(via Lettera 43) A quasi un anno dall’esplosione della piattaforma petrolifera della British Petroleum nel Golfo del Messico la situazione dell’ecosistema secondo una scienziata americana dell’Università della Georgia non si è normalizzata. Tutt’altro. Nonostante la Bp stia diffondendo notizie tranquillizzanti alla vigilia del primo anniversario, un gruppo di ricercatori ha scoperto che sui fondali oceanici vicini alla piattaforma ci sono macchie di petrolio. E, purtroppo, le decine di delfini, granchi e tartarughe trovati morti dall’inizio di quest’anno sulle coste della Louisiana e del Mississippi non sono una semplice casualità.
Dorino Piras
La Salute, l'Ambiente, il Lavoro
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Questa settimana, sul Lancet, gli scienziati, che scrivono da vari centri accademici del Giappone, descrivono la loro proposta, che è modellata sul trapianto di midollo di routine che i pazienti con il cancro ricevono attualmente per rimpiazzare le cellule malate con cellule in salute e senza cancro: solo che in questo caso, quello di Fukushima, si salterebbe il processo, lungo una settimana, di estrarre il midollo dalle ossa e invece si prenderebbe una procedura di due giorni che trasferirebbe le cellule dal midollo direttamente nel flusso sanguigno.
L’agenzia atomica giapponese avrebbe comunicato all’Aiea che almeno 28 dei 50 operai in servizo all’interno della centrale di Fukushima sarebbero contaminati in modo grave. In sostanza sarebbero stati eposti a dosi di radiazioni superiori ai 1000 Millisievert, dose certamente molto al di sopra di quella a cui sono sottoposti i lavoratori di una centrale atomica che è inferiore ai 50 Millisievert in cinque anni. (altro…)
(via Lettera 43) Gli scienziati del centro studi indipendente dell’Institute for science and international security (Isis) di Washington lo avevano previsto da subito, che il disastro nucleare di Fukushima Daiichi avrebbe toccato il livello 7 di pericolosità, come Chernobyl. Nella scala Ines, il grado massimo coincide con le «ingenti quantità di materiale radioattivo, rilasciate da un impianto di grandi dimensioni, in un un’area molto vasta e con effetti acuti sulla salute della popolazione esposta e sull’ambiente, possibilmente anche in altri Stati». (continua a leggere l’articolo su Lettera 43)
Ambiente vuol dire anche trasporto pubblico locale (TPL). Perchè un autobus pieno, anche se di vecchia generazione, inquina meno di un autobus vuoto di ultimo modello. Ma oggi il TPLP è in crisi, anche se i numeri su cui potrebbe contare sono importanti: infatti crescono i lavoratori pendolari e sempre più persone colpite dalla crisi si affiderebbero volentieri ad un abbonamento mensile o annuale al posto del mantenimento di un’automobile. Molto si può fare in questo senso e non solo rendendo i pullman puliti e veloci, ma proprio competendo sui costi, sulle possibilità economiche dei cittadini. (altro…)
Sulle strade degli Stati Uniti entro il 2015 circa 600.000 auto avranno una propulsione “verde”: ibride, elettriche o alimentate con carburanti verdi. Saranno i mezzi dell’amministrazione Usa che, come ufficializzato da Barack Obama, sostituiranno i veicoli di proprietà federale alimentati a benzina e gasolio. Il provvedimento “Secure Energy Future” potrebbe poi essere anche esteso alle aziende private che formano partnership con l’amministrazione pubblica. Nel linguaggio degli amministratori dell’ambiente è un tassello della più grande famiglia del “Green Procurement” che in sostanza significa che le amministrazioni pubbliche si impegnano a fare “acquisti verdi” usando per le loro attività di diverso genere prodotti con basso impatto ambientale. (altro…)
Chi si aspettava una fuga di massa dalla nuova Germania verde probabilmente resterà deluso. Nella regione dove il prossimo capo del Governo regonale sarà un signore che è stato uno dei soci fondatori dei “grunen” tedeschi, non si assiste a dichiarazioni disperate da parte delle grandi industrie che lì risiedono, nè a smantellamenti repentini delle produzioni con traslochi balcanici o cinesi. Daimler e Bosch, per citarne due conosciute anche da noi, appaiono rilassate e per nulla intimorite dalla svolta ambientalista del prossimo governo regionale di Winfried Kretschmann. Perchè? (altro…)
Nel 94% dei Comuni italiani sono installati impianti da fonti rinnovabili. Sono, infatti, 7.661 i municipi che ospitano almeno un impianto da rinnovabile, rilevati nel Rapporto Comuni Rinnovabili 2011 di Legambiente. Erano 6.993 lo scorso anno e 5.580 nel 2009. La crescita è impressionante e riguarda ognuna delle fonti pulite. Sono 7.273 i Comuni del solare, 374 quelli dell’eolico, 946 quelli del mini idroelettrico, 290 i comuni della geotermia e 1.033 quelli che utilizzano biomasse e biogas.Aumenta quindi significativamente il contributo energetico delle rinnovabili che nel 2010 ha coperto il 22% dei consumi elettrici complessivi, grazie a 200 mila impianti distribuiti nel territorio, che già oggi rendono rinnovabili al 100% un numero sempre maggiore di Comuni.
Quando parliamo di ambiente non possiamo non parlare di salute. Un esempio fondamentale è il legame che esiste tra la sfida energetica e la tutele della salute. Uno dei nodi principali infatti non sembra essere tanto la possibilità di reperire energia, bensì le conseguenze dell’utilizzo di fonti energetiche alle quali ci stiamo affidando in modo “eccessivo” e i relativi impatti dannosi. Quindi uno dei primi passi da compiere è l’individuazione degli effetti sull’uomo e dei fattori scatenanti. Richard Klausner individua alcuni punti su cui interrogarsi preventivamente nella valutazione delle differenti possibilità di scelta:
- quali saranno gli effetti
- in che modo si manifesteranno
- quale sarà la loro portata
- quando si manifesteranno
- chi verrà colpito in misura maggiore.
Esistono strumenti scientificamente consolidati per rispondere a queste domande?
Uno degli strumenti più raffinati che viene impiegato anche dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) nelle sue rendicontazioni sullo stato globale della salute è il DALY, sigla che significa Disability-Adjusted Life Years. Questo strumento permette di “misurare” il peso della malattia in una comunità attraverso la combinazione di diversi parametri: perdite dovute a morte prematura e perdite di vita sana dovuta a forme di inabilità. 1 DALY è uguale allaperdita di un anno di vita in buono stato di salute. Tra le diverse funzioni, il DALY serve anche a selezionare e misurare il costo degli interventi per la prevenzione e/o cura di determinate malattie, quindi anche per la definizione delle priorità in sanitarie e per la scelta dell’attribuzione di risorse finanziarie e umane.
La nostra città dovrà affrontare molte scelte importanti in campo ambientale che avranno conseguenze sulla nostra qualità di vita, sulla nostra salute. Dovremo disegnare priorità e farne derivare scelte. Ma dovremo farlo con tutti i migliori strumenti a disposizione, in maniera più scientifica e con persone capaci di ricercare nuove soluzioni non semplicemente improvvisando.