Un uso certamente sapiente dei nuovi media e al passo con i tempi è uno dei mantra dell’amministrazione americana guidata da Barack Obama. Non poteva quindi mancare il canale youtube della casa bianca che aggiorna in una manciata di minuti sulle attività della Casa Bianca con uno stile sicuramente “alla mano” ma sapientemente diretto dallo staff di Obama. Il titolo, west wing week, si rifà al nome dell’ala della Casa Bianca in cui è ospitato lo studio Ovale presidenziale. Una comunicazione non ingessata, rapida ma puntuale su cosa succede al 1600 di Penn Av.
Dorino Piras
La Salute, l'Ambiente, il Lavoro
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Visti gli esordi della discussione sulle prossime elezioni amministrative che si terranno anche a Torino, credo sia necessario iniziare a pensare, parafrasando Lester Brown, ad un vero e proprio PIANO B. Registrando infatti le diverse proposte sui nomi, bisognerebbe iniziare a rendere esplicite le politiche da intraprendere per la nostra città. In sostanza chiedere ai futuri amministratori cosa vogliono fare, spiegare più chiaramente quali sono le soluzioni intraviste, aiutare i cittadini a leggere tra i documenti programmatici un pensiero che colleghi impegni, azioni risultati senza dividere gli uni dagli altri e prendendo i cinque anni del prossimo mandato come dimensione temporale a cui riferirsi. Nel nostro piccolo PIANO B siamo arrivati alla conclusione che non è più sufficiente inserire qua e là alcune strisce verdi, apporre alcuni post it ambientali tra le pagine dei programmi che all’ulltimo minuto verranno lanciati e sicuramente poco letti dai cittadini. Noi pensiamo che un progresso ambientale possa diventare la chiave per combattere la disoccupazione, il degrado di alcune aree della nostra città, la perdita di risorse e tempo dato dall’attuale sistema di trasporto, lo stato di benessere dei cittadini della nostra città. La buona notizia è che esistono già gli strumenti scientifici, industriali e politici per arrivare a tutto ciò. Ciò che manca è la volontà politica. Il filo guida potrebbe essere la conquista del ben-essere dei torinesi. Un ben-essere che ha molte facce. Torino, come altre città, continua ad essere piagata dalla scarsità di lavoro: perchè non rendere la nostra città la capitale delle tecnologie sostenibili? Abbiamo strade, aree industriali, capacità di lavoro ad alti livelli ma continuiamo ad incaponirci sullo sviluppo di produzioni mature che non potranno pensare di espandersi. Perchè non orientiamo la nostra politica occupazionale sulla costruzione di tecnologie verdi facendo di Torino la capitale della produzione di tecnologie al servizio dell’ambiente? Abbiamo un prestigioso Politecnico all’avanguardia in europa: perchè non farlo diventare il miglior centro di formazione e studio a livello internazionale delle produzioni verdi? Siamo all’avanguardia nel settore sanitario: perchè non impegnarci a costruire un polo di studio, ricerca e cura sugli impatti che l’ambiente provoca sulla nostra salute? Abbiamo una grande esperienza sulle politiche pubbliche nella gestione di beni comuni come l’acqua sia dal punto di vista amministrativo che tecnologico: perchè non diventare il centro europeo dell’acqua dove si studiano e costruiscono le tecnologie per la gestione di questo bene diventando centro di riferimento internazionale? I nostri Enti sono voraci consumatori di energia, mezzi per spostamento, carta, computer, plastica e via discorrendo. Ma sono ancora tiepidi nell’autoregolamentarsi secondo parametri di acquisto “greener” e non è una questione di maggiori costi, ma di volontà politica. Se tutto ciò che è amministrazione pubblica scegliesse in maniera decisa il proprio consumo secondo parametri sostenibili, si verrebbe a creare un mercato di prodotti a basso impatto che non potrà che vedere l’insediamento di nuovi soggetti produttivi pronti a soddisfare tale richiesta mediante una filiera più corta. E dove il lavoro buono si sviluppa aumenta anche la sicurezza perchè, come ci hanno dimostrato le democrazie del nord europa, la sicurezza sociale e la crescita economica si stimolano a vicenda.
L’economia verde non serve solo al minor impatto ambientale, ma anche a creare nuovi posti di lavoro di qualità e poco delocalizzabili all’estero, a rimettere in moto l’economia. Significa creare lavoro, economia, risparmio per i cittadini e migliramento della loro qualità di vita. Non, come molti vorrebbero far credere, a ritornare al medioevo. Ma ci torneremo ancora…
Comunque vada a finire, dopo gli Stati Uniti la Gran Bretagna mostra una capacità di rinnovamento della classe politica sicuramente impensabile nel nostro Paese. Quello che alla fine viene fuori è che oltre a Clegg, che è riuscito a far fruttare abilmente la sua posizione anche con un risultato deludente, Milliband riceve un sostanziale via libera come nuovo leader laburista. Clegg, Milliband, ma anche Cameron, diventano le nuove coordinate della politica inglese, un ricambio in tempo reale in condizioni di incertezza che in altri paesi avrebbero riportato in auge le vecchie volpi stagionate con la scusa, appunto, della difficoltà della situazione. Una Gran Bretagna che alla fine si scopre “cool” e si rinnova profondamente, a dispetto della superficiale patina di tradizione. Come se il mondo anglosassone continuasse a dare lezioni di leadership politica ad un Mediterraneo stagnante. Obama docet.
In Gran Bretagna la riforma elettorale è diventata il vero spartiacque per la nascita di un accordo tra i liberali e i conservatori/laburisti. Tra i diversi sistemi è rispuntato il cosiddetto “voto alternativo” già consolidato in Australia per la Camera e in Irlanda per il Presidente. Ma cos’è il “voto alternativo”? Il sistema rientra, normalmente, nella famiglia del voto maggioritario e funziona in questo modo. Poniamo che esistano 4 candidati: Rosso, Nero, Giallo, Blu. Gli elettori devono ordinare tutti i candidati secondo un ordine di preferenza mettendo un numero vicino a ogni candidato. Un esempio potrebbe essere:
CANDIDATI |
ORDINE PREFERENZA |
GIALLO | 3 |
ROSSO | 1 |
NERO | 4 |
BLU | 2 |
In sostanza l’elettorale ha dato la prima preferenza al rosso, poi al blu,al giallo e al nero. Si contano a questo punto le prime preferenze. Se un candidato raggiunge il 50% ha vinto e prende il seggio. Se nessuno raggiunge il 50%, si elimina il candidato che ha raggiunto il minor numero di voti (in questo caso il nero) e si assegnano i suoi voti (quelli sempre del nero) a quell che ha ricevuto la seconda preferenza. Si ricontano quindi i voti e se qualcuno raggiunge il 50 % dei voti vince. In caso contrario si ripete la procedura eliminando sempre il candidato che ha ricevuto meno voti e riassegnando i suoi voti alla seconda preferenza. Chiaramente ad un certo punto non potranno che rimanere due candidati e per forza di cose uno avrà il 50% dei voti. (per una spiegazione più ampia è possibile consultare questa voce di wikipedia).
Sulla diffficoltà del sistema al posto di mettere la croce, si potrebbe obiettare che gli elettori italiani non sono meno capaci degli irlandesi o degli australiani. Sui vantaggi di questo sistema sicuramente può essere citato il fatto che elimina di fatto la dipendenza dalle alleanze pre elettorali, favorisce l’emergere di due blocchi consolidando il bipolarismo (a chi piace), favorisce i partiti maggiori e anche quelli geograficamente concentrati (nel caso italiano potrebbe essere la Lega) ed in grado di proporsi come seconda preferenza.
(via Lavoce.info) La XVI legislatura ha compiuto due anni e tra pochi giorni sarà trascorso lo stesso periodo di tempo per il governo Berlusconi, insediatosi l’8 maggio 2008. Il bilancio della legislatura coincide in larga parte con quello del governo sia perché fino a questo momento il perimetro della maggioranza è rimasto identico, sia perché in Parlamento la compagine governativa domina con i numeri l’attività legislativa. Riprendendo una formula analoga a quella di un anno fa cerchiamo di mettere in luce con dieci schede, ciascuna dedicata a uno dei principali temi della politica nazionale, che cosa è stato fatto o non è stato fatto in questo primo biennio. La raccolta è stata in parte curata da Pietro Ichino e pubblicata anche sul suo sito.
Se vi chiedete come è scoppiata la popolarità di Clegg, una risposta ci viene da diversi commenti tra cui uno illuminante di Alessio Antichieri su Rai News 24. In sostanza l’esposizione mediatica di Clegg sarebbe nata da una mossa, certamente azzeccata, di Gordon Brown che pose come condizione per la partecipazione ai tre dibattiti televisivi la partecipazione della terza forza dei Liberal Democratici guidati da Clegg per depotenziare il conservatore Cameron. E Clegg ha fatto il suo dovere facendosi paladino del cambiamento a danno dei conservatori. Comunque per capire cosa ha fruttato l’esposizione di Clegg, più che il numero dei seggi (da non dimenticare il sistema inglese dove chi arriva primo in un collegio prende tutto) bisognerà vedere le percentuali assolute. Da annotare che non è avvenuto il preannunciato crollo dei laburisti che comunque tengono anche se perdono.
Secondo i primi exit poll, in Gran Bretagna i conservatori otterrebbero 307 seggi, i laburisti 255, i liberaldemocratici 59. In sostanza ai Conservatori mancherebbero 19 seggi per la maggioranza assoluta che potrebbero trovare nelle liste minori. Parlamento “impiccato” secondo il gergo politico britannico dove nessun partito riesce a governare da solo. Malgrado le anticipazioni di questi giorni i lib dem sarebbero in flessione nel numero dei seggi. Sarebbe pure possibile una maggioranza laburisti-lib dem, ma se Clegg manterrà i propositi preelettorali questo tipo di maggioranza non vedrà la luce.
Che per ricercare qualcosa di innovativo nelle forme politiche sia necessario guardare fuori dal nostro Paese, non è necessario ricordarlo. Ma va sottolineato quello che sta succedendo in Gran Bretagna dove è stato lanciato il “Digital Debate” in vista delle prossime elezioni. Si tratta di un vero e proprio dibattito in rete sostenuto congiuntamente da Google e Facebook attraverso cui si instaura un rapporto interattivo tra i candidati e i navigatori virtuali che possono porre le loro domande con fondata speranza di avere una risposta. Anzi, le migliori sono state effettivamente poste nel dibattito di questa sera tra Clegg, Brown e Cameron. A completare l’esperimento di politica virtuale, c’è anche la possibilità di votare le risposte date dai leader per qualche giorno. Al momento Clegg è in vantaggio di diverse lunghezze su Cameron. Brown insegue in coda in splendida solitudine.
La migliore l’ho sentita via radio in macchina da un economista che, con fulminea semplicità, ha focalizzato il problema della nostra imprenditoria prendendo come spunto il caso della Bialetti di Crusinallo. Il senso è questo: gli sforzi e l’intelligenza dei nostri industriali non dovrebbero essere impiegati per capire come meglio delocalizzare ad esempio una fabbrica di caffettiere in Cina, ma capire come vendere caffettiere ad un miliardo di cinesi…
La discussione sull’acqua pubblica mi sembra un po’ monca e paradossale. Mi spigo meglio. In Provincia di Torino l’idea di acqua pubblica come bene comune è stata difesa in questi anni da un organo che si chiama Autorità d’Ambito (ATO), che deliberava democraticamente attraverso una conferenza formata da amministratori pubblici, che imponeva costi e opere tenendo come fine supremo il fatto che l’acqua è di tutti ed è un bisogno essenziale. La stessa Autorità d’Ambito ha sempre vigilato e operato fattivamente per fare in modo che tutto queto restasse pubblico, come pubblica è anche la società che gestisce, per conto dell’ATO, l’acqua sul nostro territorio. Senza ricordare come siano state deliberate tariffe che tenevano conto della composizione famigliare, della ricchezza stessa delle famiglie, siano state consolidati aiuti internazionali ed altre cosette del genere, oggi l’Autorità d’ambito sembra destinata a sparire attraverso una legge approvata dalla destra di questo Paese. Ciò che mi fa specie non è tanto la legge “destrorsa” ma il comportamento sinistrorso nelle sedi di competenza. La legge, almeno fin quando ho seguito la sua evoluzione, permetteva anche la possibilità di scelta, affidata alle Regioni, di mantenere in piedi questo tipo di organizzazone del servizio. Ora, se ad esempio in un Consiglio Provinciale (poniamo quello di Torino) si facesse una giusta, corretta ma decisa battaglia per mantenere l’Autorità d’Ambito Torinese dell’acqua con le stesse caratteristiche attuali, si raggiungerebbe un risultato concreto, solido e politicamente rilevante al posto di enunciazioni di principio fatte con ordini del giorno o mozioni che lasciano il tempo che trovano. Poche parole e mobilitazioni di maniera, quindi e, per chi avesse davvero a cuore la questione dell’acqua, più fatti concreti.