Dorino Piras
La Salute, l'Ambiente, il Lavoro
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Da Nova del 6 novembre apprendiamo una notizia paricolare. Wal-Mart, un vero colosso della grande distribuzione, ha messo nero su bianco a 20 mila fornitori cinesi che dal mese di gennaio dovranno adottare nuovi standard ambientali. Da Wal-Mart, negli Stati Uniti, comprano un po’ tutti: è il supermercato dei supermercati. Sarebbe davvero futurologia immaginare la stessa mossa nel nostro Paese. Un minuto dopo molti nostri saggi ci spiegherebbero che in questo modo i prezzi dei beni che tutti compriamo ogni giorno, schizzerebbero alle stelle: l’ambiente costa ed oggi costerebbe alle famiglie troppo. Eppure i manager Wal-Mart non sono pazzi. Hanno semplicemente esperti con una intelligenza globale. Questi esperti ci dicono che l’economia verde, greenomic, rappresenta un volano in grado di ridurre i costi e migliorare le prestazioni. Perché l’efficienza energetica rappresenta un vantaggio per tutti: da una parte ci sono cittadini che risparmiano sulla bolletta e dall’altra si riducono le importazioni di combustibili fossili – petrolio – e le emissioni di CO2. Un esempio classico è rappresentato dalla vendita di frigoriferi che hanno registrato negli ultimi 8 anni un incremento, per le classi “A” e “A+” spettacolare, passando dal 5 all’80%. Semplicemente perché iniziamo a capire che un investimento iniziale diventa un risparmio di consumo elettrico nel tempo.
Una piccola rivoluzione, un trend inarrestabile che inizia a modificare tutti i settori commerciali: dai prodotti ai servizi, dal retail al packaging, dal market allo shopping. Dalla metropolis alla greenopolis.
Ho registrato la richiesta fatta questi giorni dal Comune di Torino di sospendere l’applicazione del blocco dei mezzi Euro 2 diesel con più di 10 anni, così come avvenuto negli anni passati per gli Euro1.
La causa principale è la crisi economica, che non permetterebbe alle famiglie di sostituire l’auto. Ragione sicuramente valida e da considerare in maniera seria. Chi ha vissuto in condizioni economiche non floride, sa perfettamente che il problema è irrisolvibile.
Però sull’altro piatto della bilancia, esistono considerazioni che si contrappongono alle prime e che devono essere considerate congiuntamente. Ne annoto qualcuna velocemente e senza troppa coerenza.
- Una delle prime ragioni avanzate riguarda i costi dell’inquinamento. Il concetto fila più o meno così: chi inquina produce dei costi alla comunità che vengono pagati da tutti, solo in piccola parte da chi inquina. Si chiamano esternalità. In sostanza se io inquino più degli altri, produco dei danni di vario genere (sanitari, sui beni architettonici e culturali, di congestione ecc.) che verranno poi pagati da tutti attraverso le tasse.
- Una seconda considerazione è che si crea una disequità nei confronti di chi è stato già costretto in passato a sostenere un cambio del mezzo. Questi cittadini hanno cioè già dovuto adeguarsi a disposizioni precedentemente fissate e contribuiscono, con la loro spesa a diminuire gli impatti. Ma dovranno comunque pagare in quota parte quelli di chi non si adeguerà.
- Un concetto però di base e importante è la capacità di far rispettare le norme che le amministrazioni prendono. In sostanza si lanciano a livello amministrativo dei segnali fortemente contraddittori per fare un esempio simili a quelli del condono: prima o poi la norma verrà tolta e quindi non sarà necessario adeguarsi. E che cos’è il rimangiarsi la norma se non un condono mascherato? In questo modo la legge diventa una variabile davvero poco influente nei comportamenti dei cittadini. Con alcune conseguenze:
- il freno all’innovazione tecnologica. Perché le industrie devono spendere risorse in ricerca ed innovazione se tanto i nuovi standard non verranno applicati nei tempi prefissati? Tanto più se le pubbliche amministrazioni sono ondivaghe e non danno certezza sulle stesse norme che decidono?
- Condoni di questo tipo deresponsabilizzano le stesse amministrazioni. Nelle scelte del mezzo, si prendono infatti in considerazione diverse alternative ra cui ad esempio la possibilità di usufruire di un efficiente trasporto pubblico locale. Aprire i cordoni del mancato rispetto delle norme significa lasciare circolare questi - ed altri –mezzi senza dover mettere mano al rinnovo del trasporto pubblico locale: ti lascio andare e quindi puoi anche non pensare a spostarti mediante TPL.
- una delle misure su cui si è costruito un consenso globale per diminuire efficacemente l’inquinamento è stata quella di agire migliorando l’efficienza tecnica dei veicoli. In pratica fare in modo che ogni Km percorso fosse meno inquinante. Questo perché comunque il numero dei km percorsi sembra destinato ad aumentare e non a diminuire. Bloccare questo tipo di politiche è chiaramente una violazione delle politiche di base che si sta cercando di operare in tutta Europa.
- Tra i costi esterni non è banale riferirsi al discorso della diminuzione della sicurezza. I mezzi che hanno più di dieci anni, sono per forza di cose meno sicuri di quelli più recenti per almeno due ragioni: l’usura stessa del mezzo meccanico che ne abbassa le prestazioni e gli stessi standard di costruzione che sono più elevati anche per il fattore sicurezza per i mezzi più recenti. Risulta inutile richiamare il costo sociale che il problema della sicurezza rappresenta – es. costi assicurativi ecc. – oltre al danno non monetizzabile delle morti per incidente.
Continuando a pensare che sia difficile sostituire un mezzo se non se ne hanno le possibilità
Nostra intenzione, nei tempi più stretti possibili, sarà mettere a disposizione tutta la documentazione che i relatori ci hanno fatto pervenire per permetterne la più ampia fruizione. Credo comunque utile sottolineare alcuni risultati raggiunti dal nostro lavoro in questi quattro anni attraverso l’applicazione di questa normativa, che ha portato al rilascio di oltre 150 autorizzazioni con una percentuale sulle richieste dell’88% contro una media nazionale del 73%. Di seguito riporto alcune parti qualificanti del mio intervento introduttivo.
“Nelle fasi successive al recepimento della Direttiva IPPC, la Provincia di Torino, in qualità di Autorità competente al rilascio dell’autorizzazione integrata ambientale ha stipulato con le principali associazioni commerciali e industriali torinesi (Unione Industriale, Associazione Piccole e Medie Imprese di Torino, Camera di Commercio Industria Artigianato ed Agricoltura di Torino) un Protocollo d’Intesa successivamente rinnovato.
Finalità di detto Protocollo è stata l’individuazione di un percorso comune col settore industriale della Provincia di Torino al fine di adeguare gli impianti alle Migliori Tecniche Disponibili (BAT – Best Available Techniques) per una drastica riduzione degli impatti sulle matrici aria, acqua, rifiuti, rumore e campi elettromagnetici. (…)
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Per approfondire in lingua inglese e francese:
Interessante notare come la disponibilità cresca introducendo la clausola che i ricavi siano dedicati ad aumentare l’efficienza energetica e lo sviluppo di fonti di energia alternativa che non abbiano effetti sul cambiamento climatico e se, mantenendo lo stesso livello totale di pressione fiscale, vengono aumentate quelle sull’energia e diminuiti altri tipi di prelievo fiscale.
Come già segnalavamo nel post del doppio dividendo, questo tipo di ridistribuzione della tassazione oltre ad essere meno “distorsivo”, può avere effetti positivi sul costo del lavoro, sulla stabilizzazione dei lavoratori precari e sul mantenimento dei livelli di occupazione.