Dorino Piras

La Salute, l'Ambiente, il Lavoro

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Il Vangelo socialista. Craxi e Berlinguer 30 anni fa

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Trent’anni orsono, il 27 agosto 1978, comparve sull’Espresso un lungo articolo di Bettino Craxi dal titolo: “Il vangelo socialista” in risposta ad un precedente intervento di Enrico Berlinguer sul leninismo. Il contenuto segnò una forte divisione tra le due anime della sinistra di allora ed in verità, come ricordato da Massimo Pini in: ”Craxi, una vita un’era politica” le idee del testo furono stese da Luciano Pellicani, ex comunista e docente di sociologia politica, in una raccolta di contributi in onore di Willy Brandt. Inoltre fece epoca l’introduzione forte del pensiero di Proudhon nel pantheon socialista. Rileggere questo testo, di cui tanti parlano e che pochi hanno letto, oggi credo possa essere utile, al di là del posizionamento politico di ognuno nello scacchiere odierno della sinistra.

La storia del socialismo non è la storia di un fenomeno omogeneo. Nel corso di travagliate vicende sotto le insegne del socialismo si sono raccolti e confusi elementi distinti e persino reciprocamente repulsivi. Statalismo e antistatalismo, collettivismo e individualismo, autoritarismo e anarchismo, queste e altre tendenze ancora si sono incontrate e scontrate nel movimento operaio sin da quando esso cominciò a muovere i suoi primi passi come unità politica e di classe. In certe circostanze storiche le impostazioni ideologiche diverse sono addirittura sfociate in una vera e propria guerra fratricida. È così avvenuto che tutti i partiti, le correnti e le scuole che si sono richiamate al socialismo, si sono poste in antagonismo al capitalismo, ma ciò non è quasi mai stato sufficiente ad eliminare divisioni e contrapposizioni. I modelli di società che indicavano come alternativa alla società capitalistica erano spesso antitetici… (per continuare click su leggi tutto)

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Sinistra. Il risveglio dei cattolici di sinistra: il Manifesto per la Sinistra Cristiana

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Non è da oggi che alcuni di noi si domandano, in prima persona ovviamente, dove siano finiti i cristiani a sinistra. Una voce che sembrava ormai muta a fronte di una nobile presenza organizzata in anni passati, che ha contribuito in maniera non scontata ed originale alla costruzione di una sinistra forte e radicata. Eppure, proprio nel momento di “bassa intensità” politica del nostro schieramento, questa voce si fa nuovamente sentire quando mai ce lo saremmo aspettati. A metà luglio, infatti, Raniero La Valle ha infatti lanciato il “ Manifesto per la Sinistra Cristiana – per un ritorno alla politica nel tempo della crisi” di cui qui trovate il testo. L’obbiettivo, al momento, è la costituzione di una rete di gruppi, aggregazioni, servizi  con al centro tre grandi filoni di lavoro: la Costituzione, la laicità e la pace. Lasciando alla ricchezza di lettura del testo le diverse articolazioni e motivazioni di questo atto politico a mio avviso forte ed opportuno, colpisce comunque il fatto che proprio la laicità si’mponga come obbiettivo prioritario. Colpisce ma non stupisce, se si tiene conto che si sta parlando della laicità “positiva” che non consiste  nell’equivoco odierno di non poter essere o potersi manifestarsi credenti, nel nascondimento, ma appunto in una scelta “positiva” che non si contrappone a fede e religione, non è “sequestrata da specialisti togati a ciò specialmente consacrati. Questa laicità non si contrappone a fede o a religione, perché il sacro non è la stessa cosa di Dio, non è la stessa cosa della Chiesa ma, fuorviato, diventa piuttosto la custodia cautelare con cui Dio è tenuto sotto controllo, la forma del suo esilio dal mondo, del mettersi al riparo da lui, una contraffazione e una copia di Dio, come si può sapere almeno da quando Gesù di Nazaret, come dice il vangelo, ce lo ha fatto “vedere”.
Da qui lo svolgersi delle motivazioni, il mantenere “un principio di non appagamento“, come diceva Aldo Moro rispetto a ogni società data; l’azione spiegabile al di là delle mere opportunità politiche o di convenienze personali.
Non poteva quindi essere più opportuno che questa presenza si risvegliasse proprio in un momento di intensa crisi della sinistra e di necessità di ogni apporto utile per la sua ricostruzione su nuove basi solide, senza che la definizione di Sinistra Cristiana comporti in maniera assoluta un’identificazione confessionale.
È appena il caso di sottolineare la sottoscrizione di personaggi noti e meno noti, tra tutti Adriano Ossicini (ricordando la sua attiva militanza da cattolico nel Partito Comunista Italiano) e Rita Borsellino, Tonio Dell’Olio di Pax Christi, Giovanni Franzoni e molti altri con un numero di adesioni che rapidamente ha passato il centinaio.
L’invito è quindi quello di leggere questo manifesto e di osservare con la dovuta attenzione i suoi sviluppi, non volendo aggiungere davvero altre valutazioni che potrebbero confondere, in chi legge queste poche righe, la natura di questo progetto, quantomai oggi necessario.

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Sinistra. Glucksmann Socrate e la legge del quadrato

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Ho preso in mano il libro di André Glucksmann “Sessantotto – dialogo tra un padre e un figlio su una stagione mai finita” senza troppa convinzione. In verità non mi appassionano le apologie del ’68 e trovo un po’ fuori misura la glorificazione di quel periodo, malgrado non l’abbia vissuto di prima mano. Forse ciò che mi ha attirato è stata la posizione, ambigua a dire la verità, di Glucksmann nei confronti di Sarkozy: come è possibile l’esistenza di un ponte ideale tra il nouveau philosophe e lo sceriffo francese? Insomma alla fine lo leggo e, con mio stesso stupore, mi ha coinvolto e mi è piaciuto. Soprattutto perché rimette a posto diverse cose che erano sfuggite ai più, toglie la maschera a certe ipocrisie e scopre certi travestimenti. Ma soprattutto perché aiuta a capire, intento certamente lontano dalle intenzioni dell’autore, quale opera di “pulizia” è necessaria alla sinistra nostrana: dall’acquisizione del principio di realtà, alle idee sulla “rivoluzione” sociale, all’antidogmatismo vero e non di maniera passando senza saccenteria attraverso Montaigne, Socrate, Hegel, Lenin, DeGaulle, Marx, Malraux, Derrida. Colpendo le vanità della sinistra europea, o certe attuali predisposizioni al nichilismo fino al cortocircuito inimmaginabile, ma certamente convincente, del peso che un autore come Solzenicyn ha avuto sul maggio francese. Tra le tante provocazioni, ne ho ritrovato, ad esempio, una che mi piacque già in tempi non sospetti e che può essere applicata allo stato di chi, come noi, tenta di riflettere sulle secche che questa stagione politica ci sta regalando, almeno a sinistra. Si tratta di un passaggio del Menone di Platone, in cui Socrate, per dimostrare che è possibile l’apprendistato della conoscenza, invita un giovane schiavo digiuno di geometria, a raddoppiare la superficie di un quadrato disegnato sulla sabbia. Il ragazzo, credendo di sapere come si fa, raddoppia i lati del quadrato. Socrate, però, gli fa osservare che il quadrato è quattro volte più grande e non due. Il ragazzo, a questo punto, comincia a pensare ed a lambiccarsi il cervello in modo problematico. “Ha sostanzialmente – dice Glucksmann – subito la prova del reale: in attesa di conoscere il vero, ha fatto esperienza del proprio errore. Ha un’idea vera del falso, prima di avere un’idea vera del vero. Ed è questo passaggio attraverso l’errore quello che l’esperienza “pedagogica” minimizza: pretende che la verità, piena e completa, sia già presente nel maestro o nell’allievo; l’uno o l’altro deve essere posseduto dall’infallibilità; non c’è altra possibilità. Nessuna prova dei fatti o dell’errore, che costituirebbero un tribunale comune cui si inchina la fallibilità dell’uno quanto dell’altro”.
Credo che questo possa servirci.

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Obama sceglie Biden per la Vicepresidenza Usa

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Ritornando dagli Stati Uniti, prendo d’infilata la notizia che Barack Obama ha deciso la nomina del suo vicepresidente in caso di vittoria: è Joseph R. Biden Jr., 65 anni, cattolico. Molto noto negli USA, è segnalato soprattutto dalla stampa americana come grande esperto e leader democratico da circa 30 anni in politica estera ed al centro degli snodi della politica estera americana: dai trattati per i missili balistici con l’Unione Sovietica, alla Serbia, Kossovo, ai rapporti con Israele. La decisione di Barack Obama punta sicuramente a segnalare l’importanza dei temi di politica estera per la prossima presidenza Usa e a coprire un lato considerato “scoperto” da tutti gli osservatori politici statunitensi: l’esperienza dello sfidante democratico sui temi di politica internazionale. Meno enfatizzata è l’estrazione “cattolica” di Biden, anche se non sfugge la ricerca di voti in questo settore, considerato più incline a votare democratico rispetto ai fondamentalisti precedentemente conquistati da Bush. Sicuramente Biden è persona nota della politica americana e considerato uno che “parla col cuore in mano” senza paura di eventuali gaffes e non uno yes-man. Interessante anche l’aspetto mediatico della nomina. Infatti lo stesso Obama aveva promesso un lancio della notizia via sms ed e-mail, ma sembra essere stato bruciato di pochissimo dalle agenzie di stampa che erano venute a conoscenza di movimenti di vario genere verso Biden, soprattutto sulla analisi che lo staff di Obama stava compiendo su eventuali “falle” nella vita politica di Biden. Poco ripresa, al momento, dai commenti dei guru dell’informazione, la mancata chiamata di Hillary Clinton, che a dire la verità era un po’ sparita dalle cronache politiche americane.
Go Obama!

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VACANZE

Vado a sei fusi di distanza…
Ci rivediamo verso fine agosto
Buone vacanze a tutti…



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Olimpiadi 2008. Tra politica ed economia la scomparsa del CIO





Personalmente non mi appassiona molto la discussione sul boicottaggio dei giochi olimpici: credo che alla fine gli atleti facciano bene a partecipare ai giochi. Anche perché se Jesse Owens non avesse partecipato ai giochi non avremmo visto Hitler, a casa sua a Berlino, uscire furente dallo stadio dopo la quarta medaglia di un nero oppure il “plastico” podio con pugno levato al cielo delle Black Panters americane (che poi pagarono caro il loro gesto). I tempi poi sono molto cambiati, anche se il Presidente della Georgia ha chiesto ai propri atleti presenti a Pechino di non abbandonare la manifestazione, malgrado il dramma in corso in quel Paese, ma di vincere quanto più possibile per riaccendere i riflettori sul problema.
Ciò di cui si fa poco “spolvero” è invece la composizione, il governo del Comitato Olimpico Internazionale (CIO). Questo infatti rimane strumento di una sorta di “casta” composta da re, regine, duchi, sceicchi, generali, il cui potere, per dire, è anche rilevabile dal confronto, numerico, con l’altra grande casta dello sport mondiale. La FIFA (il calcio per dirla semplice) è partecipata da 208 stati membri, mentre il CIO si ferma a 205. L’ONU, per fare altri raffronti ha “solo” 192 Stati membri. Anche se negli ultimi anni si è assistito ad una iniezione di ex atleti, la casta continua senza grandi scossoni, pensando ad esempio che l’Italia, tra gli  altri, viene ancora rappresentata da giovinotti come Mario Pescante e, last but not list, Franco Carraro. In questo gran parlare del peso politico ed economico dei Giochi, delle posizioni dei governi degli Stati e delle “responsabilità” degli atleti, stranamente continua scomparire il ruolo sia politico che economico apputo del governo mondiale dello sport.
Non siamo certamente più ai tempi di Samaranch, molto criticato per come ha interpretato il suo ruolo, amico di Francisco Franco e che è riuscito a mettere suol figlio su una poltrona del CIO. Oggi Jacques Rogge, ortopedico belga ed eccellente velista, sembra di statura diversa rispetto a quella del suo predecessore che era riuscito ad assegnare il centenario dei giochi ad Atlanta facendo lo sgambetto ad Atene e l’edizione invernale a Salt Lake City dopo la corruzione dei membri del CIO d parte del comitato organizzatore di quei giochi.
Quando quindi parliamo di politica ed economia dello sport mondiale, non dimentichiamoci che questo possiede un governo potente, numeroso e con mlte responsabilità.

P.S. Una curiosità su Jesse Owens. Sembra che la storia di Hitler non sia così vera come la raccontano: lo stesso Owens disse che il cancelliere nazista in realtà gli fece un gesto di saluto. Pare che invece proprio il Presidente americano Roosevelt annullò un incontro con l’atleta nero per paura di ritorsioni da parte del suo elettorato degli Stati del sud (qui su Wikipedia)

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TV USA: Berlusconi troppo anziano per Pechino

Schiaffo a Berlusconi dalla NBC
«È troppo anziano per andare a Pechino»

Non sono stati risparmiati neanche gli atleti italiani: mostrati per pochi secondi come quelli del Mali e Gabon.

Leggi qui l’articolo del Corriere.it

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Misure anti smog a Torino: tra ZTL e Ticket d’ingresso

In tempi di misure antismog ripubblico un precedente post (tra i diversi sull’argomento che potrete trovare nella mappa articoli) dove si puntualizzavano alcune misure immediate di Fabio Casiroli, professore al Politecnico di Milano. si possono o meno condividere, ma ciò che sottolinerei è la modalità di impostazione del problema. Successivamente vi consiglierei almeno due testi agili e di semplice lettura per avvicinarsi in mnaiera più strutturata al problema.

Ricevendo il recente numero della rivista “Protecta” (numero 12/1 – dicembre ‘07/gennaio ’08) su inquinamento e trasporti, dove compare anche un articolo sulla nostra esperienza torinese in tema a firma mia e di Paola Villani (che è il vero esperto della materia e senza la cui opera l’articolo non sarebbe stato né concepito né pubblicato), mi sono imbattuto in un interessante articolo di Fabio Casiroli, visiting professor DPA del Politecnico di Milano, dal titolo “il coraggio delle decisioni”.
L’interesse sta in alcune premesse e suggerimenti indicati. Partendo infatti dalla recente discussione tutta milanese dell’Ecopass, l’autore richiama giustamente la “via del coraggio delle decisioni, che compete a chi regge la res publica, coraggio che nasce dalla condivisione di una premessa evidente: “il capitale ereditato dal passato, quale l’aria respirabile che offre a noi stessi e ai nostri cari la speranza di aumentare gli anni di vita, è in via di esaurimento… chi di dovere sarà presto obbligato ad assumere decisioni drastiche come ad esempio bloccare spesso la circolazione anche nei giorni feriali. Prima che ciò accada è opportuno che il coraggio si manifesti con alcune decisioni “draconiane” accettabili per i cittadini purché accompagnatela chiare spiegazioni e sostenute da misure capaci di offrire alternative all’auto”.
L’autore individua in almeno quattro queste misure immediatamente fattibili: 1) moltiplicare le corsie riservate ai mezzi pubblici, non solo in ambito urbano, ma anche sulle direttrici di ingresso delle città; 2) investire “fuori mura”, ribaltando la logica di chiusura verso i Comuni di corona (esplicitata nel caso milanese dall’ingresso oneroso); 3) disegnare una rete di spazi ciclabili, non necessariamente strutturati, ma capaci di costruire rete; 4) imporre le targhe alterne ogni giorno, fino a quando l’inquinamento non sarà stabilmente sotto soglia e i servizi ferroviari e di metropolitana non offriranno frequenze, qualità e copertura adeguate.
1) E’ dimostrato come i confini funzionali della città cambino in relazione all’ora del giorno ed al modo di trasporto utilizzato.
Un caso studiato è quello di Bogotà, una delle 12 megalopoli studiate, dove rinunciando per mancanza di risorse a costruire linee di metropolitana ed investendo in un sistema di autobus articolati con sede riservata, si sono rapidamente ottenuti risultati importanti.
Il sistema, conosciuto come “transmilenio”, trasporta da solo il 25% dei passeggeri, ha diminuito di 1/3 i tempi di percorrenza, del 40% le emissioni, del 90% gli incidenti lungo le strade che percorre. Il sistema è stato seguito anche da altre città ed è all’attenzione delle metropoli occidentali (la denominazione tecnica è BRT, Bus Rapid Transit).
Il ragionamento è semplice: disponendo di poche risorse nell’immediato per nuove linee metro (e dati anche i tempi di costruzione delle stesse) e similmente per il sistema ferroviario regionale, se il tempo per ridurre l’inquinamento e la congestione sta scadendo, la soluzione di potenziare e proteggere il servizio di autobus appare inevitabile. “Proteggere” – scrive Casiroli – “è la parola magica che ribalta abitudini e offre speranza.
Sostenere che non sia possibile diffondere le corsie riservate per la larghezza limitata della rete stradale, è tecnicamente vero solo se si ritiene impossibile sottrarre spazio alle auto; ma se questo tabù viene rimosso, decidendo di offrire un servizio pubblico competitivo da subito, e si legge attentamente la città, si scopre che lo spazio esiste.
Come esiste lungo le strade che entrano in città, basta usare diversamente lo spazio da subito. Disporre di corsie dedicate e controllate aumenta la velocità commerciale dei bus, regolarizza il servizio, attrae utenza. (…) Occorre rimuovere la convinzione che le aziende di trasporto siano da considerare come qualsiasi altra impresa commerciale, dunque obbligate all’equilibrio economico.
Se la mobilità è un diritto, se la salute ha un valore inestimabile, allora le risorse investite nei sistemi di trasporto rientrano in una logica di “costo sociale” e di buon uso del denaro pubblico”.
2) Investire anche al di fuori della cerchia delle città metropolitane crea un vantaggio anche per le grandi città stesse.
Gli scambi tra i grandi centri e il resto del territorio comporta fenomeni di mobilità potenti.
A Milano entrano circa 680 mila veicoli al giorno: di questi circa 450 mila sono residenti all’esterno del comune (86% delle vetture) e altri 230 mila da cittadini milanesi che rientrano a casa.
Ne consegue che è interesse della città modificare la ripartizione modale in origine, contribuendo alla costruzione anche nella prima corona di parcheggi di interscambio dove potrebbero transitare autobus espressi da inserire nelle corsie riservate.
3) Disegnare una rete di spazi ciclabili, non necessariamente strutturati ma capaci di costruire rete è misura semplice e a costi limitatissimi come dimostrano esperienze di città con climi sicuramente più inclementi rispetto al nostro.
4)“Se l’uso occasionale delle targhe alterne – continua l’autore – “non produce benefici, l’uso costante ha effetti positivi sia sotto il profilo ambientale, sia della capacità stradale, ridotta dalla presenza delle corsie riservate.
E’ misura impopolare? Solo se non si spiega che l’aternativa è lo sperpero del residuo patrimonio di aria respirabile, a cui non potrano che seguire misure ben più radicali”.
Indispensabile nel frattempo con le risorse disponibili potenziare i sistemi di cui sopra, tentando dove possibile di trasformare il sistema ferroviario in un “Servizio Ferroviario Metropolitano” sul modello della RER parigina (un treno ogni 10 minuti. “Misura molto più efficace del prolungare eccessivamente le linee di metro nel territorio”.
E’ sempre un po’ stucchevole e di scarso interesse sentirsi ripetere l’elenco delle azioni che andrebbero intraprese, ma è giusto ricordare che urge una strategia integrata e di ampio respiro, con ambiziosi obiettivi in prospettiva, ma con misure applicabili da subito.

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Nuovi orizzonti a sinistra: mettere un dubbio a chi vince

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Se siete di sinistra e se la lettura dei giornali oggi non vi ha riservato particolari emozioni, posso consigliarvi la lettura dell’intervista a Giorgio Cremaschi rintracciabile qui. Anche se vado contro i miei interessi, perché alla fine potreste non essere più di sinistra. Ma corro il rischio per dovere di verità. L’intervista mantiene quanto promette dal titolo “Mai più al governo, mai più con il PD” e si dilunga sulla nuova strategia di questa parte di sinistra: l’avversario vero sono il riformismo e il PD; “chi pensa che il dialogo con il Pd debba essere la bussola – leggi Vendola – sbaglia di grosso: quello contro il moderatismo riformista deve essere un elemento fondativo della svolta di Rifondazione» ed altre cineserie del genere. Che il nostro sindacalista voglia abbandonare la strada di Togliatti non è cosa nuova. Ma il vertice del ragionamento, il cuore della nuova linea politica, il punto a cui deve tendere la nostra tensione è presto raggiunto da queste scultoree parole: “…I cittadini devono sapere che il loro è un voto utile non perchè Rifondazione andrà al governo, ma perchè sarà in grado di capitalizzare quel consenso per creare, come diceva Ingrao, un dubbio nei vincitori”.
Mettere dubbi a chi vince? E’ questo l’orizzonte di Rifondazione?
“La storia del Pci è questa. Le persone lo votavano sapendo che non sarebbe mai andato al governo. Eppure, un solo voto in più al Partito comunista dava più forza alle lotte”.

Non so dove andremo a finire, dico noi sinistra, con presunti dirigenti di questa statura politica. La speranza comunque è che finalmente Cremaschi raggiunga la tanto agognata “autonomia politica” che anela a più riprese nell’intervista, e che ci lasci in pace. Perché l’autonomia dalle persone, dal raziocinio e dal mondo in generale mi sembra che l’abbia già ampiamente conquistata.

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Ecopass a Milano: migliora la qualità dell’aria, diminuiscono gli incidenti

Bilancio di sei mesi di Ecopass a Milano. Pur con tutte le dovute cautele i dati sono estremamente interessanti per diversi ordini di fattori.
1) Si è invertito il dato quantitativo di polveri sottili tra la città di Milano e la Provincia:

Pm 2,5 Milano Provincia
2007 37,6 30,8
2008 27,5 35,3

2) diminuzione del traffico cittadino con diminuzione del 20% in meno nell’area dei Bastioni e del 6,3% in tutta l’area cittadina.
3) diminuzione del numero degli incidenti rispetto al 2007: -20,5% in centro città e -6,4% in tutta la città.
4) aumento del numero di passeggeri trasportati con i mezzi pubblici rispetto al 2007:  +8,8%. In numeri 22.000 auto in meno, 23.000 utenti in più delle linee di trasporto pubblico.
5) aumento della velocità commerciale dei mezzi pubblici di superficie: 8,67 Km/h nel 2007, 9,3 Km/h nel 2008.
Il dato è relativo ai primi 6 mesi del 2008; fonte dati Corriere della Sera.

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