Dorino Piras

La Salute, l'Ambiente, il Lavoro

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Enti locali contro la crisi: effetti moltiplicativi degli investimenti pubblici. Il caso dei diritti di proprietà

lavoroAlcune politiche anticrisi vedono Province Comuni e Regioni protagoniste in interventi che stimolino i mercati e trasferiscano risorse fresche alle aziende per far fronte all’attuale stagnazione economica. Da diversi decenni queste politiche sono dirette principalmente su due fronti principali: 1) investimenti in grandi opere; 2) aiuti più o meno diretti alle aziende, fino alla suggestione della nazionalizzazione delle stesse. Esistono altre opzioni? Una sollecitazione in tal senso,peraltro non proprio nuova, ci arriva da una bell’intervento del prof. Ugo Pagano, ordinario di politica economica dell’Università di Siena. L’analisi parte da una semplice constatazione: i diritti di proprietà intellettuale possono essere causa di stagnazione economica. In sostanza i detentori dei diritti di proprietà intellettuale (leggi brevetti, copyright ecc.) agiscono come monopolisti che impongono prezzi e limitano produzione di molti beni, anche essenziali. Inoltre dopo un primo stimolo nell’attrarre nuovi investimenti, questa capacità si affievolisce perché l’uso di questa conoscenza può essere limitata dalla necessità di essere utilizzata da altre conoscenze a loro volta coperte da diritti, con l’esito finale di una stagnazione. A questo punto del discorso si incrociano le politiche degli enti pubblici che, per stimolare produzione e consumo, mettono in campo risorse di vario genere che spaziano dal semplice “foraggiamento” delle stesse aziende che producono la crisi fino appunto alla nazionalizzazione delle stesse (come sta avvenendo soprattutto in altri Paesi). Soprattutto la concessione di contributi sta però determinando un mancato ritorno di efficacia – quasi un finanziamento a fondo perduto – con un aumento di insoddisfazione dei cittadini, la cui richiesta di maggiore efficienza ed efficacia nello stanziare risorse sta crescendo. I cittadini sono cioè più attenti alle contropartite che queste risorse producono, con poca disponibilità, appunto, al “fondo perduto”. Dato il quadro attuale con  diversa composizione del mercato e del lavoro rispetto al passato, è necessario introdurre dei correttivi ai criteri che sovraintendono alla distribuzione di queste risorse pubbliche. Uno strumento sarebbe a questo punto quello che agisce sui diritti di proprietà intellettuale. In sostanza il finanziamento pubblico potrebbe essere impiegato non più nell’acquisizione di aree dismesse , di quantità di prodotto o altre forme poco efficienti, ma essere erogato per l’acquisizione di diritti di proprietà intellettuale pagato ad un prezzo corrispondente al suo valore privato. Questo potrebbe generare una vera e propria capacità moltiplicativa degli interventi, nel caso fossero successivamente resi disponibili gratuitamente o quasi dall’Ente pubblico, per diversi motivi. In primo luogo perché destinerebbe gli interventi principalmente alle aziende che si sono dimostrate innovative, contro altre che sono incentrate su produzioni ormai vecchie e non particolarmente in grado di poter resistere sul mercato. Questo permetterebbe di spingere le aziende verso l’innovazione, cioè verso la ricerca di nuove soluzioni, tecnologie e via discorrendo che consoliderebbero le posizioni raggiunte sui mercati con prodotti innovativi. Queste aziende potrebbero quindi usufruire di risorse fresche da reinvestire in nuova ricerca e sviluppo e nella stessa produzione. In secondo luogo i prezzi dei beni prodotti si abbasserebbe. Il mercato, liberato dal monopolio, si incaricherebbe di porre in competizione ed in concorrenza le diverse aziende arrivando al miglior prezzo del prodotto finale da vendere al cittadino. Infatti, liberato dal prezzo imposto da un monopolista, l’efficienza del mercato giocherebbe finalmente il suo ruolo vero. Oltre al fatto che nuove aziende potrebbero mettersi a produrre quel bene aumentando la forza lavoro. Lo stesso prezzo del prodotto non avrebbe necessità di essere ribassato attraverso le comuni politiche di sgravio fiscale, distorcente, senza grandi contropartite e sottrattore di risorse per altri settori quali ad esempio quello sociale. ”Dunque – come ricorda Pagano -, se da una parte dei fondi vengono immediatamente acquisiti dalle imprese che sono state più innovative in passato (che spesso appartengono ai paesi più ricchi), dall’altra l’aumento della conoscenza liberamente disponibile per tutti ha effetti diffusi e contribuisce allo sviluppo complessivo dell’economia mondiale. Per di più, in tutti i paesi indipendentemente dal loro grado di sviluppo, gli imprenditori dovrebbero superare un numero minore di barriere monopolistico-proprietarie per fare investimenti innovativi preziosi per la stagnante economia mondiale.”

Un vero moltiplicatore sulla resa delle risorse impegnate dal sistemo pubblico, su cui a mio avviso andrebbe approfondita la possibilità di interventi degli Enti Locali, soprattutto Province e Regioni.

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Al nord si vive di più rispetto al sud?

La segnalazione odierna sul “Sole24ore” di Gianni Trovati è sicuramente interessante e da approfondire: al Nord è cresciuta la spettanza di vita rispetto al Sud.
Raffrontando i dati ISTAT odierni rispetto a quelli del 1974, chi vive in Lombardia, Trentino Alto Adige e Friuli Venezia Giulia avrebbe visto crescere la propria longevità del 15 % circa.
Soprattutto per ciò che riguarda i maschi. In attesa di analizzare meglio i dati Istat, questo guadagno delle regioni del nord sarebbe figlio di versi fattori.
In primo luogo l’opera di comunicazione sul settore della prevenzione avrebbe trovato nei sistemi sanitari di alcune regioni maggiore rispondenza con migliori risultati.
Il tasso di occupazione maggiore, la tendenza più diffusa all’attività fisica, la maggiore capacità di fruizione di beni culturali farebbero il resto.
Il fatto poi che la crescita sia maggiormente sensibile per i maschi, si spiegherebbe con la maggior tendenza delle donne ad acquisire abitudini negative già presenti negli uomini quali ad esempio il fumo e l’esposizione allo stress.

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Enti Locali e crisi economica: quale contributo?

ricerca2Se le crisi possono rappresentare un momento di ripensamento sulla “vocazione” produttiva dei nostri territori, su quale scelta possono puntare le amministrazioni dei nostri territori? Per parlarci chiaro: Provincia, Regione e Comuni su cosa devono puntare per uscire “con la prua in avanti” dall’attuale devastazione economica?

La premessa al discorso è iniziare a guardare in che direzione si stano muovendo gli altri Paesi maggiormente sviluppati. Non per una semplice passione di tutto quello che è “estero”, ma perché le scelte in Europa e nel mondo condizioneranno anche i nostri mercati. Ebbene, risulta chiaro come una quota sempre più importante delle politiche innovative si stanno concentrando sulla questione “energetico-ambientale”. Le stesse fonti sul commercio mondiale stanno iniziando a sfornare cifre che parlano di una importante crescita dell’occupazione in attività che si rivolgono alla riduzione degli impatti ambientali ed alla produzione di energia alternativa alle fonti fossili. Con una caratteristica: vengono man mano privilegiate le tecnologie per la produzione a bassa emissione climalterante e con contenuti consumi energetici, mentre vengono progressivamente ridotte le tecnologie alla “fine del tubo” (end of pipe) cioè di abbattimento alla fine del processo produttivo. Tra le diverse motivazioni non sfugga la necessità, che i Paesi maggiormente sviluppati sentono sempre più, di arrivare ad una sicurezza sull’approvvigionamento delle fonti energetiche che l’attuale sistema certamente non garantisce. Il vero problema è che i Paesi che si sono incamminati su questa via, si sono posti una domanda diversa da quella che è in voga oggi in Italia: oltre alla “domanda di innovazione” tipica delle economie avanzate, il problema che tutti, eccetto noi, si sono posti è capire se questo settore poteva sviluppare una “offerta di innovazione”. In sostanza oltre al fatto di consumare tecnologie “verdi”, è utile mettersi in cammino anche per pensare a prodotti innovativi, produrli e quindi esportarli. Cosa che non è avvenuta in Italia. E i dati che il commercio internazionale ci fornisce sono impietosi: praticamente tutti i Paesi avanzati stanno iniziando ad esportare più tecnologie “verdi” di quelle che importano. Se Regno Unito, Stati Uniti e Francia sono ormai all’eccellenza con un rapporto tra beni di questo genere importati ed esportati a favore del secondo fattore, Giappone e Germania sono vicini al pareggio, mentre il nostro Paese arranca sia nel rapporto, fortemente sfavorevole, sia nelle quantità assolute, la metà circa rispetto a Germania e Giapppone e 1/3 – ¼ rispetto alle nazioni in testa.

Risulta chiaro come bisogna uscire dalla logica della semplice acquisizione di queste tecnologie. Ed allora dove è possibile “pensare” e produrre queste nuove tecnologie? Non ci vuole molto a capire che il nostro territorio, soprattutto quello della Provincia di Torino, sia un candidato naturale per queste politiche. Una storia tecnologica di eccellenza, un sistema di formazione tra i migliori del nostro Paese (Politecnico di Torino), la presenza di personale con conoscenze e capacità ancora fortemente nel territorio, un sistema di comunicazione che resta tra i più interessanti in Italia, la vicinanza geografica con il cuore dell’Europa e altro ancora, rappresentano preziose carte da giocare nel panorama italiano ed europeo. A patto che gli Enti Locali confermino l’attenzione su questi settori privilegiandoli e scommettendo con tutte le proprie forze su questa scelta politica. Se le risorse sono scarse bisogna allocarle, distribuirle soprattutto in questi settori senza dispersione, abbandonando scelte con bassa capacità di innovazione e contenuto di conoscenza. La stessa capacità amministrativa degli Enti, eccellenti rispetto al panorama nazionale, devono concentrarsi su queste materie ed impiegare tutte le risorse disponibili senza diversioni. Noi ci siamo già incamminati su questa strada sviluppando tutto il settore della Autorizzazioni Integrate Ambientali, con importanti risultati sia sulla tempistica delle autorizzazioni, sia sul contenuto tecnologico. Le nostre aziende sono rimaste sul mercato e ne sono uscite con strumenti di innovazione che le pongono all’avanguardia in Europa, più capaci di affrontare il mercato globale rispetto a quelle di altre aree italiane. Ma è necessario rafforzare ancora di più questa capacità e concentrarsi maggiormente per ottenere risultati ancora migliori sul fronte degli impatti ambientali e sull’innovazione di prodotto. Con l’avvertenza che l’attuale crisi sta dimostrando che questi due termini sono intrinsecamente legati e non più in contraddizione.

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Elezioni europee: i socialisti approvano l’intesa in Direzione. I Verdi smentiscono il manifesto sulla sinistra per le libertà

La Direzione nazionale del PartitoSocialista, ha approvato oggi all’unanimità la scelta di  costituire una lista con Sinistra Democratica, Verdi, Movimento per la Sinistra per le elezioni europee 2009. Marco Di Lello, che ha sostituito il Segretario Riccardo Nencini ricoverato per un incidente stradale grave, ha inoltre affermato la disponibilità a lasciare una porta spalancata fino all’ultimo minuto anche ai Radicali. Intanto la portavoce dei Verdi Grazia Francescato, ha smentito con un comunicato stampa le affermazioni comparse sul Manifesto di un ripensamento sulla partecipazione del suo partito all’alleanza. Anzi “Si va avanti con decisione e non esiste nessun azzeramento della delegazione trattante” ha affermato la portavoce

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Time Square senza auto. Bloomberg blocca le auto nel “crocevia del mondo” a New York

Non finisce di stupire l’America di Obama. A New York il sindaco Bloomberg vuole trasformare in isola pedonale Time Square, il “crocevia del mondo” come lo chiamano i newyorkesi doc. Il piano è stato presentato giovedì scorso e includerebbe la chiusura di parte della Broadway, la via che taglia appunto Time Square e l’unica che ha un percorso diagonale nel centro di Manhattan. Si creeerebbe un’ampia pista ciclabile che dovrebbe fungere da polmone e da centro di aggregazione, dato che oltre Central Park non esistono vere e proprie “isole” di aggregazione in Manhattan. L’operazione coinvolgerebbe anche la piazza più a sud, Herald Square, che verrebbe dotata di sedie e tavolini per rendere maggiormente fruibile ilpassaggio pedonale. Bloomberg spera anche che la chiusura di una parte della Broadway possa risollevare lo shopping nei negozi della zona, duramente provati dall’atuale crisi economica. il tutto dovrebbe partire da maggio, con l’impegno di ritirare la riorganizzazione in autunno se non darà i frutti sperati. Chiaramente diverse le reazioni, anche se non sembra stia montando una crociata contro l’idea, di cui i pragmatici americani sembrano essere disponibili alla sperimentazione. Un po’ come da noi a Torino con la pista ciclabile in via Roma, no?

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Elezioni Europee 2009: nasce la Sinistra per le Libertà. Accordo tra Partito Socialista, Verdi, Sinistra Democratica, Movimento per la Sinistra

europa

Alla stretta finale la nascita della lista unica per le europee formata da Partito Socialista, Verdi, Sinistra Democratica, Movimento per la Sinistra. Il nome dovrebbe essere “Sinistra per le Libertà”. L’intesa raggiunta ieri dopo l’incontro nella sede del Partito Socialista prevede un simbolo, ancora non pubblicato – in cui oltre al nome in rosso, compariranno i simboli del Partito Socialista Europeo, della GUE e dei Verdi, che permetterebbe di evitare la raccolta delle firme per la presentazione della lista. I Verdi dovranno ancora ratificare la scelta dapprima in una riunione oggi dell’esecutivo nazionale e domenica in consiglio federale. La nascita dell’intesa, di cui nei prossimi giorni saranno comunicate le linee, viene accompagnata dal risultato di un sondaggio comparso ieri su Repubblica.it di IPR che assegna al nuovo raggruppamento il 6% dei consensi, quota che permetterebbe il superamento della soglia di sbarramento del 4% recentemente introdotta per le elezioni europee in Italia. Un contenuto dell’accordo sembrerebbe andare nella direzione di ricandidare solo alcuni dei palamentari uscenti.

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Elezioni: lista Socialisti, Verdi, Sinistra Democratica, Movimento per la Sinistra al 6%

logo_psePer quello che possono valere i sondaggi, sicuramente incoraggiante è l’ultima rilevazione pubblicata da Repubblica.it sulle intenzioni di voto per le prossime elezioni. Da rimarcare, per noi, che una lista composta da Partito Socialista, Verdi, Sinistra Democratica e Movimento per la Sinistra (Vendola) sia accreditata del 6% dei consensi, che permetterebbe di superare i diversi sbarramenti sia europei che nazionali. Nel caso invece si tornasse ad una situazione di frammentazione dele diverse forze il dato assoluto del Partito Socialista arriverebbe al 2,0% netto, con una significativa ripresa rispetto all’1% delle ultime elezioni. Risulta chiaro come, almeno nelle intenzioni attuali, la costruzione di una forza, al momento per le elezioni europee, unita non venga vissuta dagli elettori come un fatto negativo, ma anzi riuscirebbe a rispondere alla necessità di rappresentare a livello istituzionale le diverse sensibilità politiche attualmente escluse dal Parlamento.

Qui le tavole del sondaggio
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Elezioni Provincia di Torino: iniziamo a parlare di ambiente

ambienteMentre la politica torinese fa a cazzotti con se stessa, bisognerebbe iniziare a dire qualcosa rispetto a come immaginiamo la nostra Provincia nel prossimo mandato amministrativo per cui andremo a votare il 6 e 7 giugno prossimi. Proprio perchè il momento di crisi generalizzata attende delle risposte che influiranno anche sulla vita delle persone che vivono nella nostra Provincia. La parola chiave oggi, che la si giri o la si volti, è crisi. E crisi vuol dire innanzitutto scarsità di risorse, cioè abbiamo poche risorse da impiegare per far funzionare meglio la macchina amministrativa (fatta di autorizzazioni, pareri, linee guida ecc.), per far crescere la cultura sul nostro territorio, per permettere che si creino nuovi posti di lavoro e per formare le persone che dovranno domani compiere questi nuovi lavori. In tutto ciò una novità a livello mondiale è l’individuazione delle risorse ambientali in tutte le diverse facce come momento fondamentale per far fronte alla crisi. In passato ci si affidava al keynesismo più o meno spinto per rimettere in moto il sistema, ma oggi tutti guardano alle risorse che l’ambiente può mettere in campo. Ma anche qui esiste un problema di scarsità che deve essere risolto, cioè bisogna scegliere dove e quanto destinare delle risorse possedute. Bisogna inoltre iniziare a svolgere una ancora più pressante analisi costo/beneficio delle politiche che vengono messe in campo e come prima proposta penso sia ineludibile tentare di dare maggiore forza agli strumenti dell’analisi economica, per far comprendere a tutti noi quali politiche possono darci i migliori risultati. Spesso infatti ciò che ci appare come ideologicamente ottimo, in realtà tradotto in norma amministrativa non produce che uno scarso vantaggio ambientale e sociale.
Un’ente come la Provincia di Torino ha per vocazione amministrativa la sua massima efficacia nel saper usare alcuni strumenti a disposizione la cui natura continua ad evolversi nel tempo e la cui scelta ha la stessa importanza della determinazione dell’obiettivo da raggiungere. In questo senso potremmo richiamare l’interpretazione delle norme amministrative in materia ambientale (ancora oggi abbastanza contraddittorie e non esaustive), il gioco delle imposte e sussidi (anche qui, paradossalmente, con un certo margine di interpretazione), strumenti di tipo informativo (basilari nel far coprire l’assimmetria tra le conoscenze in capo alle amministrazioni e quelle degli utenti), altri di tipo certificativo fino a quelli cosiddetti negoziali (accordi, intese tra diversi attori che intervengono nella società). Ma appunto nella scelta di questi strumenti occorre considerare non solo la loro efficienza, ma anche la loro efficacia nel raggiungere gli obiettivi. In base a quali parametri possiamo scegliere i diversi strumenti di regolazione ambientale? Questa, se vogliamo, diventa la vera questione politica in grado di dividere le forze politiche. Proverò ad elencare alcuni criteri che secondo la mia opinione devono essere considerati nella scelta e nell’uso degli strumenti che le politiche dell’ambiente devono soddisfare, ammettendo come giochi in questa mia personale scelta anche l’avvicinamento che giocoforza ho dovuto intraprendere in questi anni verso l’economia ambientale e soprattutto verso autori come Panella a cui rimando per ulteriori approfonimenti più tecnici.
Efficacia ambientale. Sembra banale, ma la prima qualità di uno strumento deve essere quello di raggiungere un dato obiettivo ambientale prefisso. La valutazione dell’efficiacia deve comuqnue prevedere tutti i momenti di applicazione dalla fase di determinazione a quella di gestione controllo. L’importanza di questo criterio è nascosto in un particolare di non poco conto, quale quello che il risultato non deve essere la semplice efficienza – cioè la migliore capacità di applicazione da parte delle strutture burocratiche – ma la sua efficacia esterna, ambientale appunto
Efficienza economica. Comunque bisogna stare molto anche all’efficienza. In questo caso l’efficienza economica significa che la scelta tra diverse opzioni dovrà esseere guidata dalla capacità di raggiungere un certo obiettivo con i minori costi possibili per la comunità. Soprattutto se si tiene in considerazione che quasi sempre esiste una netta divergenza tra quanto la teoria ci dice e quantol’applicazione concreta dellostrumento può portare.
Incentivi a ridurre le esternalità. Gli strumenti devono essere capaci di spingere i diversi soggetti a comportarsi in maniera compatibili con gli obiettivi stabiliti dall’ente pubblico regolatore. Tra i diversi strumenti, infatti, alcuni più di altri contengono elementi che incentivano i soggetti a perseguire in modo anche autonomo gli obiettivi da raggiungere.
Flessibilità. Non tutti saranno immediatamente d’accordo, ma per esperienza le politiche più efficaci sono quelle in grado di adattarsi con maggiore libertà ai soggetti soprattutto economici a cui sono rivolte. Per spiegarci meglio, prendiamo i due tipi principali di strumenti ambientali: quelli cosiddetti diretti e quelli indiretti.
Quelli diretti sono i classici chiamati “comando-controllo” che concedono pochi gradi di libertà e incidono immediatamente sul comportamento. In sostanza atttraverso vincoli, ordini, permessi, licenze ti dico cosa devi fare, e se non lo fai come io ti dico incorrerai in sanzioni pecuniarie, civili o penali.
Quelli indiretti sono i classici economici: imposte o sussidi. Ti tocco il portafoglio rendendoti poco profittevole una certa azione o al contrario ti incentivo nei comportamenti virtuosi. In sostanza questo tipo di strumento modifica il comportamento dei diversi soggetti lasciando una certa libertà di adottare una azione in base al calcolo di convenienza economica. Chiaramente questo sistema non vuole assolutamente togliere alcun limite di legge e creare un far west dove ognuno sceglie di fare cosa vuole, ma si applica principalmente nella capacità di incidere sulle scelte tra lediverse alternative tecnologiche da adottare oppure sul versante del consumo attraverso la modificazione delle convenienze in termini di costi e benefici privati.
Semplicità di applicazione. Il punto è più importante di quanto si pensi, perchè ogni politica rivolta a chiunque se non è di semplice e sensata applicabilità è inutile.
Integrazione con le politiche di altri settori. L’ambiente viene spesso considerato come un mondo a se stante a cui le altre politiche devono incinarsi. Credo che questa idea sia alla base del fondamentalismo ambientale che spesso negli anni passati abbiamo subito. Oggi invece la ricerca nello sviluppo delle politiche ambientali sta riprendendo il concetto da cui sono nate le istituzioni per la difesa dell’ambiente che devono potersi integrare con le politiche di altri settori quali quello dei trasporti, dell’energia, dell’agricoltura, industriale e via discorrendo, senza rinchiudersi in una splendida solitudine sterile.
Accettabilità economica. “La protezione dell’ambiente ha un costo al quale i soggetti economici sono sensibili e lo sono ancora di più se tale costo va ad aggiungersi ad altri costi dettati dal rispetto dei vincoli preesistenti. Questo costo varia sia in funzione degli obiettivi sia degli strumenti adottati. E’ la loro dimensione che è alla base della mancata definizione di obiettivi ottimali” (Panella, 2002).
Accettabilità politica. I diversi strumenti hanno un diverso grado di accettabilità politica da parte dei diversi soggetti. Ad esempio sembrerà curioso, ma l’opinione pubblica e le imprese ritengono maggiormente accettabili gli strumenti di tipo amministrativo rispetto a quelli di natura economica. Purtroppo però l’efficacia di questi strumenti sta mostrando la corda, oltre al fatto che l’analisi delle ragioni di accettabilità politica pur convergendo sullo stesso strumento, mostrano motivazioni per così dire opposta. Dal lato imprenditoriale infatti è innegabile che i rappresentanti di questi interessi hanno una maggiore capacità di influire sul processo di definizione delle norme amministrative a livello centrale in modo da adattarle meglio alle loro esigenze, oltre al fatto di essere convinti che le norme amministrative definiscono obiettivi da raggiungere in modo certo. Non ultimo il fatto che una ormai consolidata prassi politica rende le norme difficilmente modificabili in periodi brevi, permettendo quindi di non dover modificare la tecnologia produttiva o di limitazione dell’inquinamento. D’altro canto la stessa opinione pubblica ha la sensazione che la leva economica rappresenti un implicito acquisto del diritto ad inquinare. Lo stesso operatore pubblico gradisce meglio la norma amministrativa perchè ha un maggior coinvolgimento e consuetudine con queste, oltre al fatto che riesce a preservare un indubbio potere sul sistema; anche se è da registrare un cambiamento di interesse delloperatore pubblico dato dal semplice incameramento del gettito assicurato dalle tasse ambientali.
Tutto ciò chiaramente non esaurisce in alcun modo l’argomento, ma credo doveroso iniziare a confrontare le diverse opinioni politiche almeno sui criteri da seguire nell’adozione dei diversi strumenti ambientali. Altrimenti parliamo del vuoto pneumatico, proprio perchè penso che nessuna forza politica sia contraria ad avere un ambiente migliore, ma il come giungere a questo risultato vede le diverse forze schierate in maniera certamente diversa con possibilità di risultati ben diversi a seconda delle opzioni perseguite. La mia personale opzione rimane quella socialista dove rimane necessario interpretare e dare espressione alle nuove esigenze e domande della società studiandone bene le modificazioni, l’attuale parcellizzazione e varietà, rispettando le opzioni individuale nelle proprie scelte offrendo soluzioni flessibili, decentrate e suscettibili del massimo dell’autogestione possibile senza però far pagare ala società nel suo insieme i costi esterni generati. Non ci interessa, da socialisti, il semplice governo sugli uomini, ma aiutare gli uomini a governarsi da sè, dando a tutti gli individui la masisma possibilità di influire sulla propria esistenza e sulla costruzione della propria vita. Iniziando dall’ambiente.

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Zapatero batte i nazionalisti baschi

Dopo 29 anni il Partito Socialista di Zapatero, grazie ad una spettacolare avanzata, manda all’opposizione i nazionalisti baschi e si candida a formare un nuovo Governo con il Partito Popolare che, per contro, vincono nelle elezioni regionali della Galizia, una delle regioni più povere della Spagna e maggiormente colpite dalla crisi economica.

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Le proposte dei socialisti: un piano degli enti locali per fronteggiare la crisi

simbolo psIn ogni Comune, in ogni Provincia, in ogni Regione italiana i socialisti presentano undici proposte per sostenere le famiglie in difficoltà economica:
1.Interventi di coesione sociale: incremento dei fondi per le borse di studio; fondi per gli anziani destinati al pagamento delle utenze domestiche; fondi per studenti universitari sotto forma di contributo alle spese di trasporto, acquisto libri, tasse universitarie.
2.Intervento per dilazione del pagamento dei mutui per acquisto della prima casa previo accordo-quadro tra amministrazione locale ed istituto di credito.
3.Incentivi economici per imprese operanti nel commercio al minuto finalizzati a investimenti.
4.Variazione delle rette per nidi, materne, mense e trasporti scolastici ed esenzione dal pagamento per quanti hanno perso il lavoro lasciando la famiglia a reddito zero.
5.Fruizione allargata delle esenzioni sulle rette dei servizi educativi.
6.Accordi con istituti di credito per agevolare lo smobilizzo dei crediti vantati da fornitori di beni e servizi comunali attraverso anticipi su fatture.
7.Istituzione del ‘reddito di cittadinanza’ per chi ha perso il lavoro, vincolando l’indennità alla partecipazione a corsi di formazione
8.In attesa della entrata in vigore del punto 7), una tantum di 2000 Euro per quei lavoratori che hanno perso l’occupazione e che non possono contare sugli ammortizzatori sociali.
9.Fondo di garanzia per l’accesso al credito da parte delle piccole e medie imprese destinato a investimenti e ripatrimonializzazioni.
10.Impiego di disoccupati in funzioni di natura civica: dal controllo delle strade alla vigilanza di parchi e giardini pubblici, scuole, monumenti, etc…
11.Mutui agevolati per giovani coppie destinati all’acquisto della prima casa.

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