Da dove partire per decidere quale mobilità vogliamo? Quale può essere una base di discussione condivisibile in maniera ampia, il capo di un gomitolo fin troppo aggrovigliato? Una possibilità potrebbe essere quella di considerare l’interesse pubblico. Non solamente dal punto di vista sanitario, ma che possa rispondere alla domanda che in fondo i cittadini rivolgono a chi li governa: le risorse devono essere spese nella maniera migliore, più efficiente possibile e la capacità di regolazione deve condurre al migliore risultato per la società nella maniera più equa possibile. Un criterio immediatamente percorribile in questo senso è che le decisioni in merito, a parità di beneficio, minimizzino il costo sociale del sistema di trasporto e cioè il costo in termini di risorse utilizzate nel complesso dalla società. Il dato da cui partire potrebbe essere un’analisi costo-efficacia che valuti il costo sociale dei trasporti, cioè tutte le spese che la collettività sopporta nel suo complesso a causa di questi, sia direttamente che indirettamente. Per intenderci meglio si possono comprendere le spese sostenute dai privati e dal pubblico per realizzare le infrastrutture di trasporto compresi i costi ricadenti sulla comunità e che non vengono sopportati dagli utilizzatori del veicolo o dai gestori del servizio di trasporto. Tali costi possono suddividersi in interni ed esterni. I primi riguardano la produzione (costruzione e gestione) e l’uso delle infrastrutture di trasporto e sono alla base della domanda e dell’offerta di trasporto; gli esterni sono i costi non sopportati dagli utilizzatori delle infrastrutture di trasporto e che non rientrano nelle decisioni degli utenti delle strade. La stessa teoria economica ci aiuta considerando che non considerare i costi e benefici sociali significa utilizzare le risorse in modo inefficiente. Nel caso specifico si verifica una divergenza tra i costi privati del trasporto e quelli sociali comprensivi anche dei costi esterni che determinano. Poiché il costo privato è inferiore a quello sociale, gli automobilisti usano l’automobile più di quanto farebbero qualora dovessero tenere conto di tutti i costi. Sarebbe opportuna quindi la valutazione dei costi esterni almeno per capire dove dobbiamo aggiustare il sistema. Da ciò consegue che l’operatore pubblico, una volta determinata la quantità ottimale di traffico, deve attuare un sistema di razionamento che ne impedisca il superamento o mediante norme amministrative o facendo sopportare agli automobilisti gli oneri che riflettono i costi esterni in corrispondenza del livello ottimale del flusso autoveicolare. Il problema a questo punto riguarda la loro individuazione e stima. Un tentativo in questo senso è stato compiuto dalla Commissione Europea con la redazione di linee-guida relative alle metodologie di calcolo dei costi esterni, denominata “sentieri di impatto”. Questa metodologia prevede due fasi: una tecnica ed una monetaria. Nella prima si valuta la stima delle emissioni, la dispersione degli inquinanti, la concentrazione degli inquinanti; la scelta delle funzioni esposizione-risposta. Il numero dei soggetti esposti; e la valutazione in termini fisici del danno atteso. La seconda consiste nella valutazione monetaria dell’impatto stimato e cioè quanto i consumatori sono disposti a pagare per evitare il rischio del danno stimato nella fase precedente. I costi esterni riguardano tutte le attività commesse con il trasporto. Di questi i costi più rilevanti sono quelli connessi alla mobilità: l’inquinamento dell’aria; acustico; la congestione; gli incidenti; l’intrusione visiva; i danni agli edifici; il consumo di energia; l’inquinamento del suolo e delle acque superficiali e di falda per il dilavamento delle strade; l’effetto separazione ovvero l’impedimento delle relazioni sociali determinato dal traffico; l’ostacolo alla mobilità ciclo-pedonale; la diminuzione del valore e della fruibilità dello spazio/suolo urbano a causa delle infrastrutture. Senza entrare nell’articolazione delle fasi specifiche, possiamo comunque rendere conto del fatto che le stime per l’anno 1995 dei costi esterni imputabili alla mobilità ammontavano a circa 100.000 milioni di Euro, ben l’11% del PIL dei quali il 95% era da attribuire al trasporto stradale e nell’ambito di quest’ultimo in gran parte a quello in ambito urbano. Il sistema in sostanza non regge per ciò che riguarda i costi che la collettività deve accollarsi. Da qui può ripartire la politica.