Milano, 23 mar. (Adnkronos Salute) – “I concorsi per i medici sono uno strumento logoro che ha fatto il suo tempo. L’alternativa? Non mi scandalizzerei se si passasse alla ‘chiamata diretta’ anche nel pubblico, metodo che rende responsabile il dirigente della qualità del professionista scelto. Ma questo sistema funzionerebbe solo a condizioni precise: su tutte, che gli Ordini professionali si facciano garanti dei curricula dei medici iscritti, pubblicandoli”. Comincia da una provocazione il ragionamento di Roberto Carlo Rossi, presidente dell’Ordine dei medici di Milano: “Credo si debba avere il coraggio di abolire i concorsi. Quando un sistema non funziona come si deve e permette di far vincere sempre i raccomandati, va cambiato”, spiega. Ma non si ferma qui. Perché Rossi avrebbe anche una ricetta per costruire un’alternativa.

“Solo un pensiero, buttato lì, ma forse potrebbe funzionare”, riflette. “Gli Ordini dei medici si dovrebbero impegnare a pubblicare il curriculum vitae dei camici bianchi interessati, facendosene garanti. In questo modo chiunque avrebbe accesso a queste informazioni, compreso i direttori generali e i primari che devono selezionare un professionista per un incarico nella loro struttura. Con i ‘curricula pubblici’ sarebbe difficile assumere un raccomandato, tutti saprebbero che è tale, confrontando i requisiti (studi, pubblicazioni, esperienze accumulate) dei candidati. E le ingiustizie sarebbero sotto gli occhi di tutti, chi assume sarebbe costretto a dare parecchie spiegazioni all’opinione pubblica. Nominare il parente di un politico, senza titoli per il posto in palio, diventerebbe rischioso e se passa davanti a dieci medici straordinari, la sua assunzione dovrà essere giustificata”.

Ma il ruolo degli Ordini dei medici come garanti della qualità professionale, precisa, “dovrebbe essere ‘istituzionalizzato’ a livello nazionale dalla Federazione o anche con strumenti di legge che riformino i metodi di assunzione negli ospedali e nelle strutture pubbliche. Regole uniche a tutte le latitudini. Non sarebbe giusto che ogni Ordine si muovesse per conto proprio”. Questa l’ipotesi tratteggiata dal presidente dell’Ordine milanese.

“Solo un’idea personale – tiene a precisare Rossi – ma quello di cui sono certo è che il concorso non è il metodo giusto per selezionare i medici più bravi e i dirigenti da mettere ai vertici delle strutture pubbliche. Io ho in mente come alternativa una sorta di ‘catena meritocratica’: il direttore generale nomina i primari ed è responsabile della loro qualità, così come i primari sono responsabili della qualità dei medici di cui si circondano. Tutto questo funzionerebbe, ma solo in un sistema completamente nuovo in cui la meritocrazia è al centro”.

Del resto, osserva Rossi, “nel privato è così che funziona: se il dirigente vuole un reparto al top perché lo considera il suo fiore all’occhiello, chiama il professionista migliore che c’è sulla piazza, in grado di far fiorire quel reparto. E lo paga in misura adeguata alla sua qualità. Questo metterebbe sullo stesso piano pubblico e privato”.

Il sogno del numero uno dei camici bianchi milanesi è “in stile Usa”. Oltreoceano, sottolinea, “l’assistenza ha certamente dei buchi, non è completa. Ma lì la meritocrazia esiste. E, sinceramente, meglio la meritocrazia del nepotismo. Negli Stati Uniti se non vali niente non ti chiamano, ma se sei in gamba non hai bisogno di alcuna spinta per trovare un posto, perché le strutture fanno a pugni per contendersi i professionisti migliori”. Abolire i concorsi in Italia, però, “non vuol dire strapotere dei direttori generali”, avverte. “Il problema è che questi concorsi non funzionano, non sono strumenti validi per selezionare grandi capacità. Anche perché un medico può risultare bravo alle prove e poi non essere in grado nella quotidianità di ricoprire in maniera ottimale la funzione che gli è stata assegnata. Allora se il concorso è solo per salvare le apparenze, meglio cancellarlo”.