Avverto un po’ di stanchezza e non penso che la Sinistra potrà mai ripartire da cose come la manifestazione dell’8 luglio.
Siamo ancora fermi lì, nel punto esatto dove un paio di mesi fa i cittadini del nostro Paese ci hanno dato un malrovescio da palestra di boxe.
Non ho assolutamente nessun livore contro i personaggi che si alterneranno sul palco di piazza Navona.
E forse il problema è appunto questo: non mi emozionano, ma mi mettono addosso una sorta di sconfortante tristezza.
In epoca di globalizzazione sempre più selvaggia, di ricerca scientifica che non abita più dalle nostre parti, di bioetica d’assalto, di strumenti di comunicazione sempre più sofisticati e pervasivi, di superamento dei limiti della meccanica quantistica, di problematiche di accesso alla nuova cultura scientifica ed altre amenità del genere, noi siamo ancora là, con le stesse facce che inveiscono contro Berlusconi senza rendersi conto che tutti si aspettano davvero risposte all’altezza dei tempi, che arricchiscano la nostra vita, che ci facciano cogliere tutti insieme le opportunità che la modernità ci sta mettendo a disposizione e contrastandone gli aspetti significativamente nocivi.
Noi siamo ancora lì, e non a lavorare per prendere le “casematte” dell’innovazione scientifica, culturale, sociologica, quelle che spostano lo “Spirito del tempo” e che conquistano con nuovi contenuti, passo dopo passo, il tessuto della nostra società, gli offre riscatto dall’esclusione sociale, dalla conoscenza nascosta e negata, fa comprendere come quella brutta parola rinnegata da una certa parte di noi, che è il progresso, sia conquistabile pienamente attraverso altre modalità.
Progresso diverso dal simulacro che “il mostro mite” – dell’intelligente libro di Raffaele Simone – ci sta propinando.
Senza rendersi conto che queste manifestazioni rendono ancora più faticoso parlare di innovazione a sinistra.