Dorino Piras

La Salute, l'Ambiente, il Lavoro

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Bilancio di mandato 2005-2009 della Giunta Bresso

bresso 2Pubblicato il Bilancio di Mandato 2005-2009 della Giunta regionale del Piemonte guidata da Mercedes Bresso. Il documento viene proposto mediante una documento di sintesi e tavole infografiche di semplice lettura che illustrano gli obiettivi raggiunti dall’amministrazione regionale, presieduta da Mercedes Bresso, nei cinque anni di mandato.

Il documento rappresenta una sintesi non convenzionale dell’attività della Regione Piemonte dall’aprile 2005 a oggi. Non convenzionale perché abbiamo volutamente evitato la tradizionale suddivisione per Assessora- ti e Direzioni scegliendo invece di distribuire i dati facendo riferimento alle persone a  cui sono rivolte, alle categorie economiche, ai settori di intervento. Si è cercato di individuare non le cose importanti per la Giunta, ma quelle rilevanti per i cittadini e per le imprese della Regione. In altri termini, il tentativo è stato quello di interpretare il punto di vista del lettore, offrendo una chiave di lettura agevole per chi intende dotarsi di un giudizio informato sull’attività della Regione Piemonte negli ultimi cinque anni.

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Città di Torino Wi-Fi: accesso gratuito alla rete in alcune aree pubbliche

torinowifiLa Città di Torino ha realizzato, in collaborazione con AemNet, la copertura di alcune aree pubbliche con connettività Wi-Fi per permettere l’accesso gratuito alla rete Internet da parte di cittadini e turisti con modalità diverse a seconda delle necessità e delle esigenze di ognuno.
Per accedere al servizio WiFi (identificativo della rete: COMUNE_WIFI) è necessario disporre di un identificativo Torinofacile: i residenti in Torino possono chiedere gratuitamente la tessera Torinofacile attraverso la procedura online disponibile dal sito www.torinofacile.it.
Per le altre modalità di rilascio della tessera si prega consultare www.torinofacile.it/registrazione.

Le aree al momento coperte, in modo totale o parziale, sono le seguenti (vedi mappa):

Piazzale Valdo Fusi
Piazzale del Maglio
Giardini Reali
Via Vigone
Piazza Vittorio Veneto
Piazza Carlo Felice
Porte Palatine
Piazza Cavour
Piazza Repubblica
Corso Giulio Cesare (altezza civico 403), piazzale Autostrade Nord
Corso Racconigi (zona del mercato)
Piazza Carignano

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Internet e l’Italia: la petizione promossa da Agorà Digitale

Dopo la concitazione delle ore che hanno seguito la violenza al premier Silvio Berlusconi, crediamo sia giunto il momento di sostituire al gioco delle contrapposte fazioni un dibattito costruttivo per il paese su quali sono i meccanismi di Internet, sulle insidie che nasconde e sulle incredibili opportunità che offre per lo sviluppo di una società aperta. Crediamo che i rischi che la rete corre in queste ore siano grandi, e che molti stiano cercando di approfittare della situazione per introdurre norme illiberali e contrarie alla libera circolazione delle informazioni e delle idee. Ma allo stesso tempo riteniamo che coloro i quali vogliono proteggerla siano investiti del dovere di costruire dei ponti con le istituzioni che la devono governare. L’ultimo consiglio dei ministri ha trovato un’accordo di massima per la creazione di nuovi strumenti per meglio censurare casi di apologia di reato o altri crimini compiuti su internet. Quindi niente riproposizione della proposta D’Alia contro cui la rete già si è mobilitata, perchè minava lo stato di diritto e il concetto stesso di giusto processo. Ma in ogni caso introdurre nuove misure di intervento è una materia delicata, che può avere implicazioni enormi sullo sviluppo della rete e non può essere preso senza una profonda riflessione. Inoltre ha confermato la volontà di riproporre una norma, quella contenuta nel decreto Pisanu, unica nel mondo, che prevede la schedatura dell’identità e delle attività di chiunque si colleghi ad Internet da luoghi pubblici. Inoltre il dibattito di questi giorni è troppo simile a quello che abbiamo visto altre volte dopo gli attentati terroristici negli Stati Uniti e in Europa, o dopo episodi di cronaca che hanno infiammato l’opinione pubblica e mostrano che esiste una parte dei vecchi media, della politica e dell’opinione pubblica che ha una profonda ignoranza sul funzionamento della rete, e per questo la teme. C’è il dovere, una volta per tutte, di aprire un grande dibattito e di affidararlo al Parlamento che, per una volta, tornerebbe ad avere quel ruolo di motore del dibattito del paese che gli appartiene. Ci appelliamo al Parlamento tutto affinchè metta in calendario una seduta straordinaria sulla Rete e a cui possano partecipare numerosi esponenti della società civile che conoscano e sappiano spiegare Internet. Al Parlamento e all’Italia. Ma allo stesso tempo ci appelliamo con ancora più forza al Governo e in particolare al Ministro Maroni affinchè qualsiasi attività normativa venga sospesa subordinandola a tale dibattito.
Per aderire Click qui (verrai reindirizzato al sito di Agorà Digitale)

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Facebook: l’ignoranza va affrontata a viso aperto

facebook_icoUna bella risposta alle minacce di dare un giro di vita a Fecebook, accusato di disseminare violenza, è arrivata dagli stessi amministratori americani del sito. “Facebook è ampiamente usato per sostenere buone cause, e tante persone in tutto il mondo lo sfruttano per migliorare la società”, dichiara a Repubblica Debbie Frost, portavoce di Facebook.
“Quando le opinioni espresse sul nostro sito si trasformano in dichiarazioni di odio o minacce contro le persone, rimuoviamo i contenuti e possiamo anche chiudere gli account dei responsabili”, continua la Frost. “Ma la realtà è che, purtroppo, l’ignoranza esiste, dentro e fuori da Facebook, e non sarà sconfitta nascondendola, ma piuttosto affrontandola a viso aperto”.
Più che condivisibile direi.

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Mercedes Bresso contro Roberto Cota

Pare raggiunto l’accordo nel Pdl per la candidatura di Roberto Cota in Piemonte alle prossime regionali. La notizia ripresa da Repubblica confermerebbe anche la Polverini nel Lazio ed un candidato della Lega anche nel Veneto. Formigoni resta saldo in Lombardia anche se la notizia di oggi dell’arresto di un suo Assessore proietta un’ombra sulla sua ricandidatura. Per noi diventa importante avere il quadro della sfida piemontese, dove le proiezioni comunque danno in saldo vantaggio Mercedes Bresso. La candidatura di Cota dovrebbe spegnere le possibilità di un’alleanza tra la destra e l’Udc, non disponibile a coalizioni con la Lega Nord. Noi, andiamo avanti Insieme per Bresso

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Conferenza Copenhagen: un editoriale comune di 56 testate europee

testate giornaliLa conferenza di Copenhagen sul cambiamento climatico: ‘Quattordici giorni per suggellare il giudizio della storia su questa generazione’.

The Guardian, 7 dicembre 2009

Questo editoriale che esorta all’azione i leader di tutto il mondo sul cambiamento climatico viene pubblicato oggi da 56 quotidiani in tutto il mondo in 20 lingue summit di Copenhagen sul cambiamento climatico – liveblog del giorno di apertura.
56 quotidiani in 45 paesi hanno fatto il passo senza precedenti di parlare con una sola voce attraverso un editoriale comune. Lo facciamo perché l’umanità ha di fronte una grave emergenza.

Se non ci uniamo per un’azione decisiva, il cambiamento climatico devasterà il nostro pianeta, e con esso la nostra prosperità e la nostra sicurezza. I pericoli sono diventati evidenti da una generazione. Adesso hanno iniziato a parlare i fatti: 11 degli ultimi 14 anni sono stati i più caldi registrati, la calotta polare artica si sta sciogliendo e i prezzi incandescenti del petrolio e del cibo dell’anno scorso ci hanno dato un anticipo della devastazione a venire. Nei periodici scientifici la domanda non è più se la colpa è dell’uomo, ma quanto poco tempo abbiamo rimasto per limitare i danni. Tuttavia la risposta del mondo fino ad ora è stata debole e fiacca.
Il cambiamento climatico è stato causato per secoli, ha conseguenze che rimarranno per sempre e le nostre prospettive di tenerlo a freno saranno determinate nei prossimi 14 giorni. Chiediamo ai rappresentanti dei 192 paesi riunitisi a Copenhagen di non esitare, di non cadere in disaccordo, di non incolparsi a vicenda, ma di cogliere un’opportunità dal più grande fallimento moderno della politica. Questa non dove essere una lotta tra il mondo ricco e il mondo povero, né tra l’oriente e l’occidente. Il cambiamento climatico coinvolge tutti, e deve essere risolto d tutti.
La scienza è complessa ma i fatti sono chiari. Il mondo deve prendere provvedimenti per limitare gli aumenti della temperatura a 2˚C, un obiettivo che richiederà che le emissioni globali raggiungano il picco massimo ed incomincino a scendere entro i prossimi 5-10 anni. Un aumento maggiore, di 3 o 4˚C – l’aumento più basso che possiamo prudentemente aspettarci se non agiamo – farebbe inaridire i continenti, trasformando i terreni coltivabili nel deserto. Metà delle specie potrebbe andare in estinzione, molti milioni di persone diventerebbero profughi, intere nazioni saranno inghiottite dal mare. La controversia su alcune email di scienziati britannici, che suggeriscono che abbiano tentato di eliminare dei dati scomodi ha intorpidito le acque, ma non è riuscita ad intaccare le numerose prove su cui sono basate queste predizioni.
In pochi credono che Copenhagen possa ancora produrre un trattato del tutto finito; un reale progresso verso un tale trattato potrebbe iniziare solo con l’arrivo alla Casa Bianca del presidente Obama e con un’inversione degli anni di ostruzionismo degli USA. Anche adesso il mondo si trova alla mercé della politica interna americana, perché il presidente non si può impegnare completamente all’azione necessaria finché non lo avrà fatto il Congresso americano.
Ma i politici a Copenhagen possono e devono concordare gli elementi essenziali di un accordo equo ed efficace e, crucialmente, firmare un programma per trasformarlo in un trattato. L’incontro sul clima di Bonn del giugno prossimo dovrebbe essere la loro scadenza. Come ha detto un negoziatore: “possiamo andare ai tempi supplementari ma non possiamo permetterci di rigiocare”.
Al centro dell’accordo deve esserci una risoluzione tra il mondo ricco e il mondo in via di sviluppo che tratti della condivisione dell’onere della lotta al cambiamento climatico – e di come ci divideremo una nuova risorsa preziosa: i pressoché trilioni di tonnellate di carbonio che possiamo emettere prima che il mercurio salga a livelli pericolosi.
Alle nazioni ricche piace indicare la verità aritmetica che non può esserci soluzione finché i giganti in via di sviluppo come la Cina prenderanno provvedimenti più radicali di quanto abbiano fatto finora. Ma il mondo ricco è responsabile per la maggior parte del carbonio accumulatosi nell’atmosfera – i tre quarti di tutte le emissioni di diossido di carbonio dal 1850. Adesso deve prendere l’iniziativa, ed ogni paese sviluppato deve impegnarsi a ridurre le proprie emissioni entro dieci anni a molto meno del loro livello del 1990.
I paesi in via di sviluppo possono sottolineare che non sono stati loro a causare il grosso del problema, ed anche che le regioni più povere ne saranno più maggiormente colpite. Ma contribuiranno sempre più al riscaldamento, e devono pertanto promettere un’azione significativa e quantificabile propria. Sebbene entrambi siano venuti meno a quanto alcuni avevano sperato, i recenti impegni per target sulle emissioni da parte dei maggiori inquinanti del mondo, gli Stati Uniti e la Cina, sono stati passi importanti nella direzione giusta.
La giustizia sociale richiede che il mondo industrializzato paghi di propria tasca ed offra denaro per aiutare i paesi più poveri ad adattarsi al cambiamento climatico, e tecnologie pulite per consentire loro di crescere economicamente senza un aumento delle emissioni. Deve essere anche messa a fuoco l’architettura di un futuro trattato – con un rigoroso monitoraggio multilaterale, ricompense eque per la protezione delle foreste, e la valutazione credibile delle “emissioni esportate” in modo che l’onere possa essere più equamente suddiviso tra coloro che producono prodotti inquinanti e coloro che li consumano. E la giustizia richiede che l’onere imposto ai singoli paesi sviluppati prenda in considerazione la loro capacità di sopportarlo; per esempio i nuovi membri dell’EU, spesso molto più poveri della “vecchia Europa”, non devono subire più dei loro partner più ricchi.
La trasformazione sarà costosa, ma molto meno del conto per il salvataggio della finanza globale – e ancora molto meno costosa delle conseguenze dell’inazione.
Molti di noi, particolarmente nel mondo sviluppato, dovranno cambiare stile di vita. L’era dei voli aerei che costano meno del taxi per arrivare all’aeroporto sta per finire. Dovremo spendere, mangiare e viaggiare in modo più intelligente. Dovremo pagare di più per l’energia e consumarne di meno.
Ma il cambiamento verso una società a bassa emissione di carbonio offre più prospettive di opportunità che di sacrificio. Altri paesi hanno già riconosciuto che abbracciare la trasformazione può portare crescita, lavoro, e una migliore qualità di vita. Il flusso di capitale parla da sé: l’anno scorso per la prima volta è stato investito di più in forme di energia rinnovabile che sulla produzione di elettricità dai combustibili fossili.
Toglierci il nostro vizio del carbonio entro pochi decenni richiederà un’impresa di ingegneria e di innovazione senza precedenti nella nostra storia. Ma mentre portare l’uomo sulla luna o dividere l’atomo sono state [imprese] nate dal conflitto e dalla competizione, la corsa al carbonio che verrà deve essere guidata da uno sforzo di collaborazione per raggiungere la salvezza collettiva.
Il superamento del cambiamento climatico segnerà il trionfo dell’ottimismo sul pessimismo, della lungimiranza contro la miopia, di quello che Abraham Lincoln ha chiamato “gli angeli migliori della nostra natura”.
È in questo spirito che 56 quotidiani in tutto il mondo si sono uniti dietro questo editoriale. Se noi, con prospettive nazionali e politiche così diverse, possiamo trovare un accordo su quello che deve essere fatto, sicuramente lo possono fare anche i nostri leader.
I politici a Copenhagen hanno il potere di plasmare il giudizio della storia su questa generazione: una che ha visto una sfida di fronte a sé e l’ha affrontata, oppure una talmente stupida da vedere arrivare una calamità, ma che non ha fatto niente per evitarla. Li imploriamo di fare la scelta giusta.
Questo editoriale sarà pubblicato domani da 56 quotidiani in tutto il mondo in 20 lingue compreso il Cinese, l’Arabo e il Russo. Il testo è stato redatto da un team del Guardian durante oltre un mese di consultazioni con gli editori di oltre 20 dei quotidiani coinvolti. Come il Guardian, la gran parte dei quotidiani hanno fatto il passo inusuale di pubblicare l’editoriale sulla loro testata.

Titolo originale: “Climate Change: The Global Media presents an Apocalyptic Scenario”
Fonte: http://www.globalresearch.ca

Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di MICAELA MARRI

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Regionali Piemonte 2010: partiamo dai dati

Mentre continua la discussione sulle alleanze per le prossime regionali, sarebbe utile iniziare a ragionare anche su qualche dato. Ad esempio l’OECD calcola nel suo Economics survey: Italy 2009 che nel nostro Paese il numero di nuovi brevetti sono in totale un quarantesimo di quelli Europei. Detto in parole normali, la produzione del nostro Paese, ed il Piemonte non fa molta eccezione, è caratterizzata da bassa tecnologia, sono cioè prodotti che possono venire facilmente copiati o rimpiazzati da quelli prodotti in Paesi in via di sviluppo. Possiamo dirci tutto quello che vogliamo, ma posti di lavoro stabili, seri e con prodotti meno esposti alle congiunture economico-finanziarie devono trovare ragioni tecnologicamente all’avanguardia, Università preparate e preparanti alle nuove sfide, collegamenti tra il mondo produttivo e la finanza e via discorrendo. Se si vuole iniziare a parlare di programmi anche per le prossime Regionali del marzo 2010 in Piemonte, si inizi a partite da questi dati e a considerare come risolvere queste debolezze

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Il discorso di Alessandro Gilioli al No B Day

Tra i diversi discorsi che si sono succeduti dal palco del No B Day del 5 dicembre, ho trovato molto bello e calzante quello pronunciato da Alessandro Gilioli, seguitissimo blogger (qui) che a mio avviso ha avuto la “sfortuna” di parlare dopo il fratello di Borsellino e quindi con poca risonanza anche nella diretta di Rainews24. Gilioli ha sicuramente centrato un aspetto della giornata di ieri: la base di forza berlusconiana, cioè la TV, non ha più la forza di un tempo e stalasciando terreno ad una nuova modalità di informazione rappresentata dalla rete. Ancora con limiti, certamente, ma che ad esempio è la nuova protesi del mondogiovanile, dell’Italia di domani. E’ certamente la “sera” di Berlusconi -anche per motivi anagrafici – ma soprattutto di un modo di azione politica che si sta trasformando. Riporto comunque il bell’intervento di Gilioli di seguito.
Presidente Berlusconi, noi oggi siamo qui a darle una notizia: lei è un uomo del secolo scorso.
Siamo qui a comunicarle che lei è un uomo del tempo in cui bastava avere tre o quattro televisioni per imporre un modello culturale, un sogno fasullo, un partito creato a tavolino in una concessionaria di pubblicità.
Un uomo del tempo in cui comunicazione voleva dire pochi grandi proprietari di mass media che potevano fare e disfare la realtà a loro piacimento, stabilire ciò di cui si doveva avere paura e ciò che si doveva desiderare.
Un uomo del tempo in cui lei poteva entrare nelle case, nelle teste e nell’anima delle persone mescolando bugie e illusioni per modellarle secondo i suoi interessi prima economici e poi politici.
Bene, presidente Berlusconi, noi oggi siamo qui a dirle che quel tempo è finito.
Lo sappiamo, queste sera le sue tivù pubbliche e private faranno finta che noi non ci siamo mai stati, che oggi non sia successo niente e nessuno sia venuto qui a dirle quello che è già accaduto: e cioè che lei è diventato l’uomo del passato, è diventato l’uomo di un secolo che non c’è più.
Noi oggi siamo qui a comunicarle che il suo giocattolo si è rotto e non le servirà più a niente perché milioni di persone lo sapranno lo stesso, su Twitter e su Facebook, sui blog e su YouTube e in mille altri posti ancora di cui lei nemmeno conosce l’esistenza.
Oggi siamo qui a dirle che noi non siamo caduti nella sua trappola della paura e non crediamo più al modello conformista e al pensiero unico che lei, come i suoi amici dittatori sparsi per il mondo, ha imposto per vent’anni ingannando soprattutto i meno avveduti e i più vulnerabili: gli anziani, i poco istruiti, quegli elettori che lei stesso ha definito «bambini di quinta elementare e neppure tanto svegli».
Presidente Berlusconi, noi oggi siamo qui a dirle che la bolla d’aria in cui voleva tenerci per sempre chiusi è scoppiata.
Noi ora sappiamo aprire le finestre e vedere il mondo fuori che ride di lei, che la disprezza, che la sbugiarda. Non servono più a niente le censure delle sue tivù, non servono più a niente i piccoli e grandi servi che riempiono di bugie i suoi mass media. Perché noi sappiamo aprire le finestre e sconfiggere la paura del nuovo.
Presidente Berlusconi, ci guardi, non c’è niente di virtuale in questa piazza. Perché lei non lo sa ma il Web è soltanto uno strumento, un grande strumento che lei, uomo della tivù, semplicemente non conosce.
Noi non siamo virtuali, signor presidente, siamo persone in carne e anima che usano la Rete perché è il luogo della pluralità culturale, delle mille idee e dei mille confronti, della comunicazione orizzontale e degli unici miracoli davvero possibili, come quello che abbiamo creato oggi: una piazza piena di gente che si è organizzata in Rete e ora è qui tutta insieme, per dare a questo paese una scossa che è d’amore e non di rabbia.
Noi non siamo pirati informatici o aspiranti assassini via Facebook, signor presidente, siamo persone appassionate e forti, tolleranti e libere, curiose e coraggiose, innamorate della biodiversità intellettuale, culturale, etnica, etica, religiosa, politica.
Cioè proprio il contrario del suo modello, signor presidente: monocratico, verticale, impositivo, fasullo. E davvero sì, virtuale, quello.
Presidente Berlusconi, qui ci sono ragazzi che avevano 15 anni quando l’hanno vista per la prima volta in televisione a insultare i giudici, ad accusare ogni dissidente di essere comunista, a raccontare barzellette stupide e bugie pietose.
Adesso quei ragazzi hanno trent’anni, magari si sono sposati e hanno dei figli, ma se accendono la televisione trovano ancora lei – con i capelli dello stesso colore – lì a insultare i giudici, ad accusare ogni dissidente di essere comunista, a raccontare barzellette stupide e bugie pietose.
Ma loro e noi , insieme, nel frattempo abbiamo aperto le finestre, anche se lei non se n’è accorto, impegnato com’era a fare affari, ad allargare il suo potere e il suo io, a inventarsi nuove leggi che la mettessero al di sopra di ogni giudizio.
E noi oggi le mandiamo questa lettera per dirle che anche se lei cercherà di nascondere a se e agli altri la realtà e il nuovo secolo, saranno la realtà e il nuovo secolo a venirla a prendere.
Noi, presidente Berlusconi, oggi glielo diciamo con le parole di Aurelio Peccei, partigiano, imprenditore, pioniere del suo tempo.
«Quanto accadrà d’ora in avanti» diceva Peccei, «dipende da noi in una misura mai concepita nel passato, che noi dobbiamo fare appello a nuove forme di coraggio perchè uscire dal pozzo non è un’utopia ma una prospettiva assolutamente verosimile.
Lo è se vogliamo che lo sia».
Ecco perchè, per quanto cerchi di prolungare il suo giorno più in là, signor presidente, per lei la sera è arrivata.
Onorevole Berlusconi, noi oggi siamo qui a darle la notizia che il suo tempo è finito.

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No B Day: vince la rete

voteIl commento è scontato, ma stavolta il web ha dimostrato le proprie potenzialità, perchè l’immenso corteo di Roma è frutto, appunto, della rete. I partiti vengono dopo pur mantenendo la loro importanza, ma da oggi risulterà difficile ignorare le potenzialità dello strumento informatico. Ha detto comunque bene Piero Ricca quando incitava a non fermarsi “dentro” il web, ma di uscire nelle piazze, nei luoghi di tutti i giorni per riappropriarsi degli strumenti della politica. Internet come straordinario strumento, ormai ineludibile ma certamente non sufficiente. Buon “No B-day” a tutti

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Quanti sono gli immigrati in Italia? Quattro volte meno di quello che si pensa

Colpisce un dato che emerge dal secondo rapporto “Transatlantic Trends: Immigration” che fotografa gli orientamenti dell’opinione pubblica di diversi Paesi, tra cui quella italiana, verso gli immigrati. Gli italiani, infatti, credono che i cittadini stranieri rappresentino il 23% della popolazione totale, mentre il dato vero si aggira sul 6%: in sostanza esiste una sovrastima di quattro volte. Chiaramente in tutti i Paesi il dato è sovrastimato, ma continua a colpire la distanza tra il dato effettivo e quello percepito. In cauda venenum: solo il 43% degli italiani ritiene che il Governo stia facendo un buon lavoro sul fronte dell’immigrazione…

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