Un’opinione diffusa a livello politico locale è che il problema del riscaldamento globale sia risolvibile sostanzialmente a livello internazionale e che le azioni a livello locale siano inefficaci se non controproducenti. Si ritengono quindi inutili richiami di alcuni importanti documenti quali quello della Conferenza delle Nazioni Unite di Rio de Janeiro del 1992 che invece invitano agenzie locali e singoli attori sociali ad agire in tema di sviluppo sostenibile e cambiamento ambientale. Un esempio della correttezza di questa impostazione (M. Maslin: riscaldamento globale, Torino 2007) sono state le esperienze registrate in diversi ambiti locali quali il New Hampshire, la California ed il Wisconsin. Riassumendo, i Governi locali hanno promosso incontri con le imprese locali, le autorità ed i movimenti ambientalisti per formulare soluzioni per la riduzione dei gas serra nel proprio ambito locale. I risultati sono stati diversi e positivi. Dopo la decisione di agevolare le imprese che avessero deciso di ridurre volontariamente le emissioni, l’obiettivo è stato raggiunto con l’istituzione di un registro di tutte le emissioni di gas serra, ottenendosi un netto miglioramento dei parametri della qualità dell’aria. Inoltre il Wisconsin è stato il primo stato Usa ad effettuare uno studio dei costi degli interventi necessari contro il “global warming” per il proprio territorio. Il riscontro è stato che l’attuazione di politiche a costo zero o addirittura di risparmio come la misurazione dell’efficienza energetica, ha creato più di 8.000 nuovi posti di lavoro e si è risparmiato quasi mezzo miliardo di dollari con crescita del PIL locale e l’abbattimento di oltre 75 milioni di tonnellate di CO emessa. Segnalo come un corretto approccio con gli strumenti dell’economia ambientale abbia fatto emergere e risolvere uno dei principali problemi riscontrati durante la formulazione della coerente legislazione intrapresa dopo questa ricognizione. La diversa agevolazione delle aziende è stata infatti sostenuta dalla necessità di eliminare la maggiore rigidità che si veniva a determinare per le aziende che avevano già avviato una riduzione delle proprie emissioni secondo il Clean Clear Act e che quindi si venivano a trovare con costi marginali maggiori per ottenere tali obiettivi rispetto a quelle che sporcavano di più.