Dorino Piras

La Salute, l'Ambiente, il Lavoro

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Sanità: ciò che Monti non sa

Il primo Ministro Mario Monti lancia un allarme sulla situazione della sanità pubblica ingiustificato per gli esperti del sistema. Il sistema, infatti, non dà nessun segno di preoccupazione per la finanza pubblica, la spesa farmaceutica è in diminuzione e spendiamo complessivamente 2,3 punti di Pil in meno di Germania e Francia. La stessa ragioneria delle Stato indica che nel 2060 continueremo a spendere meno dei due più orti paesi europei e gli stessi risultati di salute saranno migliori di quelli francesi e tedeschi. Il dato più significativo, per gli esperti, è il numero di morti evitabili, dove l’Italia si posiziona dietro Islanda e Francia a livello europeo. E allora dove nasce questo svarione del Presidente Monti? Per capire di più  consiglio la lettura di questo articolo di Nerina Dirindin apparso su Lavoce.info, tra i più lucidi ed esaurienti di questo periodo.

La sanità italiana non costa quello che pensa Monti

Il Presidente Monti ricalibra il tiro sul sistema sanitario italiano rispetto alle recenti dichiarazioni sulla sua insostenibilità. In realtà pone sul piatto un argomento molto complesso e dibattuto riguardante l’innalzamento dell’età della popolazione. Non funziona proprio così e mi riprometto di riparlarne in futuro. Ciò che è utile ricordare al Prof. Monti è che il Sistema Sanitario Nazionale ha costi contenuti rispetto agli altri ed è in media con quelli dell’OECD o OCSE. Ricordiamocelo quando si tratterà di smantellarlo.

Il decreto Balduzzi sui farmaci fa risparmiare lo Stato? Sembra di no.

La recente norma sulla prescrizione dei farmaci generici rappresenta un risparmio per il Sistema Sanitario Nazionale? Un paper dell’Istituto Bruno Leoni a cura di Serena Sileoni, sottolinea le molte ombre della novella legislativa che in realtà sposta la decisione dal medico al farmacista e non provoca risparmi per lo Stato. Si configurerebbe, anzi, un’azione di politica industriale da parte dello Stato che avvantaggerebbe una parte della filiera produttiva a discapito di quella che in realtà continua a fare ricerca. Nel paper vengono inoltre chiarite diverse perplessità che i medici continuano ad avere sui cosiddetti generici, in realtà sottratti ad una completa sperimentazione.

Qui puoi leggere la ricerca

Attacco alla sanità pubblica

I mezzi di informazione stanno dando conto, per chi non se ne fosse accorto, dello scacco portato alla sanità pubblica sia a livello locale che nazionale. Il tutto è brevemente riassunto dalla dichiarazione del Presidente del Consiglio Monti: “Potremmo non riuscire più a garantirlo se non si trovano nuove forme di finanziamento”. A livello piemontese c’è persino sorpresa sul fatto che il Governo stia scavalcando in tagli lineari quanto già ventilato proprio dall’Assessorato in materia, mantenendo un rigoroso silenzio sulla possibile apertura verso modelli privati. Chi mastica un po’ di queste cose è ben conscio del fatto che le uniche “manovre” messe in campo per far fronte alla spesa sanitaria, sono state quelle, appunto, dei tagli lineari, senza tentare di percorrere altre strade. In sostanza, per far tornare i conti, la logica è stata quella di tagliare su scala nazionale/regionale una quota fissa: se ne esistono 100 ne taglio 10. Il sistema sanitario è, come tutti i sistemi moderni e altamenti tecnologizzati, estremamente complesso e possiede meccanismi che sono al limite della controintuitività. Ha certamente delle falle molto grandi a cui nessuno continua a mettere mano, ma nel complesso continua a dare risposte buone. Chi conosce il sistema sanitario anche negli snodi più nascosti ha comunque una certezza: ne potremo venire fuori solo se faremo ciò che è necessario in maniera diversa e non facendo le stesse cose ma di meno. Oggi assistiamo solo all’ansia dei tagli, continuando a non chiedere a chi ci lavora come si dovrebbe organizzare il sistema, come si potrebbero fare in maniera diversa le procedure necessarie. Nessuno, inoltre, sa bene di cosa si stia discutendo: non esistono dati certi e sicuri, omogenei su costi delle prestazioni e persino sul loro numero. Anche a livello di chi ci lavora in sanità. Mi ha stupito, molto recentemente, assistere durante un corso su nuove procedure di diagnosi e cura nel mio settore, alla scena muta dei relatori alla domanda dei costi di queste procedure. Questa è una mancanza della mia categoria che oggi non possiamo più permettere. Non perchè la somministrazione di tali cure debbano dipendere dal semplice costo, ma perchè è necessario costruire il “valore” di quella procedura. In caso contrario applichiamo la stessa logica che oggi stiamo criticando. Ma il problema rimane e fa una certa rabbia sapere che con tagli o nuove tasse il sistema continuerà a non essere nè efficace nè efficiente. Soprattutto se continueremo a dare in mani davvero inesperte la gestione economica della nostra salute.

Medici esperti spendono meno

Roma, 5 nov. (Adnkronos Salute) – Inesperienza e incertezze dei medici ‘nemiche’ della spending review. Secondo uno studio pubblicato su ‘Health Affairs’, infatti, le caratteristiche del medico influiscono direttamente sulle spese sanitarie. Infatti i camici bianchi con meno esperienza tendono a spendere molto più denaro nel trattamento dei pazienti, rispetto ai colleghi più navigati, spiegano i ricercatori della Rand Corporation e dell’Università di Pittsburgh.

Secondo gli studiosi questi risultati potrebbero avere implicazioni significative per i decisori in tempo di crisi, al momento di ‘disegnare’ reti di specialisti o di mettere in piedi programmi che premiano gli operatori sanitari che forniscono cure di qualità a un costo inferiore. “Questi risultati sono provocatori, e occorrono ulteriori esami” su questo tema, spiega Ateev Mehrotra, associato presso l’Università di Pittsburgh School e ricercatore della Rand Corporation, istituto di ricerca senza scopo di lucro. “Ma è possibile che un elemento guida dei costi sanitari stia nel fatto che i medici appena formati tendono a praticare una medicina più costosa”. In pratica, prescrivendo più esami diagnostici, o medicinali più cari, magari proprio perché meno esperti e sicuri rispetto ai colleghi che hanno alle spalle più anni di pratica.

Per disegnare l’identikit del medico più costoso per il servizio sanitario, i ricercatori hanno utilizzato i dati relativi a oltre un milione di persone residenti nel Massachusetts dal 2004 al 2005, costruendo i profili di ‘spesa sanitaria’ dei pazienti di oltre 12.000 medici dello stato americano. I costi sono stati valutati attraverso 600 tipi di “episodi di cura”, includendo la patologia di una paziente, la sua gravità e le procedure eseguite. Ebbene, la forbice più ampia nei costi si ha paragonando i dati dei ‘novellini’ con gli operatori con la maggiore anzianità di servizio. Si è visto che i medici che avevano meno di 10 anni di esperienza hanno costi complessivamente superiori del 13,2% rispetto ai colleghi con 40 o più anni di servizio.

Invece gli operatori con 10-19 anni di lavoro alle spalle hanno profili di costo più alti del 10% (rispetto ai colleghi più maturi), percentuale che per i medici con 20-29 anni di esperienza scende al +6,5% e per quelli con 30-39 anni del +2,5%.

Nessuna associazione è stata trovata, invece, tra i costi e le altre caratteristiche dei medici, come ad esempio una segnalazione per negligenza o azioni disciplinari, o ancora le dimensioni della struttura in cui un medico ha lavorato. I ricercatori sostengono che la differenza rilevata dallo studio non suggerisce che i medici meno esperti, spendendo di più, finiscano per fornire una migliore assistenza medica. Anzi, sembrerebbe proprio che le cose non stiano così. “I nostri risultati non possono essere considerati definitivi, ma si sottolineano la necessità di comprendere meglio gli approcci della pratica medica e che cosa influenza questo comportamento,” dice Mehrotra.

Secondo gli studiosi sono diversi i fattori che possono spiegare i risultati ottenuti dalla ricerca. I medici appena formati possono avere più familiarità con nuove modalità di trattamento, più costose e high tech, rispetto ai vecchi medici. Inoltre, è possibile che la mancanza di esperienza e le incertezze dei ‘novellini’ si traducano in un approccio più aggressivo nella cura, fino a sfociare a volte nella medicina difensiva. Infine non è detto che, via via che i medici acquistano esperienza, il loro atteggiamento cambi: è possibile che le differenze rilevate dallo studio restino tali per tutta la carriera dei medici più giovani, dicono i ricercatori, convinti che nella formazione dei camici bianchi non possano più mancare elementi per renderli coscienti della responsabilità di essere anche buoni amministratori delle risorse sanitarie.

La scienza, le elezioni americane e noi

L’ultimo numero di Scientific American ha un editoriale dal titolo che dice già tutto: “I futuri posti di lavoro dipendono da un’economia basata sulla scienza”. Messaggio molto semplice, ribadito in modo ancora più diretto nelle prime righe dell’articolo: “metà della crescita economica degli Stati Uniti dopo la Seconda Guerra Mondiale è venuta dal progresso scientifico e tecnologico”. Nei giorni scorsi, il New York Times ha ribadito lo stesso punto: “La scienza è la chiave per la crescita”. (…) E da noi? Da noi si parla molto di meritocrazia e di eccellenza, e non c’è politico che non si professi grande sostenitore della ricerca, ma se si volesse capire in concreto cosa hanno in mente i vari schieramenti per tradurre le belle intenzioni in fatti, si incontrerebbero molte difficoltà. La realtà concreta parla di continui tagli alla ricerca e alla formazione, e il dibattito pubblico sui temi scientifici è pressoché inesistente, dominato da soluzioni miracolistiche o da posizioni emotive, più che dall’analisi critica. Bisognerebbe incalzare la nostra classe dirigente sui temi della ricerca, magari pretendendo qualche risposta puntuale alla critica giustamente spietata espressa nell’ultimo numero di Nature. È anche dall’attenzione dedicata alla scienza che si misura la distanza abissale tra il livello del dibattito politico nel nostro paese e nelle nazioni avanzate.

Leggi l’articolo completo di Amedeo Balbi

Chi compra pannolini pagherà meno la birra?

Cosa unisce la birra con i pannolini?  Per scoprirlo basta leggere il trafiletto presente sull’inserto “Nòva” del Il Sole 24 ore, che ci dà l’idea delle strategie di vendita della grande distribuzione e sulla capacità di trattare le informazioni che affluiscono nei data base attraverso le carte fedeltà integrati con gli strumenti di pagamento usati e dalle informazioni dei social network. Così scopriamo che alle donne inglesi che acquistano pannolini vengono dati coupon di sconto per comprare birra. La scommessa è quella di azzeccare la tendenza delle famiglie con figli piccoli che avranno meno disponibilità di tempo per andare al pub e che quindi saranno interessate a fare scorta di birra da bersi a casa.

Assange, l’Ecuador, gli Usa, la Gran Bretagna, Garzon e le banane

Perché Assange ha scelto l’Ecuador? Come mai il Foreign Office inglese sta gettando la spugna? Che legame esiste tra il giudice spagnolo Garzon, Assange, Lagarde? E perché Lula, Morales e Chavez hanno deciso di aiutare l’Ecuador facendo irritare gli Stati Uniti? Cosa lega Wikileaks e le banane? Se questa ricostruzione è vera potrebbe avere la forza della nitroglicerina…

Fermare il declino. Fermiamo il delirio liberista

“Fermare il declino” è il titolo del manifesto di quello che si candida ad essere un nuovo partito liberale-liberista-libertarian, promosso da alcuni liberisti noti al grande pubblico come Oscar Giannino e Michele Boldrin. Al manifesto hanno aderito anche diversi esponenti del partito di Fini e della fondazione di Luca Cordero di Montezemolo. Su Keynes blog una puntuale confutazione e critica del manifesto liberista…

In conclusione, il manifesto “Fermare il declino” potrebbe tradursi in “accelerare la caduta” o “ripetere gli stessi errori”. I suoi estensori appaiono in definitiva animati da una sorta di visione “delirante” della crisi, in quanto staccata dalla realtà dei fatti e spesso autocontraddittoria. Ma, al di là della buona fede di costoro, il ridimensionamento del settore pubblico ha ben altri e più smaliziati sponsor.

Ripensare gli ospedali per diminuire i costi del welfare

Il Ministro della Salute, Renato Balduzzi, fa’ quel che può e si accinge a varare una miniriforma contente medicinali monouso, regole con maggiore tracciabilità sull’attività privata dei medici, multe a chi vende sigarette ai minori, lotta alla medicina difensiva e altro che si vedrà. Il Ministro sa però bene che norme di questo genere potranno raschiare un po’ meglio il barile ma null’altro. D’altra parte in un governo “tecnico” e ormai avviato a scadenza naturale, non si può sperare in molto di più. Tutto ciò, comunque, non permetterà una inversione significativa sulla spesa sanitaria che solamente una vera e propria innovazione potrà sanare. E innovazione anche in questo caso non significa fare in maniera più veloce o diversa le cose, ma fare altre cose. Di ricette veloci non ne ha nessuno, ma è chiaro che esistono nodi che devono essere sciolti. Uno dovrà essere quello dell’organizzazione dei nostri luoghi di cura, ancora fermi ad una concezione veramente novecentesca che la medicina più avanzata sta abbandonando. E ripensare le nostre strutture, soprattutto quelle ospedaliere, significa ragionare per intensità di cure, differenziando gli spazi stessi e i momenti di cura. L’ospedale moderno, infatti, è un ambiente ad alta intensità di cura, dove ad un primo momento tecnologicamente e assistenzialmente impegnativo ne subentra un altro dove, in un normale decorso, diminuiscono le necessità della persona. In diversi Paesi si sta adottando un sistema praticamente separato anche dal punto di vista fisico, con articolazioni degli ospedali diversi. Oggi si guardano più le giornate di degenza in uno stesso letto o Reparto per calcolare il risparmio – quando non la necessità di spendere meno trattando casi meno complessi -. Il futuro sarà una corretta valutazione delle necessità delle persone ricoverate, trovando in ogni momento della cura il più corretto impiego dei mezzi umani e strumentali a disposizione in spazi diversi. Oggi continueremo a pagare il lavoro delle diverse professionalità sanitarie in maniera poco intelligente ed appropriata, sottraendo, ad esempio, il lavoro vero di un chirurgo facendogli compilare per diverse ore carta inutile che non abbatterà gli errori o i costi. Sì, avete capito bene: per diverse ore al giorno paghiamo lo stipendio di un chirurgo per un lavoro da impiegato amministrativo. E’ chiaro che così non ne verremo fuori…