Dorino Piras

La Salute, l'Ambiente, il Lavoro

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Digitalizzare le Pubbliche Amministrazioni: un risparmio di 43miliardi

Uscendo dal semplice “tifo” politico, un obbiettivo che come Piemonte al Centro ci siamo posti è quello di andare “dentro” i problemi e capire se dietro le proposte poste in campo esista un razionale utile. L’occasione oggi ci viene offerta da uno studio del Politecnico di Milano commissionato da “Nòva”, di cui ci dà notizia Antonio Larizza su Nòva, dove si quantificano gli eventuali benefici e risparmi ottenibili mediante un vero programma di digitalizzazione della Pubblica Amministrazione (Pa) a tutti i livelli. L’argomento è di attualità innanzittutto perchè nel pacchetto di proposte di Confindustria, ma da noi già sostenuto in precedenza su una proposta già avviata da Italia Futura. (altro…)

Quando la Pubblica amministrazione non paga

Ognuno può scegliere di risolvere i problemi che vuole per far in modo che il nostro Paese esca dall’empasse in cui si è cacciato: vedi la Lega con il secessionismo, il Pdl con le intercettazioni, il Pd con l’ossessione di Berlusconi e via discorrendo. Personalmente sceglierei di dedicare una particolare attenzione ai rapporti di pagamento tra le Piccole-medie imprese e le amministrazioni pubbliche. La Confapi ha denunciato un allungamento dei tempi ormai in media vicino all’anno, che penalizza il tessuto delle nostre aziende, che sono praticamente tra i primi datori di lavoro nel nostro Paese, non solo rispetto alla concorrenza internazionale, ma anche sulle possibilità di rstare in piedi. Ricordiamo quali sono i tempi di pagamento oltreconfine: 19 giorni in Gran Bretagna; 65 giorni in Spagna; 2 giorni in Francia; 11 in Germania e con una media europea di 27 giorni (fonte il Sole24 Ore). Come denunciato dallo stesso studio Confapi riportato da Giovanni Parente:«La principale conseguenza di questi ritardi è la mancanza di liquidità nelle casse delle imprese fornitrici. Ne consegue, anzitutto, la difficoltà nell’onorare i pagamenti ai propri fornitori e, in subordine, l’impossibilità di porre in essere gli investimenti necessari senza dover ricorrere a forme di finanziamento. Il ritardo dei pagamenti della Pa trasferisce infatti alle imprese fornitrici il problema di liquidità del settore pubblico». Il problema ha poi una coda velenosa data dalla necessità delle imprese di dover ricorrere alle banche per ottenere prestiti con cui saldare le proprie spese, determinando una spesa extra che si aggira sui 1.9 miliardi di euro l’anno.

E quindi? Nicola Rossi, che sarà presente il 22 settembre a Torino al Convegno di Piemonte al Centro all’Hotel Ambasciatori, sta studiando una proposta di legge bipartisan per risolvere la questione, anche attraverso il recepimento della norma comunitaria che impone tempi certi e rispetto degli obblighi verso i fornitori da parte dei committenti pubblici. Queste sono le cose che ci aspettiamo vengano fatte da chi abbiamo mandato in Parlamento.

Economia e Pd: cose da fare che non portano soldi

Su L’Inkiesta viene pubblicato un interessante articolo nel quale vengono illustrati i commenti di un insigne ordinario di Politica Economca qual è Cesare Vaciago. Il testo è di buona scorrevolezza anche per i non iniziati in argomenti economici e chiarisce diversi argomenti del dibattito politico attuale che da altre parti sono di difficile reperimento. Ma ciò che mi ha colpito è la chiosa dell’articolo, che pone davvero il problema cruciale di ogni politica – non solo economica – come di ogni idea o azione che ci accompagna nelle nostre attività: una cosa può anche essere efficiente, ma non così efficace. Così alla domanda finale dell’intervistatore su un bilancio finale del documento di Bersani la risposta è esemplare (altro…)

Montezemolo: scelte deboli contro l’emergenza

L’intervista a Luca di Montezemolo (qui il testo completo dal Corriere della Sera)

«Stanno asserragliati in due chilometri quadrati nel centro di Roma, rinchiusi nei Palazzi della politica e non si rendono conto di quello che il Paese reale sta attraversando…». La domanda è lì, scende o non scende in politica, ma Luca Cordero di Montezemolo allarga il campo: «Non è questo il punto, adesso. Adesso è il momento di uscire dall’emergenza. Di ricostruire questo Paese. Di smetterla con il vizio antico della classe politica di rimuovere i fatti, anche la memoria di come si è arrivati a questo punto drammatico, pur di rimanere in sella. Non abbiamo mai sentito pronunciare da un politico una sola frase di assunzione di responsabilità».


La mano invisibile dell’Europa

Se, come sembra, esistono lettere che vanno e vengono tra il nostro governetto e i palazzi della Banca Centrale Europea, bisogna pensare che c’è – o sta nascendo – un governo europeo che sovraintende la politica economica del nostro Continente. Sulla sua eventuale forza non possiamo esprimerci meglio, dato lo scarso peso e la manifesta incapacità del nostro governetto che non può essere considerato se non come la periferia di qualunque imperium. La Francia sì, potrebbe essere un valido test per questo Leviatano economico, dato il sentore di declassamento che anche la Republique inizia a sentire. Sarebbe comunque utile saperne qualcosina  di più  sui meccanismi di questo governo transnazionale che non assomiglia al WTO o ad altri figlioletti di Bretton Woods. Magari per diversi anni abbiamo inteso male cosa fosse in realtà la famosa “mano invisibile”…

Scommettere sull’Italia?

Enrico Zanetti, su Eutekne.info, coglie con intelligenza i termini del cosiddetto attacco speculativo all’Italia. La domanda vera non è “perchè i mercati scommettono contro il sistema Italia”, ma “perchè i mercati dovrebbero scommettere sul sistema Italia”? LA rassegna delle motivazioni è altrettanto stringente. Per i tassi di crescita della nostra economia e le misure messe oggi in campo per stimolarla? Per la tenuta dei conti pubblici (che se fossero quelli di un’azienda spedirebbero direttamente in galera sia il commercialista che l’imprenditore)? Per atto di fede di credibilità del suo ceto politico al governo oggi e di quello che rappresenterebbe la sua alternativa?

Krugman: il problema è la disoccupazione, non la crescita.

Paul Krugman, Premio Nobel per l’Economia, interviene sul New York Times e individua il vero problema dell’attuale crisi americana: l’aumento della disoccupazione. Non è quindi il deficit il totem che deve guidare le prossime mosse dei responsabili della politica statunitense, che anzi non deve interferire su tutte le possibili manovre da intraprendere per creare crescita e nuova occupazione. Un richiamo che potrebbe certamente calzare anche per il nostro Paese, dove alla precedente sottovalutazione della crisi si è aggiunta una manovra economica che punta sulla compressione del deficit senza particolari azioni sul versante della crescita. Secondo Krugman i consumatori non sono ancora pronti a spendere risorse dopo la catastrofica bolla economica immobiliare e dunque la semplice domanda da porsi è da dove dovrebbe arrivare la crescita. Gli americani sono in verità in attesa di posti di lavoro e la loro implementazione è la prima vera condizione per una ripresa dell’economia. Potrebbe essere questa una chiave utile per interpretare anche i prossimi provvedimenti in Italia.

Ticket: quando l’economia fa male alla salute

(via Italia Futura) di Walter Ricciardi

Direttore dell’Istituto di Igiene dell’Università Cattolica di Roma e dell’Osservatorio Nazionale per la Salute nelle Regioni Italiane. E’ il primo Editor non inglese dell’Oxford Handbook of Public Health e componente non americano del National Board of Medical Examiners degli Stati Uniti d’America

Quello dei ticket è l’ultimo intervento del Ministero dell’Economia in ambito sanitario introdotto senza prendere in alcuna considerazione le implicazioni sulla salute dei cittadini, in particolare di quelli che, avendo redditi limitati, opteranno per beni primari quali alimentazione e casa, prima di ricorrere a servizi di prevenzione, diagnosi e cura che potrebbero salvargli la vita e che dovrebbero essere già finanziati dalle tasse e gestiti da manager competenti in grado di conciliare la qualità dei servizi con le sempre più scarse risorse disponibili. (altro…)

Bot a doppio taglio

L’ “affare” dei Bot mi sembra ben spiegata da Giuliano Ballestreri su Repubblica di oggi. Se sono un piccolo investitore e voglio investire in titoli di Stato diciamo 10.000 €, oggi avrei un rendimento di circa 152 € netti l’anno. Dopo il decreto il rendimento scenderà a circa 66 € e nel 2013 scenderà ancora a circa 37 €, Il “paradosso” è che se io investissi più soldi, perderei di meno. Ad esempio se investo oggi 25.000 € oggi avrei una resa di circa 346 €, dopo la manovra vedrei scendere il guadagno a 346 € e nel 2013 a 316 €. Sopra i 50.000 € mi andrebbe ancora meglio, con una evidente sperequazione tra chi può investire di più e chi di meno. La manovra però è davvero curiosa perchè i titoli di Stato, da sempre, sono lo strumento principe per finanziare i debiti dello Stato. Quindi va da sè che si assisterà alla fuga dei propri finanziatori. Per il governo poco importa, perchè la mossa serve solo al breve periodo, dopo vedrà chi avrà i cordoni della borsa cosa fare. Comunque, per non dar troppo fastidio, nessuna azione verrà intrapresa sulle rendite finanziarie che attualmente, se non vado errato, vengono tassate al 12,5 % mentre in Europa veleggiano stabilmente oltre il 20 %. Meglio cioè non distinguere tra chi investe i propri risparmi sui debiti dello Stato e chi specula in Borsa. Misteri del liberalismo tremontiano

Sviluppo: l’Italia reticente di fronte all’Europa

In tempi di approvazione della Finanziaria conciliare il rigore con la crescita è senza dubbio una preoccupazione che gli italiani hanno ben presente. Sempre più spesso, inoltre, sentiamo i richiami dell’Unione Europea come un cappio che sembra limitare la nostra libertà d’azione e, a tratti, come responsabile stessa delle nostre difficoltà. Chiaramente non è così e addentrandoci un po’ meglio tra le pieghe del nostro rapporto con Bruxelles scopriamo anche qualche strumento utile che viene poco reclamizzato ma che ci potrebbe far comprendere meglio la “visione” a cui gli stati fratelli tendono per descrivere cosa pensano delle proprie carenze e dove vorrebbero andare. Dario Di Vico oggi sul Corriere della Sera ci da questo tipo di informazione parlando dei “Piani Nazionali di Riforma” (Pnr) che stanno sostituendo la strategia di Lisbona e che i diversi governi devono presentare annualmente dichiarando le riforme che ritengono necessarie con i relativi dettagli sulle manovre, sui tempi e sui controlli da adottare. Per non parlar male del nostro Paese, può essere utile un semplice esercizio e cioè andare a vedere cosa pensano di mettere in pratica i più importanti Paesi europei e da lì lasciare al buon cuore di ognuno di noi il giudizio. (altro…)