Brutta sconfitta, ma, paradossalmente, è ancora presto per parlarne con vera cognizione di causa.
Perché in fondo bisogna far passare gli “umori” e mettersi a studiare seriamente sul cosa e perché è successo.
Mi sembrano infatti abbastanza sterili i commenti a caldo che si leggono da molte parti e che conducono un’analisi un po’ strana: cercano cioè di capire come mai “gli altri” non hanno votato quanto esisteva a sinistra.
Secondo molti infatti gli altri, i cittadini normali, penalizzerebbero comportamenti rissosi nelle maggioranze di governo, la scelta dell’indulto e via di questo passo.
Tutti comunque ad analizzare perché il proprio vicino si è smarcato.
Il segnale è strano perché immediatamente c’è una ricerca affannosa a giustificare il non voto di chi vive vicino a noi.
Se notate pochi parlano di se stessi. Il sospetto è che, data la scarsa consistenza dei voti a sinistra e la gran quantità di gente che ne parla, in realtà si parla delle proprie ragioni nascondendosi, camuffandosi con un “altri” non meglio identificabili.
Una specie di psicodramma, forse da leggere come lista delle cose che non sono piaciute agli stessi elettori della sinistra della sinistra stessa.
E ce n’è per tutti i gusti.
Mi colpisce ad esempio la questione operaia: “non siamo riusciti ad intercettare le pulsioni della classe operaia”; “gli operai speravano in un cambiamento che non c’è stato e ci hanno punito” e via discorrendo.
Curiosa questa.
La cosa strana è che si doveva inseguire gli operai, essere maggiormente presenti nei luoghi di lavoro.
E questa è la prima “rottura”: una volta, per dirla rozzamente, i partiti di sinistra erano fatti da operai.
Non solo certamente, ma erano essi stessi gli operai, la loro casa, la loro espressione, la loro forza organizzata.
Ora gli operai bisogni cercarli, sono cosa diversa dai partiti di sinistra. Pur tra tante contraddizioni, il Partito Comunista e quello Socialista “erano” gli operai, e cercavano di coinvolgere altri pezzi di società in un’unica istanza di affrancamento, di liberazione.
Ora il voto operaio si deve “intercettare” e questo la dice lunga sulla capacità di rappresentazione.
Poi il “voto utile”.
Mi risulta davvero strano comprendere come una buona proposta, per dirla così, non riesca ad essere più appetibile del voto utile.
Molto rozzamente, ma per intenderci, mi sarebbe piaciuto vedere se pagando subito in contanti, mettiamo, anche solo 5 mila € alla dimostrazione di un voto per la sinistra, la disfatta si sarebbe tramutata in vittoria.
Probabilmente la proposta non è stata ritenuta così utile, produttiva, vantaggiosa. Se pensiamo che il cosiddetto voto utile veniva dato nemmeno per il partito a cui ci si richiamava idealmente, ma ad uno appena vicino, la proposta probabilmente era davvero troppo debole.
Oppure non ritenuta realizzabile. Bisognerebbe che come dirigenti politici pensassimo anche a questo.
In ultimo forse bisogna abituarsi a studiare meglio la realtà delle cose.
Opero un piccolo cortocircuito:
la TAV e, l’annunciato, successo della Lega Nord.
Cosa vogliono dire queste due cose?
Vogliono dire che gli interessi delle persone stanno cambiando, o meglio che, come ci ripetono i sociologi, gli interessi non sono più distinti per blocchi sociali, per categorie, ma che stanno emergendo interessi che si raggruppano in “comunità”.
Gli interessi non si distinguono ma si sommano.
La TAV buca l’indifferenza generale perché è il problema di una comunità intera e trapassa trasversalmente l’operaio e l’imprenditore.
La Lega riesce, ad esempio a Malpensa, a contemperare in un caso esemplare come Malpensa, gli interessi del pilota d’aereo con quelli locali dell’inserviente dell’aeroporto, come ci ricorda Giuseppe De Rita.
Noi no, no ci riusciamo, e nemmeno il PD.
E lo stesso De Rita ha forse ragione quando dice: “Non serve compiacersi di aver attraversato 110 province in pullman. Alle comunità locali di interessi bisogna starci dentro e capirne le esigenze”.
E questo vale per sia per movimenti ritenuti di sinistra (TAV) che espressioni di altre ideologie (Malpensa).
Ma siamo solo all’inizio.
Magari di una Sinistra moderna che sappia anche studiare, comprendere e dirigere certi fenomeni, capendone i valori che esprimono e scegliendo quelli che si ritengono più giusti.