Emma Marcegaglia (Confindustria) e il Ministro Scajola hanno un nemico in casa: il mercato.
La – da loro – auspicata nuova corsa alla costruzione di centrali nucleari, non decollerà a causa degli ambientalisti o delle scorie prodotte, ma proprio per i meccanismi di mercato che depotenziano nei fatti qualsiasi convenienza.
Silvestrini (Kyoto club) mette in fila i diversi motivi economici che intralciano, molto più dell’opposizione politica, il sogno fissile dell’atomo.
Partendo dall’ultimo: la disponibilità, e i costi correlati, del materiale fissile.
Mentre infatti negli anni scorsi si era in presenza di una certa sovrabbondanza di uranio, anche per il programma di disarmi nucleare, le difficoltà ad aprire nuove miniere per reperire nuovo materiale stanno già facendo lievitare il prezzo del combustibile nucleare, sestuplicato negli ultimi cinque anni.
Non meno interessante è il costo stimato di smantellamento a conclusione del ciclo di utilizzo delle centrali: solo in Gran Bretagna l’ultima stima è di circa 100 miliardi di €.
Ma il vero cuore, il nemico principale dell’atomo sembra proprio essere rappresentato dalla liberalizzazione del mercato elettrico.
“In una realtà concorrenziale, l’incertezza sui costi, sui tempi di costruzione e sulle dinamiche della domanda penalizzano fortemente questa tecnologia. Secondo un recente studio Usa condiviso dall’industria atomica (il Nuclear Power Joint Fact-Finding) l’elettricità di una nuova centrale nucleare è destinata a costare il doppio (8-11 centesimi di dollaro per kWh) rispetto alla media” afferma Silvestrini.
Emblematico è anche il caso statunitense dove le gare per la costruzione di nuove centrali nucleari sono andate deserte fino a quando l’amministrazione non ha introdotto gli stessi incentivi previsti per l’eolico: 1,8 centesimi di dollaro per Kw/h.
Ma d’altronde nemmeno i sostenitori dell’atomo di casa nostra sostengono che il passaggio all’atomo diminuirebbe i costi delle nostre bollette.
Non ultima la stessa industria che fabbrica centrali si trova in affanno: la Siemens si ritrova in Finlandia  con extracosti di realizzazione per circa 1,5 miliardi di €, fatto che ha procurato un deprezzamento del suo titolo in Borsa di circa un terzo.
E l’ultimo colpo potrebbe venire dall’IEA (International Energy Agency) che stima una riduzione della produzione di energia elettrica prodotta da nucleare dal 15% al 9% entro il 2030 a causa della chiusura delle vecchie centrali.