Parliamoci chiaro: non stiamo raccogliendo la sfida politica in campo. Siamo probabilmente al surreale.
La discussione sembra ormai attorcigliarsi a sinistra sulla  profondità o meno del proprio ombelico: dobbiamo rifare la sinistra? Con chi? Vendola romperà le righe? Ferrero quanto pane venderà? L’associazione per la sinistra rimarrà associazione, ma diventerà anche almeno in parte un partito? Ed il Pd aderirà al PSE? Basterà l’adesione di Fassino come rappresentante di un Partito – i DS – che non esistono più? E Rutelli quando firmerà il programma elettorale del PPE, sì,proprio quello di Fini e Berlusconi?
Forse ci stiamo prendendo in giro; e se così è, la legnata finale non tarderà ad arrivare. Perché sta succedendo una cosa molto semplice.
In Italia come nel resto dell’Europa le banche continuano a richiedere indietro i prestiti che hanno concesso precedentemente togliendo liquidità a tutti, imprese e cittadini. Gli investimenti ed i progetti collegati sono al palo. Ci si aspetta tra un po’ una disoccupazione consistente. Inutile parlare di fonti rinnovabili, di cui molto si discute e poco si realizza. Ma anche il resto del settore energetico non fa eccezione, soprattutto in Italia dove il problema è moltiplicato per diversi ordini di fattori rispetto alla media europea. Le stesse iniezioni monetarie senza contropartite e controllo non sembrano poter evitare l’arretramento delle nostre condizioni di benessere.
Capirete quindi come le dispute su chi mettere e chi escludere nell’ipotetico vascello di sinistra, dei tempi del varo e quant’altro, possa apparire come l’ultimo valzer sul Titanic.
Senza che nessuno si accorga che potrebbe essere invece proprio la partita europea quella vera e che la discussione “fuori-o-dentro-il-PSE” ha in realtà più valore di quello che si pensi. Malgrado sia a tratti vagamente accennata nella discussione della sinistra casalinga, ma fondamentalmente elusa: dove si collocherà la sinistra in Europa? L’eventuale partito della Sinistra “vendolian-favesco” a quale gruppo farà riferimento. Oltre al fatto che non si è ancora capito se e come si presenterà!
Ma, tralasciando un attimo queste beghe, qual è il vero rischio? Probabilmente il rischio è che, di fronte al fallimento delle politiche “liberali” – e vorrei che mi si dimostrasse il contrario – si aprirà ancora una volta la via a soluzioni che scimmiotteranno alcune politiche pseudosocialiste realizzandole mediante una compressione delle libertà come merce di scambio, a delle caricature di socialismo mediante l’istituzione di Stati praticamente totalitari. Basta ricordarsi l’Italia e la Germania degli anni venti se proprio bisogna essere chiari, che non svoltarono verso il New Deal, ma verso altri esiti.
Ed allora, dopo la marginalizzazione delle forze di estrema sinistra, attualmente senza una vera proposta in campo, forse bisognerebbe davvero ripensare la sfida di un socialismo del XXI secolo partecipando alla massa critica del Partito Socialista Europeo, che si sta dotando di un programma comune per le prossime elezioni europee e comunque mantiene nel proprio Dna l’unione dei valori della libertà e della ricerca dell’uguaglianza. Ma, come indicato da Attali, “I partiti socialisti non dovranno avere che un’idea in testa: dotarsi di un programma molto ambizioso e fare in in modo di convincere l’opinione pubblica che solo una unione Europea che si dia urgentemente i mezzi per una politica economica molto ambiziosa (un fondo sovrano continentale per finanziare le grandi opere, una politica industriale ed una maggiore riconversione ecologica) potrà salvare la democrazia.
La sfida è quindi l’Europa intera e può essere condotta, a questo punto, solo ancorandosi alla vera forza d’urto ancora presente che è il Socialismo europeo, pur con tutti i suoi limiti, ma pure con la sua ragion d’essere nel coniugare sviluppo, ambiente, libertà, ricerca dell’uguaglianza. Perchè nelle sue esperienze del secolo scorso (vi ricordate la socialdemocrazia scandinava?) non ha mai derogato dal binomio crescita-democrazia. Ed allora è giunto davvero il momento di abbandonare l’osservazione del proprio ombelico (peraltro piuttosto piccolo) per concedersi a questa sfida, ma avendo ben chiaro di cosa si sta parlando, cioè di una serie di problemi che non possono trovare risoluzione in confini strettamente nazionali ed in forze che contraddittoriamente guardano all’Europa. Purtroppo, nel nostro Paese, le formazioni che si riferiscono esplicitamente alla forza del socialismo europeo sono davvero poche, per non dire una sola – e che non è il Pd -. Ma, malgrado la scarsa numerosità interna, credo che si debba appoggiare chi fa riferimento al PSE, a cui anche ilminimo contributo potrà essere decisivo per la grande partita.