Per comprendere come alcuni meccanismi di mercato possano intervenire positivamente sulle questioni ambientali, riprendo una notizia rimbalzata dagli USA secondo la quale gli Istituti bancari di Wall Street definiranno alcune linee guida e parametri da rispettare per la concessione di prestiti riguardanti la costruzione di centrali a carbone. La storia è semplice e paradigmatica. In alcuni Stati USA si è infatti assistito al blocco della costruzione di alcune centrali a carbone (con taglia di circa 700 MW) a causa delle elevate emissioni degli impianti. E’ chiaro che a questo punto le istituzioni finanziarie devono porre particolare attenzione al possibile rischio che gli investimenti concessi non rientrino a causa della incapacità di restituzione del denaro da parte delle società responsabili, date le normative sempre più stringenti ed i vincoli legati alla riduzione delle emissioni di CO2 che farebbero salire i costi di costruzione e gestione di queste centrali. La cosa interessante è che malgrado la promozione che il Governo Federale ha operato a favore delle centrali a carbone per assicurare la futura offerta energetica del Paese, le banche considerino rischioso il cosiddetto “carbone convenzionale” e che abbiano deciso di dotarsi in maniera autonoma di parametri che mettano a riparo da rischi ambientali legati alle emissioni di gas serra. Parametri che, da alcune anticipazioni note, prenderanno in considerazione l’efficienza energetica, l’utilizzo di tecnologie avanzate per impianti a carbone con le più basse emissioni di gas serra e il contestuale sviluppo di fonti rinnovabili. In sostanza è come se le istituzioni di credito stiano introducendo il computo delle emissioni di CO2 dei loro prestiti.
Tutto ciò rappresenta certamente un’applicazione di economia ambientale che deve essere maggiormente tenuta in maggior conto nel nostro Paese non solo dalle banche, ma correttamente tradotto anche in ambiente politico.