Greenwashing, seguendo wikipedia, è una nuova parola che indica l’ingiustificata appropriazione di virtù ambientaliste da parte di aziende, industrie, entità politiche o organizzazioni finalizzata alla creazione di un’immagine positiva di proprie attività (o prodotti) o di un’immagine mistificatoria per distogliere l’attenzione da proprie responsabilità nei confronti di impatti ambientali negativi. Un buon esempio di questo tipo di “riciclaggio verde” è la nuova centrale di Fusina, in Veneto, oggi agli onori delle cronache. La centrale, infatti produce energie bruciando idrogeno. Poche emissioni di ossidi di azoto e stop alla Co2 ci renderebbero certamente felici, se non fosse che il calore recuperato dalla combustione della centrale alimenta la vicina centrale a cabone, che certamente non può fregiarsi delle stesse performances ambientali. Furbizia italiana o semplice disinformazione?
Dorino Piras
La Salute, l'Ambiente, il Lavoro
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Nero su bianco in un articolo web del Sole24ore, giunge l’elogio a Massimo d’Alema che afferma pubblicamente che in Italia si spende poco per gli armamenti. La posizione del lider maximo viene giudicata persino saggia per una ragione molto semplice: internet e il GPS nascono dalla ricerca e dallo sviluppo finanziato dal complesso militare-industriale, così come decine di soluzioni medico-sanitarie che hanno allungato la nostra vita. In sostanza la principale spinta alla ricerca, all’innovazione tecnologica ed al benessere civile nascono dalla ricerca sugli armamenti. In pratica Einstein e migliaia di medici, biologi, fisici, cosmologi, ingegneri non hanno capito una fava e continuano a perdere tempo negli ospedali, laboratori, politecnici e via discorrendo, civili. La ricerca della gran massa degli scienziati non è un acceleratore di benessere e di pace quanto la ricerca su ciò che può distruggere la nostra civiltà. Sarà, ma non ci credo.
Questa mattina, leggendo la pagina torinese di Repubblica sono rimasto di sasso. In prima pagina campeggiava il titolo di un articolo scritto da Davide Gariglio: “l’importanza delle piccole cose”. Premesso che Gariglio è brava e stimabile persona, mi ha lasciato a bocca aperta la “ricetta” da lui annunciata che il nostro centrosinistra si appresta a mettere in campo per salvare se stesso e la nostra città, tenendo pure conto che lo stesso Gariglio si candida ormai scopertamente per l’incarico a sindaco. In sostanza esisterebbero due prospettive: subito l’individuazione di una nuova “visione” della città, di una prospettiva strategica per i prossimi decenni in grado di avviare un nuovo ciclo nonostante le ristrettezze dei bilanci; e quindi il recupero della prossimità, l’attenzione ai problemi concreti delle persone e dei luoghi che esse abitano, il buon funzionamento quotidiano della città. Se della prima prospettiva nulla è maggiormente specificato, sulla seconda si è maggiormente puntuali: le strade, i lampioni, il verde pubblico, il decoro urbano. Mi sembra davvero poco per convincere a votare persino me, immaginiamoci chi non considera il centrosinistra come suo luogo naturale. Poco, perchè la manutenzione della città dovrebbe essere un dato intrinseco, che non è di destra o di sinistra ma un semplice dovere di chi amministra una città, come un medico deve dare la giusta terapia, un architetto costruire case che non crollino, un ragioniere fare i calcoli in maniera corretta. Semmai la domanda è: attraverso quali politiche si può fare ciò? Una politica “espansiva”, di tipo keynesiano o di depressione, di taglio forsennato? Insomma: Giorgio La Pira o Guazzaloca? Ma non solo. La sfida, continua Davide, è impedire che vi siano due Torino, esemplificate dall’asse di corso Regina Margherita con una Torino Nord in cui crescono i problemi di coesione sociale, sicurezza e via discorrendo ed una diciamo “sud” meglio organizzata. Forse però un’analisi della nostra città potrebbe prendere meglio in considerazione lo stato e le diseguaglianze di salute che disegnano una mappa un po’ diversa dei nostri quartieri dove la spettanza di vita, l’accesso ai servizi sanitari è a macchia di leopardo con perdite di salute e di vita dei residenti che non ci aspetteremmo. Un articolo di giornale non è un programma, ma ci farebbe piacere sapere che Torino possa diventare un motore di innovazione internazionale, che puntiamo ad essere un fulcro di ricerca specializzata, che vogliamo diventare la punta di diamante della ricerca biotecnologica, che stiamo pensando di diventare una città di attrazione per giovani ricercatori e lavoratori, le cui famiglie non dovranno preoccuparsi di trovare un asilo pubblico per i propri figli, che stiamo imparando a leggere gli spostamenti demografici dei nostri cittadini per dare risposte veloci sui nuovi insediamenti e servizi, che creeremo molti nuovi posti di lavoro attraverso una vera e propria rivoluzione verde, una vera green metropolis che vuole entrare nel futuro dalla porta principale senza falsi ambientalismi ma con il timone ben fermo verso la nuova produzione di energia, la qualità dell’aria; che siamo la città delle acque che difenderà il proprio bagaglio tecnologico ed amministrativo nella gestione delle acque, pubbliche ed economicamente sane. Partire dalle cose semplici è certamente un bene e di questo va reso a Davide quel che è di Davide. Ma la società moderna è complessa e richiede soluzioni complesse che non prevedono scorciatoie alla stessa maniera per cui non vogliamo essere curati con farmaci obsoleti e chiediamo una TAC invece di una semplice lastra radiografica. Riempire le buche delle strade, sostituire le lampadine dei lampioni, curare la aiuole non rappresenta un programma politico, ma una semplice idea di amministrazione, anche sana amministrazione, per cui potrei scegliere chiunque di destra o di sinistra a patto che sia una persona onesta. Non è più il tempo di essere restii nel dire cosa si vuol fare, ma è venuto il momento di dire chiaramente a cosa puntare nel futuro
Che fossero amici del nucleare lo potevamo presumere, malgrado le incertezze durante la campagna elettorale per le regionali piemontesi. Ma ciò che veramente fa specie in questo ritiro del ricorso della Regione Piemonte, allora amministrata da Mercedes Bresso, è che nei fatti il governatore leghista Cota dà nei fatti via libera a Roma per la scelta dei siti dove installare il o i siti nucleari in Piemonte. Una vera e propria cessione di sovranità al centralismo di Roma che deciderà senza nessun intoppo l’area che meglio preferisce per costruire appunto un’opera di forte impatto ambientale. O magari anche dove ubicare semplicemente il sito nazionale di stoccaggio delle scorie nucleari italiane, con Trino in pole position data l’attuale capacità di accogliere le scorie della precedente attività piemontese. Interessante sarà comprendere come riusciranno a far conciliare sbandierate, almeno in campagna elettorale, virtù quali la capacità di leggere il territorio, di vicinanza alle popolazioni, di essere “padroni a casa propria”, di autogoverno piemontese e via discorrendo. Ma le uniche capacità attualmente esercitate sembrano essere quelle delle parole (perchè di fatti ancora non ne abbiamo visti) contro gli immigrati. Sempre che anche questi non servano ad infoltire le fabbrichette brianzole o la raccolta delle pesche nostrane. Chiaramente sulle energie rinnovabili o sulla necessità di rendere davvero il più possibile indipendente il nostro territorio dal ricatto del petrolio “nisba”, per dirla come loro.
Per comprendere la politica ambientale e il suo peso in Italia oggi basta incrociare almeno due articoli comparsi sulla stampa quotidiana questa mattina. Nel primo (qui) viene dato conto della situazione dei reati ambientali presenti nel nostro Paese che veleggiano verso un importante aumento, quasi fuori controllo. tenendo conto che tali reati attengono spesso ad autorizzazioni industriali non rispettate, problemi edilizi e via discorrendo, la sensazione che un’altra fetta consistente di evasione si annidi appunto nelle questioni legate al territorio e alla sua tutela è più che dimostrata. Non solo un problema di inquinamento, quindi, ma una vera e propria sottrazione di risorse allo Stato degna per quantità di una manovra economica. Il secondo testo (qui) è un rendiconto del caos presente all’interno del Ministero dell’Ambiente con blocco annesso della nomina di direttori generali, autorizzazioni ambientali ferme, stipendi oltre limite, politiche azzerate. In sostanza un’attività che dovrebbe sbloccare e porre sotto limiti compatibili anche qui le nostre aziende soffre di poca efficienza, senza parlare dell’efficacia. Con l’idea che sono le stesse aziende che non riescono ad ottenere i diversi “pass” alla propria attività che iniziano a spazientirsi. Poca capacità di perseguire i reati ambientali con ingenti “distrazioni” di soldi e danni al nostro territorio e scarsa efficienza nel dare giusto regime autorizzativo alle nostre attività produttive sono le cifre che la fotografia delle politiche ambientali del nostro Paese ci restituiscono senza troppa difficoltà interpretativa. E tutto questo significa perdita di nuovi posti di lavoro, inquinamento e perdita di salute, danni economici che si aggiungono a quelli della recente manovra. Se qualcuno non è convinto del perchè sia necessaria una forte risposta politico-amministrativa sul settore ambientale, la lettura di queste due note potranno fargli cambiare idea.
Giornata dell’Ambiente. Il Piemonte si affida alla trasmissione “chi l’ha visto?” per comunicare cosa c’è da fare e cosa è stato fatto in questi anni. Devo dire che, almeno all’interno del mio luogo di lavoro, nessuno sapeva nulla dell’avvenimento. E dire che non c’è nemmeno troppa necessità di spesa per far capire due o tre piccole cose e far appassionare le persone non tanto al catastrofismo ambientale, ma alle numerose opportunità che una rivoluzione ambientale potrebbe far nascere non sulla luna, ma proprio sul nostro territorio.
Leggiucchiando qua e là, scopriamo che sono state fatte le nomine nelle diverse aziende torinesi da GTT a seguire. Non c’è molto di nuovo e per la maggior parte, eccezion fatta per Fabrizio Gatti e pochi altri, si respira aria da ricircolo. Nessun colpo di reni o spericolate innovazioni. Se indubbiamente mantenere chi ben ha operato e possiede esperienza può essere positivo, il rinnovamento politico e generazionale nella gestione della cosa pubblica non inizierà certamente da qui.
Se la sinistra vuole ridare a Nicolas Sarkozy tutte le chances per il 2012, non potrà fare migliore scelta che ridurre il proprio progetto di società, come proposto da Martine Aubry (Segretaria del Partito socialista Francese), al concetto di “cura” (care) (…). Questo concetto si inscrive nella tradizione della filosofia empatica inglese, che risale a Hume e Adam Smith e risorge negli Stati Uniti con Reagan, nel 1982, con un libro di Carol Gilligan facendo del “care” l’ideologia del femminismo, la “moralità delle donne”, prima di diventare, con un altro libro di Joan trento, nel 1993, una forma generale di società. Così definito, questo concetto trova a priori una risonanza nella crisi attuale: rinvia al bisogno di rispondere al sentimento di solitudine, d’abbandono, in cui soffrono coloro che sono in una situazione precaria, in una società che privilegia i vincitori. Essa ha anche l’abilità di introdursi nascostamente nella rivendicazione sindacale di una generalizzazione della sicurezza sociale alla precarietà del lavoro, alla domanda di cura che esprime l’emozione attorno ad azioni caritatevoli e di mordere sul terreno del cattolicesimo sociale che incarnano ad un tempo il centro e la seconda sinistra. Ma la Francia del 2010 non rassomiglia per nulla agli Stati Uniti del 1980 e questo concetto è infatti incompleto e pericoloso. E’ incompleto perchè non riprende che parzialmente al concetto inglese, che include infatti l’idea di “interessarsi a, prendere sul serio, dare importanza a” e rinvia alla dignità, all’esercizio partecipato del potere e non al paternalismo della cura. E’ pericoloso perchè trasforma i cittadini in malati e lo Stato in una sorta di Ospedale sociale generale. Come la sinistra fece già un tempo parlando della necessità di una “sicurezza sociale professionale”, assimilando la disoccupazione a una malattia, che lo Stato dovrà curare. E’ pericolosa perchè dimentica che i più deboli, quelli che dovrebbero essere curati, sono coloro i quali, oggi, non hanno diritto di voto. Di fatto, oggi, come domani, i Francesi non sono essenzialmente dei malati da curare, ma dei cittadini da prendere in considerazione. Essi non hanno bisogno di essere ascoltati se piangono per guarirli; ma che si ascoltino le loro volontà, per agire, per essi stessi, per gli altri, per le generazioni a venire, per il Paese. I Francesi non hanno bisogno di cure; essi domandano rispetto. E il rispetto passa da subito attraverso un discorso di verità: lo Stato è stato rovinato da vent’anni di lassismo. I soldi pubblici sono stati mal spesi, a vantaggio di coloro che hanno meno bisogno. Il Paese non lavora abbastanza e va verso il declino. La nazione ha dunque bisogno di una autorità giusta, attenta ai più deboli, che si preoccupi dell’avvenire, che decida democraticamente delle priorità trasparenti. Nulla sarà peggio che ritornare ai valori del 19mo secolo per riuscire nel 21mo.
Garibaldi è stato un personaggio complesso che non è possibile racchiudere in qualche formula, partito e addirittura Stato. Ritengo che sia stato un padre della patria di levatura somma che è riuscito a mettere in moto e dare finalità ed azione alle speranze di uomini di ogni estrazione, intellettuali come diseredati. Ha goduto di un’immensa popolarità già tra i suoi contemporanei per lo straordinario disinteresse, semplicità dello stile di vita, modestia con cui torna al di qua della linea d’ombra quando termina la sua opera, la disponibilità della sua vita al di fuori degli egoismi nazionali. Quello che è stato considerato come un segno di superficialità intellettuale, e cioè la mancata identificazione con le correnti intellettuali nate nel suo tempo (mazzinianesimo, sansimonismo, marxismo degli albori) proprio oggi, nel momento del tramonto delle grandi ideologie novecentesche, ce lo fa comprendere meglio per il desiderio di indipendenza intellettuale. Personalmente mi ha sempre colpito il fatto che sia riuscito ad indirizzare le forze più sparse e disparate verso obbiettivi possibili, rifiutando l’azione per se stessa e il semplice ribellismo senza possibilità di riuscita. Quando guardo una bandiera italiana sventolare il mio pensiero va a Garibaldi.
Se volete saperne qualcosa di più sulla creazione di cellule “sintetiche” potete vedere l’anticipazione su Science online dell’articolo che sarà contenuto nel prossimo numero. Inutile dire che si tratta di una vera e propria rivoluzione scientifica che farà molto discutere e che troverà ancora molta impreparazione dal punto di vista bioetico. Personalmente ritengo questo un meraviglioso passo in avanti.