Più viva che mai, la discussione riguardante i rapporti tra democrazia e mercato, si arricchisce di un contributo particolare di Giovanni Sartori dagli insospettabili esiti. Ripreso dalle pagine del Corriere della Sera odierno con il titolo “Il mercato non salverà la Terra”, l’anticipazione di un capitolo del nuovo libro dello stesso Sartori –La democrazia in trenta lezioni, ed. Mondadori – conforta diversi argomenti già comparsi nelle pagine di questo blog, con il chiaro noto spessore del politologo. Isolando solo qualche argomento, è sicuramente degno di nota quanto viene scritto sul rapporto tra democrazia e mercato. Se infatti è assodato che una democrazia senza mercato è poco vitale, altrettanto chiaro è che il mercato può esistere senza democrazia. Oltre al fatto che non è assolutamente vero che la democrazia produca sempre benessere, in quanto può avvenire che induca a consumare più di quello che si produce e guadagna. Irrompe quindi un’altra questione che è il rapporto tra la democrazia e lo sviluppo. Un vecchio paradigma argomentava che il benessere promuove la democrazia e da altra angolazione che il denaro corrompe la democrazia stessa comprandola. Succedeva quindi che lo Stato, in varia maniera, interferiva e regolava il mercato stesso. Oggi però la globalizzazione ha portato ad uno “sviluppismo”, ad un vortice che nessuno Stato riesce più a disciplinare. Non esisterebbero problemi se le risorse fossero infinite, ma, come ormai tutti sappiamo non è così e lo sviluppo guidato dal mercato com’è oggi è chiaramente insostenibile. Il fatto negativo è che i nostri economisti non sembrano accorgersi di questa realtà, ripetendo che a tutti i problemi dello sviluppo provvederà il mercato. Perché questo atteggiamento è censurabile? Intanto mercato e sistema economico non sono termini coincidenti: il mercato non mette nel conto tantissime cose (es. i beni collettivi) che nessuno direttamente paga e che vengono pagati dalle tasse. Poi ci sono le “externalities”, gli effetti esterni: chi inquina produce danni che il “danneggiante” non paga e che il mercato non registra. In sostanza la crescita e prosperità sono crescite in deficit pagate da un collasso ecologico su scala mondiale.
Ancora più interessante è il limite costituito dalla “lentezza” del mercato: questo non sbroglia i problemi in tempo ed affrontano i nuovi problemi in ritardo. Non solo: spesso li accelera e li aggrava innescando uno sviluppismo cieco destinato all’implosione. E qui si arriva all’esito insospettabile ed al paradosso: il sistema di mercato ha per duecento anni promosso la liberaldemocrazia, mentre ora la minaccia con una accelerazione fuori controllo, la cui implosione può travolgere la democrazia stessa che aveva alimentato.
L’analisi, per forza di cose solo annotata per grandi linee, risulta estremamente interessante proprio perché condotta da chi è estraneo in questo momento ai giochi elettorali ed appartenenze di partito. L’interesse è anche dovuto ad una impostazione diversa, in cui il problema non sono la Cina o la finanza globale, ma la prossima scarsità delle risorse idriche, la sovrappopolazione e i mutamenti climatici. Fattori non “esterni” e lontani, ma responsabilità di tutti noi nell’uso delle risorse senza prospettare vie d’uscita retoriche come il recupero del buon tempo andato. “Chapeau “ Prof. Sartori. E buona lettura a tutti noi.