Giorgio Cosmacini è un medico, da oltre quarant’anni, che oltre alla sua attività di radiologo, può essere considerato in Italia sicuramente il maggior storico della Medicina. Per chi ha avuto in dono la possibilità di condividere la professione medica, è forse qualcosa di più. Devo dire che ultimamente, visti i chiari di luna recentemente riflessi attraverso la questione del testamento biologico e dell’applicazione delle terapie mediche in casi limite, ho ripreso in mano diversi testi di bioetica che mi hanno accompagnato specialmente nei primi anni della mia attività ospedaliera, svolta come anestesista-rianimatore per lo più in sala di rianimazione, di cui conosco quindi molti problemi. Ma è davvero difficoltoso tradurre in maniera comprensiva e dare strumenti a tutti avvicinabili per comprendere i termini del problema. Penso che a fare giustizia di questa immersione, sia invece utile richiamare un recente articolo di commento ad una lettera in cui Giorgio Cosmacini richiama alcune affermazioni di Jacques Ruffié (biologo) e  Jean-Charles Sournia (storico) che condensano molti dei problemi a lungo dibattuti e con estrema chiarezza, e senza supponenza, rendono semplici conclusioni non semplici.
“Non dobbiamo tendere a un aumento smisurato – dicono i due – della longevità, ma a un migliore equilibrio di fronte al nostro ambiente naturale e sociale”, organizzando quest’ultimo nel modo ” meno aggressivo possibile, in armonia con le nostre possibilità fisiche e mentali”. La vera qualità della vita non si colloca oltre le leggi della biologia, ” si trova, invece, n una società accogliente e fraterna, dove ciascuno troverà il suo posto fino al suo ultimo giorno”. Così come è “simpatico” ( dal sunpazeia greco che significa vibrare insieme) annotare un celebre aforisma di Epicuro richiamato dalla lettera che ha acceso la risposta di Cosmacini “La morte non deve fare paura perchè quando ci siamo lei non c’è e quando c’è lei noi non ci siamo”…