Dorino Piras
La Salute, l'Ambiente, il Lavoro
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Forse non potrà considerarsi una vera vera e propria applicazione dell’economia ambientale, ma la notizia che una balena viva vale più di una morta può far comprendere, meglio di molte altre parole, il valore anche economico che può assumere la preservazione dell’ambiente. Secondo un rapporto della “International Whaling Commission” il turismo dedicato all’avvistamento dei cetacei vale ormai molto di più rispetto al fatturato che si ottiene dalla loro caccia. Sicuramente più sviluppato in Asia, è da segnalare come questa nuova frontiera turistica sia in espansione anche in Italia e precisamente nel Golfo Ligure dove è presente da circa una quindicina d’anni. Caso raro, quindi, in cui la speranza di questi animali di sopravvivere all’uomo, risiede nelle leggi di mercato.
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La candidatura di Ignazio Marino è, per me, una buona notizia. Può essere utile è leggersi la trascrizione dell’articolo comparso sul “Foglio” del 1 luglio (via blog politicamentecorretto.com) per conmprendere, malgrado una certa genericità del testo, l’orizzonte del nuovo candidato del PD.
Come molti ragazzi della mia generazione preparavo gli esami di medicina in compagnia di un mito, un medico anche lui, Che Guevara, il cui sguardo spiccava sul poster appeso nella mia camera. Crescendo ho affiancato a quella immagine la foto di Enrico Berlinguer con i capelli scompigliati dal vento, pubblicata sulla prima pagina dell’Unità quando morì. In quegli stessi anni in cui si formava la mia coscienza di adulto, attraverso l’educazione familiare e lo scoutismo consolidavo le mie convinzioni di credente su principi che non escludevano la partecipazione al fermento sociale degli anni Settanta. Tempo dopo, vivendo e lavorando negli Stati Uniti, mi sono ritrovato a curare con il trapianto il fegato decine di veterani del Vietnam che si erano ammalati di epatite durante la guerra. Dai drammatici racconti di quei soldati contro i quali avevo manifestato da ragazzo, e dalle loro sofferenze di uomini, ho compreso meglio le responsabilità della politica, le colpe di governi che non esitano a manipolare la realtà e a privare della felicità le persone che, in genere, aspirano ad una vita serena e onesta. Il mondo è cambiato negli ultimi quarant’anni con una rapidità sconosciuta in precedenza: nel 1969 esistevano solo quattro computer collegati in una rete tra altrettante università americane. Oggi le persone che accedono a Internet sono più di un miliardo e gli studenti forse non sanno nemmeno cosa sia un poster perché scaricano le immagini dei loro miti dalla rete e le condividono con gli amici su Facebook. Però non è cambiata la loro aspirazione a costruire insieme un mondo migliore. Mi sono entusiasmato due anni fa quando milioni di persone, studenti e pensionati, lavoratori e casalinghe, in un clima festoso sono scesi nelle piazze italiane per partecipare in prima persona, con il loro voto, alla fondazione del Partito democratico. Fu un’esperienza straordinaria perché nasceva da una sentita esigenza di dare vita ad una grande forza democratica che avesse l’ambizione di governare il paese per modernizzarlo, strapparlo all’assenza di meritocrazia, alla corruzione dilagante, alla paura della diversità, eliminando l’abitudine a spacciare la furfanteria per competitività, ma soprattutto restituendo la speranza, la cui perdita in particolare tra i giovani, è l’elemento di disgregazione sociale più distruttivo che si conosca. L’originalità dell’idea e la sua audacia risiedevano nella convinzione di voler edificare un partito non funzionale a se stesso e alla propria classe dirigente ma costruito da persone di diversa estrazione e orientato ad ascoltare tutti sui grandi temi della nostra epoca. Un partito in grado di ricreare luoghi di incontro e di discussione, anche accesa: luoghi non per pochi che si riuniscono per parlare del paese ma per molti che vogliono parlare con il paese. Oggi spiace constatare con amarezza che la politica spinge il dibattito pubblico a imputridire su argomenti che nulla hanno a che vedere con le esigenze della società, mentre buona parte della classe dirigente eletta si balocca intervenendo a proposito di vicende irrilevanti o semplicemente fastidiose, chiusi in palazzi dove non giunge l’eco della vita quotidiana. Dove sono finiti i temi che riguardano la vita di ognuno? Il diritto al lavoro, ad un salario dignitoso, alla casa, la gestione dei rifiuti nelle grandi aree metropolitane, i treni per i pendolari, i cinquecento ospedali a rischio sismico, il milione di persone che ogni anno emigra dal sud per curarsi in un ospedale del nord, gli oltre 200 mila precari di una scuola sempre più povera, la giustizia senza risorse che costringe le persone nel limbo dell’incertezza? In Italia esiste una maggioranza che non vota centro- destra, che non frequenta le feste alla panna montata nei palazzi lussuosi, che si riconosce nei principi della solidarietà e dell’uguaglianza, ma che oggi si sente orfana e disunita in assenza di un interlocutore credibile, di un partito politico che si assuma delle responsabilità e sappia creare le alleanze essenziali per proporsi credibilmente al governo del paese. Non è un ragionamento scontato per me che, sino al 2009, non ho mai posseduto una tessera di partito anche per il disgusto che provavo, e provo, quando apprendo che qualcuno è diventato primario o impiegato all’aeroporto perché il politico giusto ha fatto la telefonata giusta. Eppure, mi sono convinto che la forza organizzata di un grande partito politico possa contribuire a raddrizzare le sorti di un paese zoppicante anche per quel che riguarda il rispetto delle regole democratiche. Purtroppo, dopo la campagna elettorale del 2008, l’intuizione iniziale si è arrestata di fronte ai limiti o ai timori di un gruppo dirigente che non ha saputo gestire la forza del cambiamento. La reazione è stata la chiusura, l’autoconservazione più che la sfida, in pieno stile gattopardesco, uno stile che oggi mostra tutta la sua debolezza e che rischia di ferire mortalmente quel che resta del progetto. La vicenda del testamento biologico è stata esemplare: la posta in gioco non era solo consegnare una legge laica al paese, attraverso la quale ognuno potesse fare una scelta in base alle proprie convinzioni o alla propria fede. Significava affermare il principio secondo cui uno stato laico deve sempre proteggere i diritti civili con norme che siano davvero rispettose degli orientamenti e della libertà di ciascuno. Non “diritti speciali”, ma diritti uguali per tutti, siano essi gli ammalati, le donne, le coppie di fatto, gli omosessuali o chiunque altro. Per questo il testamento biologico è stato la cartina di tornasole che ha dimostrato come la maggioranza della nomenclatura ha preferito una falsa unità, solo di facciata, piuttosto che dare una risposta chiara ad uno dei mille interrogativi che la modernità ci pone. E lo stesso accade per molti altri temi. Il Partito democratico ha mai discusso e poi stabilito una linea sull’opportunità o meno di tornare all’energia nucleare quando anche il Nobel per la fisica Carlo Rubbia ci ricorda che non esistono metodi sicuri per smaltire le scorie radioattive? E come si pone nei confronti di un paese nei fatti multietnico ma dove la cultura dell’integrazione è ancora un miraggio? Perché non si parla quasi mai del controllo che la criminalità organizzata esercita su parte delle attività produttive e dunque sull’influenza che ha sull’economia del paese? La mia risposta è netta: l’intuizione è stata giusta ma il percorso è sbagliato e perseverare nell’errore porta al fallimento. E’ necessario, non per il Partito democratico che io concepisco come strumento, ma per il paese ascoltare le persone, raccogliere le idee migliori, offrire opportunità a chi è pronto ad impegnarsi, favorire meccanismi che diano la certezza che pagare le tasse non significa sovvenzionare lo sperpero del denaro pubblico ma affidare a chi accetta di sottoporsi al pubblico scrutinio le risorse per migliorare la vita di tutti. Le persone che incontro nelle piazze, negli ospedali, nelle scuole, nelle aziende continuano a credere in questi valori, ma vogliono il confronto, chiedono di essere ascoltati perché non si fidano più di un progetto a scatola chiusa proposto da chi ha dimostrato di non essere più al passo con i tempi. I sostenitori del Partito democratico sono stufi, delusi, nauseati dalle incertezze e chiedono posizioni nette e trasparenti dove, come si legge nel Vangelo di Matteo, il sì è sì, il no è no, tutto il resto è del maligno. E se non si trova un accordo, o se vogliamo chiamarla una “mediazione alta”, su un tema specifico, io penso che tutto il partito debba esprimersi liberamente e poi esigere fedeltà alla linea decisa democraticamente dalla maggioranza: è un diritto che gli iscritti dovrebbero rivendicare e poi sarà compito dei dirigenti dirigere e conciliare. Perché se manca questo, manca l’efficacia dell’azione. E tutti sappiamo di quanto sia necessario in Italia abbandonare gli annunci e agire, agire, agire. Condivido questi sentimenti con moltissimi sostenitori del Partito democratico che in questo momento non si sentono pienamente rappresentati dai leader attualmente in campo e che mi chiedono di impegnarmi in prima persona. Per questo credo che il congresso debba servire soprattutto a fare chiarezza, a raccogliere una sfida e a dimostrare che è possibile cambiare, costruire attraverso il lavoro di persone giovani di spirito e solide negli ideali, appassionate, libere, visionarie ma determinate a far uscire dal tunnel della crisi economica e della mediocrità informe di chi lo governa, un paese conosciuto in tutto il pianeta per la generosità e l’intelligenza del suo popolo.
*chirurgo, senatore Pd
Come riportato oggi dal quotidiano Terra, l’Ordine dei Medici di Roma si schiera contro il ddl sicurezza che il Governo farà approvare attraverso il voto di fiducia in Senato. “Ribadiamo la nostra intenzione di non denunciare alcun immigrato che ci chiederà le cure – ha dichiarato Dino Cosi, Direttore dell’Ordine dei MEdici di Roma -. Confermo che anche molti medici saranno oggi in piazza al presidio contro il pacchetto sicurezza. I cittadini stranieri sono sempre stati garantiti. Finora non ci è arrivata alcuna segnalazione riguardante medici che si sono rifiutati di curare un immigrato senza permesso di soggiorno o di segnalarlo alle forze dell’ordine. Al momento, se venissimo a conoscenza di fatti del genere, faremmo partire subito un’istanza disciplinare. Debbo segnalare, però, che se passerà la legge, anche noi avremmo difficoltà a prendere qualsiasi provvedimento”.
Sergio Chiamparino non si candiderà alla guida del Partito Democratico. La notizia è stata battuta stasera dall’ANSA e sarebbe stata raccolta da fonti vicine al Sindaco di Torino. Sembra inoltre che Chiamparino parteciperà mercoledì pomeriggio alla presentazione ufficiale della candidatura di Pierluigi Bersani, a Roma. Non so valutare se per il Partito Democratico sia una buona o cattiva notizia. Certamente la ritengo positiva per i torinesi.
Da un articolo di Ugo Leone apparso su .Eco del marzo 2009
Ha scritto l’economista Lester Thurow:“ Se la popolazione mondiale avesse la produttività degli svizzeri, i consumi medi dei cinesi, le inclinazioni egualitarie degli svedesi e la disciplina sociale dei giapponesi, il pianeta Terra potrebbe sopportare una popolazione molte volte maggiore di quella attuale. Se, invece, la popolazione mondiale avesse la produttività del Ciad, i consumi medi degli Usa, le inclinazioni egualitarie dell’India e la disciplina sociale dell’ex Jugoslavia, il pianeta Terra non riuscirebbe neppure a sopportare la popolazione attuale”
Il che significa che la soluzione del problema sta nella capacità di gestire correttamente spazio, risorse e alimenti. Fermo restando che tanti miliardi di persone sono molte e che se fossero di meno tutto sarebbe più semplice…
La tendenza all’inurbamento che coinvolge, sia pure con ritmi e caratteristiche differenti, tutti i continenti è certamente un fenomeno irreversibile con ricadute potenzialmente gravi sulla qualità dell’ambiente planetario. Ma questa gravità è strettamente dipendente dalla capacità di gestire e governare il fenomeno. Le città sono fabbriche di inquinamento, ma lungimiranti politiche di smaltimento dei rifiuti, della circolazione automobilistica e della climatizzazione artificiale degli ambienti possono invertire la tendenza abbattendo l’impatto inquinante di cui questi tre settori sono fonte, con particolare riguardo alle emissioni in atmosfera.