Avere una forza lavoro ben pagata, con un più alto livello di benessere fisico ed un maggior livello di istruzione, rende i lavoratori più produttivi e il paese più ricco. Insomma, mentre i responsabili della politica economica europea si concentrano esclusivamente sui tagli alla spesa pubblica, ignorando gli effetti depressivi che questi in generale hanno sulla domanda aggregata, l’esperienza cinese degli ultimi decenni ci insegna che è particolarmente importante sostenere il settore dell’istruzione e della sanità (…).
Dorino Piras
La Salute, l'Ambiente, il Lavoro
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A livello nazionale e locale, esiste una discussione sulla capacità delle opposizioni di unirsi e dare una prospettiva politica a tutti coloro che, con la propria “astensione” attiva, più che far vincere il centrodestra sembrano aver fatto perdere il centrosinistra. Nasce così un florilegio di temi su cui non sembra possa raggiungersi una vera sintesi, ma di cui la vera essenza è che poco interessano i cittadini che vorrebbero conquistare. Credo che il tema che continua ad interessare gli elettori del nostro Paese sia relativo alla perdita di potere economico, sia che si voglia leggere come perdita di posti di lavoro o di potere d’acquisto. Il resto rientra nella categoria “fuffa”. Su quali temi creare quindi una unità di forze politiche? Lasciando perdere la “fuffa” credo potrebbe essere apprezzato un cartello di forze politiche che si batta per politiche economiche di espansione – quelle che una volta si chiamavano keynesiane – rovesciando le screditate teorie economiche di depressione e di tagli delle destre; una nuova regolamentazione della finanza; una maggior capacità di controllo democratico sulla politica della banca centrale europea. Come alcuni ricordano, questo è quello che, al contrario, hanno fatto piccole e grandi banche, operatori ed agenzie finanziarie e via discorrendo, unendosi e lasciando indietro futili differenze contro la politica di regolamentazione che era stata tentata dall’amministrazione americana poco tempo fa: hanno vinto unendosi sotto l’egida della finanza, anche politicamente riuscendo a disgregare la sponda opposta. Bisognerebbe lasciare perdere le inutili discussioni sul nulla delle opposizioni e iniziare a ragionare di unità d’azione proprio su questi temi economici, che poi rappresentano gli attuali profondi bisogni di operai, disoccupati e professionisti, L’unione insomma tra merito e bisogno.
LA POLITICA RESTRITTIVA AGGRAVA LA CRISI, ALIMENTA LA SPECULAZIONE E PUO’ CONDURRE ALLA DEFLAGRAZIONE DELLA ZONA EURO. SERVE UNA SVOLTA DI POLITICA ECONOMICA PER SCONGIURARE
UNA CADUTA ULTERIORE DEI REDDITI E DELL’OCCUPAZIONE
Ai membri del Governo e del Parlamento
Ai rappresentanti italiani presso le Istituzioni dell’Unione europea
Ai rappresentanti delle forze politiche e delle parti sociali
Ai rappresentanti italiani presso le Istituzioni dell’Unione europea e del SEBC
E per opportuna conoscenza al Presidente della Repubblica
La gravissima crisi economica globale, e la connessa crisi della zona euro, non si risolveranno attraverso tagli ai salari, alle pensioni, allo Stato sociale, all’istruzione, alla ricerca, alla cultura e ai servizi pubblici essenziali, né attraverso un aumento diretto o indiretto dei carichi fiscali sul lavoro e sulle fasce sociali più deboli.
Piuttosto, si corre il serio pericolo che l’attuazione in Italia e in Europa delle cosiddette “politiche dei sacrifici” accentui ulteriormente il profilo della crisi, determinando una maggior velocità di crescita della disoccupazione, delle insolvenze e della mortalità delle imprese, e possa a un certo punto costringere alcuni Paesi membri a uscire dalla Unione monetaria europea.
Il punto fondamentale da comprendere è che l’attuale instabilità della Unione monetaria non rappresenta il mero frutto di trucchi contabili o di spese facili. Essa in realtà costituisce l’esito di un intreccio ben più profondo tra la crisi economica globale e una serie di squilibri in seno alla zona euro, che derivano principalmente dall’insostenibile profilo liberista del Trattato dell’Unione e dall’orientamento di politica economica restrittiva dei Paesi membri caratterizzati da un sistematico avanzo con l’estero.
Il governo getta la maschera e colpisce, mediante la Finanziaria, le fonti di energia rinnovabile. Sono due gli articoli da tenere d’occhio il 15 che impone agli impianti idroelettrici di grande derivazione un nuovo canone e il 45 che cancella l’obbligo da parte del Gestore dei Servizi Elettrici (GSE) di ritirare i Kw in esubero prodotti. Lo smascheramento a favore della costruzione del nucleare e l’abbattimento della produzione delle rinnovabili è dato dal fatto che le misure citate non costituiscono nessun vantaggio per le casse dello Stato, ma al contrario rinunciano ad eventuali gettiti fiscali. L’associazione dei produttori di energia da fonti rinnovabili (APER) segnala inoltre la “forte turbativa che tali provvedimenti creano negli istituti di credito, con conseguente perdita di credibilità del Sistema Paese nei confronti del mondo finanziario”. Inutile inoltre ricordare il colpo inferto allo sviluppo dei Green Jobs, i lavori verdi, che sicuramente perderanno terreno e allontaneranno il nostro Paese dalle possibili 300.000 nuove unità lavorative che si potrebbero immettere sul mercato del lavoro.