Potrebbe essere una buona idea quella sentita a Baobab – Radio 1 da Angelo Vescovi: ogni parlamentare potrebbe adottare un ricercatore, magari devolvendo 1000 – 1500 € al mese dai propri emolumenti per finanziare un giovane cervello oggi costretto ad emigrare o a lavorare gratis. tenendo conto che i parlamentari sono circa un migliaio, si verrebbe a creare una vera e propria forza d’urto che potrebbe portare molti benefici anche a livello di sistema nazionale. Un piccolo esercito, quindi, che invertirebbe il trend negativo di questi anni che vede sempre più non solo la fuga all’estero dei nostri giovani, ma l’impoverimento del nostro Paese sul fronte della ricerca dove si giocherà il futuro della nostra comunit nazionale. Le forme e i modi di questa scommessa possono essere diversi e non difficili da mettere a punto, mancando al momento solo la cosiddetta “volontà politica” di farlo. Sempre che i mezzi di comunicazione, al posto di parlare della pur interessante gravidanza di qualche starlette, costruiscano una campagna anche a costo zero in modo da porre il problema davvero all’indice dell’agenda politica nostrana.
Dorino Piras
La Salute, l'Ambiente, il Lavoro
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Una segnalazione importante ci arriva da Ignazio Marino sulla possibilità di rinvio alla chiusura degli ospedali psichiatrici giudiziari (OPG). In sostanza sembra in corso una discussione a livello governativo sulla possibilit di proporogare la chiusura degli OPG attualmente prevista il 1 marzo 2013, come fissato dalla Legge 9/2012. La ragione invocata ndividuerebbe nella mancata preparazione da parte delle Regioni e il ritardo dello stesso Governo nell’emanazione dei provvedimenti necessari per l’utilizzo delle risorse dedicate. Tale giustificazione sembra davvero una foglia di fico dopo la proposta formulata dalla Commissione d’inchiesta sul Serivizio Sanitario Nazionale sulla riforma e dopo le denunce sulle condizioni di forte degrado di queste strutture. La proposta, rigettata dal Presidente Monti, prevedeva la nomina di una figura con pieni poteri per applicare la Legge votata in Parlamento in grado di gestire il percorso di chiusura di questi ospedali. Ciò che si vuole segnalare è ben espresso dallo stesso Ignazio Marino (Pd) in una sua nota: “Restare in OPG significa non avere assistenza medica: persone che soffrono di cuore, disabili in sedia a rotelle, pazienti affetti da diabete e da altre malattie gravi non possono essere assistiti. Lo stesso vale per la terapia psichiatrica e psicologica. Queste persone sono costrette a vivere in un luogo dove le lenzuola non vengono cambiate per settimane e a volte sono gli stessi operatori a portarle da casa; dove d’inverno il riscaldamento spesso non funziona e gli spifferi delle finestre gelano le ossa; dove si è costretti ad infilare le bottiglie d’acqua nel buco dei bagni alla turca per farle rinfrescare d’estate o per impedire la risalita dei topi. Sono queste le cure che lo Stato riserva a chi dovrebbe assistere? Quanto ancora vogliamo prolungare questa tortura?”
Nella speranza che il prossimo Parlamento faccia propria una battaglia di civiltà per la chiusura degli OPG davvero degna di uno stato di diritto come il nostro vuole essere…
Mathis Wackernagel ha vinto il Prix Nature Swisscanto 2013, riconoscimento dedicato a tutto ciò che si muove intorno allo sviluppo sostenibile. Il vincitore è l’inventore dell’”impronta ecologica” che calcola quanto risorse consuma e quanto inquina ogni persona con le sue abitudini. L’Impronta Ecologica è ormai divenuto, per chi si occupa di questioni ambientali, un parametro quasi imprescindibile e che comunque riesce a far comprendere in maniera semplice l’impatto delle nostre azioni quotidiane e quantificare anche l’eventuale risparmio delle buone pratiche. Per chi volesse saperne di più, oltre alle numerose pubblicazioni presenti, può collegarsi con il sito del Global Footprint Network
Il Teologo Vito Mancuso chiarisce cosa è avvenuto nella sostanza con la rinuncia di Benedetto XVI
“Nel caso di Benedetto XVI abbiamo a che fare con un martirio- testimonianza di altro colore, quello del riconoscimento della propria debolezza, della propria incapacità, del proprio non essere all’altezza. È la fine di una modalità di intendere il papato, e può essere la nascita di qualcosa di nuovo.”
In tempi di contorsioni locali su blocco o meno Euro3, la Commissione Europea batte un colpo e rinnova la strategia dei carburanti alternativi per ridurre le emissioni di gas con effetto serra e contemporaneamente liberarsi dalla dipendenza dal petrolio. Il concetto è semplice: se aumenta il numero degli automobilisti con veicoli elettrici o ad idrogeno e metano non solo avremmo città meno inquinate, ma staremmo economicamente anche meglio. Abbattere però i freni verso questo passaggio tecnologico significa comunque agire su alcuni versanti al momento poco considerati dalle amministrazioni, come ad esempio la mancanza delle stazioni di ricarica e rifornimento. Per eliminare l’ostacolo la Commissione intende fissare obiettivi vincolanti e standard comuni tra cui:
- l’elettricità – un numero minimo di stazioni di ricarica in ogni paese e un connettore universale per ricaricare l’auto in tutta l’UE
- l’idrogeno – standard comuni per i tubi di rifornimento e gli altri componenti nelle stazioni di servizio di 14 paesi UE
- il gas naturale liquefatto – stazioni di servizio per i mezzi pesanti ogni 400 km lungo la prevista rete centrale transeuropea di trasporto ; saranno necessarie anche stazioni di rifornimento per le navi in tutti i 139 porti marittimi e interni presenti lungo la rete
- il gas naturale compresso – entro il 2020 stazioni di rifornimento con standard comuni accessibili al pubblico in tutta Europa, almeno ogni 150 km.
La Commissione Europea afferma in modo chiaro che i Paesi aderenti possono favorire questo tipo di cambiamenti attraverso modifiche legislative e agendo sulla fiscalità nazionale incoraggiando gli investitori privati e ricordando come i finanziamenti UE necessari sono già disponibili. Sviluppare quindi rete moderna europea è fondamentale perchè, scrive Bruxelles: “L’84% del petrolio utilizzato da tutti i modi di trasporto è importato: nel 2011 queste importazioni costavano circa 1 miliardo di euro al giorno. La maggior parte del petrolio proviene da regioni instabili, con l’incertezza che ne deriva in termini di approvvigionamento.
Passare a carburanti più puliti è la mossa più ovvia per rendere l’economia europea più indipendente sul piano energetico.
Questa strategia è in sintonia con la tabella di marcia per i trasporti con cui la Commissione ha definito gli obiettivi per favorire la mobilità e integrare ulteriormente le reti di trasporto dell’UE entro il 2050, riducendo al tempo stesso le emissioni di gas a effetto serra”.
Abbattere i costi della spesa sanitaria. Ma non solo. Tentare di rispettare l’organizzazione geografica dei servizi sanitari che ricalca la dispersione della popolazione tentando di non chiudere i servizi nei diversi centri, ma di dare risposte in rete. Benvenuti nella telemedicina, realtà ormai consolidata in vaste aree degli Stati Uniti e del Canada e che continua a non trovare l’adeguata attenzione nel nostro Paese. La cosiddetta “tecnologia di telepresenza” sanitaria ha finalmente un punto di paragone in Italia che ne dimostra la fattibilità e la convenienza non solo economica ma sociale tramite l’esperienza della Ulss 21 del Basso Veronese così come riportato da Nòva 24 de “IlSole 24 ore”. L’investimento iniziale per introdurre la presenza del servizio è stata di 50 mila euro, coinvolgendo un bacino d’utenza di 150 mila abitanti ed ottenendo un immediato risparmio del 50% sui costi di trasferta tra strutture. La struttura su cui poggia il servizio prevede una rete a banda larga con due connessioni da 100 Mb che collega quatto ospedali e fa da dorsale per una serie di servizi che sfruttano la videoconferenza. Attraverso tale sistema si è potuto abbattere gli spostamenti del personale sanitario e dei pazienti, oltre alla condivisione di referti radiografici e di altro genere. Oltre all’abbattimento dei costi sullo spostamento, risulta significativa la riduzione del disagio per i malati che venivano trasferiti tra i diversi ospedali e la semplificazione delle pratiche burocratiche – con i costi collegati di trasporto dei pazienti e un contenimento delle emissioni di gas serra -. Tutto ciò presuppone anche una modificazione di alcune pratiche organizzative del lavoro sanitario che non sembrano essere state critiche. Tenendo conto della realtà dispersa del nostro territorio dove diverse aziende sanitarie sono articolate su più centri ospedalieri e diversi centri abitati, risulta immediatamente attraente l’applicazione di tale modalità che può influire sulla riorganizzazione delle sedi territoriali portando a risparmi consistenti ed al mantenimento di più punti di cura nelle diverse realtà, evitando chiusure totali dei presidi sanitari che lascerebbero sguarnite molte importanti realtà cittadine a cui verrebbero negati diritti di accesso e di equità che ispirano il nostro sistema sanitario nazionale.
In tempi di governo tecnico bisogna adeguarsi e saper interpretare dati e numeri dei diversi campi del nostro vivere quotidiano, anche oltre l’economia. E così nasce – per ora lanciato dal Corriere della Sera – la figura dello “statistical editor” che avrà l’onore e l’onere di interpretare correttamente la grande quantità di cifre e statistiche riguardanti scuola, sanità, conti familiari e quant’altro inserendoli correttamente e rendendole finalmente “leggibili” per il normale cittadino. Segno di tempi “tecnici” o semplicemente un, benemerito, rilancio dell’educazione civica di antica memoria
Nei giorni in cui il Consiglio comunale di Torino costringe la Giunta a fare retromarcia sulle limitazioni alla circolazione dei diesel euro-3, Tallin – capitale dell’Estonia – rende gratuiti dal 1 gennaio i trasporti sui mezzi pubblici. Pur essendo coscienti delle diversità di cultura, numero di abitanti e quant’altro tra le due città, ciò che ci preme sottolineare sono le direzioni diverse che le politiche ambientali delle due aree stanno prendendo. Sono patrimonio comune delle sperimentazioni già adottate negli anni precedenti – e che continuano ad essere completamente rimosse – che la questione “smog” ci giochi nell’immediato sul fronte dei trasporti: la quota preponderante di inquinamento deriva dal traffico automobilistico. Bisogna quindi togliere dalla strada quante più automobili possibile. E se le automobili servono a permettere alle persone di spostarsi tra due luoghi diversi – che è davvero un diritto da tutelare – bisogna farcele andare in altro modo. Ad esempio tramite mezzi pubblici che siano economicamente convenienti. Non solo. Dal momento che la gran massa degli spostamenti avviene per motivi lavorativi, per la maggior parte fissi, bisognerebbe cercare di incentivare almeno questi. Tenendo conto che il biglietto del bus che il cittadino paga copre più o meno il 30% dei costi totali, non credo sia così difficile pensare a politiche complementari che riescano a coprire tale costo (senza ricordare che in un passato ormai lontano qualche tentativo in tal senso si era compiuto). Anche perchè a Tallin, nella prima settimana di bus libero, si è registrato un calo del 15% di intensità del traffico rispetto ai mesi di novembre e dicembre con un aumento del 7% dell’uso del trasporto pubblico. Giusto per capire che invece di limitare per poche ore una fetta di territorio ridicola rispetto a quella di altre città italiane e farsi tritare politicamente dalle proprie stesse maggioranze politiche, bisognerebbe non aderire alla filosofia di vendere le aziende pubbliche di trasporto ma di pensarle come pubbliche e beni comuni. Prima di limitare, inoltre, bisogna rendere possibile in altro modo quello che si vuole vietare: spostarsi in maniera sostenibile.
Ognuno di noi maturerà un’idea su quest’anno di governo tecnico presieduto da Mario Monti e certamente non mancheranno autorevoli commenti ed analisi che chiariranno ancora meglio cosa sia accaduto e perché. Una lezione sembra però farsi strada analizzando questo strano anno: più che tecnico, questo esecutivo è sembrato tecnocratico. In sostanza, i veri giocatori in campo sono stati i veri depositari dell’esperienza e delle informazioni ministeriali: i diversi alti funzionari con carriere ormai “a vita” e monopolizzatori di una struttura politica apparsa in diversi momenti succube. Le diverse prove di questo stile “tecnocratico” si possono evidenziare in diversi passaggi a cui abbiamo assistito con un lieve sconcerto. Ad esempio la mancanza dei dati sugli “esodati” – successivamente diffusa all’insaputa del ministro “competente” – passando per i decreti sui farmaci che non hanno portato a nessun tipo di risparmio per lo Stato ricalcando leggi già esistenti fino al taglio sull’Irpef comunicato all’italico popolo in trasmissione televisiva dal solerte Sottosegretario all’economia. Senza parlare di tentativi sotterranei di introduzione di giochi contabili, come quello dei ricongiungimenti onerosi pensionistici nel tentativo di produrre un risparmio contabile a corto raggio che si sarebbe ribaltato in modo iniquo successivamente. Questa puntualizzazione dovrà servire ai prossimi governi per mettere mano alla riforma delle carriere degli alti burocrati statali, incontrastati “dominus” non sottoponibili al giudizio del gioco democratico ma nei fatti monopolisti in grado di segnare le linee d’intervento di ogni governo di marca tecnica o politica del futuro. Un governo tecnocratico nascosto che, per forza di cose, continuerà a difendere e non contraddire scelte legislative già fatte in passato di cui sono stati gli effettivi estensori e che nessun politico riuscirà a ribaltare, soprattutto dopo che abbiamo toccato con mano che nemmeno i “tecnici” riescono a farlo. E che sarà ancora più forte quanto saranno deboli le maggioranze politiche presenti. Ecco quindi una delle prime riforme che in realtà la politica dovrà compiere: un ricambio ragionato di queste figure che non potrà avvenire in maniera burrascosa e con tempi eccessivamente stretti, ma che dovrà favorire la crescita di figure in formazione pronte a subentrare in tempi ragionevoli e quindi con la necessità di affinare le proprie competenze e conoscenze in attesa di ricoprire nuove competenze. Non è un caso, a guardar bene, che nella cosiddetta agenda Monti non sia mai esistita una riforma della Pubblica Amministrazione in tal senso, arrivandosi persino alla nomina del Ministro della Funzione Pubblica in un secondo tempo. Crediamo che questo punto rimanga di nodale importanza per i prossimi governi, pena un significativo blocco della capacità “riformista” dei prossimi esecutivi e il perdurare dell’impasse del nostro Paese. Ricordiamocelo
Sempre più spesso leggiamo infuocati articoli sulla necessità di ricorrere a regimi privati per ciò che attiene alla gestione della nostra Sanità. Ultimamente è di moda suggerire la fuoriuscita dal sistema di protezione sanitaria dei cittadini ad alto reddito, in modo tale da ottenere risparmi per le casse pubbliche e lasciare ad un sistema di sanità parallelo chi può permetterselo. Ma è davvero conveniente tutto ciò? Pare davvero di no, soprattutto comparando esperienze anche europee che in questi anni hanno tentato di giocare questa carta. In questo articolo di Grazia Labate - già sottosegretario alla sanità - per Quotidiano Sanità, vengono analizzati i risultati di chi, soprattutto Germania ed Olanda, hanno permesso la fuoriuscita della popolazione benestante dal sistema sanitario senza ottenere benefici per le casse pubbliche e per i medesimi cittadini. Tutto ciò non significa che il sistema debba essere lasciato nelle condizioni odierne, ma scorciatoie populistiche di sapore liberistico non raggiungono, conti alla mano, traguardi utili per nessuno. Un po’ di serietà, quindi…