Mi sono permesso di tradurre un articolo di Jacques Attali che ritengo interessante: soprattutto se si sotituisce la parola “Francia” con “Italia”.

Nell’osservare il modo in cui la Francia reagisce ai colpi della globalizzazione ed agli innumerevoli progetti di riforme provenienti dallo Stato o dalle imprese, non si può che constatare che si sta scavando un pericoloso fossato fra tre “Francie”. Quella che avanza veloce. Quella che vuole conservare chi la protegge. Quelli che sono dimenticati nella precarietà.
La prima Francia promette bene. Essa è composta da persone che, in un modo o nell’altro, hanno avuto la possibilità di avere accesso ai saperi, alle reti di relazione ed ai mezzi per agire. Questa Francia accetta le riforme, le auspica, le precede essa stessa attraverso la propria azione. E, se queste riforme non sono rapide, va a cercare la propria fortuna altrove.
La seconda Francia è solida. Essa raggruppa coloro i quali, in un modo o nell’altro, dispongono di una rendita: per eredità o per statuto. Ciascuno al proprio posto, i membri di questa Francia operano per conservare la loro situazione. All’interno di questo gruppo ci sono persone di modesta condizione, che non hanno altro da proteggere che un impiego. Altre, molto più potenti, che dispongono di immense rendite di posizione e di oscene rendite di informazione. Queste fanno di tutto per non essere toccati dalle riforme, perché queste possono peggiorare la loro situazione.
La terza Francia è povera. Essa è composta da milioni di persone che vivono al di sotto della soglia di povertà, che non hanno impiego, casa, formazione, credito, padrini, relazioni. Essi sono sempre più numerosi, per la maggior parte donne, giovani e persone anziane.
La prima Francia trova i suoi difensori tanto all’interno del governo che in una parte della sinistra. La seconda soprattutto nella sinistra e nell’estrema sinistra, che sola sembra, talvolta, interessarsi alla terza Francia.
Tuttavia, la Francia intera non può farcela se non dà i mezzi alla terza di raggiungere la prima, anche al prezzo di rimettere in gioco i privilegi della seconda. La prima Francia troverà suo interesse comprendere che la terza è una formidabile riserva di creatività: basta vedere cosa succede all’interno delle periferie per prendere coscienza dell’attuale spreco di potenziale dei giovani di questi quartieri. E la seconda, in tutti i modi, non potrà conservare una parte dei propri privilegi se la Francia non darà a tutti i mezzi per produrre di più. La terza Francia è dunque la chiave dell’avvenire delle altre due.
Ed è del resto tanto più urgente occuparsi di queste “Francie” a cui ciascuno di noi appartiene, o potrà appartenere, un giorno, ad ognuna di esse.