Dorino Piras

La Salute, l'Ambiente, il Lavoro

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A scuola di crisi economica

Per dire come dovrebbero funzionare le cose faccio un piccolo esempio. Negli Usa, dallo scorso dicembe, i ministri dell’educazione e del tesoro hanno lanciato un progetto di educazione finanziaria nelle scuole, così come avvenuto anche in Gran Bretagna. Il motivo è semplicemente dato dal fatto che la recente crisi economica ha messo a nudo il fatto che la popolazione non possiede le nozioni base su come si gestiscono i mutui, i contratti di acquisto di una casa o le proprie scelte pensionistiche. L’idea è che l’abc su questi argomenti va conosciuto prima e non dopo l’aver fatto questo tipo di scelte. Una carta di credito mal gestita, i mutui subprime e altro ancora appartengono a decisioni che sono prese in prima persona dalle singole persone, ma che a lungo andare possono coinvolgere interi capitoli di debito pubblico indirettamente, ma anche direttamente.   Per non parlare delle semplici risorse di una famiglia: fenomeni che possono non apparire per periodi di tempo anche medio-lunghi, ma che quando esplodono non sono rincorribili. Certamente rimane la consapevolezza che tutto ciò può non essere sufficiente, ma sicuramente è meglio che niente. Senza fare tante parole e stracciarsi le vesti, bisognerebbe ispirarsi a questo tipo di pragmatismo utile e farne tesoro anche noi.

Benvenuto a “Post”. L’editoriale di Luca Sofri

Oggi va online il Post. In questi due anni (quasi) ho spiegato e raccontato decine di volte quel che pensavo sarebbe diventato: e ogni volta in modo diverso, man mano che me lo figuravo meglio e che il racconto si adattava agli interlocutori. Ma il problema è che non ha un nome, una cosa così: giornale online, si dice ancora, ma è un nome che allude a un tipo di contenitore di notizie che è stato molto ribaltato in questi anni ed è un nome che nasconde le vere dimensioni di questo cambiamento. Ci sono dei giornali online, sì: sono fatti come dei giornali di carta, a volte bene e a volte no, e sono online. Quello che vuole essere il Post, invece, è un’altra cosa. I suoi modelli sono americani, ma anche lì non sanno ancora come chiamarli. Strano, no? Si inventano parole per tutto. Invece anche loro li chiamano siti di news, o ancora blog, o superblog. (continua a leggere su il post)

Terza Forza in Gran Bretagna: i Liberal Democratici sfidano la vecchia politica

Dopo Europe Ecologie, una novità politica europea potrebbe venirci dalle elezioni inglesi di maggio attraverso i LibDem, i Liberal Democratici. Con un linguaggio secco e chiaro, la missione che si prefiggono è recuperare voti nel bacino di delusi sempre più ampio dalle politiche dei laburisti e conservatori, certamente più grande del tradizionale corpo elettorle liberale. Merito, equità, spesa responsabile e libertà civili sarebbero, secondo al buona interpretazione fornita da Frontpage, le quattro gambe della proposta della storica terza forza britannica. Certamente con maggiori punti in comune con i laburisti, il partito del giovane e brillante Clegg si candida comunque non solo ad essere l’ago della bilancia o comunque la forza che potrebbe essere necessaria per formare un nuovo governo, ma a sparigliare l’imbolsita politica di sua Maestà che non sembra riuscire ad appassionare più di tanto le giovani generazioni inglesi e comunque teme l’onda astensionistica che ha tenuto banco recentemente in Francia e in Italia. Proposte chiare, certamente. I Liberal Democratici infatti sembrano essere ad esempio l’unica forza che veramente sta rappresentando l’area dei diritti civili su cui anche i “progressive” laburisti zoppicano. L’economia viene certamente presa molto sul serio, ancor più dei leader conservatori, prendendo di petto, ad esempio, il debito pubblico. Con ricette che in altre lande sconfinerebbero nella tradizione rossissima del taglio dei benefit ai ricchi e della tassazione dei loro castelli.
Antidogmatici per formazione, rilanciano la necessità di dare maggiori opportunità ai giovani mediante l’istruzione, tutelare meglio le famiglie con una “No-tax” fino a un certo reddito. Ma veramente il linguaggio fresco, la determinazione, l’antidogmatismo, il tentativo di dare una nuova credibilità alla politica, le soluzioni spiegate chiaramente potranno fare la differenza in queste elezioni. Da tenere d’occhio quindi, sperando che i riflettori dell’analisi politica possano veramente chiarirci queste forze che si affacciano con rinnovata audacia nel panorama politico: Europe Ecologie e LibDem. Magari una ventata di aria fresca nel chiuso delle contorsioni italiane che non ci affascinano più.

Zapatero. Discorso per l’approvazione della legge sul matrimonio omosessuale

Jacques Delors. Il respiro dell’Europa e gli omini verdi nostrani

Un fiorire di analisi, dati, commenti e qualche ricetta ci ha sommerso dopo le recenti elezioni regionali. Ricambi generazionali, di segretari di partito, bagni – pelosetti – di umiltà, indicazioni sul dove e come “stare con la gente”: non c’è che dire ne abbiamo sentite di ogni sfumatura. Forse l’ha però azzeccata Sergio Chiamparino quando dice che sì, bisogna stare tra la gente, ma sapendo anche cosa dire. E questa osservazione mi colpiva  quando, tornando in treno da Roma, mi godevo la lettura di un bel libro che consiglio vivamente edito da Rubbettino: “Jacques Delors: Memorie”, fortunosamente trovato nella libreria vicino a Montecitorio. Perchè per rispondere al federalismo arraffazzonato degli omini verdi, basterebbe conoscere e puntare veramente sull’Europa, sempre più vissuta come luogo lontano ed estraneo, ma in verità vera fucina di nuove idee e campo su cui ci stiamo giocando senza accorgercene il nostro futuro. “La competizione che stimola, la cooperazione che rafforza, la solidarietà che unisce” è il credo di Delors, e basterebbe quasi per creare un programma politico. Basterebbe davvero conoscere dove nascono e vengono discusse le idee che ci governeranno nei prossimi anni, e che non saranno certamente le false crociate contro fantomatici immigrati che otterrebbero cure mediche nei pronto soccorsi prima degli “Taliani”. Pensiamo davvero che i nuovi governatori risolveranno i nostri problemi di lavoro facendo denunciare gli immigrati al Pronto Soccorso o magari attirando i fondi europei nelle proprie terre con seri progetti ambientali, industriali internazionali? Il problema sono le ronde padane o i fondi FESR dell’Unione Europea? Il problema è propagandare la visione dei film posticci su Barbarossa o studiarsi meglio il trattato di Lisbona? E il nostro tramite con l’Europa e con il mondo è davvero Borghezio? Il nostro problema è rinnovare anagraficamente la classe politica o iniziare a guardare il merito delle persone, dare la guida del nostro futuro a persone competenti?

Nel leggere le memorie di Delors si sente un respiro diverso, una costruzione di idee, di leggi come pure di uomini che mirano all’eccellenza e costruiscono la propria personalità politica sull’eccellenza, senza dimenticare le risposte vere ai bisogni delle persone comuni.  Studiate, studiate, studiate diceva Gramsci, perchè avremo bisogno di tutta la vostra intelligenza. La vostra intelligenza, non la vostra ruffianeria o la vostra capacità di inseguire gli umori. Perchè, dopo averli denunciati, i problemi vanno risolti. E si risolvono non con la semplice gioventù, ma studiando. Come appunto fece Delors

Labour Party Manifesto. Immagine di copertina

New Labour. Sistema sanitario nazionale

http://www.youtube.com/watch?v=zRZWQXbi9zo&feature=player_embedded

«Lavori in corso», Apriamo il cantiere della sinistra

Dal Sito de “L’Unità”: Lavori in corso di Concita De Gregorio

Da dove cominciamo, Nadia Urbinati, a parlare del risultato elettorale e dello stato della sinistra in Italia? Dal Partito democratico? Dal cantiere dei lavori fatti e da fare, dall’analisi degli errori e dalle fondamenta di una nuova proposta? Cominciamo dal successo di Vendola, da Grillo?
«Cominciamo dall’Emilia».

Risponde così Nadia Urbinati: c’è bisogno di una discussione larga, ampia, franca e senza paura. Un dibattito come quello che si è sviluppato in questi giorni anche sulle colonne del nostro giornale e soprattutto nel web, migliaia di lettori ci hanno scritto per raccontarci quel che vedono, quel che sperano, quello in cui credono e in cui non credono più. Apriamo davvero il cantiere delle idee, dice la docente della Columbia, appassionata studiosa di politica. Però facciamolo a partire dalla realtà: lasciamo che l’insegnamento ci venga dai fatti.

Dunque l’Emilia, dove da poco è tornata a vivere. «Perchè in queste settimane, da quando sono rientrata in Italia, ho visto nei miei paesi qualcosa che non avevo visto mai. L’Emilia sarà la prossima regione a diventare leghista se non ci sarà un cambio radicale e profondo. In larga parte lo è già. Vedo i militanti della Lega girare per le piazze dei paesi con le roulotte e i camioncini, fermarsi a fare comizi di fronte a sei persone. Senza telecamere, senza microfoni. Senza media al seguito. Li sento scandire parole d’ordine semplici che fanno presa. Vedo le persone a me vicine cambiare. L’Emilia oggi è la frontiera più avanzata, o più arretrata. È Little Big Horne. La Lega ha capito molto bene che è questa la sfida più grande. La rivincita. Il vecchio desiderio democristiano. Quel che non si è tinto di bianco oggi si sta tingendo di verde. I leghisti hanno la capacità di farlo. Hanno militanti che credono, non che dubitano e discutono. Fanno turni, lavorano in modo sistematico, casa per casa. Il modello americano è questo: casa per casa. Non bastano le cene elettorali, quelle sono ad un altro livello. Nelle piazze dell’Emilia profonda il Pd non c’è. A Ferrara ho visto le navette che portano al centro commerciale. Nei paesi sono tutti chiusi dentro le case, con le loro parabole per vedere la tv. E’ il Midwest: è qui che si vince o si perde». (altro…)

Piccolo ricordo di Martin Luther King

Oggi è l’anniversario della morte di Martin Luther King. Un piccolo ricordo è davvero importante e ripropongo un precedente post in cui ricordavo alcune parole di King. Perchè non c’è solamente “I have a dream” nella sua storia. La sera prima della morte pronunciò un discorso altrettanto bello ed importante conosciuto come “sono stato sulla cima della montagna” che si concludeva così:

“…Poi sono arrivato a Memphis. E alcuni hanno cominciato a riferire le minacce, o a parlare delle minacce che erano state fatte là fuori, o a dire quel che mi sarebbe potuto accadere per mano di qualche nostro fratello bianco malato. Ebbene, non so cosa accadrà d’ora in poi; ci aspettano giornate difficili. Ma davvero, per me non ha importanza ora, perché sono stato sulla cima della montagna. E non mi importa. Come chiunque, mi piacerebbe vivere a lungo: la longevità ha i suo lati positivi. Ma non mi preoccupo di questo adesso. Voglio solo fare la volontà di Dio. E Lui mi ha concesso di salire sulla montagna, fino alla vetta. Ho guardato al di là e ho visto la terra promessa. Forse non ci arriverò insieme a voi. Ma stasera voglio che sappiate che noi, come popolo, arriveremo alla terra promessa. Sono così felice stasera; non ho paura di nulla; non temo nessun uomo. I miei occhi hanno visto la gloria della venuta del Signore”.

Dopo la vittoria elettorale il trionfo culturale. Una bella riflessione di Michele Mezza

Una bella riflessione di Michele Mezza dopo le ultime elezioni

E’ davvero incredibile con quale atteggiamento grave e pensoso, si dicano banalità. Oggi su repubblica Giovanni Valentini, con il tono di rivelare tutti i segreti di Fatima contemporaneamente, ci spiega, all’alba del 2010, che internet non è un mezzo ma è un sistema relazionale che rende la politica più efficacie. E lo fa, richiamandosi all’incursione di Berlusconi su Facebook.

Il dato drammatico è che questa banalità non appare in nessun frammento delle discussioni nel PD. In quel profluvio di dischiarazioni e balletti retorici di dirigenti in cerca di luce accanto al cadavere,nessuno in queste ore ha avuto l’idea di richiamare questo dato: gli unici fenomeni che emergono dal voto sono-Lega e Grillo- i due soggetti che si modellano su un network: territoriale la Lega, virtuale Grillo.Non è un problema di stile o moda: si tratta di un’idea nuova del mondo, e sopratutto una lucidissima strategia rispetto alla propria base sociale. Network significa sistema relazionale orizzontale, e non organizzazione gerarchia verticale. Il primo è oggi l’unico linguaggio politica praticabile, il secondo è un retaggio del ’900 senza interlocutori vivi.

Ora il fatto che nel dibattito a sinistra ancora non sia presente questa riflessione mi convince che siamo ancora lontani dal fondo del pozzo.Oggi siamo a learning by doing, ossia all’imparare praticando. Se non si sta nel fieme non ci si bagna.E non si colgono i fenomeni innovativi.

La mancanza di una lettura dei processi sociali ci impedirà ancora di trasformarci e di essere adeguati al modernoi.
Senza rete non si coglie il senso comune. Senza senso comune non si capisce dove andare e sopratutto con chi andare.E’ esattamente quello che sta accadendo da anni: pigliamo schiaffi in una stanza buia e l’unica cosa che facciamo e cambiare la faccia che viene colpita.

Mi rendo conto che la crociata sul TG1 sia più elettrizzante. Peccato che ci porta esattamente in una direzione opposta: centralità della TV di massa, importanza simbolica dei volti e dei messaggi delle news televisive, pooliticizzazione di ruoli professionali.Nel merito è una battaglia tecnicamente sbagliata: dopo tre decenni forse un conduttore può anche cambiare. Non è la prima volta. Altri direttori, in maniera più accorta, hanno modificato gerarchie e valori redazionali e nessuno si è stracciato le vesti. E’ inoltre sbagliato politicamente: la Rai diventa sempre la sostituzione della politica: il TG1 è il governo da abbattere, l’audience di Santoro è il consenso conquistato. Poi ci svegliamo e scopriamo che siamo su scherzi a parte.

La comunciazione oggi è sistema di produzione, e dunque va interpretato come uno spazio dove figure professionali e linguaggi crewano bisogni e conflitti materiali. Non come un’edicola dove vendere il proprio messaggio.

La scelta della rete, Obama insegna, non è una scelta tecnica, è politica allo stato puro: vuoldire scegliere come interesse prioritario la competitività degli individui, e non la protezione di masse inesistenti.

Trovo illuminante anche la vicenda della pillola RU 486. I governatori leghisti sono partiti lancia in resta, mettendo sul tavolo la propria sovranità sul territorio. Poi, grazie ad una reale immersione nel territorio, hanno percepito che la propria base sociale non è sintonizzata sulla ruffianata fatta al Vaticano e ora si fa marcia indietro. Non è una battuta a vuoto, è una straordinaria capacità di rappresentare, in real time, il mondo che si organizza.