Secondo un sondaggio effettuato dall’istituto Dinamiche commissionato dal Partito Socialista, l’area laico-riformista rappresentata da Nencini (Partito Sociaslita), Verdi (Francescato), Sinistra Democratica (Fava) e Rifondazione per la Sinistra (Vendola) supererebbe agevolmente il 4% se si presentasse unita alle prossime elezioni europee di giugno 2009. Il sondaggio effettuato agli inizi di febbraio indica un’oscillazione di voto compresa tra il 4,6% ed il 6,5. Il sondaggio ha inoltre testato un buon gradimento (16% circa) della linea intrapresa dal Partito Socialista dal luglio 2008 ad oggi.
Dorino Piras
La Salute, l'Ambiente, il Lavoro
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“I dati -ha spiegato il presidente Antonio Saitta insieme all’assessore Dorino Piras e ai vertici di Smat Paolo Romano e Giorgio Gilli- dimostrano che la nostra tariffa dell’acqua si attesta ad un livello tra i più bassi in Italia: una famiglia media di 3 persone spende per il servizio circa 144 € all’anno. Gli introiti della tariffa ci hanno consentito tra l’altro di redistribuire alle comunità montane il 5% dei ricavi tariffari per interventi di manutenzione del territorio che contribuiscano alla protezione e salvaguardia delle risorse idriche”.
L’Autorità d’ambito ha lavorato in questi anni per far partire grandi interventi sul territorio: sono imminenti i lavori per la realizzazione dell’ acquedotto della valle Susa che riguarderà 27 Comuni per un importo 132,8 milioni di euro, mentre è già in corso di realizzazione il rifacimento collettore acquedottistico Beinasco-Scalenghe a servizio della città di Torino per un costo di oltre 24 milioni di euro e si sta progettando sia l’acquedotto idropotabile e industriale della Valle Orco sia la dorsale idrica Val Pellice.
(Uff stampa Provincia di Torino)
Si è concluso positivamente l’incontro avvenuto oggi tra Partito Socialista, Verdi, Sinistra Democratica e Rifondazione per la Sinistra per ricercare l’intesa sulle prossime elezioni europee 2009 dove le diverse forze di sinistra pensano di presentarsi unite. Il prossimo incontro sarà per questo lunedì, 16 febbraio, alle ore 18.00 dove si adotterà una decisione definitiva sulla linea da adottare, come specificato da Riccardo Nencini, segretario del Partito Socialista nella cui sede si svolgono gli incontri. Nel frattempo è previsto un contatto con Marco Pannella, data l’importanza che i leader delle rispettive formazioni sottolineano riguardo alla partecipazione dei Radicali nel percorso comune.
I Verdi giudicano la decisione del Partito Democratico di promuovere ed approvare uno sbarramento elettorale del 4% un fatto grave – sia perché lede il principio della rappresentanza democratica al Parlamento Europeo, con una modifica della legge elettorale fatta a tre mesi dalla presentazione delle liste – sia perché ostacola politicamente la possibilità di ricostruire e rilanciare un nuovo centrosinistra a livello locale e nazionale, capace di creare un’alternativa credibile e reale al governo Berlusconi.
Proprio per questo i Verdi lavorano, in alternativa a questo progetto distruttivo ed escludente, a costruire un nuovo centrosinistra partecipato e paritario che raccolga le energie migliori e le speranze di cambiamento dell’elettorato.
In vista delle elezioni Europee i Verdi, per rispondere anche a questa grande esigenza di difesa democratica, propongono di costruire un’alleanza per la presentazione di una lista che a partire da una presenza visibile del simbolo dei Verdi, raccolga le forze del mondo laico, ecologista, di sinistra, riformista, delle realtà civiche, associative e di movimento.
Nell’ambito di questa lista i Verdi sono impegnati a portare in Europa i contenuti della riconversione ecologica della società e dell’economia, delle battaglie per i diritti civili e sociali, per l’affermazione della laicità nelle istituzioni e nella società, e ne affidano il percorso al Portavoce e al Coordinamento. Il Consiglio federale dovrà essere informato e coinvolto sugli sviluppi del percorso.
Lomelo-Roggiolani, De Petris, Lion, Mastrorillo, Albanesi, D’Alessio, Zammataro, Fiorani, Alemanno, Boncompagni, Coccia, Troia, Ragosta, Maranzano, Del Regno, Scotti, Caporale, Massai, Licastro, Pozzato, Ciaccia, Canistro, Zorani, Crisci, Pantano, Carraro, Zerega, Autelitano, Puglisi, Galati, Lorito.
Seguono altre firme.
Il provvedimento proposto dalla Lega nord e approvato al Senato che incita i medici alla delazione dei clandestini malati, ha suscitato condanne e indignazione, ma ha anche evidenziato come il dialogo e le intese con questo governo rappresentano una pericolosa illusione che finisce sempre per indebolire l’opposizione.
Credo sia corretto il commento che Mauro Del Bue (di cui riporto un estratto) ha scritto riguardo la divisione all’interno degli schieramenti -ma fondamentalmente del Partito Democratico – sul voto al decreto Legge sull’alimentazione forzata: …ciò che emerge con chiarezza è che i due partiti politici maggiori sono senza identità e si frantumano, soprattutto il Pd, di fronte ai problemi etici. Che non sono “altro” dalla politica, ma ne rappresentano l’aspetto più nobile. Rispondere a quale modello di società costruire, a quale rapporto tra gli uomini, a quale concezione della vita e della morte, che cos’è se non la rappresentazione della migliore dimensione della politica? E che senso hanno partiti che non sanno parlare ad una sola voce di questo? Anzi, che da questo fuggono? E che delegano i loro principi “alla libertà di coscienza”? Perchè coscienza e politica devono stare separate? E che cos’è mai la politica se non, come dice la parola stessa, l’etica comune? Sarebbe utile su questo un confronto…
“Il cammino della democrazia non è un cammino facile. Per questo bisogna essere continuamente vigilanti, non rassegnarsi al peggio, ma neppure abbandonarsi ad una tranquilla fiducia nelle sorti fatalmente progressive dell’umanità… La differenza tra la mia generazione e quella dei nostri padri è che loro erano democratici ottimisti. Noi siamo, dobbiamo essere, democratici sempre in allarme”.
Norberto Bobbio
Rompiamo il silenzio Mai come ora è giustificato l’allarme. Assistiamo a segni inequivocabili di disfacimento sociale: perdita di senso civico, corruzione pubblica e privata, disprezzo della legalità e dell’uguaglianza, impunità per i forti e costrizione per i deboli, libertà come privilegi e non come diritti. Quando i legami sociali sono messi a rischio, non stupiscono le idee secessioniste, le pulsioni razziste e xenofobe, la volgarità, l’arroganza e la violenza nei rapporti tra gli individui e i gruppi. Preoccupa soprattutto l’accettazione passiva che penetra nella cultura. Una nuova incipiente legittimità è all’opera per avvilire quella costituzionale. Non sono difetti o deviazioni occasionali, ma segni premonitori su cui si cerca di stendere un velo di silenzio, un velo che forse un giorno sarà sollevato e mostrerà che cosa nasconde, ma sarà troppo tardi.
Non vedere è non voler vedere. Non conosciamo gli esiti, ma avvertiamo che la democrazia è in bilico.
Pochi Paesi al mondo affrontano l’attuale crisi economica e sociale in un decadimento etico e istituzionale così esteso e avanzato, con regole deboli e contestate, punti di riferimento comuni cancellati e gruppi dirigenti inadeguati. La democrazia non si è mai giovata di crisi come quella attuale. Questa può sì essere occasione di riflessione e rinnovamento, ma può anche essere facilmente il terreno di coltura della demagogia, ciò da cui il nostro Paese, particolarmente, non è immune.
La demagogia è il rovesciamento del rapporto democratico tra governanti e governati. La sua massima è: il potere scende dall’alto e il consenso si fa salire dal basso. ll primo suo segnale è la caduta di rappresentatività del Parlamento. Regole elettorali artificiose, pensate più nell’interesse dei partiti che dei cittadini, l’assenza di strumenti di scelta delle candidature (elezioni primarie) e dei candidati (preferenze) capovolgono la rappresentanza. L’investitura da parte di monarchie o oligarchie di partito si mette al posto dell’elezione. La selezione della classe politica diventa una cooptazione chiusa. L’esautoramento del Parlamento da parte del governo, dove siedono monarchi e oligarchi di partito, è una conseguenza, di cui i decreti-legge e le questioni di fiducia a ripetizione sono a loro volta conseguenza.
La separazione dei poteri è fondamento di ogni regime che teme il dispotismo, ma la demagogia le è nemica, perché per essa il potere deve scorrere senza limiti dall’alto al basso. Così, l’autonomia della funzione giudiziaria è minacciata; così il presidenzialismo all’italiana, cioè senza contrappesi e controlli, è oggetto di desiderio.
Ci sono però altre separazioni, anche più importanti, che sono travolte: tra politica, economia, cultura, e informazione; tra pubblico e privato; tra Stato e Chiesa. L’intreccio tra questi fattori della vita collettiva, da cui nascono collusioni e concentrazioni di potere, spesso invisibili e sempre inconfessabili, è la vera, grande anomalia del nostro Paese. Economia, politica, informazione, cultura, religione si alimentano reciprocamente: crescono, si compromettono e si corrompono l’una con l’altra. I grandi temi delle incompatibilità, dei conflitti d’interesse, dell’etica pubblica, della laicità riguardano queste separazioni di potere e sono tanto meno presenti nell’agenda politica quanto più se ne parla a vanvera.
Soprattutto, il risultato che ci sta dinnanzi spaventoso è un regime chiuso di oligarchie rapaci, che succhia dall’alto, impone disuguaglianza, vuole avere a che fare con clienti-consumatori ignari o imboniti, respinge chi, per difendere la propria dignità, non vuole asservirsi, mortifica le energie fresche e allontana i migliori. È materia di giustizia, ma anche di declino del nostro Paese, tutto intero.
Guardiamo la realtà, per quanto preoccupante sia. Rivendichiamo i nostri diritti di cittadini. Consideriamo ogni giorno un punto d’inizio, invece che un punto d’arrivo. Cioè: sconfiggiamo la rassegnazione e cerchiamo di dare esiti allo sdegno.
* * *
Che cosa possiamo fare dunque noi, soci e amici di Libertà e Giustizia? Possiamo far crescere le nostre forze per unirle alle intelligenze, alle culture e alle energie di coloro che rendono vivo il nostro Paese e, per amor di sé e dei propri figli, non si rassegnano al suo declino. Con questi obiettivi primari.
Innanzitutto, contrastare le proposte di stravolgimento della Costituzione, come il presidenzialismo e l’attrazione della giurisdizione nella sfera d’influenza dell’esecutivo. Nelle condizioni politiche attuali del nostro Paese, esse sarebbero non strumenti di efficienza della democrazia ma espressione e consolidamento di oligarchie demagogiche.
Difendere la legalità contro il lassismo e la corruzione, chiedendo ai partiti che aspirano a rappresentarci di non tollerare al proprio interno faccendieri e corrotti, ancorché portatori di voti. Non usare le candidature nelle elezioni come risorse improprie per risolvere problemi interni, per ripescare personaggi, per pagare conti, per cedere a ricatti. Promuovere, anche così, l’obbligatorio ricambio della classe dirigente.
Non lasciar morire il tema delle incompatibilità e dei conflitti d’interesse, un tema cruciale, che non si può ridurre ad argomento della polemica politica contingente, un tema che destra e sinistra hanno lasciato cadere. Riaffermare la linea di confine, cioè la laicità senza aggettivi, nel rapporto tra lo Stato e la Chiesa cattolica, indipendenti e sovrani “ciascuno nel proprio ordine”, non appartenendo la legislazione civile, se non negli stati teocratici, all’ordine della Chiesa.
Promuovere la cultura politica, il pensiero critico, una rete di relazioni tra persone ugualmente interessate alla convivenza civile e all’attività politica, nel segno dei valori costituzionali.
Sono obiettivi ambiziosi ma non irrealistici se la voce collettiva di Libertà e Giustizia potrà pesare e farsi ascoltare. Per questo chiediamo la tua adesione.
Questo in estrema sintesi il messaggio-chiave che si ricava dalla lettura della dinamica della domanda di mobilità nel 2008 espressa dai dati dell’Osservatorio Audimob di Isfort.
Il 2008 è quindi un anno di crescita della domanda di mobilità, osservabile dall’aumento, rispetto al 2007, sia del numero di passeggeri-km, pari a un cospicuo +11,4%, sia del numero di spostamenti, pari a un più contenuto +3,7%. La crescita differente di questi due indicatori permette di evidenziare un ulteriore elemento, ovvero il consolidamento di un nuovo modello di consumo di mobilità caratterizzato dall’allungamento temporale e spaziale degli spostamenti.
Raggiungono infatti il valore massimo da quando sono iniziate le rilevazioni dell’Osservatorio (anno 2000), sia il tempo medio giornaliero speso in mobilità da parte di chi si muove, quasi 66 minuti, vale a dire oltre 10 minuti in più rispetto al 2004, sia la distanza media percorsa, ben 40 km, quasi il doppio rispetto al 2004. Aumentano inoltre il numero di persone che effettua spostamenti in un giorno feriale tipo (83,1% del 2008 contro l’81,4% del 2007) e il numero medio procapite degli spostamenti (3,16 nel 2008). I timori della crisi, ma soprattutto i livelli record del costo del carburante registrati nella prima parte del 2008, hanno influenzato ma non stravolto le scelte degli italiani per ciò che riguarda i mezzi di trasporto utilizzati.
Infatti, i dati 2008 sanciscono il progresso del trasporto pubblico, in particolare nelle grandi città, in grado di intercettare buona parte della crescita dei consumi di mobilità e di ampliare quindi la propria fetta di mercato. E’ la prima volta che le rilevazioni ‘Audimob’ registrano una crescita della quota modale dei mezzi pubblici concomitante a un ciclo espansivo dei consumi di mobilità; di norma il trasporto collettivo aumenta il proprio share quando si contrae la domanda, proponendosi come alternativa ”di ripiego” all’uso dell’auto. In termini percentuali la crescita tra il 2007 e il 2008 del numero di spostamenti con mezzi pubblici è pari a +10,1%, dopo un +10,2% registrato nel confronto 2006-2007. Per effetto di queste positive dinamiche la quota modale del trasporto collettivo (tra i soli mezzi motorizzati) si attesta nel 2008 al 12,9%, contro il 12,1% del 2007 e l’11,5% del 2006. Per ciò che riguarda i viaggi in auto nel 2008 rallenta il sostenuto trend di crescita degli ultimi anni (dal 2005), registrando un modesto +1,8% rispetto al 2007.
Si tratta comunque di un dato positivo, determinato da una consistente accelerazione nella seconda parte dell’anno, quando il costo del carburante è diminuito. Ed è un dato per molti versi sorprendente se si guarda alla crisi profonda del mercato dell’auto sfociata nella caduta verticale delle immatricolazioni nel corso dell’anno; in sostanza, il fatto che non si cambia l’auto a causa della recessione non significa che si lascia quella vecchia in garage. Rispetto alle quote modali, infatti, l’auto registra nel 2008 solo una modesta riduzione, passando dall’82,3% del 2007 all’81,4% del 2008.
Anche le propensioni di utilizzo dei mezzi di trasporto e il livello di soddisfazione sembrano essere influenzati dagli effetti della crisi. Il 37% degli intervistati, circa il 4% in più rispetto al 2007, dichiara di prendere in considerazione la possibilità di diminuire l’uso dell’auto, mentre solo il 7,5% prospetta l’ipotesi di aumentarne l’uso. Orientamenti opposti interessano invece il trasporto pubblico: ben il 41,8%, il 2,3% in più nel confronto con il 2007, ammette di pensare a un cambiamento delle proprie abitudini di mobilità attraverso un maggior uso del trasporto collettivo.
Per ultimo, nell’analisi degli indici di soddisfazione emerge la diminuzione del voto medio assegnato all’automobile, che tuttavia rimane ancora particolarmente elevato (7,87 nel 2008 in una scala da 1 a 10), nonché la crescita del voto per quasi tutti i diversi mezzi di trasporto collettivo, i cui punteggi medi restano tuttavia ancora lontani dalla soddisfazione espressa dagli utenti per i mezzi privati, fatta l’eccezione della metropolitana che ottiene un voto medio generale (7,32) non distante da quello dell’automobile, e perfino superiore con riferimento alle sole grandi città (7,35 contro 7,20).
Fonte Comunicato stampa Isfort.