare le grandi possibilità di sviluppo del settore, fatto di produzioni ecologicamente corrette e di lavoro buono, nuovo, ad alto contenuto di conoscenza e quindi molto solido.
Ma anche in queste elezioni, la politica non sembra prestare particolare attenzione a questo squilibrio di addetti creatosi, riprendendo i dati sopra citati, tra Paesi europei come la Germania e l’Italia nel settore del fotovoltaico.
Ed il problema, ancora una volta, si nasconde nella nostra obsoleta proposta formativa, universitaria in prima battuta, ma a cascata anche nelle scuole secondarie.
Mentre ad esempio nell’Europa “storica” e più avanzata a cui noi guardiamo, i percorsi specifici sono già attivi nella maggior parte degli Atenei, nel Bel Paese del sole sembra esistano solo alcuni corsi di laurea nelle Facoltà di Ingegneria a Milano Bovisa e Bocconi, Cagliari, Firenze, Roma Tor Vergata e Bologna, oltre ad un master a Pisa in collaborazione con Enel.
Pochino, soprattutto in un mercato europeo aperto che vedrà un numero di professionisti d’oltralpe schiacciante e un vantaggio competitivo e di maggior sviluppo delle istituzioni formative che si stanno già consolidando nel settore formativo.
Ecco allora la necessità che vengano da una parte indicati chiaramente obiettivi politici di sviluppo in questo settore, quello della formazione alle nuove tecnologie, con dovute azioni di politica universitaria da parte del Ministero competente oltre all’azione delle amministrazioni pubbliche locali per le loro competenze nel campo scolastico.
Una modesta proposta che mi sento di avanzare a livello locale, Come ad esempio ai prossimi Stati Generali dell’Energia in Piemonte, è l’impiego di una quota significativa degli investimenti promessi nel settore proprio alla formazione dei nuovi operatori.
Finanziare i semplici interventi, senza avere un occhio di riguardo allo sviluppo del settore che con le dovute competenze dovrà realizzare queste opere, potrà paradossalmente portare non allo sviluppo di aziende e manager del nostro territorio, ma all’invasione di tecnologie e conoscenze esterne che rimarranno esterne.

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Sinistra: Bertinotti e Boselli firmano il patto Arcigay

Non sembra un caso che oggi venga rilanciata la notizia, (es. clandestinoweb) che Enrico Boselli per il Partito socialista e Fausto Bertinotti per la Sinistra Arcobaleno hanno siglato quest’ oggi il

Patto proposto da Arcigay che ricalca la piattaforma rivendicativa del movimento lgbt italiano ed approvato l’anno scorso in occasione del gay pride.
Il patto è indirizzato a tutti i candidati premier delle prossime elezioni.
Il
Patto composto da nove punti proposti intendono garantire “alle coppie dello stesso sesso parità di diritti rispetto alle coppie ed alle famiglie tradizionali, con il sostegno della parità dei diritti, attraverso l’estensione del matrimonio civile o istituto equivalente.
Dopo l’apertura sulla laicità, i leader della Sinistra Arcobaleno e del Partito Socialista si ritrovano insieme sulla questione dei diritti mancati delle coppie di fatto, affondati dai conservatori del PD.
Credo a questo punto che ci sia qualcosa di più di una semplice distensione dei rapporti a sinistra e che nuove convergenze possano ragionevolmente essere attese dopo la tornata elettorale.
Lo stesso Segretario di Rifondazione Comunista, Franco Giordano, pur ricordando le diverse posizioni in politica economica, non esclude l’apertura di un confronto.

Interessante, per motivi diametralmente opposti, anche la posizione dei Radicali.
Il Presidente di Arcigay, Mancuso, ha rilevato “”la curiosa presa di posizione dei Radicali Italiani che non intendono firmare il patto da noi proposto perché non usi a sottoscrivere documenti provenienti da associazioni o gruppi sociali.
Questa improvvisa e prudenziale posizione ci sembra un po’ stonata, comunque confidiamo che in futuro, al di la delle altre collocazioni delle liste radicali nelle liste elettorali, i deputati pannelliani siano protagonisti delle battaglie civili e di libertà del movimento lgbt italiano”.

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Elezioni: quanto valgono i sondaggi?

Siamo ormai nel periodo elettorale “coperto” in cui per legge non possono essere resi pubblici i sondaggi elettorali.
E’ possibile che venga aggirato il problema se, come è successo in Spagna, gli stessi sondaggi saranno offerti tramite link a quotidiani che non hanno la loro sede sul territorio nazionale.
Ma quanto valgono i sondaggi? Per rispondere alla domanda può essere utile riprendere un articolo di Lorenzo Gaggi segnalato dal sito “
politicaduepuntozero” e pubblicato dal magazine online dell’Università Cattolica.
In sintesi già nel 1971 Pierre Bordieu metteva in guardia sul cattivo uso dei sondaggi in politica.
Spiegava che l’apparente scientificità delle inchieste pre-elettorali produce (poiché suppone) quel monstrum chiamato opinione pubblica: “Un artefatto puro e semplice, la cui funzione è di nascondere che l’opinione data in un certo momento è un sistema di forze, di tensioni, e che non c’è nulla di più inadeguato di una percentuale per rappresentare lo stato dell’opinione”.
Ecco perché il sondaggio è un rischio: offre risultati “viziati” in quanto basato su una semplificazione. L’artefatto chiamato “opinione pubblica”, cui si appellano i sondaggi, sarebbe dunque un modo per nascondere la complessità della “produzione di opinione politica”.
Esso esibisce un consenso che nella realtà non c’è, per legittimare una determinata linea e le forze sociali che la sostengono.
Risultato? La volontà popolare viene forzata, mettendo in crisi la democrazia della rappresentatività e annullando il ruolo di “interprete” affidato alla classe politica.
Il sondaggio pre-elettorale diventa un falsato “mini-referendum”, che coerentemente con la sua pretesa affidabilità renderebbe inutile il voto stesso.
La ragione principale della non scientificità, è che essi assumono arbitrariamente tre postulati facilmente smentibili: primo, che tutti siano in grado di avere un’opinione; secondo, che tutte le opinioni abbiano la stessa forza sociale; terzo, che gli interpellati concordino su quali domande debbano essere poste.
Innanzitutto, nell’esito finale del sondaggio le non-risposte, pur rappresentate, non hanno alcun peso qualitativo.
Ciò avviene anche nella consultazione elettorale, ma in quel caso il cittadino ha tempo e modo di maturare un suo giudizio definitivo.
Per sua natura invece il sondaggio vuole ottenere risposte ‘di contenuto’, ed espresse a caldo. Salta insomma la fase di elaborazione, che equivale il più delle volte proprio alla non (ancora) risposta.
Come dire: non è lo stesso sostenere che le opinioni “sono in movimento” e che sono “mobilitate”.
Inoltre ogni opinione è legata ad una precisa domanda sociale, la cui forza non rispecchia il numero.
Sono rappresentati sia il parere di un operaio “X” sia quello di un magnate dell’industria “Y”: però la loro somma sociale non è semplicemente XY.
Terzo postulato, infine: “Uno degli effetti più perniciosi del sondaggio consiste nel mettere la gente in obbligo di rispondere a domande che non si è mai posta”.
Poiché infatti ognuno si interroga sulle problematiche etico-politiche in base ai “valori impliciti che ha interiorizzato dall’infanzia”, l’unico modo che i sondaggisti avrebbero per esprimere davvero un paniere rappresentativo sarebbe quello di includere tutto l’universo di risposte possibili.
Il che è impossibile.
Crolla perciò il fondamento stesso dell’inchiesta di opinione, in quanto porre la medesima domanda a persone di realtà differenti, a questo punto non ha senso.
Conclusione del sociologo: così sondata, l’opinione pubblica, non esiste, poiché non è fondata su una reale “opinione”.
I sondaggi sono da buttar via, allora? Niente affatto, rassicura Bourdieu: “Possono essere un utile contributo alla scienza sociale, a condizione di essere trattati in modo rigoroso, ovvero con precauzioni particolari”.

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Bertinotti: dopo il voto dialogo con i Socialisti

A chi segue da diverso tempo l’evoluzione della Sinistra e del suo leader Fausto Bertinotti, non stupiscono più di tanto le ultime affermazioni rilanciate da diverse agenzie della necessità di aprire un confronto, post elezioni, con la componente socialista.
Non è da oggi che soprattutto attraverso gli articoli su “Alternative per il Socialismo, di cui Bertinotti è direttore, si parla della necessità di una nuova Epinay italiana, simile a quella che negli anni ’70 ha permesso a Mitterrand di riunire le forze della sinistra francese portandole a risultati importanti ed a esperienze di governo che hanno lasciato un segno nella politica d’oltralpe.
Il percorso d’avvicinamento, messe da parte questioni legate alle diverse personalità ed alla crisi giudiziaria degli anni ’90, non può comunque, come affermato dal leader della Sinistra Arcobaleno, prescindere da posizioni di politica economica sicuramente ancora distanti, ma l’accento viene correttamente posto sulla vicinanza già oggi esistente su temi fondamentali quali la laicità dello Stato ed il conseguente oscurantismo che oggi si respira.
“La questione della presenza di una forza socialista in Italia e’ un problema aperto, che in questa campagna elettorale non ha una risposta convincente”, ha affermato Bertinotti nel corso della conferenza multimediale su “Berti.net”. l’affermazione, che condivido, mi fa venire in mente un recente scambio di idee che ho avuto con un alto dirigente del PS, nel quale mi raccontava di un incontro con una delegazione dei Socialisti francesi, venuti in Italia per comprendere meglio la situazione italiana incontrando le diverse forze politiche di sinistra dell’ex Unione.
Se la nota di colore era la sorpresa dei francesi nel comprendere il completo disinteresse del Partito Democratico per la famiglia del Socialismo europeo, ciò che colpiva era la composizione della delegazione, in cui erano rappresentati anche esponenti di correnti che si richiamavano alla tradizione comunista.
D’altronde non è un mistero come in Francia l’ultima tornata elettorale amministrativa, abbia riconsegnato un quadro politco dove la Gauche plurielle ha sostanzialmente vinto conquistando sindaci socialisti,comunisti e verdi.
Potrei anche sbagliarmi, ma credo che le dichiarazioni di Bertinotti oggi ci indirizzino verso un futuro a sinistra non tanto fatto di Zapatero, Brown-Blair o SPD tedesca, ma al miglior Mitterrand di Epinay.
A questo, credo, sia necessario lavorare. Convintamente.

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Mussi, Veltroni e la Sinistra fuori dalle giunte

Fabio Mussi“Non sarebbe possibile governare città e amministrazioni locali con i voti della sinistra, come Roma, e poi fare una legge elettorale che cancella tutto ciò che non è Pd e Pdl, perché non si possono avere 7 botti piene e 7 mogli ubriache”.
Questa la dichiarazione di Fabio Mussi durante l’intervista a Repubblica TV come scenario nel caso Berlusconi e Veltroni, all’indomani dell’esito elettorale, si accordassero per una nuova legge elettorale a due.
E questo è il clima che inizia a respirarsi a livello dei governi locali dove le conseguenze della campagna elettorale non potranno certamente passare inosservate.
Leggendo più in profondità gli ultimi scambi muscolari, potrebbe sembrare che sia in corso una “interessante” discussione all’interno del PD+Di Pietro+Radicali tra due ipotesi.
La prima, più moderata, vedrebbe volentieri la continuazione della collaborazione con le forze di sinistra a livello locale, ben conscia della difficoltà di recuperare voti per vincere le elezioni in Regioni, Province e Comuni.
La seconda, il cosiddetto “deserto a sinistra”, in caso di buona affermazione della coalizione attualmente in mano al PD, tenterebbe il colpaccio nelle elezioni locali escludendo nei Governi locali la Sinistra ed il Partito Socialista per vincere formando governi locali monopartitici.
La resa dei conti delle due anime PD è chiaramente attesa l’indomani delle elezioni.
Tentazioni che potrebbero portare ad un “effetto domino” con la caduta delle amministrazioni periferiche.
Un quadretto che potrebbe portare ad implosione lo stesso PD, con il rischio di non poter contare sull’effetto trascinante dei buoni risultati ottenuti appunto nelle Amministrazioni Locali.

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Berti.net


Ultime ore per inviare idee, proposte, suggerimenti per il buon governo del Paese a Fausto Bertinotti.
Scade, infatti, domani il progetto VideoBertiNet, esperimento di democrazia interattiva che consente di dialogare con il candidato premier della Sinistra e L’Arcobaleno postando un video su YouTube.Berti.net è insieme un evento e un esperimento.
Attraverso le nuove tecnologie della rete, sfruttando le potenzialità del peer-to-peer e dei software Open Source, potrai partecipare ad una sorta di assemblea on line, con un numero di utenti potenzialmente infinito.
Scaricando un piccolo plug-in vedrai in diretta sul tuo computer il candidato premier Fausto Bertinotti con il quale potrai comunicare, fare domande e dire la tua.
Hai già la possibilità di inviare dei video con le tue domande rivolte a Fausto attraverso il canale www.youtube.com/videobertinet, con la sola regola di stare nel minuto massimo di tempo.
Inoltre, durante la trasmissione live sarà possibile comunicare anche attraverso dei canali di VoIp.
Visita la pagina nelle prossime ore e troverai le modalità per il download del plug-in e gli account del VoIp che dovrai utilizzare.
Noi nel frattempo stiamo lavorando a questo esperimento curiosi di vedere se ci riesce davvero.

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Berlusconi-Alitalia: il liberismo con i mezzi dello Stato

Eugenio Scalfari, nella trasmissione di Lucia Annunziata “in mezz’ora” del 30 marzo, offre diversi avvisi ai naviganti di un certo interesse.
In particolare risulta interessante lo smascheramento del presunto liberalismo della formazione di centrodestra, più precisamente individuata come connubio tra “politica ed affari” invece che “politica ed economia”.
Ma risulta particolarmente importante un allarme lanciato che si collega con la questione Alitalia, l’unica che sembra risvegliare un poco questo scialboperiodo pre-elettorale.
I fatti indicherebbero l’urgenza posta dalla necessità di arrivare alle nomine di diversi manager pubblici (tipo Eni ecc.) per cui Prodi ha proposto a Berlusconi di condividere e trovare un accordo su queste nomine.
Il Cavaliere ha risposto seccamente “no”.
Poco male sin qui, se non fosse per alcune dichiarazioni dello stesso aspirante Premier PdL che ha detto come, il giorno dopo della sua vittoria, avrebbe chiamato i manager pubblici (e gli industriali) a raccolta per sapere quanti soldi le aziende pubbliche e private avrebbero investito nel risanamento di Alitalia.
Sembra quantomeno poco elegante questo tipo di proposta.
O meglio sembra una proposta “che non si può rifiutare”.
Fa un po’ ribrezzo sentire da presunti paladini del “libero mercato” come intendano “drogare” lo stesso mercato e libero scambio, di cui si sentono i missionari.
Oltre al fatto stesso che un premier in pectore usi alla fine lo Stato – quello stesso che vorrebbero alla fine abolire o quantomeno ridimensionare a servo muto – come un qualsiasi attore privato o comunque come elemento distorcente il sistema.
Che poi, oltre alle risorse dello Stato, venga usato in questo modo anche il potere di fare leggi ad hoc – e basta ricordare il recente passato per rendere verosimile questa ipotesi – ci conferma che non c’entra nulla il “liberalismo” ma stiamo correndo verso un “liberismo” insano.
Resta implicito inoltre il dubbio che le nomine che verranno fatte a capo di questi Enti pubblici, possano ragionevolmente essere compiute a seconda delle risposte che in queste ore verranno date dalla rosa degli aspiranti a questi incarichi.

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