Da tenere d’occhio i movimenti di Gavino Angius e della sua Associazione “Democrazia e Socialismo” che il prossimo 18 ottobre si costituirà a Roma (ore 9,30, Sala delle Conferenze dell’Autorità per la garanzia dei dati personali, Piazza Montecitorio 121) con un incontro pubblico dal tema eloquente: “Unire i riformisti per cambiare l’Italia”.
Osservatore, non casuale, sarà Goffredo Bettini del Partito Democratico. Diversi i motivi d’interesse, almeno a sinistra.

L’analisi è più o meno nota. Il quadro politico, consegnatoci ad aprile, vede una serie di sconfitte per tutta la sinistra: dalla costola più radicale, passando per le costituente socialista per arrivare ad Partito Democratico. La ragione forse più palese e prevalente, sembrerebbe costituita da un riflesso identitario, autoreferenziale che ha colpito le diverse anime della sinistra, facendole smarrire infine il senso della propria missione politica, della sua funzione. Ed il fatto è stato colto immediatamente dai cittadini, che hanno punito, senza pensarci troppo, questa deriva. Più che il voto utile, si potrebbe forse parlare della consapevolezza dell’elettore di sinistra di non assegnare, questa volta, un voto inutile. In tutto ciò è compresa anche l’esperienza del gruppo di Angius, che si era orientato verso la Costituente Socialista con il fine di costruire un partito nuovo, aperto al socialismo europeo, riformista e con vocazione di governo. Il progetto, comunque, è ormai naufragato e la forza residua è ampiamente inservibile. Anche il progetto originario del PD non sta meglio. Il fatto però è, per dirla come Macaluso, che il PD è quel che è, ma è quel che c’è. Quindi dal Partito Democratico, a sinistra, non si può prescindere. Soprattutto nel momento in cui il sistema politico si sta trasformando in un fattivo bipolarismo che tende al bipartitismo, mediante la revisione degli stessi meccanismi parlamentari, elettivi ed istituzionali. Da un lato quindi il Partito Democratico, dall’altro la futura aggregazione unica dei Comunisti. Lo spazio di mezzo  è rappresentato da truppe disperse e troppo deboli per poter costituire un polo vero e proprio, con l’unica possibilità di appoggiarsi di volta in volta allo stesso PD per trattare qualche posizione e tentare, in tempi lunghi, di riappropriarsi della forza sufficiente per ritornare ad essere manovriero.
L’unica possibilità, quindi, per rendere ancora utile il bagaglio di esperienze, valori, capacità politiche della sinistra riformista, risulta essere quella di intessere un serrato confronto con il PD, stringendo impegni comuni – anche organizzativi, credo – soprattutto nel momento in cui non esiste una vera, significativa ed organizzata presenza socialista e di sinistra nello stesso PD, eccettuate alcune interessanti esperienze che non sembrano comunque in grado al momento di spostare l’asse dei Democratici. Oltre alle voci, sempre più insistenti, di eventuali cambi di timoniere dopo le elezioni europee, quando non di vere e proprie implosioni dello stesso partito. Il 18 ottobre, quindi, Angius ci dirà se inizierà il percorso di avvicinamento e successiva formazione di una vera “gamba sinistra” del Partito Democratico. Oppure di nuove convergenze e forme organizzative di quell’arcipelago di sinistra riformista, laica, socialista che non vuole sentire i richiami che provengono dalla Costituente di Sinistra di Fava e Vendola. I motivi d’interesse, dicevamo, ci sono tutti per sentire cosa verrà detto principalmente da Angius, ma anche dallo stesso Bettini, presenza sicuramente prestigiosa ed autorevole, tale da far comprendere gli orientamenti del gruppo dirigente del PD e di dare, eventualmente, semaforo verde alla costituzione della Sinistra del Partito Democratico.